L’altra epidemia

Giuseppe Bersani1

1Minds in Network.

Riassunto. L’articolo è una riflessione sul fenomeno psichico della negazione della realtà della pandemia di covid-19, dei dati della ricerca scientifica su di essa e delle finalità terapeutiche del vaccino e delle politiche sanitarie nazionali e internazionali, così come questo emerge nell’ambito dei cosiddetti movimenti no-vax. Vengono descritti i possibili quadri psicopatologici alla base o associati a tale fenomeno, valutate analogie e differenze di questi con quelli della nosografia psichiatrica classica, considerate ipotesi interpretative psicologiche e psichiatriche che possono in qualche misura caratterizzare una realtà vasta e complessa, nella cui conoscenza e nella cui gestione gli psichiatri potrebbero svolgere un ruolo molto più rilevante di quello attualmente svolto.

Parole chiave. Covid-19, pandemia, teorie cospirative, opposizione al vaccino, psicopatologia, disturbi psicotici e di personalità.

The parallel epidemic.

Summary. The paper is a reflection on the psychic phenomenon involving the denial of reality of covid-19 pandemic, the denial of data from scientific research about it and the denial of therapeutic purposes of vaccine and national and international health policies, as it emerges in the frame of the so-called no-vax movements. The possible basic or associated psychopathological pictures are described, analogies and differences respect to classic psychiatric nosology are evaluated, psychological and psychiatric interpretative hypotheses are considered, in what they can to some extent characterize a wide and complex reality, in whose knowledge and management psychiatrists could play a much more relevant role than they actually do.

Key words. Covid-19, pandemic, conspiracy theories, opposition to vaccination, psychopathology, psychotic and personality disorders.

Idioti. È molto semplice ridurre a questa definizione un fenomeno psichico con vastissime ripercussioni sociali che sta assumendo una dimensione assolutamente imprevedibile fino a tempi immediatamente precedenti il momento storico attuale.

“Idioti” sono coloro che nel contesto planetario della pandemia di covid-19 ne negano la stessa esistenza, o attribuiscono a essa un’origine intenzionale decisa da fantomatici centri di potere globale e finalizzata al controllo totale sulla popolazione mondiale, o non riconoscono efficacia o utilità della vaccinazione di massa o di altre misure rivolte al suo contenimento, o vedono in queste un ulteriore strumento di manipolazione e controllo. La gamma delle possibili teorie è, nella realtà, vastissima, ma tutte sono riconducibili a un comune denominatore ideativo che si declina nelle sue diverse forme in rapporto a suggestioni e influenze personali e ambientali: la negazione della realtà della pandemia nei termini in cui essa appare oggi presentata all’opinione pubblica dai mezzi di comunicazione sociale, la negazione della validità e dell’obiettività dei dati della ricerca scientifica su di essa, la negazione della finalità terapeutica reale delle politiche sanitarie nazionali e internazionali.

Esiste naturalmente un’ampia complessità interna al fenomeno, sulla base della prevalenza di tesi di ispirazione politica, pseudoscientifica, antiscientifica, ideologica, religiosa, ecc. Ma è significativo il rilievo che mai nessun attacco è reciprocamente rivolto tra sostenitori di diverse teorie alternative e che l’unico bersaglio è rappresentato dalla versione ufficiale e dalla visione scientifica della pandemia. Così assistiamo a una fioritura di affermazioni, anche tra loro sostanzialmente contrastanti, ma accomunate nella negazione della “versione ufficiale”. “Esiste un complotto planetario per il controllo di tutta la popolazione mondiale attraverso l’imposizione di regole sanitarie che eliminano la libertà individuale”, “esistono centri di potere che vogliono il controllo assoluto sul mondo”, “è tutta un’operazione organizzata e controllata da Big Pharma per aumentare i suoi profitti”, “con i vaccini vengono inseriti nel corpo dei microchip che permettono di raccogliere dati su tutte le nostre attività”, “i vaccini modificano il nostro codice genetico, ci renderanno sterili, ci trasformeranno in esseri incapaci di reagire alle vessazioni del potere”, “tutta la pandemia è solo un castigo divino per le colpe del mondo moderno”, solo per citarne alcune. Un affollamento di ipotesi che rifiutano alla base la visione scientifica della pandemia, formulano in modo non criticabile teorie prive di qualunque fondatezza obiettiva, si rinforzano tra di loro nonostante la spesso reciproca incompatibilità logica. Oppure, più subdolamente e a volte da parte di figure dotate di migliori strumenti intellettuali o di più spiccate tendenze al protagonismo e alla ricerca di visibilità, contestano la validità delle scelte operative dei governi, minano la credibilità delle politiche sanitarie, introducono dubbi sull’utilità o l’innocuità delle vaccinazioni di massa. Un fenomeno che nelle sue dimensioni sociali si contrappone, anche se in misura minoritaria, ma tuttavia crescente, alla visione medica della situazione sanitaria legata alla pandemia, a tutti gli sforzi, storicamente senza precedenti, della ricerca scientifica, alla vaccinazione di massa e a tutti gli altri presidi messi in campo per contrastare un evento di inimmaginabile drammaticità.

Naturalmente la storia della lettura antiscientifica e complottista della realtà e delle dinamiche sociali non nasce con la pandemia e, solo per rimanere a esempi ben noti in tempi molto recenti, si estrinseca, in una enorme varietà di contenuti e sfumature, dalle teorie dei cosiddetti “terrapiattisti” a quelle dei “negazionisti” (dei genocidi, dello sbarco sulla luna, dell’attacco alle Torri Gemelle, ecc.), ai teorici degli effetti volutamente devastanti delle “scie chimiche” liberate dagli aerei (ancora oggi ritenute da alcuni no-vax come causa intenzionale dei bassi livelli di vitamina D e degli alti livelli di omocisteina nella popolazione generale), ai sostenitori della cosiddetta “agricoltura biodinamica”, ai seguaci della teoria cospirazionista QAnon, particolarmente seguita negli Stati Uniti ma diffusa in tutto il mondo, anche con marcata ispirazione politica, che sostiene l’esistenza di un complotto globale guidato da reti mondiali di pedofili, sette giudaiche, ecc.1.

Il Cultic Milieu, descritto da Campbell nel 19722, definisce la dimensione delle sottoculture, anche tra loro eterogenee, accomunate dall’aprioristica, preideologica opposizione a ogni forma di cultura sociale condivisa, politica o scientifica, anche contro ogni forma di evidenza razionale, e può essere considerato il terreno di crescita, oggi di dimensioni inusitate, dell’attuale rifiuto dei dati della conoscenza scientifica.

È naturalmente possibile constatare un’evoluzione del fenomeno, in precedenza più limitato a realtà ristrette (o almeno poco emergenti), non elicitato da specifiche situazioni storiche quale quella attuale, ma adesso esploso a livello planetario in una dimensione realmente parallela all’evoluzione stessa della pandemia. Una galassia di teorie o convinzioni, che in termini psichiatrici potremmo definire “dereistiche”, articolate tra fantapolitica e medicine alternative, che non necessitano di alcuna verifica di realtà per generarsi, rinforzarsi, elaborarsi, diffondersi.

Al fondo del fenomeno, un “motore” di incontrollabile potenza, “la rete”, che con la sua sconfinata potenzialità di diffusione di informazioni e di comunicazione trasversale, in un contesto di disintermediazione che consente a chiunque di affermare interpretazioni e teorie non soggette al vaglio critico della competenza e dell’obiettività, offre a una popolazione mondiale altrettanto sconfinata delle visioni della realtà che vengono accettate non per la loro fondatezza ma per il solo fatto di rispondere in qualche misura ai bisogni di significato individualmente e socialmente, anche se inconsapevolmente, vissuti.

Adesso, quindi, siamo davanti a un fenomeno emergente, le cui dimensioni appaiono in progressiva espansione, in modo articolato, in fasce sociali diverse indipendentemente da livello culturale, status economico, qualificazione professionale, retroterra ideologici o religiosi, certamente favorito da carenze educative di base ma non prevenuto dall’assenza di queste, che, anche se fondato e alimentato in modo centrale dall’azione di Internet, dell’Infosfera3 senza controllo, dei suoi siti divulgativi, dei suoi social media, dei suoi forum, si estende nelle sue affermazioni a tutti i possibili canali di diffusione (stampa, televisione, manifestazioni pubbliche). Una “massa”, che dallo spazio dematerializzato del web prende corpo nelle manifestazioni di piazza, nei cortei, nei raduni no-vax. Una nuova forma di “massa di rovesciamento” che Canetti nel 19604 non poteva certamente prevedere.

Ma, poiché nella sua espressione più comune, se non nella stessa struttura di base della sua organizzazione, l’elemento centrale del fenomeno è costituito dalla negazione della realtà e dalla sostituzione della visione obiettiva di questa con convinzioni svincolate dalla sua verifica, è possibile chiedersi se una lettura di tale stesso fenomeno, che includa anche considerazioni di ordine specificamente psicopatologico, possa portare un contributo alla comprensione di una situazione i cui protagonisti ricadono, nell’accezione del senso comune, nella definizione di “idioti”?

Non si tratta naturalmente di psichiatrizzare il dissenso, attribuendo una valenza di patologia a opinioni o condotte non concordi con quelle più largamente accettate nell’opinione pubblica o sostenute dalle istituzioni, ma di tentare di raggiungere un più coerente grado di conoscenza di una situazione in cui un’apparente irrazionalità sembra svolgere il ruolo di fattore primario.

La negazione della pandemia, in tutte le sue multiformi accezioni, rappresenta un fenomeno eminentemente sociale e, come già indicato, fondato e alimentato dalla rete, dalla quantità infinita di dati di ogni natura, verificabili e non, che vagano nell’Infosfera in cui siamo, spesso inconsapevolmente, immersi.

È difficile immaginare quanto il singolo sostenitore di una delle tante teorie alternative l’avrebbe sviluppata e la sosterrebbe se isolato dal contesto culturale e, soprattutto, comunicativo di appartenenza, in primis quello fondato sull’informazione online.

Ma che cosa differenzia la convinzione persecutoria individuale dell’esistenza di un complotto globale rivolto a controllare, oltre al resto del mondo, anche la propria persona, dalla stessa convinzione vissuta in un contesto di condivisione mediatica? È evidente che, una volta estrapolate dalla dimensione della condivisione, alcune tematiche possono rientrare con assoluto diritto nell’ambito di un significato strettamente psicopatologico, se non specificamente delirante.

Quale psichiatra davanti a un soggetto che afferma, in modo non suscettibile di alcuna critica, la convinzione che gli si voglia impiantare sotto la pelle un microchip di grafene che per tutta la durata della sua vita, attraverso tecnologie 5G, trasmetterà a misteriose centrali di potere dati su tutti gli aspetti della sua esistenza e potrà condizionare il suo comportamento o la sua stessa sopravvivenza, esiterebbe più di qualche secondo a emettere la sua diagnosi? O quanti psichiatri non hanno già tante volte ascoltato nel corso degli incontri con i loro pazienti psicotici discorsi su fantomatici microchip già impiantati sotto la pelle, nei denti, nel cervello…? Quanti psichiatri dubiterebbero di poter qualificare come psicopatologica, o specificamente delirante, l’irremovibile convinzione che la morte di ogni pubblico contestatore dell’esistenza della pandemia o dell’utilità del vaccino debba essere attribuita non alle apparenti cause naturali del decesso, covid o altre, ma all’azione intenzionale di centri di potere, legati a governi e aziende farmaceutiche, motivati a eliminare fisicamente tutti i loro oppositori?

Che cosa differenzia le “teorie” di massa dalle “convinzioni deliranti” individuali che riconosciamo come tali in soggetti che definiamo psicotici? Che cosa differenzia l’atteggiamento di aprioristica diffidenza verso ogni forma di direttiva proveniente dalle istituzioni che caratterizza ogni aspetto del mondo negazionista dall’atteggiamento di base di sospettosità e interpretatività che riscontriamo in personalità paranoicali strutturalmente orientate verso elaborazioni di natura persecutoria?

Gli esempi tratti dalla psicopatologia clinica classica potrebbero essere infiniti. Dai “fanatici combattivi” di Schneider, con il loro “deliroide espansivo”5, ai “paranoici idealisti passionali” di Dide e Guiraud6, al “delirio di interpretazione” di Serieux e Capgras (nella sue forme meno eclatanti)7, secondo una multiformità di definizioni coincidente con l’estrema modulabilità delle manifestazioni individuali e dei loro diversi contesti di espressione.

Ma il punto centrale consiste nel discriminare una convinzione che nel singolo soggetto verrebbe con certezza definita come delirante dalla stessa convinzione vissuta in un contesto di condivisione nell’ambito di specifiche subculture, come in modo chiarissimo, anche se variegato, appare essere quella di una parte del mondo no-vax.

Il DSM-58 precisa che per essere tale un delirio, indipendentemente dalla sua tematica, deve essere ordinariamente non accettato dalla cultura o subcultura di appartenenza del soggetto, così di fatto escludendo la diagnosi di delirio per convinzioni, come la grande maggioranza delle teorie cospirative dell’area no-vax, di fatto condivise in tale subcultura. Ma questo apre il discorso al tema complesso delle Delusion-Like Beliefs9, quelle convinzioni, appunto, che solo in quanto condivise sfuggono formalmente all’inquadramento diagnostico nell’ambito di un disturbo psicotico, dal quale, a livello di convinzione individuale, non appaiono formalmente distinguibili.

Ma spostando il focus dell’attenzione sul livello individuale di coinvolgimento nei vissuti di negazione o di interpretazione della realtà e anche attenendosi alla più riduzionista, acritica e istituzionale delle classificazioni dei disturbi psichiatrici, quella del DSM-5, è facile constatare come i criteri diagnostici di alcuni disturbi di personalità o di alcuni disturbi psicotici dimostrino una singolare, anche se variegata, coincidenza con aspetti ideativi che caratterizzano l’altrettanto variegata galassia dei negatori della pandemia e degli oppositori ai vaccini.

Pensiamo ai criteri dei disturbi di personalità paranoide e schizotipico, con la loro “diffidenza e sospettosità pervasive” nel primo caso e con le loro “distorsioni percettive e cognitive ed eccentricità” nel secondo, oltre a tutto l’elenco dei criteri diagnostici descritti, sorprendentemente riscontrabili in moltissimi degli enunciati e dei comportamenti dei negazionisti.

Pensiamo ai criteri per il disturbo delirante, ben più significativamente descritto in passato sotto il termine di Paranoia, con la “convinzione dell’individuo di essere oggetto di una cospirazione, ingannato, spiato, seguito, avvelenato…”.

Pensiamo alla coincidenza di tali aspetti con atteggiamenti e convinzioni di complottisti, negazionisti, no-vax, a volte sostanzialmente indistinguibili rispetto ai contenuti del pensiero, che nella proiezione dal singolo individuo alla massa non consente un’omologazione assoluta con reali categorie psichiatriche ma denota un fenomeno di assoluta novità e complessità, solo parzialmente riconducibile a schematizzazioni di natura strettamente diagnostica.

Ma la complessità associata alla numerosità, cioè alla ripetizione condivisa di aspetti di psicopatologia in popolazioni consistenti, consente di ipotizzare di trovarsi davanti all’immagine dell’emergenza statistica di una quantità di casi singolarmente ricadenti nelle diagnosi di disturbo di personalità paranoide o schizotipico, se non anche di reale disturbo delirante, o almeno di casi portatori di importanti tratti diagnostici in questo senso, certamente non descritta o prevedibile in tali dimensioni prima del momento storico attuale.

Naturalmente il rapporto tra alterazioni della personalità e adesione a teorie cospirative è sempre stato ben evidente anche in tempi precedenti l’attuale pandemia10,11.

Ma quella attuale rappresenta una situazione assolutamente nuova nelle sue dimensioni, che si interfaccia e si contrappone all’altra situazione assolutamente nuova della pandemia a diffusione planetaria, con la relativa “infodemia”, l’enorme quantità di informazioni e opinioni su di essa, sulle sue origini, sui suoi sviluppi, sulle possibili modalità di contrasto12.

Si potrebbe ipotizzare che proprio quest’ultimo fattore svolga un ruolo di elicitazione e disvelamento di meccanismi psichici esistenti nell’apparato psichico, meccanismi arcaici, come quelli interpretativi, successivamente strutturati in elaborazione persecutoria, con tutta la sua vastissima gamma di possibili espressioni di contenuto, che nel contesto storico precedente la pandemia erano limitati nella loro espressione manifesta a una percentuale minoritaria, o forse solo apparentemente minoritaria, della popolazione, e che con la pandemia, attraverso una sorta di contagio psichico gruppale, hanno avuto modo di occupare la scena della coscienza individuale e collettiva.

La dimensione nello stesso tempo globale e misteriosa della minaccia (è evidente che le conoscenze scientifiche su covid-19, anche se progredite con una velocità senza precedenti, non sono ancora conclusive) sembrerebbe avere indotto un’attivazione di tali meccanismi anche in soggetti in precedenza peraltro non propensi al loro sviluppo. Di fatto, il generico rapporto tra esperienza di stress, quale in questo caso timore di contagio, restrizioni, lockdown, isolamento sociale, etc., e risposta psicopatologica più o meno caratterizzata in senso proiettivo sembra riconoscere nell’esperienza della pandemia un fattore di attivazione di risposte a livello sociale di dimensioni senza precedenti. In questo senso, l’adesione a teorie cospirative contribuisce naturalmente a esercitare un ruolo primario su atteggiamenti psicologici anche legati a sostanziali scelte operative, quale in primo luogo il rifiuto del vaccino13.

La risposta emotiva alla gravità della minaccia sembra trovare i suoi contenuti cognitivi e pseudorazionali nelle informazioni generate e diffuse nella rete e il suo rinforzo nella possibilità di condivisione di massa offerta da questa, tanto da costituire, nello spazio sconfinato dei social media, un nuovo reale sentimento di appartenenza al mondo dell’opposizione alla visione “precostituita” e “ufficiale” dell’epidemia, così da rendere possibili esplicite manifestazioni di massa del dissenso, evoluto e articolato in visioni politiche, anche se non già confusamente ideologiche.

Ma nello stesso tempo, a un livello parallelo, la negazione della realtà della pandemia potrebbe essere in molti casi letta come la negazione dei propri limiti personali, della propria vulnerabilità e anche, a livello inconscio, della propria stessa mortalità. Così descritto, il diniego rappresenta la difesa ultima alla paura di infettarsi e di morire. La paura della morte, quindi, comporterebbe come estrema difesa la sua stessa negazione. Potrebbe essere questo il meccanismo attivo nei numerosissimi casi di persone non vaccinate e gravemente malate che non accettano il ricovero e/o le cure, incrementando nei fatti, ma non nella loro fantasia, il reale rischio di morte. D’altro canto, è possibile anche osservare la costruzione di una visione fondata su un narcisismo che ipertrofizza il sentimento del sé e rifiuta le considerazioni razionali che tentano di fornire una, per quanto possibile, obiettiva valutazione del rapporto tra dimensione generale del pericolo e rischio per la propria personale incolumità individuale.

L’articolazione nell’espressione di tale pensiero è polimorfa, in un continuum tra, da una parte, le conferme offerte dalla rete al sentimento ipertrofico del proprio sé in soggetti privi di strumenti di elaborazione culturale e, dall’altra, l’atteggiamento sofisticato e sufficiente di chi possiede invece strumenti intellettuali tali da ammantare di una veste di “teoria” l’irrazionalità delle proprie posizioni, nella più o meno consapevole finalità di alimentare narcisisticamente la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica o di derivarne benefici di ordine più strettamente pratico o politico.

Dibattiti televisivi o radiofonici, forum online, divulgatori di opinioni forniscono ampio spazio e ampia visibilità a questa dimensione allo stesso tempo psicologica e relazionale, che si interseca rinforzandosi con quelle più direttamente legate all’attitudine interpretativa e all’elaborazione persecutoria svincolate dalla verifica della realtà.

Così che tale dimensione, che in termini riduttivamente psicopatologici potremmo definire l’emergenza di massa di tratti di personalità descritti nei disturbi schizotipico e paranoide e di reali distorsioni ideative descritte in quadri a tipo di disturbo delirante, viene di fatto a costituire un fenomeno patologico parallelo, un’“altra epidemia”, le cui dimensioni, anche se ancora minoritarie, e la cui evoluzione appaiono al momento ancora difficilmente prevedibili.

In un contesto generale di ancora non definitiva conoscenza scientifica sulla natura e gli sviluppi della pandemia di covid-19, emerge quindi un secondo fenomeno di definita patologia, questa volta di natura psicologica, di dimensioni sociali, non meno imprevista di quanto non lo fosse la pandemia stessa, verso cui sarebbe forse necessario ascoltare la voce degli esperti, gli psichiatri, detentori in teoria più di altri delle competenze per riconoscere, descrivere e, per quanto possibile, contribuire a interrompere il ciclo di auto-potenziamento di un universo di pensiero sempre più lontano dalla realtà.

Ma la voce degli psichiatri, ormai agli occhi dell’opinione pubblica declassati da “pensatori” a “operatori”14, quasi mai compare nello sconfinato dibattito su ogni possibile aspetto della pandemia. Quando richiesta, l’opinione dello psichiatra, o delle sue società scientifiche, non va oltre il tema, clinicamente centrale ma relativo a un solo lato del problema, delle conseguenze emozionali e affettive dell’esperienza generale della pandemia o degli esiti psicopatologici nel tempo nei soggetti che sono stati affetti dalla malattia.

Nonostante la sua evidenza, il tema della psicopatologia dei negatori della realtà della pandemia non rientra ancora tra quelli ritenuti di interesse per medici, opinionisti, autorità sanitarie, opinione pubblica. Tema complesso, non riduzionisticamente riconducibile al cosiddetto “popolo dei no-vax”, ma che presenta al suo interno così tante posizioni da richiedere necessariamente una lettura approfondita, una valutazione e un intervento articolato e diversificato da parte degli operatori della salute mentale.

Potrebbe forse concretizzarsi in un imminente futuro l’ipotesi, inizialmente impensabile ma adesso di sempre maggiore potenziale realismo, che accanto alla voce degli infettivologi, dei virologi e dei gestori della salute pubblica divenga necessario ascoltare anche quella degli psichiatri, alla fine costretti a riflettere e a prendere consapevolezza dell’esistenza e dell’urgenza di comprendere e gestire, accanto all’emergenza della pandemia di covid-19, anche quella di un’“epidemia parallela”, i cui sviluppi e le cui conseguenze sociali, culturali e mentali, potrebbero essere, se possibile, ancora più gravi e devastanti di quelli legati all’epidemia infettiva.

Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Holoyda BJ. QAnon: a modern conspiracy theory and the assessment of its believersand. J Am Acad Psychiatry Law 2022; 50: 124-35.

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3. Floridi L. La quarta rivoluzione. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014.

4. Canetti E. Massa e potere. Milano: Adelphi, 1981.

5. Schneider K. Psicopatologia clinica. Firenze: Sansoni Editore, 1966.

6. Dide M, Guiraud P. Psychiatrie du médecin praticien. Parigi: Le François, 1956.

7. Serieux P, Capgras J. Le follie lucide. Roma: Giovanni Fioriti Editore, 2013.

8. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, V Edition (DSM-5). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013.

9. Pierre JM. Integrating non-psychiatric models of delusion-like beliefs into forensic psychiatric assessment. J Am Acad Psychiatry Law 2019; 47: 171-9.

10. Imhoff, R, Lamberty, P. How paranoid are conspiracy believers? Toward a more fine-grained understanding of the connect and disconnect between paranoia and belief in conspiracy theories. Eur J Soc Psychol 2018; 48: 909-26.

11. Barron D, Morgan K, Towell T, Altemeyer B, Swami V. Associations between schizotypy and belief in conspiracist ideation. Pers Individ Diff 2014; 70: 156-9.

12. Biondi M, Iannitelli A. CoViD-19 and stress in the pandemic: “sanity is not statistical”. Riv Psichiatr 2020; 55: e1-e6.

13. Simione L, Vagni M, Gnagnarella C, Bersani G, Pajardi D. Mistrust and beliefs in conspiracy theories differently mediate the effects of psychological factors on propensity for COVID-19 vaccine. Frontiers in Psychology 2021; 12: 683684.

14. Bersani G. Le “voci” dello psichiatra e la metamorfosi da “pensatore” ad “operatore”. Riv Psichiatr 2020; 55: 379-'83.