Il disturbo della condotta in adolescenti di sesso femminile: evidenze dal Progetto FemNAT-CD

Erica Santaguida1, Gianluca Paparatto2, Gabriele Masi3, Annarita Milone3, Greta Tolomei3, Pietro Muratori3

1Istituto di Intelligenza Meccanica, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa; 2Laboratorio di Management e Sanità, Istituto di Management, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa; 3IRCCS Fondazione Stella Maris, Pisa.

Riassunto. Il disturbo della condotta si associa in adolescenza a comportamenti a rischio per la salute e lo sviluppo del soggetto, con elevati costi sociali e con gravi conseguenze per il contesto di vita dell’adolescente. Tale disturbo è prevalentemente riscontrato nella popolazione di sesso maschile. Tuttavia, ragazze con disturbo della condotta presentano spesso sintomi particolarmente gravi e pervasivi, con un’alta comorbilità psichiatrica. Scopo di questo articolo è di sintetizzare gli obiettivi del progetto europeo denominato “FemNAT-CD”, al fine di promuovere una maggior conoscenza delle caratteristiche cliniche delle femmine che in adolescenza mostrano un disturbo della condotta. Nella rassegna verranno descritti studi legati al suddetto progetto riguardanti caratteristiche neuro-biologiche, neuro-cognitive e cliniche del disturbo della condotta in adolescenti di sesso femminile, nonché procedure sperimentali utili a comprendere l’utilità clinica di approcci psicoterapeutici e farmacologici mirati.

Parole chiave. Aggressività, adolescenza, farmacologia, disturbo oppositivo provocatorio, psicoterapia.

Conduct disorder in female adolescents: evidence from the FemNAT-CD Project.

Summary. Conduct Disorder is a diagnosis associated with behaviors at risk for the health and development of the subject, with high social costs and with serious consequences for the adolescent’s life context. This disorder is predominantly found in the male population. However, girls with Conduct Disorder often have particularly severe and pervasive symptoms, with a high psychiatric comorbidity. The purpose of this article is to summarize the objectives of the project “FemNAT-CD”, in order to promote greater knowledge of the clinical characteristics of females who show a Conduct Disorder in adolescence. This paper will describe studies related to FemNAT-CD project concerning neuro-biological, neuro-cognitive and clinical characteristics of Conduct Disorder in female adolescents as well as new psychotherapeutic and pharmacological approaches.

Key words. Adolescence, aggression, oppositional defiant disorder, pharmacology, psychotherapy.

Epidemiologia e gender gap nel disturbo della condotta in adolescenza

Il disturbo della condotta (DC) è un disturbo dell’infanzia e dell’adolescenza caratterizzato da sintomi esternalizzanti che riguardano comportamenti disfunzionali tipicamente aggressivi, impulsivi e trasgressivi e da sintomi emotivi relativi alla scarsa empatia e alla difficoltà nella gestione di alcune emozioni1. Nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - DSM-5)2 il DC viene inserito nella più ampia categoria dei disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta e viene descritto come un insieme di comportamenti disadattivi e persistenti incompatibili con regole e norme sociali.

Il DSM-5 include alcuni aspetti clinici talvolta utili nel processo diagnostico del DC e nella sua tipizzazione clinica: periodo di insorgenza, che viene classificata come precoce se i sintomi appaiono prima dei 10 anni di età; livello di gravità, stabilito in base al numero di criteri soddisfatti; presenza di limitate emozioni prosociali (o tratti callous unemotional), che implicano mancanza di senso di colpa e di empatia, indifferenza per i risultati ottenuti e anaffettività e che molto spesso costituiscono un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi più gravi.

L’aggressività è un aspetto centrale nella manifestazione del DC; sulla base dell’osservazione della “forma” e della “funzione” degli agiti aggressivi, che permettono di inferire pattern eziologici e prognostici differenti. L’aggressività può essere riconosciuta in comportamenti volti a ferire fisicamente l’altro (aggressività fisica), a ferirlo emotivamente, ponendo fine a rapporti preesistenti, o a danneggiarlo socialmente, per esempio attraverso la diffamazione o l’esclusione attiva da un gruppo (aggressività relazionale). La “funzione” può essere quella di difesa da una minaccia percepita, oppure di vantaggio per il raggiungimento di obiettivi gratificanti (come, per esempio, il possesso di un oggetto o il controllo su una persona, ma talvolta, anche l’atto aggressivo stesso). Nel primo caso si tratta di aggressività reattiva, correlata a un funzionamento autonomico particolarmente vulnerabile e a una responsività emotiva molto intensa, a fronte di stimoli esterni interpretati come ostili, anche quando non lo sono realmente. Nel secondo caso si tratta di aggressività proattiva o predatoria, legata a una scarsa attivazione autonomica ed emotiva e finalizzata a uno scopo premeditato3,4.

Globalmente, la prevalenza di DC è passata da 32,7 milioni di casi nel 1990 (di cui 21,6 maschi) a 40,1 milioni nel 2019 (di cui 26,3 maschi). La prevalenza standardizzata per età ogni 100.000 persone è invece passata, per quanto riguarda i maschi, da 694,7 nel 1990 a 711,2 nel 2019, e per quanto riguarda le femmine da 374 nel 1990 a 397,3 nel 2019. Considerando invece la regione europea e, in particolare, l’Europa Occidentale, di cui l’Italia fa parte, nel 2019 la prevalenza standardizzata per età ogni 100.000 persone per DC è di 639,65. Confrontando le diverse prevalenze (globale, regionale e sub-regionale), emerge una maggiore presenza del disturbo nei Paesi ad alto reddito (high-income countries - HIC), sia per i maschi che per le femmine. Tuttavia, la disponibilità dei dati sulla prevalenza varia da Paese a Paese, riducendo l’affidabilità delle stime per i Paesi a basso e medio reddito (low- or middle-income countries - LMIC)6. Alcuni dati relativi alla prevalenza del DC per maschi e femmine sono disponibili al link: http://ihmeuw.org/5riv.

Il DC emerge tipicamente durante la tarda infanzia o la prima adolescenza (età media di insorgenza 11,6 anni)7. Fra i ragazzi e le ragazze che rientrano all’interno dei criteri diagnostici per DC, i sintomi presentati cambiano nel corso dello sviluppo: le “violazioni dello status” (rimanere fuori casa fino a tardi, scappare, assentarsi) e altri problemi di condotta non aggressivi aumentano con l’età, mentre i sintomi aggressivi diventano meno comuni8. L’eziologia è multi-fattoriale in quanto predisposizione genetica, stile di parenting, gruppo dei pari e stato socioeconomico agiscono congiuntamente sull’outcome9-12.

Il DC non rappresenta solo un tema sanitario. Il disturbo, infatti, è più rappresentato all’interno di gruppi vulnerabili come i detenuti. Da una revisione sistematica della letteratura emerge che, complessivamente, 18.042 dei 25.184 adolescenti maschi e 2226 delle 3662 adolescenti femmine, che incorrono in misure contenitive, hanno avuto una diagnosi di DC nella vita, mentre il tasso stimato di DC nella popolazione generale adolescenziale statunitense è di circa il 10%13. Allo stesso modo, uno studio condotto negli Emirati Arabi Uniti ha evidenziato una prevalenza del disturbo fra i detenuti (a maggioranza maschile) del 24,7%, più alta rispetto alla prevalenza della popolazione generale che varia fra il 5 e il 15%14.

Per quanto riguarda le comorbilità, il DC a insorgenza infantile, tipicamente correlato al sesso maschile, è associato a tassi più elevati di disturbo da deficit di attenzione-iperattività (attention deficit and hyperactivity disorder - ADHD) e a disturbi d’ansia rispetto al DC a esordio adolescenziale. L’insorgenza in età adolescenziale, tipica invece del sesso femminile, è associata a tassi più elevati di PTSD, disturbi da uso di alcol e sostanze e comorbilità complessa (più di 6 diagnosi nel corso della vita)15. L’esordio adolescenziale del DC, e in particolare l’esordio nella prima adolescenza, è spesso associato alla diagnosi di ADHD, sia nei maschi che nelle femmine16.

La discrepanza tra i due sessi nella valutazione della presenza del disturbo potrebbe essere data, in parte, da una serie di fattori interdipendenti quali: criteri diagnostici più utili a diagnosticare il DC nei maschi che nelle femmine, carenza di studi che comprendano campioni composti da sufficiente numero di bambine o ragazze con DC; scarsa chiarezza su differenze eziologiche, fenotipiche e prognostiche tra maschi e femmine con DC17. Sicuramente, comunque, nel processo di diagnosi del DC, così come di altri disturbi a prevalenza maschile come l’ADHD18, sussiste un vero e proprio gender gap, da attribuire, almeno in parte, alla scarsa accuratezza dei manuali e degli strumenti diagnostici nel riconoscere le manifestazioni patologiche nelle femmine. Questa discrepanza è ancora più degna di attenzione considerando il cosiddetto “paradosso di genere”, secondo cui un disturbo che è meno frequentemente osservato in un genere, come il DC nelle femmine, si manifesta con sintomi più gravi, maggiore compromissione generale e più disturbi in comorbilità.

Peculiarità fenotipiche nelle femmine con DC

Alcuni studi hanno messo in luce peculiarità fenotipiche del sottogruppo femminile del DC. La traiettoria di sviluppo, per esempio, sembra subire un effetto legato al sesso, per cui nelle femmine è più frequente un esordio adolescenziale, mentre nei maschi i sintomi di DC giungono precocemente nel corso dello sviluppo19.

A differenza dei maschi, le femmine tendono a manifestare aggressività relazionale e sociale piuttosto che fisica e i problemi di condotta si concretizzano più frequentemente in comportamenti di sessualità promiscua, fuga dal proprio domicilio e menzogna persistente20. Inoltre, la presenza di emozioni prosociali limitate (limited prosocial emotions - LPE) è decisamente inferiore nelle ragazze con DC rispetto alla controparte maschile21-22. La presenza di LPE, o tratti callous unemotional (CU), è diventata nel DSM-5 uno specificatore diagnostico per il DC, caratterizzato dalla presenza di almeno due dei seguenti sintomi accanto alla diagnosi di DC: scarsa empatia, scarso senso di colpa, scarso interesse per i risultati scolastici e affettività superficiale.

Interessante notare che l’interazione tra assetto genetico e fattori ambientali (come eventi avversi durante l’infanzia) ha mostrato effetti legati al sesso, per cui alcune varianti geniche hanno un peso specifico differente a seconda del sesso del soggetto. È il caso, per esempio, del catalizzatore monoamminico notoriamente legato al DC, il monoamminossidase-A (MAO-A), che nella sua variante high-activity costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo in caso di eventi ambientali avversi, ma solo per il sesso femminile23. Al contrario, nei maschi è la variante low-activity a costituire un fattore di rischio in presenza di fattori ambientali sfavorevoli24.

Dal punto di vista neuroanatomico e neurofunzionale, è noto che la presenza di DC correla con anomalie nello spessore della corteccia a livello prefrontale e orbitofrontale, ma emergono differenze di sesso, per esempio, nel ripiegamento corticale del giro frontale, più compromesso nelle femmine25. Più in generale, la diffusione e pervasività delle anomalie neuro-strutturali sembra essere più preponderante nelle femmine, probabilmente perché queste ultime presentano caratteristiche protettive tali che il substrato eziologico deve raggiungere livelli di compromissione superiori rispetto a quanto vale per il sesso maschile, per determinare il fenotipo patologico26,27.

Studi endocrinologici hanno rilevato differenze tra maschi e femmine con DC. Il testosterone, per esempio, è un ormone rilevante per la determinazione dei tratti in questione, sia per i maschi che per le femmine, ma, congiuntamente al suo precursore, il deidroepiandrosterone, pare avere effetto più significativo nei maschi28. In merito ai modelli neurofisiologi è possibile ipotizzare che la maggiore presenza di tratti ansioso-depressivi nelle femmine con DC sia correlata a una maggiore frequenza di ipereattività del sistema nervoso autonomo17.

In conclusione, le evidenze mostrano profili di rischio e di funzionamento differenti nei soggetti di sesso maschile o femminile. Come precedentemente discusso, le ragazze con DC mettono molto spesso in atto comportamenti rischiosi per sé e per gli altri29. Criteri diagnostici che tengono poco in considerazione le specifiche caratteristiche dei soggetti con DC di sesso femminile possono dunque portare a una ridotta probabilità delle giovani ragazze di raggiungere attenzione clinica adeguata e trattamenti terapeutici precoci e “cuciti” sulle loro specifiche caratteristiche.

FemNAT-CD. Neurobiologia e trattamento del disturbo della condotta nel sesso femminile: il ruolo centrale dell’elaborazione emotiva

Il Fem-NAT-CD è un progetto finanziato dalla Commissione Europea il cui scopo è quello di apportare evidenze scientifiche utili a comprendere la manifestazione del DC nelle femmine. Attraverso un approccio inizialmente cross-sectional e poi longitudinale, lo studio ha coinvolto un ampio campione di soggetti provenienti da vari Paesi europei (Regno Unito, Germania, Irlanda, Svizzera, Paesi Bassi, Spagna, Grecia e Ungheria), con età compresa tra 9 e 18 anni. Il progetto FemNAT-CD ha reclutato il più grande numero di femmine con DC fino a oggi incluso in studi clinici, con i seguenti obiettivi: individuare sottogruppi fenotipici del DC rappresentativi anche del sesso femminile, comprendere i fattori neurobiologici e neurocognitivi in grado di esacerbare comportamenti aggressivi e delinquenziali nelle giovani con DC, tracciare il decorso del disturbo durante lo sviluppo in base alle sue caratteristiche eziologiche e fenotipiche. Tali acquisizioni ontologiche hanno consentito la sperimentazione RCT di nuovi approcci psicoterapeutici e farmacoterapeutici. Il progetto è stato diviso in Work Packages (WP) ed è nell’interesse del presente lavoro presentare brevemente i risultati dei WP più strettamente clinici.

WP: genetics, gene x environmental risk factors, and epigenetics

È noto che l’eziologia del DC è da ricercare in fattori genetici, ambientali e nell’interazione tra loro30 e nell’ambito di questo WP, il gruppo di lavoro si è occupato di indagare proprio questi aspetti. In base agli studi presenti in letteratura sono stati considerati i seguenti fattori ambientali di rischio: eventi pre-, peri- e post-natali (come il fumo materno durante la gravidanza)31, parenting, storia di traumi precoci32, status socioeconomico33 e influenza dei pari34. Un importante obiettivo del WP era quello di tracciare i loci e le regioni di metilazione del DNA che influenzano l’insorgenza di sintomi DC nelle femmine, comparando dati provenienti da ragazze a sviluppo tipico e ragazze con diagnosi di DC.

Un lavoro del consorzio FemNAT-CD recentemente pubblicato35 ha mostrato che non emerge una differenza significativa nella metilazione dei singoli geni ponendo a confronto femmine con e senza DC. Tuttavia, è stata evidenziata una differenza significativa tra gruppo clinico e gruppo di controllo, per cui solo il gruppo clinico è associato all’iper-metilazione del gene SLITRK5. Tale alterazione risulta in una aumentata espressione del gene in questione. SLITRK5 è funzionalmente associato allo sviluppo assonale e all’assemblaggio di sinapsi eccitatorie e inibitorie, in particolare per quanto riguarda i neuroni dopaminergici del mesencefalo35,36. È possibile che un’alterazione sinaptica dei neuroni dopaminergici del mesencefalo sia in parte implicata nella complessa eziologia del DC nelle femmine. Dallo stesso studio emerge anche che l’esposizione a fattori ambientali di rischio sia in relazione con lo sviluppo di DC nelle femmine (come nei maschi) mediante processi epigenetici. Uno stile educativo duro correla positivamente con lo sviluppo di sintomi di DC nelle ragazze e coincide con una minore metilazione globale del DNA.

Uno studio sperimentale del consorzio condotto da Farrow et al.37 ha considerato un campione di ragazze con e senza sintomi DC. Da una analisi di correlazione tra fenotipo clinico, struttura neuroanatomica e metilazione genomewide, emerge che ragazze con DC e CU hanno più alti livelli di metilazione del gene SLC25A24 e ridotto volume della materia grigia nelle seguenti aree: giro frontale superiore, corteccia prefrontale dorsolaterale, giro sopramarginale, corteccia visiva secondaria sinistra e corteccia cingolata ventrale posteriore. Il gene SLC25A24 codifica per una proteina mitocondriale legata al calcio, deputata al trasporto delle molecole di magnesio che vengono scambiate con il fosfato. Questa proteina ha un ruolo nel mantenimento della salute cellulare e la metilazione del gene che codifica per essa appare correlata al ridotto volume di alcune aree corticali precedentemente indicate come coinvolte in processi di natura socio-affettiva e cognitiva37. Da notare come un recente studio, esterno al consorzio FemNAT-CD, ha dimostrato come un’altra dimensione del parenting, quella caratterizzata da coinvolgimento affettivo e uso di rinforzi, possa svolgere un ruolo protettivo per lo sviluppo sia di comportamenti aggressivi sia di LPE durante l’adolescenza38.

WP: Fenotipi clinici e neurocognitivi

Obiettivo primario di questo WP è quello di descrivere i fenotipi clinici e neurocognitivi associati alla diagnosi di DC, con particolare attenzione all’influenza del sesso dei soggetti coinvolti. In un ampio campione di adolescenti con sintomi di DC sono state indagate le abilità di riconoscimento e regolazione delle emozioni e le capacità di apprendimento mediato dalle emozioni. In uno studio inerente a questo WP39 le tre componenti dell’elaborazione emotiva precedentemente descritte sono state esaminate tramite specifici task neuropsicologici. I risultati riportati in questo studio evidenziano che i soggetti con DC hanno peggiori capacità di elaborazione delle emozioni rispetto ai soggetti di controllo. Nei soggetti con DC, il 23% ha mostrato un deficit nel dominio del riconoscimento delle emozioni, il 18% era carente nella regolazione emotiva, mentre l’apprendimento emotivo si è mostrato scarso nel 13% dei casi. Oltre la metà dei soggetti con DC non mostrava deficit specifici in nessuno dei domini indagati. Gli autori di questo lavoro hanno riportato anche una differenza sesso-specifica. I maschi con basso QI avevano una maggiore prevalenza di deficit nelle abilità di riconoscimento emotivo, mentre questa relazione non si è trovata nelle ragazze con basso QI. Un altro studio inerente allo stesso WP del consorzio FemNAT-CD40 ha indagato differenze relative al sesso nella relazione tra elaborazione delle emozioni e DC. In questo studio tutti i soggetti con DC, maschi e femmine, hanno mostrato una scarsa capacità di regolazione emotiva soprattutto se manifestano gravi episodi di aggressività. Inoltre, sia nei maschi che nelle femmine, la regolazione del controllo emotivo è spesso accompagnata da deficit di controllo anche in domini non strettamente inerenti all’emotività. Gli autori concludono che l’elaborazione emotiva ha un ruolo nello sviluppo del DC, ma non è supportata un’ipotesi di profili sesso-specifici.

In merito alla fenotipizzazione del DC, alcuni autori del WP41 hanno mostrato come l’aggressività relazionale nel DC sia significativamente legata al sesso, in quanto nelle femmine con DC, rispetto a maschi con DC, questa è molto più frequente. In assenza di diagnosi di DC, ovvero in soggetti con sviluppo tipico, la differenza tra i sessi nel ricorso a questa particolare forma di aggressività non sussiste. Il fenotipo femminile del DC, dunque, si caratterizza per alti livelli di aggressività relazionale mentre non sembra differenziarsi dal fenotipo maschile nei domini relativi al riconoscimento e alla regolazione delle emozioni. Un’importante dimensione dell’aggressività a oggi ancora piuttosto trascurata dalla letteratura scientifica è il cyberbullismo, una forma intenzionale perpetrata tramite mezzi elettronici e rivolta a soggetti la cui capacità di difendersi è limitata42. La progressiva digitalizzazione della vita quotidiana e della socialità rende indispensabile una rigorosa considerazione dei fenomeni di bullismo online. Baumann et al.42 hanno analizzato il fenomeno su un ampio campione ad alta prevalenza femminile, osservando la relazione tra caratteristiche cliniche e demografiche e vittimizzazione da – e perpetrazione di – cyberbullismo. È emerso che giovani con sintomatologia DC presentano una probabilità molto superiore rispetto ai coetanei sani di subire cyberbullismo e di perpetrarlo. Lo stesso rischio è presente anche nella manifestazione più tradizionale del bullismo, quella rilevabile in contesti come quello scolastico e più legata a manifestazioni di violenza fisica oltre che psicologica. Nel campione considerato, molti giovani con DC erano contemporaneamente vittime e autori di cyberbullismo e questo è parzialmente spiegato dalla scarsa tolleranza della frustrazione caratteristica di alcuni fenotipi clinici di DC. La presenza di tratti CU si è mostrata più evidente nel gruppo di coloro che commettevano atti di cyberbullismo e ciò è in linea con la ridotta sensibilità alle emozioni di distress e paura ampiamente documentata nei soggetti appartenenti a questo sottogruppo clinico. Lo studio ha riportato un ulteriore dato di interesse relativo al sesso. Tra le vittime di cyberbullismo le femmine sono più rappresentate e questo è in parte riconducibile al fatto che usano più dei maschi i social network. Non c’è differenza significativa tra maschi e femmine nel gruppo di coloro che commettono cyberbullismo.

In merito al contributo ambientale sullo sviluppo del DC, uno studio43, sempre condotto dai ricercatori afferenti a questo WP, ha indagato l’impatto dell’esposizione ad eventi violenti sullo sviluppo di DC. Tale relazione è stata studiata anche considerando alcuni fattori sociodemografici, tra cui il sesso. La sintomatologia del DC è maggiore nei soggetti con storia di esposizione a eventi violenti, ma il sesso non influenza l’associazione tra esposizione a episodi di violenza e problemi di condotta.

WP: Randomized control trial: Group-based psychological treatment of adolescent female conduct disorder

Il programma denominato Start Now è l’intervento oggetto della sperimentazione di questo WP. Tale modello è pensato per il trattamento del DC nelle adolescenti collocate all’interno di istituzioni correttive. Lo Start Now mira a promuovere un’autentica motivazione interna al cambiamento, il potenziamento della capacità di comprendere e gestire le proprie emozioni, la tolleranza dello stress e il potenziamento di social-skills.

È emerso che soggetti con DC hanno maggior tasso di esposizione a eventi o contesti traumatici44. Data la presenza nella storia dei minori con DC di frequente esposizione a eventi e contesti traumatici, il modello di intervento pone particolare attenzione anche a questo aspetto. Inoltre, nella progettazione dell’adattamento del programma per la popolazione target (ragazze con DC), si è tenuto conto della maggior incidenza di QI più basso della media45. Il materiale utilizzato per le esercitazioni è dunque semplificato nel vocabolario, prevede la ripetizione di concetti fondamentali e utilizza immagini e discussioni di gruppo inerenti ai temi centrali. L’intervento è stato pensato per una popolazione femminile e tutto il materiale legato alle sessioni specifiche del modello è stato scelto per essere quanto più accattivante per questa popolazione. Le sessioni previste dal programma sono sia individuali che di gruppo e sono inserite all’interno di un programma terapeutico che ha la durata di circa tre mesi.

Per verificare gli effetti del trattamento sulla sintomatologia del DC è prevista una sperimentazione che confronta un gruppo di ragazze con DC, che riceve il trattamento, con un gruppo di controllo, che riceve un trattamento abituale (as usual treatment). Inoltre, è obiettivo del WP quello di osservare la relazione tra i risultati della terapia e aspetti endocrinologici, personologici, neurocognitivi, neurologici e di risposta autonomica allo stress. Al momento non sono stati pubblicati lavori in merito al WP, ma i risultati attesi auspicano l’implementazione di un nuovo strumento terapeutico efficace per contrastare la sintomatologia di DC nelle ragazze.

WP: Pharmaco-challenge and neurobiological studies on oxytonergic and serotonergic transmission

Questo WP si occupa di studi di sperimentazione clinica dei farmaci per la cura dei sintomi legati al DC. Innanzitutto, il WP si è occupato di studiare l’effetto dell’ossitocina sulla percezione della minaccia data dall’osservazione di volti. Infatti, i comportamenti antisociali sono spesso associati a una difficoltà di riconoscimento delle emozioni e a una tendenza a percepire minaccia e rabbia nei volti46. L’ossitocina è un neuropeptide che sembra mediare molte funzioni socialmente adattive, tra cui il riconoscimento delle espressioni facciali, per via di un’implicazione nell’orientamento del focus attentivo verso stimoli sociali rilevanti47. Il campione esaminato è composto da maschi e femmine di età compresa tra 18 e 30 anni con disturbo antisociale di personalità (antisocial personality disorder - ASPD) e storia di DC a confronto con un gruppo di controllo composto da femmine e maschi con sviluppo tipico. Si tratta di un design di trial randomizzato, placebo-controlled a doppio-cieco, che prevede l’esposizione dei soggetti alla visione di espressioni facciali (emotion classification task); nel gruppo sperimentale la visione è successiva alla somministrazione di ossitocina intra-nasale. I risultati48 evidenziano che la somministrazione di ossitocina rende le prestazioni dei soggetti migliori nel riconoscimento delle espressioni facciali di paura e felicità, sia in termini di errori commessi nel task sia per la velocità di risposta. A seguito della somministrazione di ossitocina, non erano rilevabili differenze di performance tra soggetti sani e soggetti con ASPD. I risultati sono clinicamente rilevanti, in quanto il miglioramento della capacità di riconoscere espressioni di paura ha il potenziale di ridurre comportamenti antisociali, mentre la maggiore sensibilità all’espressione di felicità potrebbe migliorare la sensibilità a reward di tipo sociale.

Un secondo obiettivo del WP è quello di studiare gli effetti del triptofano sulla percezione di minaccia, utilizzando un campione di ragazze adolescenti a sviluppo tipico. Lo studio combina sperimentazione clinica del triptofano e indagini in fMRI e prevede l’analisi degli effetti del triptofano sull’attività cerebrale (durante uno stato di riposo e durante compiti di regolazione emotiva), su parametri neuroendocrini nel sangue e sulle capacità attentive dei soggetti. Risultati inerenti a questo obiettivo non sono ancora stati pubblicati.

Terzo e ultimo obiettivo del WP riguarda lo studio, su modelli animali, del comportamento aggressivo nelle femmine. Il campione animale utilizzato è composto da ratti femmina ad alto e basso temperamento aggressivo. Obiettivo di quest’ultima sezione del WP è di comprendere i meccanismi neurobiologici alla base del comportamento aggressivo e dell’elaborazione delle emozioni nelle femmine, nonché osservare la correlazione tra livelli di aggressività, pattern di attività neuronale e livelli endogeni di ossitocina, vasopressina e serotonina. In ultimo, saranno utilizzati due modelli animali a confronto: un gruppo di ratti aggressivi esposti a stress precoce e un gruppo di ratti aggressivi in presenza di variabili genetiche indotte in laboratorio. In questo modo sarà possibile verificare se variabili genetiche e variabili ambientali influenzano nello stesso modo un comportamento aggressivo. Gli studi in merito alla sperimentazione su modelli animali non sono ancora stati pubblicati.

Discussione

Il DC è un disturbo prevalentemente riscontrato nella popolazione maschile. Tuttavia, non può essere ignorato il fatto che ragazze con DC presentano spesso sintomi particolarmente gravi e pervasivi, in compresenza di un alto numero di disturbi psichiatrici in comorbilità13.

Il progetto FemNAT-CD ha apportato un’eccezionale quantità di evidenze scientifiche in merito a una serie di aspetti fondamentali per la comprensione del processo evolutivo della sintomatologia, ponendo a confronto maschi e femmine. Dagli studi sui fattori genetici di rischio, emerge che le femmine con DC hanno una generale ipo-metilazione del DNA. L’alterazione epigenetica legata a un singolo gene è stata verificata solo per i geni SLITRK5 e SLC25A24, rispettivamente coinvolti nella proliferazione neuronale e in funzioni di ristoro delle cellule36,37. Un dato interessante per la prevenzione del disturbo riguarda l’evidenza che i tag identificati come soggetti ad azione epigenetica sono attivi nel periodo prenatale. Possiamo così supporre che l’eziologia dei gravi DC in adolescenza sia fortemente legata a fattori ambientali molto precoci. L’interazione tra fattori genetici e ambientali di rischio è mediata dall’azione epigenetica, per cui certe circostanze sfavorevoli hanno un impatto sull’espressione genica. In particolare, nelle giovani femmine con DC, basso SES e parenting negativo si sono dimostrate variabili ambientali potenti nella generazione di meccanismi epigenetici35. Tra i fattori ambientali di rischio per lo sviluppo del DC emergono violenza43 e maltrattamento44, quest’ultimo mediato dall’effetto di vulnerabilità dato dalle difficoltà di processazione emotiva. Le femmine maltrattate mostrano difficoltà nel riconoscimento di paura e felicità, mentre nei maschi il deficit è significativo per l’emozione di disgusto. In caso di maltrattamento, è possibile che il pattern di esacerbazione della psicopatologia a partire dalla difficoltà nel riconoscimento emotivo subisca l’influenza del sesso.

Tali acquisizioni sono state approfondite da studi neuroanatomici realizzati su sottogruppi del campione FemNAT, come quello di Staginnus et al.49, che ha validato l’ipotesi dell’ecofenotipo (fenotipo fortemente plasmato da eventi ambientali), in quanto in un gruppo di ragazzi con DC sono state evidenziate differenze neurobiologiche significative tra coloro che avevano subito maltrattamenti rispetto a quelli che non ne avevano fatto esperienza. Il DC in compresenza di storia di maltrattamento risulta in più marcate difformità neurostrutturali. Il maltrattamento, dunque, è un fattore di rischio considerevole e la sottotipizzazione diagnostica basata sulla presenza di tale fattore è rilevante a fini terapeutici, preventivi e di ricerca.

Dallo studio dei fenotipi clinici nel DC emerge che l’aggressività relazionale è un fenotipo tipicamente riscontrato nel sesso femminile41, mentre i maschi dimostrano più spesso comportamenti di aggressività fisica50. Per quanto riguarda una forma di aggressività agita attraverso i social network, emerge che i sintomi di DC aumentano il rischio di vittimizzazione e perpetrazione di cyberbullismo42. Mentre non emergono differenze di sesso tra coloro che commettono atti di cyberbullismo, il sesso femminile rappresenta un significativo fattore di rischio per la vittimizzazione causata dal fenomeno.

Dal punto di vista neurocognitivo, invece, il sesso biologico non sembra costituire un fattore determinante nella differenziazione dei quadri clinici. Tra le funzioni neurocognitive target, il decision making basato sul rinforzo è compromesso in maschi e femmine con DC e risulta marcatamente deficitario in caso di comorbilità con ADHD51.

Uno studio del consorzio, dedicato ad aspetti psicofisiologi e neuroendocrinologici, non ha mostrato differenze legate al sesso nella secrezione neuroendocrina a fronte di situazioni stressanti: in entrambi i casi la secrezione era piuttosto ridotta52. La funzione neuroendocrina è stata definita come una variabile dipendente dall’esperienza precoce, a prescindere dal sesso del soggetto. Nello stesso studio, l’estradiolo si è mostrato un fattore protettivo e questa potrebbe essere una delle ragioni alla base della minore prevalenza del disturbo nelle femmine. Misurazioni psicofisiologiche utilizzate per osservare la responsività alla tristezza in ragazzi e ragazze con DC a confronto con un gruppo di controllo confermano l’assenza di differenze sesso-specifiche ed evidenziano, per entrambi i sessi, una frequenza respiratoria alterata53. Di interesse è il fatto che dal consorzio emergono evidenze che escludono la low arousal theory54, un’ipotesi neurofisiologica che sostiene che il DC coincide con minor livello di attivazione fisiologica basale. Le femmine, in particolare, mostrano livelli di attivazione basale più alti, in particolare in riferimento al parametro di frequenza respiratoria.

Conclusioni

Il progetto FemNAT-CD ha avviato procedure sperimentali utili a comprendere l’utilità clinica di approcci psicoterapeutici e farmacologici. I risultati di tali sperimentazioni non sono ancora noti. Dal punto di vista farmaco-terapeutico, ossitocina e triptofano sono al centro della sperimentazione per il miglioramento di sintomi affettivi, cognitivi e comportamentali nel DC. I risultati, a oggi disponibili, provenienti dal progetto FemNAT-CD mostrano come la presa in carico di femmine con DC potrebbe essere favorita sia da un corretto approccio diagnostico sia dalla presenza di strumenti terapeutici supportati da evidenze scientifiche esaustive.

Un aspetto che potrebbe essere utile indagare con attenzione in futuri studi è la correlazione tra DC e alcuni tipi di dipendenze; questa associazione è descritta in letteratura, sia per quanto riguarda l’utilizzo di alcolici 1, sia per quanto riguarda l’abuso di sostanze stupefacenti. Infatti, una diagnosi di DC tra gli 11 e i 14 anni è un potente predittore di disturbi da sostanze entro i 18 anni di età55. Hopfer et al.56 riportano che la presenza di DC conferisce un rischio maggiore di iniziare a fare uso di tutte le classi di sostanze già dall’età di 15 anni, con un rischio relativo maggiore per le sostanze illecite rispetto a quelle lecite; inoltre il rischio permane elevato anche con l’incrementare dell’età. Questo aspetto non sembra risentire di differenze legate al sesso, con uguale rischio di utilizzo di sostanze nei DC nei due sessi57. D’altra parte, gli studenti maschi che fanno uso di sostanze stupefacenti sono più inclini a commettere reati, tra cui bullismo e comportamenti violenti58. Sarebbe quindi utile valutare questo fenomeno nei prossimi studi, anche alla luce dell’utilizzo da parte degli adolescenti di nuove sostanze psicoattive, riportato sia in Italia59 sia a livello internazionale60.

Funding: questo lavoro è stato realizzato grazie a un grant IRCCS Fondazione Stella Maris (RicercaCorrente (RC) 2763771, 2.21_Tipizzazione genetico-clinica dei disturbi del comportamento in età evolutiva: implicazioni cliniche e di trattamento) e al 5x1000 del contributo volontario, Ministero della Salute.

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