Capacità e diritto all’autodeterminazione terapeutica nella legge n. 219/2017. Il caso delle persone con disturbo psichiatrico e cognitivo

Edda Mariaelisa Turla1, Corinna Porteri1

1Unità di Bioetica, IRCCS Istituto Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia.

Riassunto. La legge n. 219/2017 rappresenta il compendio normativo italiano più esaustivo avente il fine di consentire l’esercizio del diritto all’autodeterminazione terapeutica e di assicurare la sua migliore espressione anche da parte delle persone prive di capacità legale o naturale, attraverso gli strumenti del consenso informato, della pianificazione condivisa delle cure e delle disposizioni anticipate di trattamento. Tuttavia, alcune criticità affliggono il dettato della legge, caratterizzato da un utilizzo promiscuo ed eterogeneo dei termini riferiti alla capacità e dalla loro interpretabilità. Tali aspetti critici rischiano di compromettere a livello attuativo i benefici delle previsioni legislative, soprattutto con riguardo alle persone che potrebbero trovarsi in una condizione di limitata capacità a causa di un disturbo psichiatrico o cognitivo. Abbiamo analizzato il concetto di capacità nella legge e i suoi aspetti critici, su di un piano sia ermeneutico sia applicativo. L’analisi condotta mostra la difficoltà di conciliare la rigidità delle categorie legali della capacità con la natura mutevole e sfaccettata delle condizioni cliniche. Abbiamo sottolineato che sia l’ambito sanitario sia gli operatori del diritto possono contribuire a elaborare dei potenziali correttivi, la cui finalità deve consistere nel raggiungimento della massima convergenza tra il piano formale della legge e i reali contesti di cura.

Parole chiave. Autodeterminazione, capacità, demenza, legge 219/2017.

Capacity and right to therapeutic self-determination in law no. 219/2017. The case of persons with psychiatric and cognitive disorder.

Summary. Law no. 219/2017 represents Italy’s most comprehensive regulatory framework aimed at enabling the exercise of the right to therapeutic self-determination and ensuring its best expression even for people without legal or natural capacity, through the tools of informed consent, shared care planning and advance care directives. Nevertheless, some criticalities affect the wording of the law, characterised by a promiscuous and heterogeneous use of the terms referring to capacity and by their interpretability. These criticalities may compromise the benefits of the law provisions at the implementation level, with particular reference to persons who may have a condition of limited capacity due to a psychiatric or cognitive disorder. We analysed the concept of capacity in the law and its critical aspects, both on a hermeneutical and applicative level. The analysis shows the difficulty of reconciling the rigidity of the legal categories of capacity with the changing and multifaceted nature of the clinical conditions. We underlined that possible correctives can come from both the healthcare contexts and legal practitioners and must be aimed at achieving maximum approximation between the formal plan of the law and the real contexts of care.

Key words. Capacity, dementia, law 219/2017, self-determination.

Introduzione

La legge n. 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”1, entrata in vigore in data 31 gennaio 2018, si configura come la prima e unitaria disciplina all’interno del sistema legislativo italiano in materia di consenso ai trattamenti sanitari e di espressione individuale di preferenze e scelte riguardanti la salute, anche quella in contesti di fine vita. La legge fa seguito a un lungo e fervente dibattito che ha visto contrapporsi differenti opinioni sociali e posizioni politiche su tematiche etiche e giuridiche quali l’autodeterminazione terapeutica e il modo di concepire e attuare la relazione tra paziente e operatori sanitari2. La promozione e la protezione dell’autonomia e dell’autodeterminazione della persona, principi cui la normativa in esame ha conferito lo status di diritto soggettivo3, sono considerate il filo conduttore che lega le previsioni della legge4; esse rappresentano l’attuazione dei principi riconosciuti dalla Carta Costituzionale agli articoli 2 (diritti fondamentali), 13 (inviolabilità della libertà individuale) e 32 (diritto alla salute)5, espressamente richiamati nel primo articolo della legge 219/2017. Le disposizioni della legge rappresentano il tentativo di bilanciare il ruolo del paziente e quello degli operatori sanitari all’interno del rapporto di cura6, con la finalità di assicurare una più effettiva tutela dei diritti delle persone assistite7. A tal fine la normativa prevede uno spostamento del focus della relazione terapeutica sulla volontà del paziente e sulla sua personale concezione di dignità individuale8. L’impostazione così delineata corrisponde anche a quanto statuito dalla normativa sovranazionale, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (i cui articoli 1, 2 e 3 vengono espressamente citati nel testo della legge)9 e dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo10, e dalla normativa internazionale, tra cui la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina (la cosiddetta Convenzione di Oviedo)11 e la Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità12. La promozione del principio dell’autodeterminazione terapeutica perseguita dalla legge n. 219/2017 rappresenta altresì l’affermazione sul piano normativo dell’elaborazione giurisprudenziale originatasi dalle vicende processuali di soggetti tra cui Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e Fabiano Antoniani13.

Il contributo più rilevante e innovativo dato dalla legge n. 219/2017 non consiste tanto nell’affermazione del diritto della persona all’autodeterminazione terapeutica e al rispetto della propria autonomia decisionale, già presente nell’apparato giuridico e già variamente declinato, quanto nella predisposizione di strumenti giuridici concreti fruibili dai cittadini e dai pazienti per consentirne l’espressione e garantirne il rispetto. Già nel 2003, il Comitato Nazionale di Bioetica si era espresso denunciando il carattere incerto e lacunoso del sistema legislativo italiano in riferimento all’autonomia nel diritto alla salute e affermando l’auspicabilità di un intervento «ampio ed esauriente» del legislatore finalizzato ad assicurare l’attuazione di tale principio14. Gli strumenti elaborati dalla legge n. 219/2017 sono fondamentalmente costituiti dal consenso informato, la cui disciplina è delineata nell’art. 1, dalle disposizioni anticipate di trattamento, di cui all’art. 4, e dalla pianificazione condivisa delle cure, all’art. 5.

La statuizione relativa al consenso informato riconosce il diritto del paziente a essere informato in maniera completa e a lui comprensibile riguardo alle proprie condizioni di salute o, al contrario, a rifiutare di ricevere tali informazioni e delegare ad altra persona le relative decisioni, il diritto a esprimere il consenso o il dissenso a determinati trattamenti sanitari e a revocare l’assenso a terapie la cui prosecuzione non è desiderata, anche nel caso di trattamenti necessari alla propria sopravvivenza. Le disposizioni anticipate di trattamento sono costituite da un documento nel quale il cittadino dichiara le proprie volontà e preferenze in materia di trattamenti sanitari e fornisce le proprie indicazioni di cura, che gli operatori della salute sono tenuti a rispettare, a esclusione di circostanze eccezionali, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi. Il soggetto che redige le disposizioni ha anche la possibilità di indicare una persona di fiducia, denominata “fiduciario”, incaricata di farne le veci e di rappresentarlo nelle relazioni con i medici e con le strutture sanitarie. La pianificazione condivisa delle cure è un istituto che consente alla persona affetta da una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da una inarrestabile evoluzione con prognosi infausta di condividere con i medici il processo decisionale relativo alle cure, mediante l’espressione dei propri desideri e intendimenti, ai quali gli operatori sanitari sono tenuti ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi in una condizione di incapacità. Analogamente a quanto previsto per le disposizioni anticipate di trattamento, il paziente può anche indicare un fiduciario.

Il tema centrale dell’autodeterminazione terapeutica appare intimamente connesso con quello della capacità della persona, in conseguenza del fatto che la legge in esame prevede dei requisiti di capacità per la valida ed efficace espressione del diritto all’autodeterminazione.

Il presente lavoro è volto a investigare la tematica della capacità nelle previsioni di legge, muovendo dal piano testuale fino a quello attuativo, con particolare riferimento alle persone che soffrono di un disturbo psichiatrico o cognitivo e di demenza.

Il tema della “capacità” nella legge

La legge n. 219/2017 contiene riferimenti al tema della capacità nelle discipline del consenso informato, delle disposizioni anticipate di trattamento e della pianificazione condivisa delle cure, e delinea una specifica previsione relativa alle persone incapaci.

La norma relativa al consenso informato (art. 1 comma V) richiede al paziente il possesso della “capacità d’agire” ai fini dell’esercizio del diritto a rifiutare o a revocare il consenso prestato a qualsivoglia accertamento diagnostico o trattamento sanitario.

La previsione che regola le disposizioni anticipate di trattamento (art. 4) prevede la sussistenza della “capacità di intendere e di volere” in aggiunta al requisito della maggiore età per la redazione del documento attestante le volontà e i desideri della persona in materia sanitaria per l’eventualità di una futura “incapacità di autodeterminarsi”. Conformemente al comma II, gli stessi requisiti di capacità devono essere soddisfatti per poter svolgere la funzione di fiduciario.

La norma che disciplina la pianificazione condivisa delle cure (art. 5) non contiene un’indicazione espressa della capacità necessaria per poter realizzare la pianificazione o per poter agire in qualità di fiduciario, ma prevede l’applicazione in via analogica di quanto stabilito in tema di disposizioni anticipate di trattamento. In aggiunta, l’articolo fa riferimento a una “condizione di incapacità” quale circostanza in cui il medico curante e l’équipe sanitaria sono tenuti ad aderire alla programmazione della cura precedentemente realizzata.

La previsione di cui all’art. 3, rubricata “Minori e incapaci”, regolamenta l’espressione del consenso da parte dei soggetti che non hanno ancora acquisito la capacità legale in conseguenza della minore età e di coloro che sono soggetti a una misura limitativa della capacità legale secondo le norme del Codice civile in materia (ossia interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno)15. Essa disciplina anche la figura dei rappresentanti legali, che, con riferimento agli individui incapaci di età adulta, sono rispettivamente: il tutore per le persone interdette, il curatore per quelle inabilitate e l’amministratore di sostegno.

L’analisi delle previsioni citate rivela diversi aspetti critici, su di un piano sia prettamente ermeneutico sia applicativo.

Criticità del concetto di “capacità” nella legge

Nel sistema giuridico italiano, l’espressione “capacità di agire” viene tradizionalmente intesa come capacità legale, che, come stabilito dall’art. 2 del Codice civile, si acquisisce con il compimento della maggiore età e si esprime nell’attitudine della persona a compiere atti giuridicamente validi. La limitazione della capacità legale di un soggetto adulto consegue a un provvedimento giudiziale sulla base della perdita totale o parziale della capacità di autodeterminarsi e di provvedere ai propri interessi. L’espressione “capacità di intendere e di volere” è identificata invece con la categoria della “capacità naturale”16,17, cioè con l’abilità di elaborare informazioni e di prendere decisioni; essa si esplica in una condizione di fatto e non in una situazione di diritto18.

Un primo aspetto problematico, di evidenza immediata, è costituito dalla promiscuità e dalla disomogeneità delle parole utilizzate dal legislatore in relazione al concetto di capacità; ciò dà origine a una difficoltà di coordinamento tra le previsioni della legge. Una seconda criticità è rappresentata dall’interpretabilità della terminologia presente nella legge da parte degli operatori del diritto.

Persone incapaci

Il comma I dell’articolo 3 afferma con chiarezza il principio per cui le persone incapaci hanno diritto alla valorizzazione della loro capacità di comprensione e di decisione e a ricevere le informazioni relative alle scelte di salute nella modalità adeguata a consentire la manifestazione della loro volontà. Tuttavia, non appare di immediata e univoca comprensibilità il significato della parola “incapaci” contenuto nella rubrica e nell’incipit della norma, rispettivamente “Minori e incapaci” e “La persona minore di età o incapace”. La mancata specificazione del termine, nonché l’esplicito accostamento dei soggetti minorenni19, potrebbero indurre a considerare il termine “incapaci” come riferito a entrambe le forme di incapacità, sia legale sia naturale. Una lettura di tale tenore appare però ostacolata dalla disciplina relativa agli adulti incapaci di cui ai successivi commi, che fanno riferimento soltanto alle declinazioni dell’incapacità legale, con la conseguente apparente esclusione degli individui che si trovano in una condizione di incapacità naturale dai diritti affermati dalla norma. Tale esclusione introdurrebbe tuttavia una disparità di trattamento non in linea con lo spirito della legge, disparità che sarebbe invece scongiurata da una interpretazione omnicomprensiva che riferisce la parola “incapaci” a entrambe le categorie dell’incapacità, sia quella legale sia quella naturale20.

Consenso informato

Con riguardo al consenso informato (art. 1), il comma V prevede il possesso della “capacità d’agire”: tale previsione sembra comportare a priori l’esclusione da tale specifica statuizione delle persone aventi una limitazione della capacità legale, anche nei casi in cui esse mantengono una residua capacità di comprendere e di prendere decisioni. Dall’altro lato, gli individui non legalmente incapaci possono beneficiare di una presunzione di capacità naturale17, che opera anche nel caso in cui essi ne siano effettivamente privi. L’articolo 1 sembra quindi soffrire di una mancanza di chiarezza, acuita anche dal fatto che il riferimento esplicito alla “capacità di agire” è contenuto soltanto nel comma V relativo al diritto di rifiutare i trattamenti sanitari e gli accertamenti diagnostici o di revocare il consenso ai medesimi. Appare dunque difficoltoso fornire un’interpretazione del dettato della norma non ambigua, univoca e coerente.

Disposizioni anticipate di trattamento

Relativamente alle disposizioni anticipate di trattamento (art. 4), l’espressione «Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere» utilizzata nell’incipit della previsione è passibile di differente interpretazione: essa può essere intesa o con il significato di capacità naturale, comportando così l’esclusione delle persone incapaci naturali dalla possibilità di fruire di tale strumento ma consentendo alle persone prive di capacità legale, se capaci di intendere e di volere, di farne uso21; oppure con il significato di capacità legale, con la conseguente esclusione delle persone legalmente incapaci22 e la potenziale inclusione di coloro la cui condizione di incapacità naturale non abbia (ancora) ricevuto formale attestazione. Una declinazione ulteriore del concetto di “capacità di intendere e di volere” è stata proposta dalla Commissione Regionale di Bioetica della Regione Toscana in un documento sulla legge 219/2017 nei termini di “moral agency”. Questa espressione veicola un concetto di natura essenzialmente etica che contempla la capacità della persona «di avere, oltre a capacità critiche razionali, anche la capacità di distinguere ciò che è bene per sé, di esprimere sentimenti, di formulare giudizi di valore, come esito dell’esperienza di una vita»23.

Pianificazione condivisa delle cure

L’interpretabilità caratterizza anche la previsione relativa alla pianificazione condivisa delle cure (art. 5), anche se in questo caso essa deriva non da un’espressa indicazione di legge, ma al contrario dalla mancanza di indicazioni. Da un lato il comma V prevede l’applicazione di quanto è stabilito circa le disposizioni anticipate di trattamento «per quanto riguarda gli aspetti non espressamente disciplinati dal presente articolo». Dando rilievo a tale riferimento, il regime della capacità richiesto per l’attuazione della pianificazione delle cure sembra essere il medesimo di quello previsto per la redazione delle disposizioni anticipate, con la conseguente riproposizione delle problematiche riferite agli adulti incapaci e l’esclusione dei minori d’età dalla possibilità di ricorrere alla pianificazione19. Dall’altro lato, l’assenza di una specifica relativa alla capacità del soggetto ammesso a partecipare alla pianificazione delle cure può essere letta con il significato di ricomprendere anche i minori e gli adulti incapaci, mediante la valorizzazione del collegamento a quanto statuito dall’art. 3 per queste categorie di persone24.

Criticità del concetto di “capacità” sul piano attuativo

Le criticità relative al dato testuale della legge e alle sue differenti interpretazioni possono avere una ricaduta negativa sul piano applicativo della norma, in termini di potenziale eterogeneità (o, ancor peggio, ineguaglianza) nell’attuazione delle previsioni normative. Infatti, la disomogeneità delle espressioni utilizzate dal legislatore in tema di capacità e la loro interpretabilità da parte sia degli operatori del diritto sia dei professionisti sanitari può fondare un’arbitrarietà nell’inclusione ed esclusione degli individui da quanto è stabilito dalle previsioni della legge19.

Nel testo della norma è altresì ravvisabile la mancanza di specifici criteri relativi alla determinazione e attestazione del tipo e del grado di capacità naturale della persona25, con riguardo agli istituti del consenso informato, delle disposizioni anticipate di trattamento e della pianificazione condivisa delle cure. L’assetto attuale lascia aperto il problema sia dell’identificazione certa e univoca dei soggetti incaricati di effettuare la valutazione di capacità sia delle modalità e tempistiche della valutazione medesima26,27; laddove invece l’identificazione delle capacità del paziente costituisce un passaggio essenziale all’interno del rapporto di cura, nell’interesse sia della persona assistita che del professionista sanitario17.

Il rischio di compromettere il godimento delle possibilità introdotte dalla legge diviene ancora più elevato per le persone che si trovano in particolari condizioni cliniche, quali il disturbo psichiatrico o cognitivo e la demenza, in cui l’esame delle capacità è particolarmente importante, ma complesso e difficoltoso28.

Dati emergenti dalla pratica clinica e dall’ambito della ricerca rivelano che la sussistenza di un disturbo psichiatrico o cognitivo, tra cui la demenza, è associata a un maggiore rischio di trovarsi in uno stato di incapacità naturale29,30. Tuttavia, le malattie mentali presentano un ampio spettro di condizioni patologiche e spesso pazienti con la stessa diagnosi differiscono sensibilmente l’uno dall’altro. Inoltre, il decorso della sintomatologia non è lineare e talvolta non risulta prevedibile31. Nei soggetti che soffrono di una malattia neurodegenerativa, quale la demenza, per esempio, è possibile individuare diversi livelli di capacità, in conseguenza del fatto che le abilità cognitive e funzionali si riducono gradualmente16. La velocità e l’intensità del decadimento sono estremamente soggettive e dipendono da una molteplicità di fattori, medici, personali e sociali32. La letteratura scientifica e gli studi empirici mostrano che una diagnosi di demenza o di disturbo psichiatrico non equivale di per sé a un’incapacità del paziente di comprendere, ragionare e prendere valide decisioni concernenti la propria salute33,34. Tra gruppi di pazienti si registra infatti una considerevole eterogeneità, e un numero variabile di pazienti con disturbo psichiatrico o cognitivo è ritenuto capace di decisioni in ambito medico29,30.

Ancora, questi pazienti possono mostrare di possedere o meno delle abilità a seconda del tipo di scelta da compiere: nel merito della nostra analisi, è di particolare interesse la capacità del soggetto di indicare un fiduciario, abilità che può sussistere anche quando la capacità di esprimere scelte relative ad altri aspetti della salute risulta compromessa35.

L’entrata in vigore della legge n. 219/2017, con la conseguente messa in atto delle sue previsioni, ha evidenziato la faticosità nella coordinazione del piano fattuale-clinico con quello legale. In particolare, il dettato della legge, così come sopra analizzato, ha mostrato l’attuale inadeguatezza delle categorie tradizionali della capacità legale e della capacità naturale nel riflettere la complessità delle condizioni fattuali delle persone, soprattutto di coloro che soffrono di un disturbo psichiatrico o cognitivo, in riferimento al diritto all’autodeterminazione nell’ambito delle scelte relative alla salute individuale36,26. Questa criticità emerge in particolar modo nelle “zone grigie” della capacità, che caratterizzano prevalentemente gli stadi inziali del decadimento cognitivo e che non possono essere direttamente ricondotte all’interno dei limiti delle categorie di legge37. La problematicità dell’approccio del diritto, ai sensi del quale una persona è o non è dotata della capacità di prendere una decisione e di compiere una scelta in un determinato momento, è stata sottolineata anche dal Nuffield Council on Bioethics (UK) nel report dedicato alle questioni etiche nella demenza. I membri di tale organismo evidenziano da un lato che l’esame della capacità naturale di un individuo non ha natura di scienza esatta e dall’altro che gli esiti di tale valutazione possono essere molto diversi anche in presenza di differenze marginali in termini di capacità, con conseguenze estremamente significative per i soggetti coinvolti38. In un documento relativo alla pianificazione condivisa delle cure e autodeterminazione delle persone anziane affette da patologie psicogeriatriche, l’Associazione italiana di Psicogeriatria ha posto in evidenza la circostanza per cui in alcuni contesti clinici, in particolare quelli a carattere psicogeriatrico, spesso è possibile ravvisare una mescolanza delle forme di incapacità, naturale e legale, e ha sottolineato come la condizione di fatto della persona può non coincidere perfettamente con il suo status legale. Per questo motivo, nel documento si afferma che la legge n. 219/2017 «contiene la forte rinuncia a favorire quell’incontro tra i tempi della vita e quelli del diritto, senza i quali la certezza di quest’ultimo diviene una scorciatoia per semplificare la complessità della prima»39. Similmente, l’utilizzo in termini astratti delle categorie dell’incapacità di cui all’art. 3 è stato interpretato come la rinuncia ad una valutazione della capacità del soggetto in termini concreti, modalità che, invece, potrebbe consentire l’individuazione di una soluzione ad hoc per la singola persona ed assicurare così una maggiore equità nell’esercizio del diritto all’autodeterminazione terapeutica40.

Suggerimenti operativi per una soluzione

Come alcuni commentatori hanno osservato, lo sforzo da perseguire sia nell’interpretazione sia nell’attuazione della normativa è costituito dalla ricerca della massima interazione e convergenza tra il piano formale della legge e quello dei contesti esistenziali connessi alla sua applicazione41,42, con la finalità di realizzare la migliore trasposizione “in azione” delle previsioni legislative. Fondamentalmente la legge n. 219/2017 esplica il tentativo di assicurare il rispetto del principio, di matrice costituzionale e di affermazione giurisprudenziale, di uguaglianza nel diritto alla salute e nella componente essenziale di tale diritto costituita dall’autodeterminazione terapeutica, con il fine di assicurare la parità di trattamento tra le persone dotate di capacità e quelle che ne sono prive43,5. L’art. 3 della legge, dedicato agli incapaci, veicola da una parte il principio che il diritto all’autodeterminazione terapeutica è un diritto fondamentale dell’individuo, indipendentemente dal grado o dall’assenza di capacità7 e dall’altra il concetto che qualsiasi forma di incapacità non può costituire la giustificazione per la negazione di tale diritto44.

La concretizzazione dei principi della legge può essere massimamente raggiunta attraverso la riduzione del potenziale impatto negativo delle criticità relative al tema della capacità che abbiamo analizzato. L’individuazione di correttivi è possibile e dovrebbe essere condotta su di un duplice piano: quello costituito dalle buone pratiche di ambito clinico e quello derivante dall’elaborazione degli operatori del diritto. Elemento ulteriormente necessario è la collaborazione tra i due ambiti, medico e legale45.

Nel contesto clinico, l’aspetto più rilevante concerne la valutazione della capacità del paziente. L’esame clinico dovrebbe prendere in considerazione la molteplicità dei fattori e delle componenti che influenzano e determinano tale capacità46, e, con particolare riferimento ai disturbi mentali e cognitivi, la natura multi sfaccettata e cangiante di questi ultimi. Su questa base, l’accertamento da un lato dovrebbe focalizzarsi su aspetti specifici e concreti della capacità, e dall’altro dovrebbe avere un carattere multidimensionale che consideri abilità di diversa natura, non solo cognitiva ma anche funzionale ed emozionale47,32. Le neuroscienze cognitive possono oggi giocare un ruolo innovativo e promettente: esse contribuiscono alla comprensione del funzionamento del processo decisionale e all’individuazione di specifici deterioramenti cognitivi che possono comprometterlo48, e confermano la necessità di una valutazione comprensiva che prenda in considerazione le peculiarità della persona49.

Lo scopo della valutazione clinica dovrebbe essere quello di individuare non soltanto i deficit del paziente, ma anche le sue risorse e potenzialità per consentirgli l’esercizio dell’autodeterminazione terapeutica17. Specialmente nel campo dei disturbi psichiatrici e cognitivi, un accertamento di questo tipo potrebbe consentire di conoscere e di valorizzare le aree della capacità non compromesse dalla malattia, e così realizzare una cura realmente rispettosa dell’individualità e della dignità della persona. In questa direzione, appare particolarmente degna di nota l’indagine sulla capacità del soggetto di nominare un fiduciario, il quale è chiamato a dare voce alla volontà del paziente e ad assicurarne il rispetto soprattutto nelle situazioni in cui quest’ultimo si trovi in una condizione di incapacità50. L’elaborazione di consensus statement e buone pratiche condivise in ambito clinico per la valutazione della capacità potrebbe migliorare l’operatività dei professionisti della salute e assicurare un uguale trattamento dei soggetti.

In ambito legale, un contributo alla traduzione concreta dello spirito della legge può derivare dall’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale concernente il tema delle persone incapaci. Le pronunce che sono già state emanate si sono focalizzate prevalentemente sulla disciplina dell’amministratore di sostegno come prevista dall’art. 3 della legge. Le Autorità che si sono pronunciate hanno statuito che sia l’attribuzione di poteri all’amministratore di sostegno sia l’azione rappresentativa o sostitutiva che lo stesso esercita devono essere basate sulla valutazione, condotta in termini concreti, della capacità della persona amministrata e devono essere finalizzate ad assicurare la migliore protezione della salute e della volontà di quest’ultima51. In aggiunta, è stato affermato che la funzione di controllo svolta dal Giudice tutelare sulle azioni compiute dall’amministratore deve fondarsi sul preventivo accertamento dello stato di capacità del soggetto beneficiario dell’amministrazione e sulla verifica dell’adeguatezza alla sua condizione del trattamento medico proposto dall’amministratore52.

L’opera interpretativa e dichiarativa della giurisprudenza può rivelarsi preziosa nel superamento degli aspetti testuali critici e delle incertezze applicative della normativa anche con riguardo alle figure, di espressa previsione legislativa, del fiduciario e dei cosiddetti “protettori naturali”, questi ultimi esemplificati dalla legge nei familiari, nella parte dell’unione civile, nel convivente e nella persona di fiducia del paziente. Nel solco tracciato dai pronunciamenti già emanati in materia di amministrazione di sostegno, l’elaborazione degli operatori del diritto potrebbe permettere la valorizzazione del ruolo delle suddette figure. Tale orientamento risulterebbe valevole quale promozione della gradualità e sussidiarietà dell’intervento giudiziale nelle situazioni di assente o limitata capacità del soggetto interessato dalla cura53 e, coerentemente con l’impianto concettuale della legge, consentirebbe altresì di perseguire il più ampio riconoscimento delle volontà del paziente e quindi un maggior rispetto della sua identità personale. Può essere letta in questi termini la previsione di cui al comma IV dell’art. 4: la nomina dell’amministratore di sostegno è contemplata quale ipotesi residuale, “in caso di necessità” qualora la persona non abbia fornito nelle proprie disposizioni anticipate di trattamento l’indicazione di un fiduciario o questi abbia rinunciato alla nomina, sia deceduto o si trovi anch’egli in una condizione di incapacità20. Un possibile intervento sul piano del diritto riguarda anche le situazioni di conflitto che si possono potenzialmente generare riguardo la cura della persona in condizione di incapacità. Esse sono state previste dal legislatore nella disciplina relativa alle persone minori d’età e incapaci (per questi ultimi, nel caso in cui il rappresentante legale, in assenza di disposizioni anticipate di trattamento del rappresentato, rifiuti le cure ritenute dal medico appropriate e necessarie e da questo proposte) e nella norma disciplinante le disposizioni anticipate di trattamento (in caso di conflitto tra fiduciario e medico circa la loro disattendibilità): la soluzione prospettata nell’art. 3 comma V, cui fa esplicito rimando il comma V dell’art. 4, consiste nella rimessione della decisione al Giudice tutelare. L’aspetto critico di tale previsione è rappresentato dallo spostamento della risoluzione dei contrasti riguardanti l’autodeterminazione terapeutica della persona incapace dal piano clinico a quello prettamente giudiziario, tra l’altro, senza indicazione alcuna dei criteri ed elementi cui il giudice chiamato a pronunciarsi possa o debba far riferimento e tenere in considerazione. La previsione dell’intervento giudiziale sembra senz’altro operata in funzione di garanzia, in virtù della terzietà e imparzialità che devono connotare il medesimo; tuttavia, essa appare pregiudizievole della prossimità, propria del piano della cura, con la realtà esistenziale del paziente39. Il contributo di matrice giuridica per ridurre le occasioni di ricorso alla determinazione esclusivamente giudiziale in materia di autodeterminazione nella salute potrebbe essere costituito dalla formulazione di indicazioni operative caratterizzate da una vicinanza al piano della cura maggiore rispetto a quella offerta dal dettato legislativo.

Infine, come evidenziato da alcuni commentatori della legge, il legislatore, anziché utilizzare le categorie classiche della capacità legale e della capacità naturale, di cui risulta provato il carattere ormai rigido e anacronistico, avrebbe fatto meglio a ricorrere a nozioni altre36, quale per esempio la capacità di discernimento, intesa come la consapevolezza e la maturità di giudizio, passibile di valutazione in termini individuali e concreti54. Un passo in avanti in questo senso, anche se afferente a un contesto ulteriore rispetto a quello su cui incidono le previsioni della legge 219/2017, potrebbe essere ravvisato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019, emanata a conclusione della vicenda giudiziaria di Fabiano Antoniani. Nel pronunciamento, riguardante l’ammissibilità della richiesta di aiuto medico a morire, la Corte ha valutato di non servirsi delle tradizionali categorie della capacità legale e della capacità naturale, bensì di far riferimento alla capacità della persona di “prendere decisioni libere e consapevoli”55 (Tabella 1).




Conclusioni

Abbiamo analizzato il tema della capacità nel dettato della legge n. 219/2017 e nella sua applicazione. Riteniamo di sottolineare l’innovatività di tale normativa, che rappresenta la più esaustiva disciplina del panorama legislativo italiano volta a consentire l’esercizio del diritto all’autodeterminazione terapeutica e a garantirne la migliore espressione anche per le persone che deficitano della capacità legale o di quella naturale. Abbiamo preso in considerazione le criticità che affliggono il piano testuale della norma, caratterizzato da un utilizzo promiscuo ed eterogeneo dei termini relativi alla capacità e dalla loro interpretabilità. Abbiamo evidenziato il conseguente rischio costituito dalla compromissione dei benefici delle previsioni di legge a livello della loro attuazione, in particolare per le persone che potrebbero soffrire di una limitazione della capacità a causa di un disturbo psichiatrico o cognitivo. Come rilevato da diversi autori, ciò che risulta oggigiorno evidente è la difficoltà di conciliare la rigidità delle categorie legali della capacità con la natura mutevole e multi sfaccettata di tali condizioni cliniche. Abbiamo posto l’accento sui potenziali rimedi alle attuali problematicità che possono provenire sia dal settore della cura sia dagli operatori del diritto. L’azione correttiva esplicabile in entrambe queste aree dovrebbe essere finalizzata a conseguire il massimo avvicinamento tra il piano formale della legge e i reali contesti di cura. Soltanto in questo modo il fine della normativa di affermare e dare realità al principio di uguaglianza nel diritto alla salute e in particolare nella sua componente dell’autodeterminazione terapeutica potrebbe dirsi pienamente ed effettivamente realizzato.


Conflitto di interessi
: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Fondi: lo studio è stato finanziato con fondi di Ricerca Corrente del Ministero della Salute e 5x1000 (2019) destinati all’IRCCS Istituto Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli.

Bibliografia

1. Legge 22 Dicembre 2017 n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana S.G. n. 12, 16 gennaio 2018. Disponibile su: https://bit.ly/2YZOKKr [ultimo accesso 28 aprile 2023].

2. De Panfilis L, Giorgi Rossi P, Mazzini E, et al. Knowledge, opinion and attitude about the Italian law on advance directives: a population-based survey. J Pain Symptom Manage 2020; 60: 906-14.e4.

3. Piccinni M. Biodiritto tra regole e principi. Uno sguardo «critico» sulla l. n. 219/2017 in dialogo con Stefano Rodotà. BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto 2018; 1: 121-46.

4. Bozzi L. La legge sulle disposizioni anticipate di trattamento tra esigenze di bilanciamento e rischi di assolutizzazione. La nuova giurisprudenza civile commentata 2018; 34: 1351-9.

5. Ciliberti R, Gulino M, Gorini I. La nuova normativa italiana sul fine vita: l’autodeterminazione e la condivisione del percorso di cura. Recenti Prog Med 2018; 109: 267-71.

6. Di Masi M. Effetti redistributivi della Legge n. 219/2017 nel rapporto tra medico e paziente. Giurisprudenza Penale Web 2019; 1-bis “Questioni di fine vita”: 147-65.

7. Astone A. Autodeterminazione terapeutica e disposizioni anticipate di trattamento nella legge 22 dicembre 2017 n. 219. Il diritto di famiglia e delle persone 2018; 47: 1508-41.

8. Fasan M. Consenso informato e rapporto di cura: una nuova centralità per il paziente alla luce della legge 22 dicembre 2017, n. 219. Giurisprudenza Penale Web 2019; 1-bis Questioni di fine vita: 83-102.

9. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 364/1. Nizza 2000. Disponibile su: https://bit.ly/443jetM [ultimo accesso 28 aprile 2023].

10. Consiglio d’Europa. Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). Roma 1950. Disponibile su: https://bit.ly/44afg2u [ultimo accesso 28 aprile 2023].

11. Consiglio d’Europa. Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina (Serie dei Trattati Europei n. 164). Oviedo 1997. Disponibile su: https://bit.ly/3Nmw8gO [ultimo accesso 28 aprile 2023].

12. Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. New York 2006. Disponibile su: https://bit.ly/2wDr0Mt [ultimo accesso 28 aprile 2023].

13. Busatta L, Zamperetti N. Scelte di (fine) vita: cambia il diritto, può cambiare la medicina? Riv Ital Med Leg 2020; 42: 651-82.

14. Comitato Nazionale di Bioetica. Parere del 18 Dicembre 2003 Dichiarazioni anticipate di trattamento. Presidenza del Consiglio dei Ministri. Disponibile su: https://bit.ly/3AAxPzh [ultimo accesso 28 aprile 2023].

15. Regno d’Italia. Codice civile, approvato con Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 262. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia 4 aprile 1942, n. 79. Libro I, titolo XII (Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia), artt. 404-432 e successive modificazioni.

16. Durante V. Incapacità “di fatto” e consenso nella relazione di cura dopo la l. n. 219/2017. Responsabilità Medica 2020; 375-92.

17. Piccinni M. Prendere sul serio il problema della “capacità” del paziente dopo la l. n. 219/2017. Responsabilità Medica 2018; 249-68.

18. Lupo M. Art. 2 c.c. – Maggiore età. Capacità di agire. Codice Civile commentato on line. Disponibile su: https://bit.ly/40MaUM8 [ultimo accesso 28 aprile 2023].

19. Rizzuti M. Minori, incapaci e Dat: i primi contenziosi. Diritto e salute 2018; 4: 166-83.

20. Piccinni M. Decidere per il paziente: rappresentanza e cura della persona dopo la l. n. 219/2017. La nuova giurisprudenza civile commentata 2018; 34: 1118-35.

21. Pizzetti FG. Prime osservazioni sull’istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (dat) previsto dall’articolo 4 della legge 22 dicembre 2017, n. 219. BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto 2018; 1: 54-60.

22. Masoni R. Il principio di autodeterminazione in materia medico-sanitaria nelle d.a.t. e nella p.c.c., di cui alla l. n. 219 del 2017. Il diritto di famiglia e delle persone 2019; 48: 341-58.

23. Commissione Regionale di Bioetica della Regione Toscana (CRB). Parere n. 1-2019 del 14 Giugno 2019 La pianificazione condivisa delle cure nel caso di pazienti con decadimento cognitivo (in riferimento alla Legge 22 dicembre 2017, n. 219). Disponibile su: https://bit.ly/449IezG [ultimo accesso 28 aprile 2023].

24. Baldini G. Prime riflessioni a margine della legge n. 219/2017. BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto 2018; 2: 97-141.

25. Ciliberti R, Gorini I, Gazzaniga V, De Stefano F, Gulino M. The Italian law on informed consent and advance directives: new rules of conduct for the autonomy of doctors and patients in end-of-life care. J Crit Care 2018; 48: 178-82.

26. Cembrani F, Trabucchi M, Ferrannini L, Agostini C. Capacità ed incapacità al banco di prova della nuova legge sul biotestamento: i tempi della vita nel traffico di un diritto (sempre meno) gentile. Responsabilità Medica 2018; 235-44.

27. Gorassini A. Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento nella dimensione della c.d. vulnerabilità esistenziale. Annali Società italiana degli studiosi di diritto civile 2018; 2: 23-36.

28. Di Fazio N, Romano S, Del Fante Z, Santoro P, Fineschi V, Frati P. European countries’ different legal orientation about end-of-life issues in patients affected with neurological/psychiatric diseases: does Italian law n. 219/2017 provide adequate options for this fragile category of patients? Front Psychiatry 2021; 12: 675706.

29. Dunn LB, Nowrangi MA, Palmer BW, Jeste DV, Saks ER. Assessing decisional capacity for clinical research or treatment: a review of instruments. Am J Psychiatry 2006; 163: 1323-34.

30. Lepping P, Stanly T, Turner J. Systematic review on the prevalence of lack of capacity in medical and psychiatric settings. Clin Med (London) 2015; 15: 337-43.

31. Gasparini M, Moro V, Amato S, Vanacore N, Gambina G. The evaluation of capacity in dementia: ethical constraints and best practice. A systematic review. Ann Ist Super Sanità 2021; 57: 212-25.

32. Stracciari A. La disabilità cognitiva di origine neurologica. In: Bianchi A, Macrì PG (a cura di). La valutazione delle capacità di agire. Padova: Cedam, 2011.

33. Togni E, Dierickx K, Porteri C. Participation in biobanks for research by incapacitated adults: review and discussion of current guidelines. Int J Geriatr Psychiatry 2014; 29: 670-81.

34. Defanti CA, Tiezzi A, Gasparini M, et al. Ethical questions in the treatment of subjects with dementia. Part I. Respecting autonomy: awareness, competence and behavioural disorders. Neurol Sci 2007; 28: 216-31.

35. Kim SYH, Karlawish J, Kim HM, Wall IF, Bozoki A, Appelbaum PS. Preservation of the capacity to appoint a proxy decision maker: implications for dementia research. Arch Gen Psychiatry 2011; 68: 214.

36. Rossi S. Il contratto di Ulisse. Costruzioni giuridiche e tutela costituzionale del sofferente psichico. In: Foglia M (a cura di). La relazione di cura dopo la legge 219/2017. Una prospettiva interdisciplinare. Pisa: Pacini Giuridica 2019.

37. Porteri C, Petrini C. Research involving subjects with Alzheimer’s disease in Italy: the possible role of family members. BMC Med Ethics 2015; 16: 12.

38. Nuffield Council on Bioethics. Dementia: ethical issues. London: Cambridge Publishers, 2009. Disponibile su: https://bit.ly/443kU6y [ultimo accesso 28 aprile 2023].

39. Cembrani F, Asioli F, Bianchetti A, et al. La pianificazione condivisa della cura e l’autodeterminazione della persona anziana affetta da patologie psicogeriatriche. Psicogeriatria 2019; suppl 1: 1-33.

40. Baldini G. L. 219/2017: minori, incapaci e autodeterminazione terapeutica tra luci e ombre. Diritto delle successioni e della famiglia 2019; 5: 7-25.

41. Zatti P. Cultura della relazione e linguaggi normativi. Responsabilità Medica 2019; 29-34.

42. De Sabbata K, Pietersz D, Pilz González LF, Suay Espi V, Van Vliet A. Lo studio: presupposti teorici e scelte metodologiche. In: Gaudino L (a cura di). La relazione di cura tra legge e prassi. Un’indagine comparativa tra Italia, Francia, Spagna e Inghilterra. Pisa: Pacini Giuridica, 2021.

43. Ferrando G. Minori e incapaci. BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto 2018; 1: 46-52.

44. Azzalini M. Legge 219/2017: la relazione medico-paziente irrompe nell’ordinamento positivo tra norme di principio, ambiguità lessicali, esigenze di tutela della persona, incertezze applicative. Responsabilità civile e previdenza 2018; 83: 8-36.

45. Zatti P. Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e DAT. La nuova giurisprudenza civile commentata 2018; 34: 247-52.

46. Darby RR, Dickerson BC. Dementia, decision-making and capacity. Harv Rev Psychiatry 2017; 25: 270-8.

47. Comitato Nazionale di Bioetica. Parere del 20 Giugno 2014 Le demenze e la malattia di Alzheimer: considerazioni etiche. Presidenza del Consiglio dei Ministri. Disponibile su: https://bit.ly/40QQ2Ds [ultimo accesso 28 aprile 2023].

48. Van der Plas E, David AS, Fleming SM. Advice-taking as a bridge between decision neuroscience and mental capacity. Int J Law Psychiatry 2019; 67: 101504.

49. Tafaro L. Neuroscienze e diritto civile: nuove prospettive. BioLaw Journal – Rivista di Biodiritto 2017; 3: 251-72.

50. Veshi D, Koka E, Venditti C. A new law of advance directives in Italy: a critical legal analysis. JLM 2019; 26: 702-10.

51. Trapuzzano C. Amministratore di sostegno: il rifiuto delle cure presuppone l’autorizzazione del giudice tutelare. il Quotidiano Giuridico, Wolters Kluwer 25 Giugno 2019. Disponibile su: https://bit.ly/3Hkhen6 [ultimo accesso 28 aprile 2023].

52. Scalera A. I poteri sostitutivi dell’amministratore di sostegno in materia di cura personae ([Nota a sentenza] Trib. Vercelli, 8.3.2018 e Trib. Vercelli, 31.5.2018). La nuova giurisprudenza civile commentata 2019; 35: 15-24.

53. Consiglio d’Europa, Comitato dei Ministri. Recommendation No. R (99) 4 of the Committee of Ministers to member states on principles concerning the legal protection of incapables adults [Raccomandazione N. R (99) 4 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui principi riguardanti la protezione legale degli adulti incapaci]. Strasburgo, 1999. Disponibile su: https://bit.ly/428Bv7s [ultimo accesso 28 aprile 2023].

54. Stanzione P. Testamento biologico e autodeterminazione della Persona. Comparazione e diritto civile 2017; 3: 7-13.

55. Giardina F. Scelte di fine vita e “capacità di prendere decisioni libere e consapevoli”. Responsabilità Medica 2022; 91-6.