Sviluppo delle versioni italiane della FREE Scale e del CSI.

Considerazioni teoriche e analisi preliminari

Emanuela Saita1, Vittorio Lenzo2, George A. Bonanno3, Maria C. Quattropani4

1Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano; 2Dipartimento di Scienze della Società e della Formazione d’Area Mediterranea, Università per Stranieri “Dante Alighieri”, Reggio Calabria; 3Teachers College, Columbia University, New York; 4Dipartimento di Scienze della Formazione, Università di Catania.

Riassunto. Scopo. La Flexible Regulation of Emotional Expression (FREE) Scale è uno strumento per valutare la capacità di rafforzare e sopprimere le emozioni mostrate in una serie di ipotetici contesti. Il Context Sensitivity Index (CSI) si configura, altresì, come uno strumento per misurare la capacità di percepire segnali di richieste del contesto in diverse situazioni. Lo scopo di questo studio è di presentare i risultati del primo step relativo all’adattamento e alla validazione al contesto italiano della FREE Scale e del CSI. Materiali e metodi. Un campione di 120 studenti italiani ha preso parte a questo studio. Sei focus group sono stati condotti per esplorare i costrutti di Sensibilità al contesto, Flessibilità emotiva, Regolazione flessibile dell’espressione emotiva nel contesto italiano. I trascritti verbatim sono stati analizzati attraverso il software T-Lab e due tipi di analisi sono stati eseguiti. Risultati. L’Analisi dei Contesti Elementari ha individuato quattro cluster: “Flessibilità emotiva”, “Gestione delle emozioni”, “Regolazione delle emozioni” e “Sensibilità al contesto”. I risultati dell’Analisi Fattoriale delle Corrispondenze indicano tre fattori con i primi due che spiegano circa l’80% della varianza. Il Fattore 1 mostra una contrapposizione tra “Flessibilità emotiva” e “Sensibilità al contesto” sul polo negativo; e tra “Gestione delle emozioni” e “Regolazione delle emozioni” sul polo positivo. Per queste ragioni, il Fattore 1 è stato denominato “Funzioni della mente: cognitivo-emotive”. Il Fattore 2 mostra una contrapposizione tra “Sensibilità al contesto” e “Regolazione delle emozioni” sul polo positivo, e tra “Flessibilità emotiva” e “Gestione delle emozioni” sul polo negativo. Il Fattore 2 è stato denominato “Finalità del soggetto: elaborazione-adattamento”. Conclusioni. I risultati preliminari ottenuti attraverso un approccio qualitativo supportano la validità di questi costrutti nel contesto italiano.

Parole chiave. Flessibilità, focus group, regolazione emotiva, repressione.

Development of the Italian versions of the FREE Scale and the CSI. Theoretical considerations and preliminary analysis.

Summary. Aim. The Flexible Regulation of Emotional Expression (FREE) Scale assesses the ability to enhance and suppress displayed emotions among a range of hypothetical contexts. The Context Sensitivity Index (CSI) measures the ability to perceive cues to contextual demands across different situations. This study aimed to present the first step of the adaptation and validation to the Italian context of the FREE and the CSI scales. Materials and methods. A sample of 120 Italian students took part in this first step. Six focus groups were conducted to explore the Context sensitivity, Emotional Flexibility, and Flexible Regulation of Emotional Expression constructs in the Italian context. Verbatim transcripts were analyzed with T-LAB software and two kinds of analyses were performed. Results. Results of the Thematic Analysis of Elementary Contexts showed four clusters: “emotional flexibility”, “emotion management”, “emotion regulation”, and “context sensitivity”. Results of Factorial Analysis of Correspondences indicated three factors with the first two factors explaining about 80% of the variance. Factor 1, which opposed “emotional flexibility” and “context sensitivity” at its negative pole; “emotion management” and “emotion regulation” at its positive pole, was named “Cognitive and emotive functions of mind”. Factor 2, which opposed “context sensitivity” and “emotion regulation” on the positive pole, “emotional flexibility” and “emotion management” on the negative pole, was named “Elaboration-adaptation as aim of the subject”. Conclusions. Preliminary results obtained through a qualitative approach supported the validity of the flexible regulation of emotional expression and the context sensitivity constructs in the Italian context. These results will be tested with a quantitative approach in the next steps of this research.

Key words. Emotion regulation, flexibility, focus group, suppression.

Introduzione

La definizione comunemente condivisa di resilienza rimanda a un processo di adattamento a fonti di stress significative1, cioè eventi potenzialmente traumatici (potentially traumatic events - PTE) che includono lutti, perdita del lavoro, grave malattia, eventi catastrofici, ecc. La letteratura psicologica ha tuttavia da tempo evidenziato l’importanza dei vissuti soggettivi connessi ai PTE, elementi che determinano il processo di adattamento dell’individuo agli eventi al di là della loro gravità oggettiva. Ne consegue che possiamo trovare risposte a un PTE che rimandano alla psicopatologia come, per esempio, un disturbo da stress post-traumatico (post-traumatic stress disorder - PTSD), descritto nelle diverse edizioni del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), oppure risposte estremamente adattive, definibili resilienti2.

A discapito di questa ampia variabilità, la ricerca empirica ha dedicato maggiore spazio ai differenti livelli di sofferenza prodotti dagli eventi, con un particolare focus sulle reazioni psicopatologiche, oppure ha cercato di descrivere le risposte “tipiche” all’evento, cioè i livelli e la durata della “sofferenza media”3.

Si tratta di scelte teorico-metodologiche che hanno spesso ostacolato l’emergere delle possibili svariate risposte a un PTE, sottovalutando in particolare la frequenza di risposte resilienti che, come dimostrato da una rassegna del 2018 basata su 54 studi, costituisce la traiettoria di malessere/benessere più comune in seguito ad eventi stressanti e potenzialmente traumatici4.

La diffusa inclinazione a categorizzare le differenti strategie di coping in adattive o disadattive, pertanto, costituisce un errore definito fallacy of uniform efficacy5; si tende cioè ad assumere un giudizio di valore circa l’efficacia di una strategia di coping pur in assenza di un adeguato fondamento teorico o di una rigorosa evidenza empirica.

Negli ultimi anni la ricerca ha dato maggior risalto rispetto al passato alla molteplicità di possibili risposte a un PTE, incluse le risposte adattive o resilienti che, tuttavia, risultano connesse ad approcci teorici differenti, i quali rimandano a non univoche concettualizzazioni del termine resilienza. Alcuni di questi approcci intendono la resilienza come una traiettoria di sviluppo, altre come un outcome collegato al coping, altre ancora come un tratto di personalità6.

Sulla base di queste considerazioni, e muovendoci oltre gli usuali paradigmi teorici di riferimento, vogliamo in questa sede sostenere un approccio teorico e metodologico che ha consentito di superare le divisioni e le analisi parziali dei fenomeni connessi ai PTE, evidenziando come, contrariamente a quanto spesso rilevato in letteratura, non vi siano strategie di coping sempre adattive o disfunzionali che prescindano dal contesto in cui esse sono poste in atto. Più nello specifico, l’efficacia della risposta individuale – più o meno resiliente – deriva in buona parte dalla capacità dell’individuo nello scegliere la modalità più adeguata al contesto: in altre parole, è fondamentale una stima di quanto l’individuo sia capace di modificare il proprio stile di coping7.

In questa prospettiva la resilienza è definita come la capacità di mantenere una traiettoria stabile di funzionamento psichico sano anche dopo un evento fortemente avverso8. Essa pertanto non coincide con l’assenza di psicopatologia ed è diversa anche dal graduale e lento ritorno a un funzionamento psichico precedente il trauma (recovery, secondo la definizione di Bonanno9). Piuttosto, un buon adattamento non dipende da una specifica strategia di coping, ma dalla flessibilità nell’autoregolazione emotiva, in accordo con le caratteristiche del contesto10. Ne consegue che nelle risposte resilienti a un PTE l’eventuale disadattamento attiva rapidamente un processo di autoregolazione che porta all’assunzione di coping efficaci in quello specifico contesto.

Al riguardo è stato introdotto il costrutto di regulatory flexibility, costrutto composto da tre componenti ovvero la sensibilità al contesto, la disponibilità di un ampio repertorio di strategie di regolazione e la ricettività al feedback5. La prima componente riguarda la capacità di cogliere le caratteristiche di un contesto (saper leggere i segnali presenti in una specifica situazione); si tratta di un prerequisito fondamentale per determinare l’efficacia di un determinata strategia. Questo primo processo di valutazione è seguito dalla scelta della strategia da adottare tra quelle disponibili nel repertorio individuale. Infine, dopo che la strategia è stata adottata, un’ultima componente riguarda la capacità di cogliere feedback sull’efficacia della scelta effettuata.

La costruzione di questo framework teorico sulla resilienza si è accompagnata a molte ricerche empiriche che hanno individuato una correlazione tra gli esiti clinici e sociali successivi a eventi di vita traumatici e la flessibilità nella regolazione dell’espressione delle emozioni10-13. Questi risultati sono stati confermati sia su soggetti non clinici sia su soggetti che presentavano sintomatologia di rilevanza clinica. Per esempio, i risultati di una ricerca incentrata sulle strategie di ruminazione e distrazione hanno evidenziato l’importanza della flessibilità nel regolare le emozioni14, offrendo un importante suggerimento per gli interventi terapeutici: aumentare la regolazione emotiva, infatti, sembrerebbe efficace almeno quanto diminuire il rimuginio o l’evitamento difensivo. La ricerca in tale ambito presenta tuttavia dei limiti relativi alla validità ecologica dei risultati ottenuti, alla difficoltà nel raccogliere dati su campioni numerosi e alle problematiche nell’adottare disegni di ricerca longitudinali. Per ovviare ad alcune limitazioni sono stati sviluppati due strumenti di tipo self-report, ovvero la Flexible Regulation of Emotional Expression (FREE) Scale15 e il Context Sensitivity Index (CSI)16.

La FREE Scale15 è uno strumento di tipo self-report per misurare la flessibilità emotiva. Lo strumento è composto da una serie di scenari di vita quotidiana in cui si chiede al soggetto quanto è in grado di modulare la sua risposta emotiva, sia per le emozioni positive che per quelle negative. La flessibilità nell’espressione delle emozioni è una componente centrale per l’adattamento agli eventi di vita stressanti e potenzialmente traumatici. La FREE scale consiste di due fattori relativamente indipendenti. Il primo misura la capacità individuale di rafforzare l’espressione delle emozioni. Al contrario, il secondo misura la capacità di sopprimere l’espressione delle emozioni. Inoltre, è possibile calcolare un indice globale di flessibilità emotiva basato su questi due fattori. Ogni item identifica uno scenario cui l’individuo esprime il suo grado di accordo rispetto alla sua capacità di rafforzare o diminuire l’espressione emotiva da 1 (incapace) a 6 (molto capace). Alti punteggi indicano una maggiore flessibilità nel modulare l’espressione delle emozioni. Lo strumento non si propone di misurare la “frequenza” con cui è adottata una specifica strategia, piuttosto quanto il soggetto si ritiene capace di rafforzare o ridurre l’espressione emozionale, in altre parole lo strumento si focalizza sul costrutto della flessibilità nell’autoregolazione emotiva. I risultati ottenuti dalla validazione della FREE Scale condotta negli Stati Uniti hanno evidenziato che si tratta di una misura valida e flessibile della capacità di regolazione dell’espressione delle emozioni.

Poiché questo strumento non valuta la capacità di individuare le richieste del contesto né quella di impiegare varie strategie di coping, il gruppo di ricerca coordinato da George Bonanno ha sviluppato un altro strumento, il Context Sensitivity Index (CSI)16 che permette di valutare la capacità che l’individuo sente di possedere nel cogliere la presenza o l’assenza di segnali contestuali e dunque di determinare la Sensibilità al contesto*. Ognuno dei 20 item che compone il CSI riguarda uno scenario di vita quotidiana volto a determinare la capacità dell’individuo di cogliere i segnali propri di richieste contestuali. Tutti gli item sono valutati su una scala a 7 punti da 1 (per niente) a 7 (moltissimo) e sono racchiusi in due fattori. Uno dei due fattori riguarda la capacità di cogliere la sensibilità alla presenza dei segnali del contesto, mentre l’altro la sensibilità nel non coglierli. Dai risultati nei due fattori, è possibili calcolare un indice globale di sensibilità al contesto.

In questa sede verranno presentati i risultati relativi al primo step di validazione e adattamento di queste due scale al contesto italiano. Data la complessità dei due costrutti, il primo step ha riguardato la validità di contenuto riferita al contesto italiano. Al riguardo, un approccio che includa metodi qualitativi è fortemente raccomandato, sebbene ancora poco utilizzato nella ricerca17. In questa prospettiva, l’utilizzo dei focus group ha dei vantaggi rispetto alle interviste duali perché l’interazione tra i membri determina un’esplorazione più profonda dei costrutti in questione18.

Entro un’articolata architettura procedurale la prima parte del lavoro svolto consiste nella realizzazione di focus group che hanno avuto l’obiettivo di esplorare i significati individuali e culturali sottesi ai costrutti di Sensibilità al contesto, Flessibilità emotiva, Espressione e Regolazione delle emozioni in un campione di soggetti non clinici.

Materiali e metodi

I soggetti della ricerca sono stati reclutati in modo randomizzato presso un’università del Sud Italia e una del Nord e la loro partecipazione è stata completamente volontaria e libera. Il campione si componeva di 120 soggetti, suddivisi in 6 gruppi di circa 20 soggetti ognuno. I soggetti, tutti di nazionalità italiana e di classe socio-economica media, erano studenti universitari iscritti a diverse Facoltà con un’età variabile tra 22 e 27 anni.

I soggetti sono stati coinvolti in 6 focus group, 3 per ogni sede universitaria, della durata di circa 90 minuti ognuno. L’utilizzo del focus group consente la comprensione di aspetti inconsapevoli della motivazione e dei comportamenti riguardo uno specifico tema19,20; la flessibilità dello strumento e la sua modalità interattiva e dialogica è inoltre utile nel condurre i soggetti a esprimere idee ed emozioni che con minore facilità emergerebbero in un’intervista21.

Durante ciascun focus group, il conduttore ha avviato una discussione sui costrutti in oggetto utilizzando come stimoli un set di fotografie e consegne verbali22. Il primo stimolo chiedeva ai soggetti di esprimere la propria idea di flessibilità emotiva attraverso la scelta di un’immagine fotografica. In particolare, ogni soggetto veniva chiamato a scegliere una foto che meglio rappresentasse la sua idea di flessibilità emotiva da un set di immagini accuratamente selezionate raffiguranti paesaggi o scene di vita quotidiana; successivamente ciascun soggetto era invitato a fornire una spiegazione della sua scelta agli altri membri del focus group. La seconda e la terza traccia richiedevano di riflettere rispettivamente sulla espressione dell’emozione e sulle varie modalità di regolazione dell’espressione emotiva. Infine, con l’ultima traccia, il conduttore cercava di proporre una discussione sul concetto di sensibilità al contesto. I focus group sono stati audio-registrati previo consenso informato da parte dei soggetti del campione. I dati relativi ai focus group sono stati trascritti e analizzati. Prestare attenzione alle componenti di natura qualitativa, come le produzioni discorsive generate nel corso dei focus group ha consentito ai ricercatori di indagare ciò che emerge dal discorso del gruppo in termini di significati costruiti e rappresentazioni condivise. Tuttavia si è scelto di assumere prospettive diverse al fine di meglio comprendere i molteplici elementi che confluiscono alla definizione dei costrutti in oggetto. Pertanto si è dapprima proceduto a un’analisi dei dati attraverso il software T-LAB23,24, quindi è stato effettuato un approfondimento su una parte del gruppo tramite analisi “carta e matita” relativa alle definizioni più frequenti dei costrutti indagati.

Analisi dei dati

Il software utilizzato consente di effettuare una serie di operazioni statistiche al fine di ottenere una precisa esplorazione del testo (corpus), composto dalle trascrizioni dei 6 focus group opportunamente preparato. Nel caso specifico, sono state condotte due tipologie di analisi: l’analisi dei Contesti Elementari e l’analisi Fattoriale delle Corrispondenze. La prima consente di esplorare il contenuto del corpus attraverso cluster tematici significativi, ciascuno dei quali comprende una serie di contesti elementari (frasi o paragrafi) che fanno riferimento a un medesimo tema centrale. L’analisi fattoriale delle corrispondenze estrae nuove variabili di riepilogo (cioè, fattori), che indicano le relazioni tra le unità di testo.

Su una parte dei soggetti (n=33)**, come ulteriore approfondimento, è stata effettuata un’analisi atta a valutare la frequenza di ciascuna risposta al fine di identificare pattern ripetuti di significato tra i partecipanti, focalizzandosi sul contenuto semantico, ma anche sui significati latenti alla discussione25.

Risultati

Analisi dei Contesti Elementari

Per quanto riguarda l’analisi dei Contesti Elementari, l’analisi ha generato 4 cluster tematici (figura 1) attorno ai quali si organizzano i contenuti e i temi trattati. I cluster verranno di seguito presentati in ordine decrescente, a partire da quello che spiega la maggior percentuale di varianza.




Cluster 3: spiega il 31,6% della varianza e rappresenta il nucleo tematico più rilevante del corpus. Il tema centrale è il saper muovere sé stessi negli eventi della vita e saper gestire il dinamismo emotivo provocato dai diversi eventi della vita quotidiana. La capacità di essere flessibile rispetto agli eventi è ben espressa anche dalla scelta di fotografie raffiguranti il mare o le nuvole, con un chiaro rimando al movimento. Nel cluster è evidente il riferimento a una delle tracce (la prima) seguite nella conduzione dei focus group della ricerca, la variabile “Trac_1” (χ²: 74,319). Tra i lemmi maggiormente presenti troviamo: flessibilità (χ²: 45,013); diverso (χ²: 35,167); cambiare (χ²: 15,554); cambiamento (χ²: 15,261). Sulla base di questi dati, il cluster è stato denominato “Flessibilità emotiva”.

Cluster 4: spiega il 29,6% della varianza ed è centrato sulla possibilità di simulare, nascondere o enfatizzare le emozioni, sia negative che positive, a seconda delle situazioni. Saper governare le propri'e emozioni implica saper esprimere un’emozione con differenti modulazioni a seconda della circostanza. Una situazione tipica descritta dai soggetti è quella in cui si riceve un regalo non apprezzato fingendo di essere felici. I lemmi che caratterizzano il cluster sono: simulare (χ²: 159,094); nascondere (χ²: 31,131); enfatizzare (χ²: 23,20); positivo (χ²: 47,941); negativo (χ²: 22,109); fingere (χ²: 12,87); vera (χ²: 12,87); felice (χ²: 15,45); regalo (χ²: 15,45). Anche in questo cluster è evidente il rimando a una delle tracce (la t'erza) seguite nella conduzione dei focus group della ricerca, la variabile “T'rac_3” (χ²: 94,931). Pertanto il cluster può es'sere definito “Graduare le emozioni”.

Cluster 2: spiega il 19,4% della varianza e include Contesti Elementari che rimandano alla disciplina nella espressione delle emozioni, soprattutto di quelle negative che possono risultare disadattive al contesto. Regolare le emozioni non significa – secondo i soggetti della ricerca – sopprimere un’emozione, annullarla o renderla meno reale, ma esercitare una forma di controllo sulla sua espressione, veicolare l’emozione in modo più funzionale rispetto all’espressione spontanea. Per poter regolare le emozioni, è opportuno però avere una consapevolezza del tipo e dell’intensità dell’emozione, capire e dare significato all’emozione provata. Tra i lemmi caratteristici del seguente cluster si trovano: regolazione (χ²: 44,025); regolare (χ²: 23,887); rabbia (χ²: 24,406); consapevolezza (χ²: 23,209); consapevole (χ²: 20,331); modulare χ²: 15,968); contro'llo (χ²: 15,32); funzionale (χ²: 15,32). Anche in questo cluster si evince come una delle tracce seguite nella conduzione dei focus group della ricerca abbia guidato la discussione del focus group, variabile “Trac_2” (χ²: 27,799). Il cluster può essere definito “Controllo delle emozioni”.

Cluster 1: spiega il 19,4% della varianza ed è caratterizzato dai seguenti lemmi: sensibilità (χ²: 78,577); contesto (χ²: 53,934); comprendere (χ²: 28,679); ambiente (χ²: 23,652); adattare (χ²: 12,153); se stesso (χ²: 48,714); contesti (χ²: 15,564); capacità (χ²: 11,829). Anche in quest'o cluster è evidente il rimando a una delle tracce seguite nella conduzione dei focus group della ricerca, come si evince dalla variabile “Trac_4” (χ²: 47,24); è definito “Sensibilità al contesto”. Quindi la sensibilità al contesto è intesa come la capacità di comprendere le dinamiche relazionali e culturali che caratterizzano una specifica situazione, di percepire e di cogliere l’ambiente circostante e di adattare conseguentemente se stessi a tale ambiente.

Per quanto riguarda questa prima analisi si può affermare che la domanda stimolo proposta ai gruppi guidi la discussione, senza differenze tra i focus e le sedi in cui essi sono stati condotti. In altre parole, i costrutti proposti possono essere considerati forti e concettualmente separati tra di loro, data la compiutezza e la scarsa sovrapposizione delle aree tematiche che caratterizzano i cluster.

Analisi fattoriale sui cluster

Prendendo in considerazione l’analisi fattoriale applicata ai cluster, essa individua 3 fattori; consideriamo tuttavia solo i primi 2 fattori perché nel complesso spiegano il 79,69% della varianza (fattore 1: 48,29% e fattore 2: 31,40%). La figura 2 mostra la distribuzione dei cluster nello spazio delineato dai due fattori considerati e conferma l’indipendenza dei costrutti proposti ciascuno dei quali occupa uno specifico quadrante sul piano fattoriale.




Considerando il Fattore 1 come una prima latente dimensione che organizza la relazione tra i vari cluster, esso mostra una contrapposizione tra i cluster 3 “Flessibilità emotiva” e 1 “Sensibilità al contesto” sul polo negativo e i cluster 4 “Graduare le emozioni” e 2 “Controllo delle emozioni” sul polo positivo. Esso sembra riferirsi a due funzioni fondamentali della mente: l’elaborazione cognitiva (polo negativo) e la gestione emotiva (polo positivo). Come dimostrato dai valori test riportati nell’analisi relativa ai cluster, mentre sul polo negativo si rimanda ad azioni di analisi (cfr. comprendere) e di trasformazione (cfr. cambiare), sul polo positivo si rimanda alla padronanza delle emozioni (cfr. simulare, modulare la rabbia). Questo fattore sembra quindi rappresentare la connessione tra il mondo esterno, il contesto a cui adattarsi in modo funzionale e il mondo interno del soggetto caratterizzato da emozioni che devono essere governate e orientate. Sulla base di queste considerazioni il fattore può essere denominato “Funzioni della mente: cognizione-comportamento”.

Il Fattore 2 differenzia i cluster 1“Sensibilità al contesto” e 2 “Controllo delle emozioni” dai cluster 3“Flessibilità emotiva” e 4 “Graduare le emozioni”. Sulla base dei lemmi che caratterizzano i cluster può essere interpretato e definito come “Finalità del soggetto: elaborazione-adattamento”. Se da un lato si rimanda alla necessità di interpretare le emozioni e di colloc'arle in una cornice di senso più ampia che consenta di attribuire un valore sociale alle emozioni esperite, dall’altra traspare l’idea che individuo e ambiente siano strettamente interconnessi, sapersi adattare equivale a saper perseguire il benessere psicofisico possibile in una determinata condizione.

Analisi delle definizioni

Consideriamo ora l’approfondimento condotto tramite analisi “carta e matita” relativa alle definizioni più frequenti dei costrutti indagati.

Per quanto riguarda la “Flessibilità emotiva”, molte definizioni risultano non raggruppabili (n=16); essa è stata definita come la capacità di adattarsi, dal punto di vista emotivo e personale al contesto (n=8) oppure il risultato del cambiamento nelle emozioni provate (n=5). Infine, 2 definizioni rimandano all’“Ambivalenza di sentimenti”, mentre in eguale misura si evidenziavano il movimento e la dinamicità come aspetti caratterizzanti la flessibilità emotiva.

Relativamente alla domanda sulle modalità di regolazione delle emozioni, è stato possibile raggruppare 20 risposte dei partecipanti ai focus group, di cui 14 riguardano il sapersi adattare al contesto regolando l’espressione emotiva. Altre risposte dei partecipanti hanno visto la regolazione delle emozioni come il “grado dell’emozione che si sta provando in un determinato momento, mantenendo comunque la consapevolezza di quello che si prova e di come lo si prova” (n=3). Tuttavia, 3 risposte hanno evidenziato l’impossibilità di controllare le emozioni e dunque di riuscire a regolarle sempre. Infine, altre 3 risposte rilevano come sia importante per il benessere individuale “non nascondere sempre le emozioni”.

La terza domanda del moderatore riguardava l’enfatizzare o il nascondere le emozioni e in quali circostanze ciò è possibile. Sono 24 le risposte raggruppabili (9 le risposte molto diversificate); 6 partecipanti affermano di non riuscire mai a mascherare o enfatizzare quello che provano; tutti gli altri dichiarano di riuscire a nascondere più facilmente solo le emozioni negative (n=6), o solo quelle positive (n=3), non nascondere, ma enfatizzare emozioni positive (n=3), sia enfatizzare che nascondere ogni tipologia di emozione (n=3), oppure solo una certa gamma di emozioni (n=3).

La domanda successiva posta ai partecipanti ai focus group è stata “Se riuscite a simulare le emozioni, riuscite a farlo meglio con quelle positive o negative?”. Su un totale di 33 risposte, 9 partecipanti affermano di riuscire a simulare più facilmente le emozioni positive, mentre 7 partecipanti non riescono a simulare nessun tipo di emozione. Al contempo, 5 partecipanti riferiscono di riuscire a simulare sia emozioni positive sia emozioni negative. Inoltre, dalle risposte di altri 5 partecipanti si rileva una capacità di simulare in base al contesto in cui ci si trova e alla persona che si ha davanti. Altri 3 partecipanti concordano sull’essere capaci di simulare emozioni negative. Infine, 2 partecipanti riescono nel simulare con molta fatica le emozioni positive e negative e altri 2 nel simulare preoccupandosi di non riuscire nell’intento.

La quinta domanda riguardava la “Sensibilità al contesto” e ha ottenuto un totale di 17 risposte raggruppabili. In 9 risposte la “Sensibilità al contesto” è stata definita come la capacità di comprendere il contesto e di adattarsi a esso insieme all’influenza che il contesto ha sulle nostre emozioni. In 4 risposte si rileva una sovrapposizione del concetto di sensibilità al contesto a quello di empatia e dunque come capacità di mettersi nei panni dell’altro. Inoltre, dalle risposte di 2 partecipanti si evince che la sensibilità al contesto deriva da una reciproca influenza tra la persona e l’ambiente. Un numero uguale di risposte ha inteso questo costrutto legato alla variabilità individuale.

L’ultima domanda riguardava l’influenza del genere sulle questioni affrontate e ha ricevuto un totale di 19 risposte. Dall’analisi dei contenuti sono emerse due prospettive principali. Un totale di 9 risposte si caratterizza per una risposta affermativa dato che gli uomini tendono a nascondere maggiormente le emozioni mentre le donne a enfatizzarle. Invece, 6 partecipanti affermano che non vi sono differenze tra generi e, qualora presenti, sono prevalentemente di natura culturale. Infine, dalle risposte di 4 partecipanti si osserva una lieve differenza di genere e che vi è una tendenza a enfatizzare emozioni diverse (per esempio, l’uomo enfatizzerebbe il coraggio mentre la donna la sensibilità).

Discussione e conclusioni

Il costrutto di resilienza psicologia è stato negli anni operazionalizzato in diversi modi in funzione della cornice teorica di riferimento6. Tra gli approcci teorici inerenti alla resilienza, quello proposto da Bonanno dispone di una cospicua mole di ricerche empiriche effettuate sia su campioni clinici sia su soggetti normali. In questa prospettiva la resilienza non è intesa in termini di presenza o assenza di determinate strategie di coping, da considerare adattive o disadattive a priori, ma in termini di regulatory flexibility9. Questo costrutto fa riferimento alla capacità dell’individuo di scegliere i sistemi di autoregolazione emotiva più efficaci in funzione del contesto, del proprio repertorio di strategie e infine del feedback ottenuto. Dato che molte di queste ricerche sono state effettuate in laboratorio, con il limite della validità ecologica dei risultati, sono stati costruiti da Burton e Bonanno5 due strumenti di tipo self-report per valutare la flessibilità emotiva e la sensibilità al contesto, ovvero la Flexible Regulation of Emotional Expression (FREE) Scale e il Context Sensitivity Index (CSI).

In questo lavoro sono stati presentati i risultati relativi al primo step di un più ampio progetto di ricerca volto alla validazione del FREE e del CSI sulla popolazione italiana. Nell’indagine sulla validità di contenuto, in questo step si è optato per una metodologia qualitativa caratterizzata dal coinvolgimento della popolazione target in una serie di focus group17,18. Sono stati condotti dunque sei focus group per esplorare i costrutti teorici alla base dei due strumenti. I risultati sembrerebbero confermarne da un lato la presenza anche nel contesto italiano di tali costrutti e dall’altro una relativa differenziazione tra loro.

L’analisi dei contesti elementari ha infatti individuato quattro cluster tematici sui quali è stato possibile organizzare i contenuti emersi. Il primo cluster emerso è stato definito proprio “Flessibilità emotiva” dato che fa riferimento alla capacità di gestire i cambiamenti emotivi legati agli eventi della vita quotidiana. Il secondo cluster identificato è stato definito “Gestione delle emozioni” poiché è incentrato sul tema del nascondere o enfatizzare le emozioni negative e positive in base al contesto. Il terzo cluster tematico denominato “Regolazione delle emozioni” è legato alla consapevolezza delle emozioni e alla capacità di modularle in base al contesto. Infine, il cluster definito “Sensibilità al contesto” fa riferimento all’abilità per il soggetto di comprendere l’ambiente intorno per adattarsi a esso.

Questi risultati sembrano coerenti con quanto emerso dall’analisi delle corrispondenze che ha permesso di estrarre tre fattori dal testo, di cui due rendono conto dell’80% della varianza. Il primo è stato definito “Consapevolezza-gestione interna” ed è caratterizzato dal cluster “Flessibilità emotiva” sul polo negativo e da quello definito “Gestione delle emozioni” sul polo positivo. Questo fattore che spiega quasi il 50% della varianza identificherebbe l’abilità di essere emotivamente flessibili in base al contesto. L’espressione adattiva delle emozioni è un processo che richiede una consapevolezza delle proprie emozioni. Gli aspetti che caratterizzano il fattore sembrerebbero dunque coerenti con la teoria di Bonanno sulla resilienza intesa come regulatory flexibility. Il secondo fattore estratto è stato denominato “Adattamento esterno” e si caratterizza sul polo negativo dal cluster “Sensibilità al contesto” e su quello positivo dal cluster “Gestione delle emozioni”. Questo fattore sembrerebbe rendere conto del fatto che l’individuo e l’ambiente sono fortemente collegati influenzandosi reciprocamente. Come proposto da Bonanno, ogni strategia di autoregolazione efficace è flessibile e tiene conto del contesto. Al contempo, un’efficace strategia necessita di una consapevolezza emotiva.

Ulteriori dati che sembrano rafforzare l’identificazione dei costrutti di flessibilità emotiva e sensibilità al contesto provengono dall’analisi descrittiva e qualitativa effettuata su tre dei sei focus group. La prevalenza delle risposte ha identificato la flessibilità emotiva in termini di adattamento in base al contesto sottolineando la natura dinamica e processuale. Anche per quanto riguarda la regolazione delle emozioni i partecipanti hanno rilevato principalmente l’abilità individuale di adattarsi al contesto come legata all’espressione emotiva. Da evidenziare una percentuale minore di risposte pari al 10% che ritiene impossibile il controllo delle emozioni e dunque la regolazione di esse.

Per quanto riguarda la capacità di enfatizzare o nascondere le emozioni l’analisi delle risposte ha permesso di scoprire un panorama più variegato. Per alcuni risulta impossibile mascherare o amplificare le emozioni provate in base al contesto. Per altri è più facile nascondere le emozioni positive mentre per altri quelle negative.

Dalle risposte emerge come per alcuni non sia possibile simulare nessun tipo di emozione. Per altri invece ciò dipenderebbe da chi si ha davanti e dal contesto in cui ci si trova. Questo aspetto sembrerebbe dunque quello dove si registra una maggiore eterogeneità tra i partecipanti ai focus group.

Infine, l’ultima domanda ha riguardato l’influenza del genere e dall’analisi dei contenuti delle risposte sembrerebbe che per quasi la metà vi sia l’idea che gli uomini tendono a nascondere le emozioni al contrario delle donne che invece tendono a enfatizzarle.

I risultati nel loro insieme sembrerebbero supportare la validità dei costrutti al centro della teoria di Bonanno anche nella popolazione normale. Tuttavia vanno evidenziati alcuni limiti tra cui il disegno di ricerca impiegato e il taglio qualitativo dello studio. I risultati esposti in questa sede riguardano soltanto il primo step di un progetto di ricerca più ampio volto a validare il FREE e il CSI al contesto italiano. Al riguardo sarà pertanto indispensabile confrontare i risultati ottenuti negli step successivi che adotteranno una metodologia di tipo quantitativo.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. American Psychological Association. The road to resilience. Disponbile su: https://bit.ly/3puuwEW [ultimo accesso 28 febbraio 2022].

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