Possibilità e limiti dei Servizi di Psichiatria Forense: legislazione
e organizzazione in un’ottica internazionale e nazionale


RODOLFO PESSINA1,2, CARMEN SANTORIELLO3,2, ILARIA ROSSETTO1,4, ESTER DI GIACOMO5,2,
VALERIA PLACENTI
1,2, FRANCESCA PESCATORE1,2, FABRIZIA COLMEGNA5,2,
SERGIO BABUDIERI
6,14, CAROLA CELOZZI7,14, LILIANA LORETTU8,14, LUCIANO LUCANIA9,14,
MARIA LAURA MANZONE
10,14, GIANCARLO NIVOLI11,14, GIUSEPPE QUINTAVALLE12,14,
ENRICO ZANALDA
13,14, ANTONIO MARIA PAGANO2,14, MASSIMO CLERICI1,5,14

E-mail: massimo.clerici@unimib.it


1Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Milano Bicocca

2Workgroup “Progetto Insieme”

3Dipartimento Attività Territoriali, Tutela Salute Adulti e Minori Area Penale, ASL Salerno, Regione Campania

4Sistema Polimodulare di REMS Castiglione delle Stiviere, ASST Mantova

5Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze (DSMD), ASST Monza, Regione Lombardi

6Direttore Clinica Malattie Infettive e Tropicali, Università di Sassari; Direttore Scientifico Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe)

7Direttore DSM ASL Roma 4

8Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Sperimentali, Università di Sassari

9Coordinamento ASP Reggio Calabria e Dipartimento Regionale Tutela della Salute, Regione Calabria; Presidente Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe)

10SC SPDC ASL 4, Regione Liguria

11Professore Emerito di Psichiatria, Università di Sassari; Presidente SIPF (Società Italiana di Psichiatria Forense)

12Direttore ASL Roma 4; Referente Regione Lazio Sanità Penitenziaria

13Presidente Società Italiana di Psichiatria (SIP)

14Board “Progetto Insieme”


Premessa

Il Progetto nazionale “INSIEME” sulla Salute Mentale in Carcere – promosso dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPE) e dalla Società Italiana di Psichiatria (SIP) con le sue Sezioni Speciali, Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze (SIP.Dip) e Società Italiana di Psichiatria Forense (SIPF) – mira a sensibilizzare medici, psichiatri, operatori della sanità penitenziaria e della salute mentale alla tutela della salute psichica e fisica degli individui in stato di privazione della libertà1. In un contesto peculiare come quello detentivo, si incrociano diversi tipi di esigenze che convergono nella presa in carico, rilevazione, gestione e cura delle condizioni di disagio/disturbo mentale e, sul versante penitenziario, nella custodia e nella sicurezza pubblica. Un gruppo di lavoro, composto da esperti e operatori da tempo attivi nell’ambito dell’assistenza psichiatrica all’interno degli Istituti Penitenziari italiani, ha elaborato in questi ultimi anni una traccia condivisa di orientamento operativo, in coerenza con la definizione di Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale (PDTA), rivolto specificatamente alla gestione degli autori di reato in stato di detenzione2.

Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri DPCM del 1/4/20083 e i successivi accordi in Conferenza Unificata4-6, l’assistenza alle persone con misure di sicurezza detentiva è stata affidata, legislativamente, a due Sistemi nazionali interagenti tra di loro: quello Giudiziario e quello Sanitario. Tali sistemi hanno funzioni precise, distinte e collaboranti, che rispondono ai dettati costituzionali del diritto alla salute, del diritto alla sicurezza personale dei singoli individui, della complessiva sicurezza dei diritti dei cittadini e dei beni giuridici loro sottesi6. Dal 31 marzo 2015 – con l’entrata in vigore della legge 81/20147 che ha decretato la chiusura definitiva dei sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) presenti sul territorio italiano – è stato tracciato un nuovo assetto assistenziale che prevede la messa in funzione di strutture alternative, quali le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), congiuntamente a un nuovo approccio di cura e riabilitazione nei confronti della persona affetta da disturbo mentale, autrice di reato e pericolosa socialmente, finalizzato a un recupero sociale con tempi misurati sui bisogni assistenziali personalizzati7,8. Al riguardo l’art. 3-ter “Disposizioni per il definitivo superamento degli OPG” del d.l. 211/2011, sancisce che la misura di sicurezza è destinata a persone non imputabili a causa di infermità psichica, intossicazione cronica da alcol o da sostanze stupefacenti, sordomutismo, che siano socialmente pericolose e a persone sottoposte ad altra misura di sicurezza detentiva colpite da un’infermità psichica tale da richiedere il ricovero2,9.

La SIP presta da tempo, grazie prima a una Commissione ad hoc e poi a una serie di interventi pubblici sul tema, un’attenzione costante alla salute mentale in carcere e all’applicazione della legge 81 del 20147 a livello regionale in quanto, monitorarne con accuratezza i processi e gli esiti, risulta necessario per perseguire l’obiettivo di curare e sostenere i soggetti con disturbi psichici autori di reato, tutelando i principi di protezione della Società da azioni criminali, siano esse attribuibili o meno a uno stato mentale alterato della persona8.

Il presente Documento è stato pertanto elaborato da un sottogruppo di membri del Progetto nazionale “INSIEME”, supervisionati dal Board, allo scopo di fornire una visione il più possibile unitaria su questo complesso problema assistenziale a partire da un’attenta disamina delle modalità di intervento e della situazione dei Servizi di Psichiatria Forense nel mondo fino ad arrivare a una specifica descrizione delle REMS istituite in Italia dal cambiamento legislativo. Accompagna tale visione di insieme un riferimento costante alla legislazione che ha guidato e monitora le scelte fatte e la loro declinazione operativa. La trattazione è pertanto sviluppata su:

– una prima parte dedicata ai sistemi forensi a livello internazionale;

– una seconda parte attinente l’evoluzione storica e legislativa dell’approccio di psichiatria forense che sottostà al passaggio dal sistema OPG al sistema REMS in Italia;

– una terza parte dedicata all’esame dell’organizzazione delle singole REMS su base regionale esistenti al momento.

La revisione in oggetto troverà una dettagliata integrazione operativa nella seconda parte del Report dedicata alla descrizione articolata del PDTA riferito allo specifico del sistema REMS.

PARTE PRIMA

1. I Servizi di Psichiatria Forense in Europa

La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e la loro rimodulazione in Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), secondo la L. 81/20147, ha reso l’Italia il primo e, al momento, l’unico Paese al mondo ad abbandonare un modello ospedaliero di assistenza psichiatrica forense a favore di unità residenziali di sicurezza all’interno della comunità10. Lo sviluppo delle REMS ha tratto ispirazione dall’esperienza dei Servizi di Salute Mentale di Comunità, espressione dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) e frutto dell’epocale evoluzione della psichiatria italiana conseguente alla spinta ideologica e al patrimonio culturale del movimento di de-istituzionalizzazione, guidato alla fine degli anni ’60 da Franco Basaglia.

A seguito della chiusura degli OPG con Legge dello stato e al progressivo anche se difforme adeguarsi dei Sistemi Sanitari Regionali (SSR), le REMS sono state identificate – e subito sviluppate – per essere un Servizio innovativo erogato interamente dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN) piuttosto che dal Ministero della Giustizia, così da enfatizzare la loro prevalente mission attorno al tema della cura, piuttosto che al “contenimento” dei soggetti autori di reato affetti da disturbi mentali11. Un modello di gestione di quelli che, da ora in poi, chiameremo Servizi di Psichiatria Forense (SPF): questo modello non ha precedenti o analogie a livello internazionale, sia a livello di innovazione organizzativa che di riferimento teorico. Nella quasi totalità dei Paesi, infatti, permane la centralità dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, inteso sia come luogo di detenzione, che – ove possibile – di terapia e riabilitazione degli autori di reato affetti da disturbi mentali; in più, quasi ovunque l’amministrazione cautelativa e sanitaria di questa popolazione viene demandata “alternativamente” ai servizi sanitari pubblici o alle strutture detentive generali, a seconda delle differenti organizzazioni legislative nazionali. L’approccio che abbiamo voluto dare a questa trattazione è volto, pertanto, a una disamina il più possibile dettagliata e realistica del panorama mondiale in tema di gestione dei servizi di psichiatria forense, evidenziandone peculiarità e differenze con il “nuovo” modello organizzativo italiano basato sulle REMS.

1.1. Tradizioni legali e concetto di responsabilità criminale in Europa

L’Europa si presenta oggi come uno scenario estremamente variegato rispetto alla gestione dei Servizi di psichiatria forense nonostante i differenti tentativi, da parte degli Stati appartenenti all’Unione Europea e delle nazioni esterne a tale area geografica, di collaborare a una visione comune dell’approccio alla salute mentale in ambito forense nel continente. Oltre a fattori culturali, etnici e politici, le differenze tra i Servizi possono essere attribuite, senza dubbio, alla presenza di diverse tradizioni legali nei Paesi europei: il Diritto Civile (Civil Law) di matrice romano-germanica nella maggioranza degli stati occidentali continentali, il Diritto Comune (Common Law) nei Paesi anglofoni e la “tradizione” sovietica nelle nazioni orientali nate dalla disgregazione dell’URSS12.

A ognuna delle diverse tradizioni giurisdizionali, infatti, corrisponde un diverso concetto di “responsabilità criminale” in relazione alla presenza o meno di una malattia mentale nel trasgressore e, quindi, di una possibilità di gestione di questi soggetti autori di reato in strutture differenti, progettate a scopo detentivo puro o riabilitativo-terapeutico. Infatti, nella tradizione legale civile dell’Europa continentale vi è una forte enfasi sulla riduzione della responsabilità criminale e sull’imputabilità del soggetto affetto da “vizio di mente” rispetto alla Gran Bretagna, dove – tranne per le accuse di omicidio – la questione è marginale. La responsabilità derivante da un’eziologia mentale attribuibile al crimine è, tuttavia, principalmente una questione etica, sebbene il medico o l’operatore della salute mentale individuato per la consulenza possa consigliare il Tribunale su come il disturbo mentale (se presente) possa aver compromesso cognizione, percezione, affettività e giudizio del soggetto durante l’esecuzione del reato.

Nei Paesi che seguono il Civil Law, la presenza di una malattia mentale invalidante può determinare anche la completa assenza di responsabilità criminale o, almeno – nella maggior parte dei casi – una riduzione della imputabilità dell’autore del reato12. Invece, la prospettiva tipica dei Paesi del Common Law (Gran Bretagna, Irlanda, nonché dei Paesi scandinavi) è quella pragmatica, che si concentra sul fatto che l’autore del reato è affetto da un disturbo psichiatrico invalidante e necessita di cure, piuttosto che sulla sua responsabilità rispetto al reato13. In questo caso il soggetto è imputabile, ma la pena viene intesa in un’accezione terapeutica per il soggetto stesso e di protezione nei confronti della comunità.

Nei Paesi Bassi, che seguono un modello legislativo a metà tra i due sistemi citati, esiste un procedimento legale noto come “Terbeschikkingstellung” o “TBR”, in base al quale alcuni autori di reato (che soffrono in genere di grave disturbo della personalità), essendo considerati fortemente pericolosi per la società e valutati per una ridotta responsabilità criminale riguardo ai loro atti, vengono condannati alla pena combinata con misure detentive e terapeutico-riabilitative (soprattutto di psicoterapia, praticata largamente negli ospedali olandesi)14,15.

Per quanto riguarda invece i Paesi dell’Europa orientale (in particolare gli stati dell’ex-URSS), la cui tradizione legale si rifà all’ideologia sovietica, vi è sempre la possibilità di riduzione dell’imputabilità del soggetto criminale affetto da disturbo mentale, ma questo deve essere sottoposto – nell’ottica di una protezione del resto della comunità – a reclusione in strutture giudiziarie specifiche: queste ultime, sul piano teorico, hanno una funzione di cura e riabilitazione, ma in pratica si configurano, nella maggior parte dei casi, come istituti detentivi di stampo semi-manicomiale16.

In generale, quindi, nella maggior parte degli stati europei è prevista la riduzione della responsabilità criminale del soggetto autore di reato affetto da vizio di mente grave (schizofrenia e psicosi organiche, disabilità intellettiva). La diversità giurisdizionale tra le nazioni europee è invece ampiamente visibile rispetto all’imputabilità dei trasgressori affetti da patologie ritenute tradizionalmente “meno invalidanti”, come disturbi affettivi, disturbi di personalità, abuso di sostanze e parafilie. In diversi stati gli autori di reato affetti da queste patologie non ricevono una riduzione dell’imputabilità giuridica e vengono perciò detenuti nelle carceri e nelle prigioni generali, dal momento che non sempre queste condizioni arrivano a compromettere la capacità di giudizio, cognizione e percezione a tal punto da escludere la volontà del soggetto a commettere reato12.

Per quanto riguarda infine gli autori di reati sessuali, sebbene la maggior parte di questi soggetti siano condannati al carcere, costoro presentano – spesso in comorbilità – disturbi di personalità, disregolazione affettiva, abuso di sostanze, disturbi organici e parafilie17. In Europa, la Danimarca ha probabilmente la tradizione più consolidata nel trattamento degli autori di reati sessuali, utilizzando una combinazione di risposte derivanti da approcci biologici e psicoterapici18. Programmi efficaci di trattamento degli autori di reato sessuale sono impiegati anche altrove in Europa: tra gli altri in Francia19 e in Belgio20 e sono in corso progetti transnazionali su autori di reati sessuali da sviluppare in vari Paesi d’Europa13.

1.2. Tipologie di strutture psichiatriche forensi disponibili in Europa

In Europa i detenuti autori di reato affetti da disturbi mentali possono essere ospitati in differenti Istituti, che sono stati creati sia a scopo di cura (come ospedali forensi, ospedali psichiatrici generali, meno comunemente in reparti psichiatrici negli ospedali distrettuali generali) o a scopo di detenzione (come carceri e prigioni di stato generali). I modelli di assistenza predisposti per questi soggetti coinvolgono, in quasi tutte le nazioni europee, un sistema integrato e parallelo, in cui i pazienti autori di reato possono essere trasferiti da Unità Forensi (OPG o unità intra-carcerarie) a Unità degenziali di Psichiatria “generale” o di Cure Ambulatoriali forensi, dopo la dimissione da strutture ad “alta sicurezza” a scopo detentivo12. Inoltre, in alcuni Stati membri dell’UE i pazienti aggressivi, violenti o caratterizzati da “alto rischio” e disturbo mentale che non hanno però commesso reati possono anche essere ammessi nelle strutture forensi, data la loro difficile gestione nei Servizi di salute mentale “generale” e la conseguente necessità di tutela dell’individuo stesso e di chi si muove nel contesto dove costui è collocato13. Una vasta gamma di strutture psichiatriche forensi è disponibile in gran parte dell’Europa occidentale, di solito organizzate:

• secondo diversi livelli di sicurezza (basso, intermedio e alto),

• a seconda della gravità clinica dell’autore di reato con malattia mentale

• a seconda dei suoi livelli di impulsività e aggressività12.

Nell’Europa orientale, sono disponibili Unità forensi ad alta e media sicurezza in Russia16, mentre in Polonia21 e in Bulgaria sono state recentemente create Unità ad alta sicurezza all’interno di ospedali psichiatrici generali22, ma la psichiatria di tradizione forense risulta ancora molto limitata negli altri Paesi dell’ex-blocco sovietico.

In gran parte dell’Europa occidentale, invece, grazie alla deistituzionalizzazione degli ospedali psichiatrici generali avvenuta negli ultimi 30 anni, si riscontra quasi ovunque una tendenza verso un certo grado di limitazione (fino alla chiusura) delle strutture ad alta sicurezza, a favore di ospedali giudiziari a livelli più bassi di sicurezza, definibili a scopo riabilitativo e con una gestione ambulatoriale spesso integrata ai Servizi di Comunità: ciò al fine di permettere una maggiore reintegrazione sociale dell’autore di reato affetto da malattia mentale12.

A seguire verrà esposta un’analisi dettagliata di tali Servizi in relazione alle evidenze di letteratura esistenti sul tema.

1.2.1. Servizi di Psichiatria Forense nel Regno Unito (UK)

Il Regno Unito è dotato di un apparato di strutture gerarchizzate riferibili ai Servizi di Psichiatria Forense, strettamente monitorato nell’attività dal Ministero della Sanità. Esso costituisce un esempio importante, da cui molti Paesi europei e nel mondo si sono ispirati (in particolare le nazioni appartenenti al Commonwealth).

Per quanto riguarda tali strutture, esistono due livelli principali di sicurezza negli ospedali forensi ai quali possono essere riferiti sia gli autori di reato “sotto accusa”, sia i già condannati: si tratta dell’alta e della media sicurezza. Esistono poi anche strutture a basso livello di sicurezza, ma pochissimi detenuti vengono inviati a questi istituti dai centri penitenziari o dai tribunali. Oggigiorno nel Regno Unito sono presenti quasi 4500 posti letto in Servizi Forensi di “alta” e “media” sicurezza23.

Tutti i posti letto collocati nelle strutture ad alta sicurezza sono forniti dal National Health Service (NHS), dipendente dal Ministero della Sanità inglese: esistono tre istituti di questo tipo (gli ospedali di Ashworth, Broadmoor e Rampton) con circa 800 posti letto in totale definibili come ad alta sicurezza. Gli ospedali citati derivano, storicamente, dai “criminal lunatic asylums” costruiti durante la fine dell’epoca vittoriana, con il puro scopo di detenzione dei criminali con “problemi” mentali ma, nel tempo, si sono evoluti in ospedali ad alta sicurezza a scopo curativo e riabilitativo. I posti letto nelle strutture ad alta sicurezza sono progettati per pazienti detenuti ai sensi del Mental Health Act (deliberato nel 1983) che «rappresentano un pericolo grave e imminente per la società». Tuttavia, un rapporto edito nel 2000 ha sottolineato come una buona percentuale dei pazienti negli ospedali ad alta sicurezza non avessero affatto bisogno di quel livello di controllo: di conseguenza, intorno al 2004, i posti letto in queste strutture sono stati ridotti in favore di un clima di progressiva deistituzionalizzazione e di possibilità di invio verso strutture a media sicurezza24.

I posti letto delle strutture “a sicurezza intermedia” sono forniti sia dal NHS che dal settore privato (il secondo fornisce circa il 35% dei letti nella categoria di media sicurezza): sono a disposizione circa 3500 posti letto in totale per le diverse aree del Paese. Questi luoghi sono destinati sempre a pazienti detenuti ai sensi del Mental Health Act del 1983 e che «rappresentano un grave pericolo per la società»23.

I posti letto delle strutture a bassa sicurezza sono forniti dall’NHS e dal settore privato per pazienti – detenuti ai sensi del Mental Health Act del 1983 – che rappresentano «un pericolo significativo per se stessi o per gli altri». Normalmente, i detenuti con malattia mentale vengono trasferiti in istituti a bassa sicurezza dopo un periodo in strutture a media sicurezza. Tuttavia, non esistono norme definite su cosa costituisca o meno un trattamento a bassa sicurezza e alcuni Servizi di questo genere non si distinguono dalle residenze riabilitative standard per «persone con malattie mentali in fase di recupero» che appartengono ai Servizi di Salute Mentale “generali”. La durata massima del soggiorno consigliata in un ambiente a bassa sicurezza è di circa 8 settimane, prima di favorire il progressivo reinserimento nella società dei detenuti con queste caratteristiche. I posti letto in strutture a bassa sicurezza sono programmati principalmente per quegli autori di reato per cui è stato predisposto un progetto riabilitativo di reintegrazione direttamente nella comunità fin dai primi momenti della detenzione a causa dello scarso pericolo sociale e della bassa gravità del disturbo mentale presentato23.

I Servizi Forensi del NHS comprendono anche un servizio “speciale” di recente istituzione, denominato WEMSS (Women’s Enhanced Medium Secure Services): si tratta, cioè, di un insieme di strutture a media sicurezza per le detenute, disponibile a Londra, nel Leicestershire e nel Nord-Ovest dell’Inghilterra. La più grande di queste strutture è “The Orchard” – un’unità da 60 posti letto a Ealing – che offre 45 posti letto per detenute e 15 letti di media sicurezza per entrambi i sessi. I WEMSS sono progettati specificatamente per le donne che necessitano di maggiori livelli di intervento e di trattamento in un ambiente di media sicurezza e per le quali gli attuali servizi di media sicurezza non risultano appropriati: esempi particolari di tale impiego sono le donne che commettono crimini in corso di patologie psichiatriche nel periodo del peri-partum (ex-infanticidi) o che necessitano di una comunità terapeutica mamma-bambino mentre scontano la pena. In caso di necessità, le pazienti ospitate nelle WEMSS possono essere trasferite alle Unità di alta e bassa sicurezza e alle Unità di terapia intensiva psichiatrica. Il servizio “The Orchard” si basa su un modello di assistenza per il trattamento delle donne da attuare in un ambiente il più restrittivo possibile e con particolare attenzione alla pianificazione dinamica dell’assistenza, nonché all’impegno attivo della detenuta nella sua riabilitazione23. Questo approccio sembra collocarsi nel mondo come un esempio da considerare all’avanguardia nella gestione dei Servizi di Psichiatria Forense e la sua importanza come modello per i servizi di salute mentale forensi di altre nazioni appare evidente.

Sempre nell’ambito di una organizzazione innovativa e in continua evoluzione, nel primo decennio del 2000 il governo inglese ha istituito un programma specifico di psichiatria forense rivolto a detenuti con gravi disturbi della personalità e a elevato potenziale dannoso per la società, denominato “Dangerous and Severe Personality Disorder Programme” (DSPD programme)25. Questo progetto è stato approvato con l’intento di andare a identificare i soggetti, affetti da disturbo di personalità, che possano costituire un effettivo pericolo per la società, nonostante questi disturbi siano considerati come “non gravi” nel campo forense. Il programma permette ai detenuti con tratti caratteriali disfunzionali e a elevata pericolosità l’accesso in strutture non semplicemente detentive, ma anche terapeutico-riabilitative, al fine di ridurre effettivamente il rischio di agiti auto/eterolesivi una volta scontata la pena.

1.2.2. Servizi di Psichiatria Forense in Francia

In Francia, il numero di detenuti con disturbi psichiatrici è cresciuto notevolmente negli ultimi due decenni. In questo contesto, negli ultimi anni si sono verificati cambiamenti significativi nella fornitura di Servizi di Psichiatria Forense all’ambito della salute mentale. In particolare, nel 2010 sono entrate in funzione Unità di degenza a tempo pieno per detenuti denominate “Unités d’Hospitalisation Spécialement Aménagées” (UHSA)26. Le UHSA si caratterizzano per un modello di gestione simile a quello degli ex-OPG italiani e possono ospitare uomini, donne e minori.

I pazienti possono essere ammessi sia con ricovero volontario che su decisione dell’Istituzione statale, dopo una valutazione psichiatrico-forense che confermi la presenza di vizio di mente inficiante l’esecuzione del reato (articolo L. 3214-3 del Codice di Sanità Pubblica francese). Gli operatori sanitari collaborano all’interno dell’UHSA con il personale dell’amministrazione penitenziaria, che assicura il trasferimento dei detenuti e il controllo degli ingressi e delle uscite, ma non è presente nell’Unità di cura, tranne in caso di richiesta da parte del personale infermieristico.

All’inizio del 2016, in Francia erano attive 9 UHSA con 440 posti letto, ma sono state pianificate dal governo francese fino a 17 unità (705 posti) che verranno messe a disposizione nei prossimi anni. In attesa della finalizzazione del programma di creazione delle UHSA, è ancora possibile il ricovero dei detenuti nelle strutture sanitarie generali27. Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono talvolta collegati all’Università (come nel caso di Lille), consentendo in tal modo lo sviluppo di formazione (Corsi, conferenze e insegnamenti specifici) sul tema della psichiatria forense e permettendo un monitoraggio continuo dei detenuti con malattia mentale anche a scopo di ricerca26.

Prima dell’istituzione delle UHSA, in Francia non esistevano strutture specializzate per i detenuti con malattia mentale: questi soggetti, in caso di acuzie, venivano inviati alle Unité Hospitalière Sécurisée Interrégionale (UHSI) che forniscono però cure mediche “generali” ai detenuti delle carceri in caso di necessità di ricovero superiore alle 48 ore; al di sotto di questo limite temporale, i pazienti venivano gestiti direttamente nelle strutture ambulatoriali presenti nelle singole prigioni27.

Il cambiamento avvenuto in Francia ha chiaramente migliorato l’accesso alle cure per disturbi mentali durante il periodo di detenzione, sia per coloro che avevano in anamnesi patologia psichiatrica pregressa, sia per quelli che la sviluppavano durante il corso della detenzione. Alcune recenti tendenze riscontrate negli indicatori di benessere dei detenuti francesi – come la diminuzione del tasso di suicidi nelle carceri francesi – sembrano confermare appunto un miglioramento delle condizioni all’interno del sistema penale27. Tuttavia, la pratica della psichiatria nelle carceri è ancora oggetto di dibattito tra sostenitori dello sviluppo di un sistema di assistenza specifica per i detenuti e coloro che ritengono invece l’opportunità che i team psichiatrici debbano stare fuori dalla prigione.

In Francia, peraltro, è ancora presente una forte dicotomia tra il Ministero della Sanità e quello di Grazia e Giustizia nella gestione condivisa dei Servizi di Salute Mentale Forensi: le strutture e gli specialisti del settore (Services Médico-Psychologiques Régionaux) dipendono comunque, per legge, dal Dipartimento Sanitario, nonostante la difficile collaborazione con il sistema penale. L’indipendenza professionale dei caregiver dal sistema giudiziario, nonché la necessità di mantenere attiva una forte riservatezza medica sugli atti di cura sono valori fondamentali su cui è stato costruito – e viene mantenuto – il modello francese26.

1.2.3. Servizi di Psichiatria Forense in Germania

I detenuti con disturbi mentali in Germania sono soggetti a norme di legge speciali28 che possono essere ricondotte a una Legge (del 1933) sulla «detenzione e la riabilitazione degli autori di reato abituali e pericolosi per la società» (“Gefährliche Gewohnheitstäter und ihr Haft- und Rehabilitationsgesetz”). A parte piccole modifiche (più recentemente nel 2007), queste misure hanno continuato a rimanere in vigore nel tempo.

In Germania non esistono quindi programmi “speciali” di diversione per autori di reato affetti da malattia mentale: in base al concetto di assenza o riduzione dell’imputabilità di un autore di reato con vizio di mente del Diritto Civile tedesco, chi è stato giudicato inadatto al processo o non criminalmente responsabile – e che non è considerato pericoloso per la società – viene ricoverato in Istituti Psichiatrici di tipo clinico “generale”. Chi sia stato giudicato inadatto al processo o dichiarato non penalmente responsabile o condannato con ridotta imputabilità per vizio di mente – e risulti di pericolo per la società – viene detenuto in OPG speciali (art. 63 del Codice Penale tedesco)29.

Gli OPG tedeschi sono organizzati su una media di 250/350 posti letto, ma i detenuti possono anche essere ospitati in più piccole Unità Psichiatriche forensi all’interno di un Ospedale Psichiatrico generale. Diversi OPG tedeschi, al fine di aumentare gli standard di erogazione del servizio, hanno favorito la formazione di gruppi omogenei di pazienti, consentendo lo sviluppo di reparti specializzati all’interno della struttura. Per esempio, l’Ospedale Psichiatrico Forense di Haina (Hessen) include reparti specifici a diversa intensità di cure e livello di sicurezza, divisi per pazienti psicopatici, con discontrollo degli impulsi, disturbi di personalità, psicosi acute e croniche, autori di reati sessuali, pazienti con danni cerebrali o ritardo mentale e tossicodipendenti30.

Non esistono Tribunali dedicati per la salute mentale in Germania ed è compito dei Tribunali penali comuni attuare le norme giuridiche previste dal Codice Penale che si applicano agli autori di reato con disturbo mentale: a tale scopo, il Pubblico Ministero nomina periti esperti per esaminare la condizione clinica dell’imputato in cui si sospetti un vizio di mente31.

Nel caso di necessità di ricovero in un Ospedale Psichiatrico Forense, periti esperti nei campi della psichiatria e della psicologia vengono richiesti di parere dai Tribunali in merito alla responsabilità penale dell’autore, alla relazione tra reato e disturbo mentale, alla durata del disturbo mentale e, nel senso della prognosi, sul grado di probabilità e la natura dei futuri reati.

I detenuti con sindromi correlate all’uso di sostanze psicotrope (tossicodipendenti e alcolisti) e prospettive terapeutiche sufficientemente concretizzabili vengono invece detenuti in specifici Centri di Disintossicazione all’interno degli Ospedali Psichiatrici Forensi (art. 64 del Codice Penale tedesco): in questi casi i periti sono interrogati in merito alla diagnosi di sindrome da dipendenza, la relazione tra reato e la tendenza a consumare sostanze psicotrope, nonché sulle possibilità di recupero e di riabilitazione del detenuto tossicodipendente31.

Il trattamento e l’assistenza ai pazienti collocati in Istituti Psichiatrici Forensi sono regolati, in Germania, da una legislazione che differisce tra i vari stati federali (Länder): mentre la detenzione in Ospedale Psichiatrico è stabilita per un periodo di tempo indefinito (anche se vi sono procedure giudiziarie annuali per verificare la necessità di ulteriori periodi di detenzione rispetto alla gravità clinica e alla pericolosità sociale), quella dei tossicodipendenti è limitata a una durata massima di 2 anni. Tutti gli altri detenuti con disturbo mentale dichiarati responsabili/imputabili penalmente nonostante le loro condizioni, possono essere incarcerati nei Servizi Penitenziari “generali”, a meno che il Tribunale non imponga sanzioni più lievi come un’ammenda31.

I principi giuridici sopra descritti sono stati rivisti e recentemente codificati (2007) nel contesto di una riforma onnicomprensiva (“Gesetz zur Reform der Führungsaufsicht und zur Änderung der Vorschriften über die nachträgliche Sicherungsverwahrung”) allo scopo di aumentare la sicurezza pubblica e di fornire un monitoraggio più rigoroso dei detenuti, una volta liberati. Grazie a questa riforma, il sottogruppo degli autori di reato con malattia mentale che possono essere posti in libertà vigilata è stato notevolmente ampliato, con periodi di supervisione e di follow-up molto più lunghi da parte dei Tribunali e di un Ufficiale pubblico addetto alla libertà vigilata. Recentemente incluso nell’elenco dei possibili requisiti per la libertà condizionale è l’obbligo di sottoporsi a trattamento, il cosiddetto “ordine terapeutico”: oggi i Tribunali tedeschi possono “ordinare” al detenuto di aderire a cure psichiatriche, psicoterapiche o socio-terapeutiche costringendolo a “presentarsi” in orari o intervalli regolari presso l’ufficio di un medico o di uno psicoterapeuta. Dall’ultima revisione di legge, un ex-paziente forense può essere punito per non aver ottemperato a tale “ordine”, poiché l’inosservanza è una violazione delle condizioni di libertà vigilata.

Grazie alla riforma del 2007 sono stati anche istituiti i Centri Ambulatoriali Forensi (Forensische Ambulanz), responsabili della cura e del trattamento dei detenuti dimessi dagli OPG, con una funzione simile a quella della libertà vigilata. Inoltre, sempre dal 2007, i Tribunali possono imporre al detenuto tossicodipendente di non bere bevande alcoliche o di non consumare altre sostanze psicoattive se potenzialmente in grado di aumentare il rischio di commettere un reato. L’astinenza può essere monitorata con strumenti specifici (etilometro, ecc.) dai funzionari della libertà vigilata, ma non sono consentite procedure fisicamente invasive come gli esami del sangue31.

1.2.4. Servizi di Psichiatria Forense nei Paesi Scandinavi

I diversi Stati della Scandinavia presentano numerose similitudini nella gestione dei Servizi Forensi di salute mentale, dal momento che seguono una tradizione giurisdizionale storicamente condivisa, sebbene ciascuno mantenga le proprie peculiarità32.

Tra gli altri Paesi, in Danimarca la psichiatria forense non è una specialità medica riconosciuta e non esiste, pertanto, un’organizzazione specialistica di tipo forense indipendente. Il Consiglio Medico-Legale (“Retslægerådet”) è un Ente consulenziale medico – consultivo e indipendente – che viene interpellato in tutti i casi in cui la valutazione psichiatrico-forense concluda che l’imputato è malato di mente e venga suggerito un provvedimento speciale33. Alcune valutazioni forensi vengono effettuate anche negli Ospedali Psichiatrici “generali” danesi quando l’autore di reato si trova in cura presso queste strutture. La valutazione psichiatrico-forense viene richiesta nel caso in cui l’autore di reato:

1. sia sospettato di soffrire di una grave malattia mentale;

2. indipendentemente dalla sua storia psichiatrica, abbia commesso un reato grave;

3. abbia meno di 18 anni o più di 60 anni.


Secondo la sezione 16 del Codice Penale danese, se la valutazione psichiatrico-forense conclude che un imputato soffre di grave malattia mentale o presenta ritardo mentale – e il Tribunale concorda con questa conclusione – costui non sarà condannato per il crimine commesso: la corte può, tuttavia, predisporre un provvedimento speciale per prevenire reati futuri. Questo provvedimento, in casi gravi, può comportare il “collocamento” (anbringelse) su base ospedaliera in un Reparto/Ospedale Psichiatrico “generale” o in un’Unità di massima sicurezza. In tali casi, il Tribunale decide quali condizioni di sicurezza debbano essere fornite all’autore di reato in Ospedale e in quale momento il collocamento possa essere sospeso32. Senza tali restrizioni giudiziarie, il personale medico può decidere le condizioni temporali e cliniche necessarie alla sua dimissione o se l’autore di reato deve ricevere un trattamento psichiatrico su base ospedaliera o ambulatoriale. Di solito in Danimarca i detenuti con vizio di mente non grave (di solito i pazienti non psicotici, compresi i soggetti affetti da disturbi di personalità) possono essere condannati alla pena detentiva nelle carceri generali (sentenze ordinarie), senza necessità di trattamento, dato che secondo il loro ordinamento giurisdizionale non esiste, per questi soggetti, una riduzione dell’imputabilità. In alcuni casi, i pazienti con patologie psichiatriche non gravi possono però venire collocati in un Istituto di Detenzione speciale (Unità di massima sicurezza), se considerati pericolosi per la società33.

La Psichiatria Forense, in Norvegia, non è strutturata all’interno di un’organizzazione indipendente specializzata e non esiste alcuna sotto-specialità forense, né per psichiatri né per psicologi clinici. Un’autorità nazionale di controllo, la Commissione di Medicina Legale, nella sua sotto-sezione psichiatrica (Den rettsmedisinske kommisjon), svolge una funzione di standardizzazione e di controllo per l’esecuzione di esami psichiatrico-forensi. Non ci sono cliniche specializzate per l’esecuzione di valutazioni forensi richieste dal Tribunale che devono essere eseguite, secondo la legge norvegese, da due specialisti in psichiatria o da uno specialista in psicologia clinica e da uno psichiatra, nominati direttamente dalla Corte32.

In Norvegia viene di solito richiesta una valutazione psichiatrico-forense nei casi in cui vi sia il sospetto che l’imputato sia stato malato – o stia soffrendo – di psicosi in forma acuta o sia stato “influenzato” nei suoi atti da una malattia mentale in modo tale da mostrare una scarsa valutazione delle proprie azioni. Allo stesso modo, la valutazione può essere richiesta se l’atto criminale è stato di natura particolarmente grave (omicidio, tentato omicidio, stupro, incendio doloso, ecc.), ma ciò solo a discrezione del Tribunale.

Secondo la nuova sezione del Codice Penale norvegese (introdotta nel 2002), le persone considerate psicotiche, senza coscienza di malattia o con grave ritardo mentale (QI<55 alla scala WAIS) non possono essere considerate imputabili e condannate al carcere. L’autore di reato con disturbo mentale grave o ritardo mentale, quindi, viene di solito trasferito alle cure psichiatriche obbligatorie in Reparti di psichiatria negli ospedali generali o, in caso di rilevante pericolo per la società, in Unità di massima sicurezza specialistiche simili agli Ospedali Giudiziari. In caso di stato di coscienza limitato a causa di intossicazione auto-inflitta o in caso di vizio di mente non grave che abbia comportato una ridotta capacità di valutazione degli atti compiuti, non viene esclusa automaticamente la responsabilità criminale del soggetto ma, come avviene nei Paesi che seguono il Diritto Civile, il criminale può ottenere una riduzione dell’imputabilità e una pena ridotta nelle carceri generali34. Qualora l’autore di reato, nonostante la presenza di una malattia psichiatrica di qualunque gravità, sia ritenuto responsabile delle sue azioni al momento dell’atto, può essere comunque condannato alla detenzione nelle carceri generali, soprattutto se il Tribunale ritiene che l’atto sia stato particolarmente grave e ritenga che il soggetto costituisca un pericolo per la società. La detenzione non è limitata nel tempo, ma il Tribunale può indicare un tempo minimo e massimo per la detenzione, prolungabili a discrezione della Corte secondo i rapporti che monitorano la condotta del detenuto35.

In Svezia, la maggior parte delle discipline forensi sono organizzate nell’ambito del Consiglio Nazionale di Medicina Legale (Rättsmedisinalvärket). Questa Unità centrale è responsabile dell’amministrazione, dell’organizzazione e del controllo di qualità di tutte le valutazioni psichiatrico-forensi richieste dai Tribunali34. Il Consiglio non è responsabile delle cure psichiatriche; tale responsabilità spetta ai singoli Consigli di Contea. Gli imputati in carcere, o altrimenti i detenuti affetti da malattia mentale, vengono trasferiti in una delle Unità di controllo psichiatrico-forense regionali situate a Stoccolma e Göteborg o in una delle Cliniche private autorizzate a Umeå o a Malmo: lì rimangono per le 3 settimane necessarie a completare la valutazione forense. L’autore di reato non detenuto viene condotto in queste strutture per sedute a diversa cadenza – durante un periodo di 6 settimane – fino al completamento del rapporto per il Tribunale: in alcuni casi quest’ultimo può richiedere l’approvazione del Consiglio Legale (Rättsliga rådet) per valutare la qualità delle risultanze.

Secondo la sezione 1 della legge svedese relativa alla valutazione forense (lagen om rättspsykiatrisk undersökning), il Tribunale può decidere di richiedere una valutazione psichiatrico-forense al fine di chiarire se ci sono motivi medici per trasferire l’imputato in un Reparto di Psichiatria Forense (di stampo simile agli OPG) e per comprendere se l’imputato autore del reato sia condizionato da grave disturbo mentale (allvarlig psykisk störning - APS). In generale, però, il criterio principale di richiesta di valutazione psichiatrico-forense a opera della Corte è il sospetto di gravi disturbi psichiatrici nell’imputato. Né l’età del soggetto, né la gravità del crimine commesso sono incluse come ragioni per il coinvolgimento di uno psichiatra forense nel processo32. L’attuale legislazione forense svedese è stata introdotta nel 1992 e differisce dalle norme danesi e norvegesi dato che in Svezia tutti gli imputati giudicati colpevoli vengono considerati in possesso di responsabilità criminale e condannati, indipendentemente dal loro stato mentale al momento dell’infrazione34. Se hanno agito in presenza di un grave disturbo mentale che compromette la loro capacità di giudizio, non saranno condannati al carcere, ma a cure psichiatriche in strutture giudiziarie specifiche (fängelseförbudet). Il concetto di “disturbo mentale grave” comprende tutti i disturbi psicotici (anche psicosi indotta dall’alcol e da droghe), il disturbo depressivo grave con elevato rischio suicidario e – in alcuni casi – anche i disturbi gravi della personalità e i comportamenti compulsivi gravi, come cleptomania, piromania e alcuni tipi di parafilie36. Il Tribunale non può decidere di costringere un imputato alle cure psichiatriche sotto la supervisione della Corte a meno che non sia stata condotta prima una valutazione forense. Il Forensic Psychiatric Care Act (1991) regola il trattamento psichiatrico obbligatorio per le persone che hanno commesso un crimine in fase di acuzie psichiatrica. Il Tribunale decide in ogni caso se la persona manifesti un rischio di recidiva di criminalità grave e, quindi, il suo grado di pericolosità sociale. Quando la persona è soggetta a una speciale valutazione da parte del Tribunale, la Corte ha la responsabilità di consentire qualsiasi congedo temporaneo dalle cure psichiatriche (per esempio, visite ai parenti, visite alle comunità riabilitative, etc.), nonché la dimissione dall’Ospedale37.

1.2.5. Servizi di Psichiatria Forense nell’Europa dell’Est

Dagli anni Cinquanta agli anni Settanta del XX secolo, la maggior parte dei Paesi del blocco occidentale ha subito riforme psichiatriche volte a istituire Servizi di Salute Mentale basati sulla comunità e alloggi residenziali per le persone con disturbi mentali persistenti38. Una delle forze trainanti delle riforme di “deistituzionalizzazione” è stata la crescente convinzione che il ricovero a lungo termine in psichiatria fosse incompatibile con i diritti umani e i valori sociali di inclusione di tutti gli individui nella vita della comunità di appartenenza. Inoltre, era prevalente l’idea – condivisa nel mondo occidentale – che i manicomi fornissero un ambiente non terapeutico che portava all’inattività e a un ulteriore “ritiro” dei pazienti e che i servizi basati sulla comunità potessero invece fornire trattamenti più efficaci39. Il movimento di deistituzionalizzazione non venne però “esportato” nei Paesi dell’Europa orientale dove persisteva una gestione della psichiatria “generale” e forense ancora improntata sul modello sovietico di allontanamento sociale e di detenzione dei malati di mente, percepiti come pericolosi per la società40.

Inoltre, prima dei cambiamenti politici del 1989, nell’Unione Sovietica e in Romania, i Servizi Forensi di salute mentale erano utilizzati impropriamente – e in larga misura – per il trattamento (o meglio la reclusione) dei dissidenti politici. Questo “abuso politico” della psichiatria forense è stato osservato anche in altre regioni del globo e in differenti ordinamenti politici41.

Attualmente la psichiatria post-sovietica sta affrontando la sfida di ridefinire l’identità professionale dello psichiatra forense e di costruire un sistema di servizi che soddisfi le necessità dei rapidi cambiamenti sociali, economici e politici contemporanei in atto42. Dopo le riforme derivanti dal “terremoto” del 1989, tutti i Paesi dell’Est Europa sono stati sottoposti a importanti riforme nella fornitura di cure per la salute mentale: tra queste la riduzione del numero di posti letto negli Ospedali Psichiatrici generali e giudiziari e le riforme della legislazione sulla salute mentale43. Diversi teorici ritengono però che la riduzione dei posti letto, avvenuta per esempio in Russia, sia stata determinata non tanto dall’accettazione del movimento mondiale di deistituzionalizzazione psichiatrica, quando a difficoltà economiche nella gestione del precedente modello in vigore nell’URSS16,44.

Da una recente analisi internazionale condotta da Mundt et al.40, è emerso come il trend di riduzione sia stato effettivo solo fino ai primi anni del 2000: il numero di letti psichiatrico-forensi e i casi di trattamento psichiatrico nella popolazione generale dei detenuti sono aumentati dal 1989 al 2009 nell’ex-Germania orientale, in Russia e – negli ultimi dieci anni – in Bielorussia e Polonia, nonché nel decennio successivo al cambiamento politico in Azerbaijan. Sono diminuiti in entrambi i decenni nella Repubblica Ceca, nell’ultimo decennio in Azerbaijan e Lettonia e sono rimasti invariati in Romania e Ungheria. I numeri vanno da 0,7 posti letto forensi per 100.000 abitanti in Lettonia a 13,2 nella parte “orientale” della Germania. Negli ultimi due decenni dal 1989 al 2009, cinque Paesi hanno avuto un aumento del numero di posti letto psichiatrico-forensi: il più pronunciato è stato nell’ex-Germania orientale (389%). Solo nella Repubblica Ceca vi è stato un continuo calo di posti letto negli OPG: in totale, -77%.

Vi è anche da sottolineare il fatto che, più in generale, si può constatare – nella maggior parte dei Paesi dell’ex-blocco sovietico nel corso del ventennio 1989-2009 – un aumento della popolazione carceraria, soprattutto in Bielorussia, Ungheria, Kazakistan, Polonia e Slovenia40. Per quanto riguarda la Russia, anche dopo le riforme intese a ridurre i tassi di popolazione carceraria, il Paese continua con uno dei tassi più alti al mondo45. Un calo dei tassi di popolazione carceraria nel corso dei due citati decenni è stato osservato solo per quei Paesi europei di area “orientale” che sono entrati nell’Unione Europea e che hanno quindi dovuto adeguarsi a un modello di gestione penitenziaria occidentale, come è avvenuto per la Repubblica Ceca, la Germania ex-orientale, la Lettonia e la Romania.

Globalmente, dunque, nella maggior parte dei Paesi dell’ex-blocco dell’Europa orientale, le capacità di risposta psichiatrico-forensi sembrano aumentate, ma non necessariamente risulta migliorata la qualità del trattamento fornito ai detenuti con disturbo mentale: questo, infatti, si basa ancora su un modello di istituzionalizzazione negli OPG, privo di obiettivi riabilitativi e senza opportunità di reintegrazione sociale. In molti di questi Paesi, quindi, la psichiatria forense sta ancora lottando per sviluppare un’identità professionale, con cambiamenti importanti attesi nella legislazione sulla salute mentale e attuale carenza di specialisti impiegati nell’insegnamento di questa sotto-specialità40. Inoltre, sempre in alcuni di questi Paesi, la psichiatria forense si occupa solo della valutazione giuridica piuttosto che del trattamento dei detenuti con malattia mentale e la terapia è delegata ai Servizi sanitari carcerari di medicina generale, ancora sotto il controllo dei Ministeri della Giustizia o degli Interni46.

Solo in Russia, negli ultimi anni, è stato implementato un Servizio di Psichiatria Forense che ha caratteristiche simili – almeno a livello legislativo – a quelle dei Paesi occidentali: infatti, esaminando più attentamente l’organizzazione dei sistemi psichiatrico-forensi di questo Paese47, si osserva come siano disponibili 7 “ospedali speciali” ad alta sicurezza che offrono 5440 posti letto, gestiti direttamente dal Ministero della Salute dal 1997 (prima rientravano sotto il controllo del Ministero degli Interni). Tali Servizi forniscono un trattamento per i detenuti con malattia mentale che richiedono un’intensa supervisione e forme organizzate di contenimento a causa del loro elevato rischio sociale.

Il Tribunale civile ha la massima giurisdizione sul tempo di permanenza dell’autore di reato affetto da patologia psichiatrica e sul suo trasferimento in strutture a livello di sicurezza inferiore. Gli “Ospedali Speciali” di media sicurezza accolgono i pazienti che sono troppo difficili da gestire o pericolosi per gli “Ospedali Ordinari”, ma non così gravi e pericolosi da richiedere strutture ad alta sicurezza. Esistono 112 Dipartimenti di questo tipo in Russia, con 6.582 letti di media sicurezza a focus riabilitativo. Quando i pazienti vengono dimessi da queste strutture, vengono indirizzati a un Ospedale Psichiatrico generale per continuare il loro trattamento e predisporre un reinserimento sociale, come avviene nei sistemi dell’Europa occidentale47.

1.3. I Servizi di Psichiatria Forense in Nord America

Le due nazioni anglofone del Nord America hanno un’organizzazione statale federale, motivo per cui la legislazione in tema di Servizi forensi di salute mentale differisce notevolmente tra i diversi stati e territori confederati all’interno delle singole nazioni. Sia gli USA che il Canada seguono una tradizione giurisdizionale basata sul Common Law e si rifanno – come i Paesi appartenenti al Commonwealth – al modello amministrativo di psichiatria forense implementato nel Regno Unito.

1.3.1. Servizi di Psichiatria Forense negli USA

In linea generale, negli Stati Uniti tutti i detenuti vengono sottoposti a screening per malattia mentale durante il periodo di reclusione e, qualora sia necessario il ricovero ospedaliero, ricevono un trattamento all’interno di strutture ospedaliere statali dopo trasferimento dal carcere. Una volta stabilizzati, i detenuti con queste problematiche vengono rinviati in prigione in attesa di una disposizione legale47. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) nelle carceri è gestito ovunque in modo simile ed è governato (secondo il modello americano di “giurisdizione esperienziale”) da un caso della Corte suprema degli Stati Uniti noto come “Vitek” (Vitek vs Jones 445 US 480, 1980).

Per esigenze di sicurezza, i sistemi carcerari americani hanno incorporato sistemi di assistenza medica e psichiatrica in modo tale da fornire valutazioni e trattamenti specialistici senza necessità di invio a strutture sanitarie generali. Le carceri e le prigioni negli Stati Uniti offrono un trattamento psichiatrico per i detenuti malati di mente, ritenuto però “inadeguato e eccessivamente costoso” (analisi recenti del Treatment and Advocacy Center). Spesso, questo trattamento è regolato da un team multidisciplinare di assistenti sociali, psicologi e psichiatri. Gli individui che hanno tentato un suicidio o hanno un’acuzie psichiatrica grave in atto possono anche essere trasferiti negli Ospedali Generali locali o nei Pronti-Soccorso, se è necessario un trattamento più intensivo47. In alcuni stati esistono anche Servizi di psichiatria forense specializzati per le donne all’interno del sistema legale48.

Ogni Stato, in USA, ha le sue leggi sulla reclusione e il trattamento obbligatorio dei detenuti affetti da malattia mentale, nonché la sua organizzazione di Servizi forensi di salute mentale49. La maggior parte degli stati fornisce Servizi forensi sia attraverso gli Ospedali Psichiatrici statali che attraverso alcune strutture correzionali (carceri generali). A eccezione del New Hampshire, gli Ospedali Psichiatrici forensi di tutti gli stati accettano autori di reato con malattia mentale per valutazioni psichiatriche giudiziarie, trattamenti di detenuti ritenuti responsabili delle loro azioni e, meno frequentemente, anche di soggetti ritenuti non imputabili per vizio di mete. Cinque stati (Kansas, Montana, Nevada, Rhode Island e Mississipi) hanno istituito strutture dedicate esclusivamente ai detenuti affetti da malattia mentale (OPG veri e propri) e 17 stati (Alaska, Arkansas, Delaware, Hawaii, Kansas, Maine, Mississippi, Montana, Nebraska, New Mexico, Nevada, North Dakota, Rhode Island, South Dakota, Utah, West Virginia e Wyoming) hanno istituito Unità con letti designati per pazienti forensi all’interno degli Ospedali statali; tuttavia, queste categorie non sono così nette come sembrano, poiché strutture forensi separate possono essere situate in aree ospedaliere statali e/o supervisionate dall’amministrazione ospedaliera statale. Molti stati presentano anche Servizi di salute mentale ambulatoriali nelle strutture correttive statali.

Sono stati inoltre compiuti sforzi per “deviare” le persone con malattie mentali dal sistema di giustizia penale e dalle prigioni verso le strutture ospedaliere statali: ciò grazie alla definizione e all’impostazione di Tribunali per la salute mentale che favoriscono un approccio terapeutico, piuttosto che punitivo, a questo tipo di imputati. Tale approccio ha dimostrato di essere efficace nel ridurre i tassi di recidiva quando i Servizi per il trattamento necessari sono disponibili per l’imputato affetto da vizio di mente50.

Alcuni stati (Alaska, Florida, Pennsylvania, Utah, North Carolina, Georgia e parte del Texas) hanno anche esplorato il potenziale della privatizzazione dei Servizi Forensi, soprattutto di fronte all’elevato turn-over dei dipendenti e alla rilevante carenza di personale in crescita nelle strutture pubbliche. Al momento non è chiaro se ciò abbia comportato qualche miglioramento nell’assistenza, dato che alcuni report mostrano tassi variabili di successo in termini di fattibilità finanziaria (in particolare nella riduzione dei costi) e di qualità delle cure fornite51.

Per un approfondimento sull’organizzazione e le infrastrutture dei Sistemi forensi di salute mentale nei singoli stati degli USA, è suggerita la lettura di un Report del 2018 prodotto dall’Università del Vermont49.

1.3.2. Servizi di Psichiatria Forense in Canada

In Canada i Servizi forensi di valutazione e trattamento psichiatrico sono previsti dalle “Disposizioni sulla salute mentale” del Codice Penale canadese e dai rispettivi atti provinciali di salute mentale47. Il Paese è una repubblica federale con responsabilità di assistenza sanitaria a livello provinciale, non nazionale e, quindi, tutte le province e i territori forniscono Servizi psichiatrico-forensi specializzati con uno standard statale generale, sebbene esistano importanti differenze organizzative interprovinciali. In generale, gli autori di reato adulti che ricevono condanne superiori a 2 anni vengono considerati “detenuti federali” e vengono posti sotto la cura dei Correctional Services of Canada (CSC). I CSC gestiscono 57 strutture federali di correzione e 16 centri penali di correzione e hanno la responsabilità della supervisione sulle libertà vigilate in comunità. Tutti i detenuti federali canadesi vengono sottoposti a screening per la salute mentale al momento del ricovero e coloro che necessitano di cure ricevono una valutazione psichiatrica e servizi di trattamento attraverso le Cliniche sanitarie interne a ciascuna prigione. I detenuti che sviluppano patologie psichiatriche gravi durante la detenzione o che presentavano vizio di mente al momento del processo e che soddisfano i criteri per la certificazione ai sensi del Mental Health Act vengono trasferiti dal carcere federale in uno dei centri di trattamento regionali gestiti dai CSC e distribuiti a livello nazionale. Questi centri sono designati dalle rispettive autorità provinciali come Ospedali Psichiatrici forensi e forniscono cure e servizi di riabilitazione per la salute mentale47. Gli OPG forniscono servizi di valutazione e terapia per detenuti provinciali certificati che richiedono cure ospedaliere con valutazione e trattamento di chi non sia idoneo al processo o non imputabile per vizio di mente. Accanto a queste strutture, sono state create, in ogni provincia, delle Cliniche forensi regionali, che operano nella comunità e forniscono il trattamento per i soggetti autori di reato con vizio di mente che hanno ricevuto una dimissione in libertà condizionata dal Tribunale, valutazioni ordinate sempre dal Tribunale, nonché Servizi di trattamento per le persone libere su cauzione o in libertà vigilata. Le cliniche forensi regionali forniscono anche terapie basate in comunità per gli autori di reati sessuali condannati a livello provinciale52.

Tutti i Servizi citati sono regolati dal Forensic Psychiatry Act del 1974 che ha istituito la “Commissione per i Servizi Psichiatrici Forensi”, il cui scopo non è solo la fornitura di servizi di valutazione e trattamento psichiatrico-forense su base ospedaliera e comunitaria ai Tribunali, ma anche la formazione degli specialisti psichiatri nella sotto-specialità forense. Nel 2001, questa commissione è diventata un’agenzia dell’Autorità Provinciale per i Servizi Sanitari, all’interno del Ministero della Salute e si occupa interamente dei Servizi di valutazione, trattamento e riabilitazione di tutti i detenuti adulti affetti da malattia mentale. I servizi di valutazione e trattamento forense per minorenni sono invece forniti dal Ministero dell’Infanzia e dello Sviluppo Familiare47.

Uno studio importante su questi temi (Linvingston52) ha sottolineato le differenze interprovinciali nell’organizzazione e nella struttura dei Servizi forensi di salute mentale esistenti in Canada. La sua organizzazione ha una media di 0,61 letti forensi per 10.000 abitanti adulti (in linea con quanto avviene nei Paesi europei), divisi in molteplici OPG all’interno di ciascuna provincia, con strutture comunitarie separate dagli Ospedali volte alla riabilitazione e al reinserimento nella società del detenuto con malattia mentale. La Columbia Britannica è l’unica provincia canadese con un unico servizio psichiatrico-forense specialistico integrato e centralizzato (Ospedale Psichiatrico Forense di Coquitlam), da cui dipendono direttamente anche i servizi di comunità, mentre il Québec è dotato di 5 siti di cura, anche se il 90% dei posti letto è contenuto in un singolo OPG (Institut National de Psychiatrie Légale Philippe-Pinel a New Bordeaux). Nelle province dell’Ontario e della Nuova Scozia, i modelli di erogazione del servizio non sono centralizzati intorno a un unico OPG11 ma includono strutture correzionali specializzate con finanziamenti e responsabilità operative condivise dai rispettivi Ministeri della Giustizia e della Salute47.

Vi è una differenza sostanziale nella disponibilità di posti letto tra i diversi Sistemi forensi di salute mentale nelle province del Canada: in Nuova Scozia e Saskatchewan vi è il più alto numero di posti letto disponibili negli Ospedali Psichiatrici Forensi, anche rapportati alla popolazione complessiva di detenuti affetti da disturbi mentali in queste regioni, mentre lo stato di Manitoba risulta avere il numero minore di posti letto, con problemi di sovra-occupazione delle strutture disponibili52.

Discrepanze interprovinciali si osservano anche nel numero di professionisti sanitari (psichiatri, psicologi), assistenti sociali e di impiegati penitenziari che lavorano nelle strutture forensi: i maggiori numeri – in termini di staff – si osservano in Quebec e nella Columbia Britannica, mentre i livelli minori si osservano nel New Brunswick, in Manitoba e nel Newfoundland52.

1.4. Servizi di Psichiatria Forense in America Latina

L’America Latina, sotto-regione del continente americano in cui viene primariamente parlato spagnolo e portoghese, comprende il Messico e tutti i Paesi dell’America Centrale, dei Caraibi e del Sud America. La maggior parte delle nazioni dell’America Latina segue la tradizione giurisdizionale romana (Civil Law)53 e presenta un pesante fardello sociale di atti di violenza: a tal proposito la WHO, a causa degli elevati tassi di omicidio, considera la criminalità come problema endemico di questo subcontinente54. Risulta ovvio, pertanto, che recenti studi abbiano confermato come i Paesi di quest’area del globo hanno i più alti tassi di incarcerazione al mondo, con una media di 202 su 100.000 abitanti: i picchi sono raggiunti in Brasile, Perù e nei Caraibi53. Purtroppo, gli elevati livelli di incarcerazione sono inversamente proporzionali al livello di accesso della popolazione ai Servizi di salute mentale generali e all’investimento di risorse statali in quest’area55. Inoltre, studi internazionali hanno segnalato come le condizioni dei detenuti in America Latina siano estremamente dure a causa di continue minacce all’incolumità personale e come l’impatto del sovraffollamento delle carceri abbia un’influenza negativa sulla salute fisica e mentale dei detenuti53-57. I programmi progettati per soddisfare le esigenze e il trattamento degli autori di reato malati di mente non sono ampiamente disponibili e il numero di quelli specialistici psichiatrici è limitato nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo dell’America Latina: in Sud America, meno del 20% delle carceri presenta servizi di salute mentale specialistici, nonostante le regole “minime” di trattamento dei prigionieri imposte dalle Nazioni Unite56.

Una questione spinosa per la salute mentale forense in America Latina è la carenza di operatori qualificati sul tema più generale e la mancanza di formazione e competenza specifica nella psichiatria forense. Secondo Taborda58, la maggior parte delle valutazioni forensi e dei Servizi di Diagnosi e Cura in America Latina sono forniti da professionisti non specializzati in psichiatria forense e, in alcuni casi, da medici generali operanti nelle carceri. Un altro aspetto da sottolineare è la mancanza di norme e leggi specifiche dedicate alla salute mentale “generale” e forense, dato che solo pochi Paesi dell’America Latina hanno una legislazione specifica dedicata al tema53.

Secondo il report WHO-AIMS sui Sistemi di salute mentale in America Latina e nei Caraibi55, i Servizi di Psichiatria Forense offerti in questa regione del globo sono limitati e il numero di posti letto negli Istituti differisce notevolmente da un Paese all’altro. Inoltre, le informazioni fornite dalle nazioni valutate in merito a questo indicatore sono piuttosto limitate. L’offerta limitata è molto probabilmente un’espressione della bassa priorità data a questo tipo di servizio, anche se la popolazione carceraria latina è ad alto rischio psichiatrico. Nell’America centrale, in Messico e nei Caraibi di lingua latina, solo 4 Paesi hanno un’Unità di psichiatria forense. Questi reparti si trovano in OPG appositamente creati con finalità di detenzione degli autori di reato con malattie mentali, tranne in Messico, dove il 99% di queste Unità si trova nelle carceri generali con una media di 0,5 letti per 100.000 abitanti; l’8% di costoro è detenuto per più di 10 anni.

La situazione è radicalmente diversa nei Caraibi di lingua non latina, dove solo 3 dei 16 Paesi e territori (Barbados, Giamaica e Trinidad e Tobago) sono forniti di queste Unità operative che, per la maggior parte, si trovano in OPG, tranne nel caso della Giamaica: vi è una media di tre letti per 100.000 abitanti, con un 18% degli autori di reato che viene detenuto per più di 10 anni.

In Sud America, invece, solo la Bolivia non presenta Unità operative forensi: vi è una media di 1,6 posti letto per 100.000 abitanti nel resto dei Paesi sudamericani e questi Servizi si trovano sia negli OPG che nelle carceri generali. Solo 3 Paesi hanno dati sulla durata del soggiorno (Cile, Paraguay e Perù), con una media del 14% dei pazienti che risultano detenuti per più di 10 anni.

1.4.1. Servizi di Psichiatria Forense in Cile

In Cile59, la maggior parte dei posti letto di psichiatria forense per detenuti affetti da disturbi mentali si trova negli OPG di Horwitz (alta sicurezza) e Pinel (media sicurezza), con 90 posti letto ciascuno. Le altre 4 unità sono più piccole, con un totale di 36 letti complessivi e presentano molte differenze tra di loro in termini di infrastruttura in cui sono collocati (Ospedale Psichiatrico Giudiziario, Carcere, Centro di reclusione), Unità amministrative e popolazione servite (adulti o adolescenti). Il numero di posti letto e di ore per psichiatra è variabile tra le diverse Unità e il numero di posti letto per unità-operatore dello staff è maggiore negli OPG che nei Reparti di Psichiatria Forense, nelle carceri e nei centri di reclusione.

Nel 2012, tre Unità Forensi hanno svolto attività di riabilitazione con gruppi di utenti e solo due Unità con gruppi di utenti e familiari, mentre tre Unità hanno ricevuto visite dalla Commissione Cilena per la Protezione delle Persone con Malattie Mentali e Formazione sui Diritti umani59.

Tra il 2004 e il 2012 il numero di posti letto nelle Unità di Psichiatria Forense è aumentato di quasi 2,5 volte, diminuendo il numero di posti letto complessivo per psichiatra e mantenendo lo stesso numero di posti letto per funzionario. La durata del soggiorno degli utenti in queste Unità rimane invariata, con prevalenze di soggiorni inferiori a 1 anno (nel 58% degli utenti). Durante questo periodo, la percentuale di unità che svolgono attività con gruppi di utenti e familiari e che hanno ricevuto visite dalla Commissione Cilena per la Protezione delle Persone con Malattie Mentali è aumentata, segno di un maggiore interesse dello stato cileno verso la riabilitazione di questi pazienti e verso il mantenimento di standard migliori per quanto riguarda la reclusione e il rispetto dei diritti umani59.

1.4.2. Servizi di Psichiatria Forense in Argentina

L’Argentina è una repubblica federale, costituita da 23 province e dalla città autonoma di Buenos Aires, in cui la legislazione in tema di psichiatria forense si rifà al Codice di Procedura Penale della nazione e dei singoli territori amministrati. In generale, secondo la Legge 5619 del Codice di Procedura Penale argentino, i detenuti affetti da disturbi mentali, considerati non imputabili per vizio di mente e pericolosi per la società, dovrebbero essere assistiti in istituzioni speciali separate dal servizio penitenziario, cioè le Unità Giudiziarie Psichiatriche, sotto il controllo del Sistema Sanitario argentino60.

Inoltre, ogni penitenziario o carcere generale del Paese è dotato di un team medico (con specialisti psichiatri) che è predisposto a valutare costantemente i detenuti e a permettere il loro passaggio dal servizio penitenziario generale alle strutture forensi di salute mentale specializzate, in caso di acuzie psichiatrica. Ciò è dovuto al fatto che le carceri argentine (a parte nella provincia di Rio Negro) non sono dotate di Reparti e Servizi Ambulatoriali di salute mentale all’interno del sistema circondariale, ma si devono appoggiare direttamente alle strutture sanitarie pubbliche61.

Le Unità di Psichiatria Forense possono essere localizzate all’interno di Ospedali Psichiatrici generali locali (province di Mendoza, San Juan e Corrientes, con reparti specializzati) oppure in OPG appositamente creati per questo scopo, progettati come infrastrutture separate: nelle 23 province sono disponibili circa 150 letti in Unità Forensi di ospedalizzazione psichiatrica per le persone con disturbi mentali60.

1.4.3. Servizi di Psichiatria Forense in Brasile

Il Brasile è una repubblica federale, formata da 26 stati, in cui i Servizi di Psichiatria Forense vengono organizzati secondo la Costituzione, il Codice Penale e gli statuti dei singoli territori: in tutto il Paese sono disponibili 3677 posti letto per detenuti con disturbi mentali nelle Unità ospedaliere forensi. In totale sono presenti 25 Ospedali Giudiziari (Ospedali per la Custodia e il Trattamento Psichiatrico), che sono infrastrutture psichiatriche gestite dal sistema carcerario per il trattamento esclusivo dei pazienti che hanno commesso un reato e sono sospettati di avere – o effettivamente presentano – un disturbo mentale che richieda un trattamento specializzato62.

All’interno degli Ospedali Giudiziari l’approccio psichiatrico consiste fondamentalmente nell’uso della psicofarmacoterapia, della terapia occupazionale e della “terapia del lavoro” (designazione a gruppi di pazienti con compiti supervisionati speciali, principalmente pulizia e manutenzione)63. In alcuni casi, la famiglia del detenuto può presentarsi a ricevimento all’interno di queste strutture. Spesso tutto questo non è semplice, poiché la maggior parte dei reati di violenza di questa popolazione di detenuti sono stati commessi proprio contro parenti o vicini64. Secondo la legge brasiliana, la dimissione dall’ospedale giudiziario si ottiene dopo revoca dell’ordine di contenzione da parte del Tribunale e ciò avviene dopo uno specifico esame della pericolosità sociale dell’individuo, tenuto da un team di psichiatri forensi nominati dalla Corte.

Nel caso in cui la perizia del team determini l’assenza di pericolosità (o, meglio, stabilisca che la pericolosità non è superiore a quella dimostrata da un normale individuo malato di mente) e il Tribunale sciolga l’ordine di detenzione, il soggetto esce dal sistema penale e viene inviato al sistema generale di salute mentale, negli Ospedali Psichiatrici generali o in Strutture residenziali, con lo scopo di terminare il proprio trattamento o la propria riabilitazione prima del reinserimento in comunità64.

1.5. I Servizi di Psichiatria Forense in Asia

L’organizzazione dei Servizi di Psichiatria Forense nel continente asiatico è estremamente eterogenea. Anche se molte nazioni si rifanno all’ordinamento fornito dai precedenti domini coloniali (per es., Hong Kong, India, Sud-Est Asiatico), gli ordinamenti legislativi e le tradizioni giurisdizionali in termini di responsabilità penale e gestione dei detenuti con malattia mentale risentono molto della cultura di appartenenza dei diversi popoli asiatici e, in alcuni casi, anche della religione prevalente nel singolo Paese (per es., Paesi arabi del Medio-Oriente).

1.5.1. Servizi di Psichiatria Forense nei Paesi Arabi
e nel Medio Oriente

Prima di esaminare il sistema forense di salute mentale dei diversi Paesi arabi è fondamentale fare alcune precisazioni sulle particolarità della tradizione giurisdizionale islamica in tema di salute mentale. La maggior parte dei Paesi arabi non ha una legislazione specifica in tema di salute mentale. Ciò, tuttavia, non impedisce alla psichiatria forense di avere il suo ruolo in ambito giuridico, in particolare nella valutazione della capacità di sostenere un processo e della non imputabilità per vizio di mente di un autore di reato.

Secondo la legge islamica, la salute mentale di un soggetto deve essere valutata dai Tribunali in base a esame psichiatrico e il fatto che una persona rappresenti un rischio per gli altri non è necessariamente un criterio importante per il confinamento contro volontà del soggetto44. Questo perché l’enfasi non è posta sulla limitazione della libertà personale e sociale, ma sulla possibilità di cure per la salute mentale del soggetto.

Un’altra differenza tra la tradizione legislativa islamica e quella occidentale è evidente nel modo in cui la “follia” viene dimostrata nell’ambito di un processo legale. Per la legge islamica, se qualcuno accusato di un crimine può presentare prove che il disagio psichico era presente già prima del tempo dell’infrazione al fine di mettere in dubbio la propria responsabilità, il soggetto può essere sollevato dall’imputabilità e dalla pena. Anche quando l’evidenza della malattia mentale precede in modo significativo il momento dell’infrazione, il principio legale di istiṣḥāb (la presunzione di continuità) può essere applicato per presumere – automaticamente – che la patologia dell’imputato fosse presente e in fase acuta al momento del crimine stesso. D’altra parte, nelle tradizioni del Diritto Comune e Civile dei Paesi europei, anche quando il tempo tra l’inizio dello squilibrio psichico e il reato è breve, e anche se ci può essere una elevata probabilità che la responsabilità penale fosse del tutto assente al momento del crimine, è lasciata completamente alla Corte la decisione di considerare il soggetto privo di imputabilità o solo parzialmente imputabile per vizio di mente65.

Una particolarità interessante è che, secondo il Corano, solo i medici (e quindi anche gli psichiatri) musulmani possono esprimere un’opinione su un paziente musulmano durante il processo.

In generale, rispetto agli standard occidentali, le risorse nel campo dei Servizi di Psichiatria Forense risultano tendenzialmente scarse per le esigenze della popolazione, sebbene un’ampia diversità gestionale caratterizzi i diversi Paesi del mondo islamico44. Attualmente, la Turchia è l’unico Paese a maggioranza musulmana con una legislazione specifica in tema di salute mentale conforme al Codice dei Diritti Umani dell’ONU e della WHO66.

Essa presenta diversi OPG ad alta sicurezza, sotto il controllo del Ministero della Sanità, a gestione unicamente pubblica (Biliken City Hospital ad Ankara, Bakirkoy Forsensic and Psychiatric Hospital a Istanbul) o semi-privata (Elazığ Fethi Sekin City Hospital, Bursa City Hospital)65.

A parte la Turchia, la maggior parte dei Paesi del mondo arabo presenta opportunità di formazione limitate in psichiatria forense e gli specialisti devono tener conto della forte commistione tra la disciplina psichiatrica e la tradizione giurisdizionalista islamica sopra descritta67.

I Paesi che affermano di applicare la sharia a livello statale, come l’Iraq68 e l’Arabia Saudita, in genere prendono in considerazione gravi malattie mentali in una vasta gamma di questioni legali, tra cui il diritto all’eredità, la donazione di organi, il divorzio, l’occupazione lavorativa, le necessità di tutela, l’adozione di minori, la responsabilità penale, l’esenzione dalla pena di morte, la possibilità di ottenere un cambio di sesso e il diritto all’interruzione di gravidanza terapeutica69.

In questi Paesi, se un crimine commesso da una persona ritenuta legalmente responsabile rientra nella categoria delle punizioni ordinate divinamente (h.udu¯d, come nel caso di adulterio o del consumo di alcolici), il giudice non è autorizzato a modificare la decisione, ma la punizione prescritta da un giudice è considerata discrezionale (ta’zi¯r)70. Tuttavia, in caso di malattia mentale, può essere presentata domanda al Tribunale per la riduzione della responsabilità criminale e una raccomandazione per il trattamento. In Arabia Saudita, i Tribunali sono gestiti da giuristi di formazione religiosa che decidono sulla base delle raccomandazioni di un Comitato Forense, come quello dell’ospedale psichiatrico di Taif e del complesso Al-Amal per la salute mentale, dotati di un team multidisciplinare che comprende psichiatri, psicologi, assistenti sociali e infermieri65. Se l’autorità di riferimento emette una decisione di riduzione dell’imputabilità per vizio di mente, il paziente viene trasferito dal carcere generale a un’Unità di Psichiatria Forense per le cure (per es., Ospedale Al Rashad a Baghdad)68.

In tali Paesi sono però del tutto assenti Servizi forensi di comunità per la riabilitazione e il reinserimento nella società dell’autore di reato dopo la sua dimissione da queste strutture in grado di favorire una riduzione del rischio di recidiva nel comportamento criminale. Inoltre, la decisione del confinamento contro volontà all’interno degli OPG nei Paesi arabi è lasciata alla famiglia, poiché nella cultura islamica i familiari sono ritenuti responsabili nei confronti del malato di mente65.

Esistono anche Paesi arabi che non sono dotati di Strutture psichiatrico-forensi specifiche, come l’Iran71 o il Libano72, ma in queste nazioni gli autori di reato con malattia mentale vengono detenuti nelle carceri generali e vengono trattati da uno psichiatra forense di liaison proveniente da strutture sanitarie predisposte.

Completamente differente è l’organizzazione dei Sistemi di Psichiatria Forense in Israele73 che è simile a quella dei Paesi europei e priva dell’influenza della religione maggioritaria nella nazione (ebraismo). In Israele esiste un sistema completo di Ospedali Psichiatrici generali e di Cliniche Ambulatoriali per pazienti psichiatrici e, fino al 1997, gli autori di reato affetti da malattia mentale ritenuti non colpevoli per vizio di mente erano ammessi in un Ospedale Psichiatrico privato che offriva un certo grado di sicurezza, mentre i prigionieri colpiti da problematiche psichiche durante la detenzione venivano trasferiti nell’ala dell’ospedale della prigione di Ramle. Nel 1997 è stata aperta una nuova Unità Psichiatrica Forense nell’Ospedale Psichiatrico generale Sha’ar Menashe di Hadera, a nord di Tel Aviv. L’Unità ha 128 posti letto e, in pratica, fornisce un livello di sicurezza a metà tra il medio e il massimo. Tale Unità è integrata per genere, sebbene il numero di pazienti donne sia molto basso. Il personale è simile a quello degli Ospedali Giudiziari in Gran Bretagna, tranne per la presenza dei “criminologi clinici”, professionisti la cui formazione unisce aspetti di criminologia accademica, sociologia, psicologia e scienze della salute. I criminologi clinici svolgono un ruolo nel fornire cure, anche se possono verificarsi controversie al confronto con psicologi clinici e psichiatri forensi.

1.5.2. Servizi di Psichiatria Forense in Giappone

Il Giappone si è sempre caratterizzato per la presenza di un forte stigma rispetto alla malattia mentale, considerata come una devianza pericolosa per la società e tale da motivare l’allontanamento/reclusione degli individui affetti da disturbi psichiatrici, con forte limitazione dei loro diritti umani. Questa concezione è rimasta inattaccabile per anni nella tradizione nipponica e, solo negli ultimi decenni, la discriminazione dei soggetti affetti da malattia mentale e, quindi, anche dei pazienti autori di reato, è andata a sfumare con l’introduzione di nuove leggi ad hoc (Mental Health Law nel 1987, MTSA nel 2005)44. Quando si va ad esaminare l’organizzazione della psichiatria forense giapponese è necessario, pertanto, differenziare tra i servizi offerti ai detenuti che – nel corso della reclusione – sviluppano problematiche di ordine psichico e i servizi offerti a chi viene giudicato non responsabile, o solo parzialmente responsabile, per i propri atti a causa della presenza di un vizio di mente condizionante l’esecuzione del reato.

In Giappone tutti i detenuti, indipendentemente dalla loro storia psichiatrica, sono sottoposti a screening di salute mentale da funzionari del Ministero della Giustizia con formazione psicologica (e non da specialisti psichiatri). Chi necessiti o richieda ulteriori accertamenti viene inviato allo psichiatra in un Centro di valutazione gestito dal sistema sanitario74. Gli operatori sanitari lavorano all’interno di 4 carceri mediche e di 6 istituti penitenziari a priorità sanitaria disponibili nel Paese, che sono predisposti proprio per sostenere le esigenze mediche dei detenuti47. Tuttavia, il numero dei dipendenti all’interno di queste strutture sembra essere insufficiente per soddisfare le esigenze di salute della popolazione carceraria.

Le cosiddette carceri sanitarie prevedono sia programmi correttivi che cure per detenuti affetti da qualsiasi problematica medica (non solo malattie psichiatriche): in questo caso, inclusi i disturbi mentali in forma acuta, il soggetto può essere trasferito in un ospedale statale esterno alla prigione, in base all’articolo 62 della “Legge sulle strutture di detenzione penale e il trattamento di detenuti”75. Come risulta evidente, in Giappone non esistono servizi ambulatoriali psichiatrici per la diagnosi e il trattamento dei detenuti che sviluppano problemi psichiatrici nel corso della reclusione, ma costoro vengono collocati in Istituti per autori di reato affetti da qualunque condizione medica ingestibile nelle carceri generali. Questa situazione non permette di avere programmi di intervento specifici nei confronti di quella sottopopolazione che sviluppa malattia psichiatrica47.

Per quanto riguarda invece i Servizi forensi dedicati agli autori di reato affetti da vizio di mente che ne qualifichi appunto l’esecuzione del reato, bisogna ricordare come, per molti anni, il Giappone non abbia avuto disposizioni legali specifiche per costoro76. Una volta affidati al sistema di salute mentale, venivano trattati in base alla legge sulla salute e il benessere mentale (Mental Health Act, 1987): tale sistema è stato ampiamente criticato per l’assenza di un giusto processo e la fornitura inadeguata di assistenza e supervisione medica e supervisione per questi autori di reato77. Nel 2005, il sistema forense di salute mentale in Giappone è stato sottoposto a riforma, insieme all’attuazione della legge sull’assistenza sanitaria e il trattamento dei soggetti autori di reato con disturbi mentali, nota come “Medical Treatment and Supervision Act” (MTSA)76. In base al nuovo sistema, chi commette reato grave (omicidio, lesioni gravi, rapina, incendio doloso, coercizione sessuale, ecc.) mentre si trova in uno stato di assente o ridotta responsabilità criminale per vizio di mente deve essere trattato e controllato in una struttura amministrativa giudiziaria predisposta47. Il pubblico ministero si rivolge al Tribunale distrettuale ai fini di un giudizio basato sull’art. 33 della l. MTSA: la giuria è composta da un giudice e un perito di salute mentale, quest’ultimo selezionato da un pool di psichiatri forensi accreditati. La giuria ha tre possibili opzioni di disposizione per l’autore di reato:

1. un ordine di ricovero ospedaliero per cure mediche;

2. un ordine di cura in una struttura ambulatoriale comunitaria;

3. un ordine di non trattamento.


L’autore del reato è obbligato ad accettare le cure psichiatriche speciali fornite dalle strutture mediche designate e a sottoporsi a una supervisione continua da parte di un “coordinatore della riabilitazione” che lavora nell’ufficio predisposto alla libertà vigilata78. L’assistenza ospedaliera basata sulla legge MTSA viene fornita nell’ambito di un “ospedale designato” che ha le caratteristiche di un’unità forense equipaggiata con sistemi di sicurezza avanzati, simili a quelli degli OPG europei. Attualmente in Giappone sono disponibili 24 ospedali designati a tal fine per un totale di 791 posti letto specializzati79. Questi ospedali hanno risorse per fornire cure intensive e supervisione, con un rapporto personale/paziente quattro volte superiore a quello di un ospedale psichiatrico generale.

I detenuti affetti da vizio di mente che commettono reati meno gravi sono trattati ai sensi della Legge sulla salute e il benessere mentale del 1950. Questa normativa classifica il ricovero in tre categorie47:

1. ricovero volontario con il consenso del paziente;

2. ricovero per cure mediche e protezione con il consenso di un familiare;

3. ricovero ufficiale contro volontà, ordinato dal Tribunale per i pazienti che costituiscono un rischio per se stessi e/o per la società.

Quando il Tribunale distrettuale rileva che il trattamento medico e la supervisione del paziente ai sensi dell’MTSA non sono più necessari – o quando scade il periodo specifico per l’ordine di trattamento ambulatoriale (di solito dopo 3 anni; fino a un massimo di 5 anni, se necessario) – è necessario decidere se il paziente deve continuare a ricevere supporto medico e assistenziale o se sia possibile dimettere il soggetto. Nella maggior parte dei casi, dopo la dimissione, il supporto continuo e il follow up comunitario del soggetto sono considerati di fondamentale importanza per consentire al paziente di condurre una propria vita nella comunità e per prevenire ulteriori comportamenti criminali79.

Questo nuovo sistema di gestione degli autori di reato con malattia mentale permette un trattamento multidisciplinare, fornendo al paziente un sistema di cure e di supervisione intensive, ma presenta anche costi elevati. Considerando tale aggravio economico rispetto al budget del sistema sanitario giapponese, si è aperto un dibattito su un uso più razionale degli ospedali delegati dal MTSA, soprattutto per quei pazienti da considerare come “intrattabili”: per es., soggetti affetti da demenza, ritardo mentale e disturbi del neurosviluppo. Inoltre, è stata anche sottolineata l’importanza di sfruttare queste strutture per trattare soggetti a elevato rischio di recidiva, come i criminali affetti da disturbi di personalità che in Giappone raramente vengono sottoposti a trattamento nelle strutture forensi di salute mentale, ma scontano la pena nelle carceri generali. Questa nuova inclusione di una larga fetta della popolazione di detenuti con disturbo di personalità potrebbe aumentare ulteriormente i costi per il Sistema Sanitario giapponese ma, allo stesso tempo, riuscire a ridurre il rischio di recidive criminali, uniformando il Giappone al modello di gestione dei Paesi europei79.

1.5.3. Servizi di Psichiatria Forense in India
e Pakistan

In India, la psichiatria forense è considerata ancora oggi come una disciplina agli albori, sia per quanto riguarda l’organizzazione dei Servizi dal punto di vista legislativo, sia per quanto riguarda formazione e training degli specialisti in quest’area80. L’Indian Mental Health Act del 1987 è il documento su cui si basa l’organizzazione dei Servizi psichiatrici generali e forensi: tuttavia, come riportato da Ganju81, il documento è attivo solo sul piano ideologico piuttosto che nella realtà, a causa della carenza di infrastrutture nell’ambito della salute mentale e del sistema di detenzione statale.

I Servizi forensi di salute mentale rimangono ancora rudimentali nel subcontinente indiano, sebbene la maggior parte delle carceri disponga di strutture per affrontare problemi minori di salute per i detenuti. In alcune prigioni sono presenti ambulatori di psichiatria in cui gli specialisti, provenienti dai servizi sanitari statali, sono chiamati alla valutazione dei detenuti con malattia mentale attuale o con storia psichiatrica positiva80. Non esistono, al momento, strutture dedicate alla detenzione semplice o alla cura/riabilitazione degli autori di reato con malattia mentale (come avviene nei Paesi occidentali con gli OPG), ma questi soggetti vengono gestititi abitualmente nelle carceri generali o vengono inviati agli ospedali psichiatrici generali in caso di acuzie82.

Questo modello gestionale è stato adottato anche dal vicino Pakistan, dove gli autori di reato con malattia mentale o i detenuti che sviluppano problematiche psichiatriche in corso di detenzione sono collocati in celle o sezioni separate delle prigioni di Stato e vengono trasferiti in ospedali psichiatrici pubblici in caso di difficile gestione all’interno della struttura di detenzione83.

Spesso, a causa di problematiche culturali, gli imputati affetti da malattia mentale vengono giudicati erroneamente colpevoli dai Tribunali di questi Paesi, tanto che uno studio condotto nel 1982 in diverse carceri del Bengala occidentale rivelava come tra i prigionieri malati di mente, il 98% non avesse commesso alcun reato84. Un approccio di questo tipo rende conto di quanto sia precaria la condizione dei diritti umani dei pazienti psichiatrici nel subcontinente e evidenzia l’odierna necessità di una consistente implementazione dei servizi di salute mentale nel subcontinente indiano per permettere a queste nazioni di dotarsi di un apparato di psichiatria forense comparabile a quello dei Paesi più avanzati.

1.5.4. Servizi di Psichiatria Forense in Cina, Hong Kong e Taiwan

Escludendo i territori autonomi di Hong Kong e Macao e la nazione di Taiwan, l’attuale struttura legislativa della Cina, sanitaria in genere e specifica per il tema della salute mentale forense, è omogeneamente applicata in ciascuna delle 22 province. Per questioni storiche, le leggi cinesi aderiscono in gran parte alla tradizione giurisdizionale del Diritto Civile (Civil Law) e riconoscono la possibilità di riduzione dell’imputabilità di un soggetto autore di reato a causa della presenza di un vizio di mente85. Infatti, l’idea che un individuo sofferente di disturbi mentali non dovrebbe sopportare il peso della responsabilità criminale delle proprie azioni risale a tempi antichi: già nel periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.), Sun Bin, famoso stratega militarista, sfuggì alla pena capitale fingendo di essere affetto da malattia mentale grave (presumibilmente schizofrenia) e una serie di norme speciali incentrate sulla riduzione della pena per gli autori di reato con disturbo mentale esisteva già nella Legge della Dinastia Tang (618-907 d.C.)86. Secondo l’attuale Codice Penale cinese, promulgato nel 1950 subito dopo l’istituzione della Repubblica Popolare, se un soggetto colpevole di reato è affetto da vizio di mente abituale (malattia mentale) o temporaneo (alterazioni di coscienza/giudizio a breve termine dovute a differenti condizioni patologiche) e non può riconoscere o controllare le proprie azioni criminali, non deve essere punito secondo le norme di legge, ma ne viene indicata la custodia e il trattamento85.

A differenza di quanto avviene però nei Paesi europei, a seguito dell’emanazione della seconda versione del Codice Penale nel 1997, in Cina è possibile la custodia e il trattamento del detenuto con disturbo mentale in caso di basso grado di pericolosità sociale del soggetto, presso la famiglia di origine che assume, pertanto, il ruolo di “guardiano”. Questa impostazione legislativa deriva dall’assetto sociale cinese tradizionale, basato sui forti legami tra familiari cui viene demandata una sorta di assistenza psichiatrica di stampo sociale: ciò si declina fino ad arrivare a richieste che portano i membri di una famiglia a osservare le condizioni mentali del paziente, a fornire guida e consulenza, a risolvere le sue difficoltà sociali e a somministrare farmaci come prescritto87,88. Se il paziente non ha un tutore adatto, l’unità amministrativa di riferimento, la commissione degli abitanti del villaggio o il dipartimento degli affari civili del luogo di residenza devono agire come tutori per lui.

Per gli autori di reato con disturbo mentale la cui gravità clinica, lontananza dal nucleo familiare o pericolosità sociale non ne permettono il trattamento e la riabilitazione all’interno della comunità di appartenenza, il governo cinese prevede l’ammissione in tre tipologie diverse di strutture psichiatriche specializzate85:

1. Ospedali psichiatrici generali, gestiti dal Ministero della Sanità, per un totale di 575 strutture con 11.000 posti letto, che però sono condivisi con pazienti psichiatrici non autori di reato89;

2. Ospedali psichiatrici civili, gestiti dal Sistema di Amministrazione Civile, che ricoverano gruppi speciali di individui, noti come le “persone dei tre no”: cioè, coloro che non hanno famiglia, tutore legale e nessun reddito fisso. Questi individui sono generalmente anziani, pazienti psichiatrici cronici o disabili85;

3. Ospedali Ankang (letteralmente “pace e salute”), gestiti dal Ministero della Sicurezza Pubblica. Il compito principale di questi ospedali è di curare i pazienti con malattie mentali che potrebbero comportare rischi sia per la società che per se stessi, a scopo di pubblica tutela. Nel 2005, erano presenti 25 Ankang con oltre 7000 posti letto e circa 2958 dipendenti distribuiti tra le diverse province, regioni autonome e comuni cinesi90.


Tre tipi di pazienti autori di reato sono ricoverati in questi istituti dall’autorità di sicurezza locale:

a. Con disturbi mentali valutati dagli esperti forensi come privi di responsabilità penale e bisognosi di cure e custodia;

b. Con disturbi mentali in attesa di valutazione forense;

c. Con disturbi mentali giudicati incapaci di sostenere un processo e bisognosi di cure.


Tutti gli ospedali Ankang ricevono comunque anche i ricoveri provenienti dalla comunità generale, inclusi ricoveri di persone che si sottopongono a cure volontarie e che non sono mai state coinvolte in comportamenti espressione di reato. In questo senso, gli Ankang fungono da ospedali psichiatrici generali, ma richiedono un sostegno finanziario da parte del Ministero della Sanità85. Tali strutture hanno funzioni simili a quelle degli OPG ad alta e media sicurezza dei Paesi occidentali, sia dal punto di vista ideologico che legislativo. In realtà, sembrano essere strutture progettate più a scopo di detenzione che di cura e riabilitazione dei detenuti con malattia mentale, con caratteristiche simili a quelle degli istituti manicomiali del passato: questa valutazione viene confermata dal fatto che sono stati segnalati più volte come luoghi di tortura per pazienti ricoverati o per dissidenti politici nei rapporti annuali sui diritti umani in Cina dell’Human Rights Watch91.

È importante notare come, a differenza di quanto avvenga nei Paesi occidentali, i Servizi di psichiatria forense in Cina sono dipendenti dal controllo “integrato” del Ministero della Sanità e del Ministero degli Affari Civili e della Sicurezza Pubblica (Ministero dell’Interno)85. Gli specialisti impiegati in ciascuno dei tre diversi tipi di ospedali psichiatrici hanno una formazione simile e sono tenuti ad avere diploma e licenza medica per esercitare la professione. Agli psichiatri e agli altri professionisti sanitari impiegati negli Ankang non è richiesto invece, specificamente, di avere una sotto-specialità forense.

Inoltre, gli ospedali psichiatrici cinesi non sono progettati, a livello strutturale e gestionale, come quelli canonici dei Paesi occidentali, tanto che non presentano differenze nei livelli di sicurezza perimetrale come nel Regno Unito, ma possono avere diversi livelli di sicurezza tra i reparti all’interno. Lo scopo di tale impostazione è mantenere un livello adeguato ed equilibrato tra sicurezza e libertà personale del paziente85. Per esempio, un paziente con elevata consapevolezza di malattia può essere posto in un reparto aperto o parzialmente aperto e può anche lasciare l’ospedale per continuare la terapia riabilitativa all’interno della comunità. I pazienti che presentano invece scarsa consapevolezza (per es., acuzie psicotica, comportamenti auto/eterolesivi e anticonservativi, etc.), vengono gestiti in reparti sicuri e non possono ricevere un “accordo di congedo” fino a quando non si manifesta un recupero effettivo dell’insight e una riduzione del rischio suicidario. In questo contesto, la responsabilità di valutare il rischio di atti auto/eterolesivi e anticonservativi e determinare il livello di sicurezza da imporre è attribuita agli specialisti psichiatri che hanno in cura il paziente, come avviene in Occidente85.

Nella regione amministrativa speciale di Hong Kong47, i detenuti sospettati di avere problemi psichiatrici possono essere trasferiti in una struttura psichiatrica correzionale – il Siu Lam Psychiatric Center (SLPC) – dove viene fornita loro una valutazione e una gestione terapeutico-riabilitativa completa. Il SLPC è un istituto di massima sicurezza specifico gestito dal Dipartimento dei Servizi Correttivi (non dal sistema sanitario). Il SLPC presenta 270 camere certificate e ammette detenuti rinviati a giudizio o condannati affetti da vizio di mente e ritenuti ad alta pericolosità sociale dal Tribunale. Esistono tre tipi principali di ricoveri in questa struttura:

1. detenuti rinviati a giudizio deferiti dal Tribunale per una valutazione psichiatrica;

2. detenuti con vizio di mente condannati dal Tribunale all’ospedalizzazione;

3. detenuti sospettati di avere problemi psichiatrici, ma segnalati dalle istituzioni correzionali (carceri generali).


I pazienti di quest’ultima classe, se rifiutano il trattamento volontario in SLPC e se richiedono un trattamento psichiatrico obbligatorio, possono anche essere spostati in un ospedale psichiatrico generale in base a un ordine di trasferimento.

L’assistenza infermieristica psichiatrica nel SLPC è fornita principalmente da funzionari correzionali con qualifiche infermieristiche. Il Dipartimento di psichiatria forense del Castle Peak Hospital è responsabile di fornire visite psichiatriche di liaison e collegamento al SLPC: quindi, gli specialisti psichiatri non sono assunti direttamente dal Dipartimento dei Servizi Correttivi, ma fanno parte del sistema sanitario e svolgono la loro attività in consulenza. A Hong Kong, il Castle Peak Hospital è l’unico ospedale di livello terziario che offre servizi psichiatrici forensi a gamma completa, grazie a uno specifico Dipartimento di Psichiatria Forense istituito nel febbraio 1995. La missione del Dipartimento è quella di fornire servizi di salute mentale efficaci a livello territoriale in ambienti sicuri agli autori di reato con malattia mentale o ai malati affetti da disturbi mentali ad alta pericolosità sociale. Il Dipartimento collabora inoltre con il Dipartimento dei Servizi Correttivi per fornire valutazioni e trattamenti clinici a persone con gravi malattie mentali nel sistema giudiziario penale. I servizi forensi sono erogati da quattro principali settori clinici:

1. Reparti forensi intraospedalieri del Castle Peak Hospital: comprendono reparti di ammissione separati per uomini e donne e reparti intensivi per uomini e donne. Esiste anche un reparto di riabilitazione subacuta maschile che fornisce un servizio di degenza per chi è in remissione dalla fase acuta e richiede una riabilitazione attiva prima della dimissione nella comunità;

2. Unità di reintegrazione nella comunità, fondata nel 1997: è un’unità di prelazione completa per autori di reato con malattia mentale che mira al reinserimento sicuro e di successo nella comunità;

3. OPG ad alta sicurezza, corrispondente al Siu Lam Psychiatric Center (SLPC), precedentemente descritto;

4. Cliniche ambulatoriali psichiatriche forensi, servizi di comunità forense e centro multi-attività, volti al trattamento e alla riabilitazione dei criminali e ai pazienti ad alto rischio dopo la loro dimissione nella comunità.

Nella Repubblica cinese di Taiwan47 i Servizi di psichiatria forense sono strutturati in maniera completamente differente rispetto alla Cina continentale.

Valutazioni psichiatriche sono disponibili per i criminali in custodia nelle carceri generali, ma non come servizio di routine: se un prigioniero presenta sintomi psichiatrici, in primo luogo può essere esaminato da un medico di medicina generale mentre i casi più complessi possono quindi essere indirizzati a psichiatri a contratto per la valutazione. Nell’isola di Formosa sono presenti due carceri speciali per la detenzione degli autori di reato affetti da malattia mentale. Chi non può essere adeguatamente trattato in una prigione generale viene trasferito in una di queste prigioni speciali, che si configurano come OPG con reparti a media sicurezza. Gli specialisti psichiatri responsabili del trattamento all’interno delle carceri speciali sono anch’essi a contratto di collaborazione e dipendono dal sistema sanitario. Una volta ricoverati, i detenuti possono anche ritornare alla prigione originale, una volta stabilizzate le loro condizioni cliniche.

Taiwan non è dotato di servizi forensi di comunità per il trattamento e la riabilitazione degli autori di reato affetti da malattia mentale e per favorire il loro reinserimento all’interno della comunità.

Il servizio di libertà vigilata non ha stretti legami con il sistema di salute mentale e non esiste un sistema integrato per la gestione di questi pazienti dopo il rilascio dal carcere o la custodia penale: l’assenza di un follow-up dei detenuti dimessi non permette di prevenire efficacemente eventuali comportamenti a rischio per se stessi e per la società o addirittura reati futuri, come hanno messo più volte in luce i report di questa nazione in merito.

1.5.5. Servizi di Psichiatria Forense nel Sud-Est asiatico

Nell’arcipelago delle Filippine sono disponibili 400 posti letto (0,47 per 100.000 abitanti) destinati agli autori di reato affetti da disturbo mentale e ad alta pericolosità sociale92. Tutti i letti forensi si trovano in un’Unità di degenza forense specifica all’interno del National Center for Mental Health (Pambansang Sentro ng Pangkaisipang Kalusugan), un ospedale psichiatrico speciale, dotato di 4200 letti per malati psichiatrici generali e detenuti. È localizzato nella città di Mandaluyong, nella zona metropolitana della capitale Manila, ed è posto sotto il controllo del Sistema Sanitario filippino (PhilHealth), con la collaborazione del sistema penitenziario per la gestione degli autori di reato. È un centro a fini di cura e riabilitazione dei criminali, che, una volta ritenuti dalla corte non più socialmente pericolosi – secondo il Mental Health Act del 1983 – possono essere spostati in reparti di degenza ordinaria93. Dall’analisi della WHO-AIMS92, è emerso come il 33% dei detenuti trascorra meno di un anno, il 38% dei pazienti tra 1-4 anni, il 25% dei pazienti 5-10 anni e il 4% dei pazienti trascorra, all’interno di questa struttura, più di 10 anni.

Nella città-stato di Singapore47 i detenuti con bisogni di cura psichiatrica sono trattati da psichiatri incaricati dalla prigione di Changi. Il trattamento viene erogato su base ambulatoriale da servizi psichiatrici carcerari all’interno del penitenziario o su base ospedaliera dal Complex Medical Center (CMC).

La Psychiatric Housing Unit (PHU) è un progetto collaborativo con il servizio delle prigioni di Singapore ed è costituito da una struttura centralizzata specializzata nella detenzione, trattamento e riabilitazione degli autori di reato affetti da malattia mentale, con caratteri di ospedale psichiatrico giudiziario. La PHU offre un programma di riabilitazione psichiatrica strutturato, gestito da 10 membri dello staff tra infermieri, terapisti occupazionali e psichiatri. Il programma, istituto nel 2012, dura circa 1 anno e mira a preparare la popolazione criminale con vizio di mente al reinserimento nella loro unità detentiva originale per scontare la pena o per il rilascio nella comunità.

Fino a poco tempo fa, Singapore disponeva di servizi psichiatrici forensi minimi. L’istituzione di un servizio di comunità psichiatrica forense nel 2011 offre ora un trattamento e un follow-up per i detenuti con malattia mentale dopo il rilascio dal carcere. Chi, tra costoro, deve essere rilasciato viene sottoposto a screening: ai detenuti idonei vengono assegnati case manager e assistenti sociali. È stata inoltre istituita una Clinica Psichiatrica dedicata presso l’Institute of Mental Health di Singapore, per fornire alla popolazione dei detenuti rilasciati nella comunità un accesso rapido ai servizi psichiatrici generali.

In Thailandia94, a causa della particolare necessità di misure di sicurezza, gli ospedali psichiatrici generali, sotto l’amministrazione del Dipartimento di Salute Mentale, forniscono solo un servizio di base per i pazienti condannati che presentino acuzie psichiatrica, ma non ospitano detenuti con vizio di mente in qualità di OPG. Il Mental Health Forensic Institute (MFI, Kalaya Rajanakarin Institute), con 125 posti letto (0,2 per 100.000 abitanti), è l’unico ospedale psichiatrico con un’unità ospedaliera forense per gli autori di reato affetti da malattia mentale. In termini di durata del soggiorno, sempre secondo il rapporto della WHO-AIMS, il 96% dei criminali rimane in queste strutture detentive meno di 1 anno e il 4% dei pazienti trascorre 1-4 anni.

Nel vicino Myanmar95 sono disponibili 120 posti letto per gli autori di reato con disturbi mentali nelle unità ospedaliere forensi e 270 letti nelle strutture residenziali per criminali con problemi di abuso di sostanze (per es., strutture ospedaliere di disintossicazione). Secondo il rapporto WHO-AIMS, nelle unità ospedaliere forensi, il 40% dei detenuti trascorre meno di un anno, il 16% dei pazienti 4 anni, il 28% dei pazienti 5-10 anni e il 16% dei pazienti trascorre più di 10 anni negli ospedali psichiatrici.

I servizi di psichiatria forense degli altri Paesi dell’Indocina sono ancora abbastanza arretrati e sottodimensionati, come avviene per il Vietnam96, oppure nel Laos97: non vi sono unità psichiatriche forensi per autori di reato con malattie mentali in nessun ospedale civile o militare o in nessuna prigione del Paese.

1.6. I Servizi di Psichiatria Forense in Africa

In Africa, continente che contiene un’immensa diversità di lingue, tradizioni religiose, gruppi etnici e sistemi socio-politici, la psichiatria forense è rimasta ampiamente sottosviluppata nel contesto di una pervasiva negligenza nella fornitura di servizi di salute mentale. Oltre alla mancanza di strutture adeguate, la maggior parte dei Paesi africani presenta una carenza di personale qualificato con, in media, uno psichiatra per milione di abitanti98. Nella maggior parte dei Paesi africani vi è, inoltre, uno scarso coordinamento delle diverse parti in causa nella gestione dei servizi forensi di salute mentale, come i dipartimenti di polizia, della giustizia, le carceri e gli ospedali pubblici98,99.

1.6.1. Servizi di Psichiatria Forense in Africa occidentale

Nell’Africa occidentale, la nascita dei servizi psichiatrici forensi può essere fatta risalire alle società coloniali (tra il 1880 e la prima metà del 1900): è importante notare come le prime vestigia di questi servizi potrebbero essere ricercate nell’ordinamento dei servizi manicomiali dell’ex Costa d’Oro (oggi Ghana) da parte del governo britannico (1888), con disposizioni per la detenzione di tutti i pazienti affetti da malattie mentali all’interno di strutture simili alle prigioni di stato, indipendentemente dallo stato della loro fedina penale98,100. Allo stesso modo in Nigeria – con l’emanazione del Lunacy Act del 1916 e la legge federale nel 1948 – si ebbe l’istituzione degli asylums, i primi a Calabar (1903), Yaba (1907) e Lantoro (1944). Sebbene questi istituti inizialmente fornissero solo cure di custodia (in attesa che la legislazione necessaria definisse le loro funzioni), oggigiorno si sono sviluppati in OPG veri e propri, volti alla fornitura di servizi puramente sanitari99.

In generale, in ​​alcuni Paesi dell’Africa occidentale, le carceri di stato forniscono anche servizi psichiatrici forensi rudimentali ma presentano importanti carenze critiche di personale qualificato e di terapie farmacologiche adeguate. In tutta questa regione anche la legislazione sul tema della salute mentale non è stata aggiornata e molti Paesi – come il Ghana (1972), la Nigeria (1958), il Senegal (1975), la Sierra Leone e il Gambia (1924) – sono ancora regolati dalla legislazione emanata decenni fa100. I Centri di formazione in psichiatria forense rimangono un grave limite all’evoluzione della sotto-specialità nell’Africa occidentale. Attualmente non esiste una formazione specialistica formale in psichiatria forense all’interno di quest’area geografica. Nonostante ciò, i Tribunali fanno comunque affidamento sugli specialisti per valutazioni e testimonianze forensi98.

1.6.2. Servizi di Psichiatria Forense in Africa settentrionale

Per molti aspetti la situazione in Nord Africa è simile a quella dell’Africa occidentale. In Marocco e in altri Paesi, la maggior parte delle valutazioni psichiatriche degli autori di reato affetti da disturbi mentali sono condotte da psichiatri generalisti, molti dei quali sono al servizio dei Ministeri della Giustizia98.

Alcuni Paesi del Nord Africa hanno però creato Istituti dedicati alla riabilitazione dei detenuti con malattia mentale: per esempio in Egitto, l’Ospedale Abassia al Cairo e l’Ospedale El-Khanka a Kalyobia. In precedenza, solo l’ospedale Berrechid e il Tit Mellil erano stati selezionati per uno scopo simile in Marocco ma, al momento, tutti i reparti di psichiatria negli ospedali pubblici del Paese possono ammettere detenuti affetti da malattia mentale. Allo stesso modo sono presenti strutture con funzione di ospedale psichiatrico giudiziario in Tunisia (Manouba Hospital) e in Algeria (Frantz Fanon Hospital)101.

Attualmente non vi sono programmi di formazione certificati in psichiatria forense all’interno del Nord Africa. Tuttavia, secondo Hamaoui et al.101, a oggi sono stati istituiti corsi speciali per psichiatri in formazione in psichiatria forense in Egitto e questi dovrebbero presto essere sintetizzati in un programma di formazione certificato.

Legislazioni sulla salute mentale sono in vigore in diversi Paesi della sotto-regione nordafricana. L’Egitto è stato il primo Paese in Africa, in Asia e nella regione del Mediterraneo orientale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-EMRO) ad avere un Atto di Salute Mentale nel 1944, nonostante i precedenti deboli tentativi effettuati in ​​Ghana e Nigeria di emanare una legislazione sulla salute mentale nel 1888 e 1916, rispettivamente100. La legge egiziana del 1944 è stata recentemente modificata nell’aprile 2009, rendendo così l’Egitto il Paese africano con la più aggiornata legislazione sulla salute mentale. Inoltre, nel 1985 il parlamento egiziano ha anche approvato una legge sull’abuso/dipendenza da sostanze che prevede, per gli autori di reati connessi all’uso di sostanze psicoattive illecite, l’ammissione negli ospedali psichiatrici generali e forensi, piuttosto che la loro diversione nel sistema giudiziario penale101.

In Algeria, la legge 85-05 del dicembre 1985, promulgata per la promozione e la protezione della salute, prevede procedure per l’ammissione dei malati di mente autori di reato all’interno dei servizi di psichiatria forense e di salute mentale generale101.

Anche la Tunisia ha adottato una legislazione specifica per la salute mentale nel 1992, che è stata rivisitata nel 2004100.

1.6.3. Servizi di Psichiatria Forense in Africa
sud-orientale

Nell’Africa sud-orientale, molti Paesi – come la Namibia (1973), lo Zimbabwe (1996) e il Kenya (1989) – hanno recentemente adottato una legislazione sulla salute mentale che, probabilmente, richiede un’ulteriore revisione98,100. I cambiamenti politici in Sudafrica negli ultimi 20 anni, con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica del Sudafrica (1996) e il processo di democratizzazione del Paese, hanno portato alla demolizione di una legislazione discriminatoria nei confronti dei malati affetti da disturbi mentali e degli autori di reato risalente al periodo dell’apartheid102.

Gli emendamenti del South African Criminal Procedure Act e la nuova legislazione sulla salute mentale (Mental Health Care Act, 2002) hanno allineato il Paese alle attuali tendenze globali, con il passaggio dalla gestione manicomiale dei pazienti all’assistenza comunitaria, all’integrazione nell’assistenza sanitaria generale e alla protezione dei diritti umani dell’utente malato di mente102,103.

Secondo il database della società sudafricana degli psichiatri (SASOP, 2009), pochissimi di costoro (<5%) sono attivamente coinvolti nei servizi di psichiatria forense (valutazione e trattamento dei criminali), sebbene il Sudafrica abbia a disposizione 7 OPG designati98. In termini di formazione degli operatori della salute mentale in campo forense, il Sudafrican College of Psychiatrists ha recentemente introdotto un esame per il diploma in psichiatria forense e il Consiglio delle professioni sanitarie del Sudafrica ha accettato, mediante proclama nella Gazzetta Ufficiale, che la psichiatria forense venisse riconosciuta formalmente come una sotto-specialità con l’introduzione di programmi post-laurea e pubblicazione di testi per la pratica generale standardizzata98.

1.7. I Servizi di Psichiatria Forense in Oceania

L’Oceania è un continente “giovane”, dal punto di vista politico e legislativo, e i diversi stati che la compongono hanno ereditato le loro legislature in tema di salute mentale e di servizi psichiatrici forensi dalle potenze coloniali che, storicamente, hanno controllato quest’area (Regno Unito, Francia, USA). Nonostante l’influsso europeo preponderante, i Servizi forensi di salute mentale tengono anche in conto il peso innegabile delle questioni culturali e sociali delle popolazioni indigene autoctone (Aborigeni australiani, Maori, Melanesiani, Papuani, Polinesiani, etc.), sia nel corso della pratica clinica, che nell’amministrazione generale delle prestazioni offerte100.

1.7.1 Servizi di Psichiatria Forense in Australia

L’Australia è una repubblica federale in cui la legislazione in tema di salute mentale presenta un corpus legislativo e un ordinamento differente per ciascuno degli 8 stati e territori che la compongono, come anche un codice penale differente che, solo parzialmente, è basato sul Common Law comune ai Paesi del Commonwealth104. Ciò giustifica la profonda eterogeneità dei Servizi di psichiatria forense all’interno della nazione australiana. Sebbene apparentemente gli stati australiani riconoscano lo sforzo del governo federale di stimolare l’uniformità legale nel campo psichiatrico forense, in pratica ogni giurisdizione si comporta a modo suo44.

In termini generali, bisogna sottolineare come i pazienti con diagnosi di disturbo di personalità primario o abuso di sostanze in Australia non rientrino legalmente nel gruppo di persone che beneficiano dei servizi di psichiatria forense. Tuttavia, vi è molta pressione – da parte dei Tribunali o di altre istituzioni – affinché i servizi forensi accettino anche autori di reato con gravi disturbi della personalità, a causa delle loro problematiche legate ad autolesionismo e comportamenti impulsivi44. Inoltre, in tutto lo stato federale, le persone condannate per violenza sessuale in genere non beneficiano di servizi di salute mentale. Il punto di vista predominante è che l’offesa sessuale di per sé non richiede un trattamento psichiatrico, anche se i servizi forensi di salute mentale di alcuni stati forniscono comunque terapia ai detenuti per violenza sessuale. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i programmi di trattamento per questa clientela sono eseguiti da professionisti che non appartengono ai servizi sanitari ma, direttamente, dalla prigione in cui questi criminali sono confinati44.

Nel Nuovo Galles del Sud104 i servizi psichiatrici forensi sono forniti e demandati al Servizio Sanitario di Correzione, che fa parte del Dipartimento sanitario del Nuovo Galles del Sud. Il servizio è dotato di un unico reparto psichiatrico giudiziario di massima sicurezza, presso il Long Bay Prison Hospital, a Sydney, con 90 posti letto per autori affetti da malattia mentale, mentre i restanti 30 letti sono dedicati a criminali con necessità mediche internistiche generali. Le cure ambulatoriali, invece, sono fornite sia al Long Bay che in altre carceri di tutto il Nuovo Galles del Sud. I pazienti possono essere anche trasferiti in Unità di media sicurezza presso il Morisset e il Cumberland Hospital, che ospitano anche pazienti psichiatrici con comportamenti aggressivi che non hanno commesso reati.

Il rilascio nella comunità dei criminali affetti da patologie psichiatriche dipende dalla decisione del Ministro della Salute e i pazienti, in base a un ordine di rilascio condizionale, vengono affidati a un case manager nominato dal servizio di salute mentale della comunità.

Nel Queensland104 i servizi di degenza di psichiatria forense sono forniti dal John Oxley Memorial Hospital di Brisbane, composto da 73 posti letto ad alta sicurezza. Le unità ospedaliere distrettuali di salute mentale forniscono anche assistenza a persone accusate, ma ritenute non imputabili o inadatte al processo per vizio di mente. Il servizio del John Oxley fornisce anche assistenza ambulatoriale ai pazienti in congedo, in transizione dopo la dimissione, e a tutte le prigioni del Queensland sud-orientale. Il servizio di psichiatria forense, in questo stato, è finanziato dal Dipartimento di Giustizia e fornisce anche valutazioni e relazioni di carattere giudiziario ai Tribunali. Inoltre, i servizi di salute mentale distrettuale forniscono alcuni servizi di comunità alle persone con malattie mentali coinvolte nel sistema di giustizia penale.

Nel territorio dell’Australia Meridionale104 i servizi psichiatrici forensi sono una componente del Servizio di Salute Mentale statale e forniscono servizi psichiatrici integrati e completi a tutti gli individui, sotto il controllo amministrativo del Ministero della Giustizia. James Nash House, ad Adelaide, è la base amministrativa e la sede della struttura forense di degenza psichiatrica ad alta intensità dello stato. I servizi di ricovero sono infatti forniti da questo ospedale giudiziario che comprende un’unità di terapia intensiva e di degenza con 8 posti letto, un’unità di riabilitazione da 14 posti letto, un’unità di sicurezza inferiore da 8 posti letto e un’unità da 10 posti letto per le persone detenute ai sensi del Testo Unico della Legge Penale. Tutti i pazienti sono in custodia legale e comprendono detenuti ammessi per valutazioni e rapporti giudiziari per il Tribunale e detenuti che necessitano di valutazioni e trattamenti psichiatrici, oppure ritenuti inadatti o non imputabili per vizio di mente. I pazienti in attesa di ricovero presso questa struttura sono normalmente trattenuti nelle infermerie delle carceri generali o nell’unità di terapia intensiva civile del Glenside Hospital, prima del trasferimento. I servizi forensi di salute mentale dell’Australia Meridionale offrono anche un servizio di consultazione ambulatoriale psichiatrica nelle carceri metropolitane e di campagna, con possibilità di invio di psichiatri forensi direttamente dal centro di controllo ad Adelaide.

Nello stato di Victoria104 il Victorian Institute of Forensic Mental Health (Forensicare) è il maggiore responsabile della fornitura di servizi psichiatrici forensi ed è organizzato in 4 settori (ospedale psichiatrico giudiziario, servizi di comunità, carceri generali e tribunale). Il Thomas Embling Hospital di Melbourne offre servizi di valutazione, trattamento e riabilitazione ai detenuti con malattie mentali che richiedono un trattamento ospedaliero, individui ritenuti non colpevoli o non imputabili a causa di vizio di mente e ad alcuni pazienti pericolosi segnalati dai servizi di salute mentale di area. Le unità ad alta sicurezza comprendono reparti di cure acute in unità separate per maschi e femmine e reparti di cure a lunga degenza per il trattamento e il contenimento degli autori di reato con patologie psichiatriche croniche. Le unità di riabilitazione a media sicurezza, situate all’interno del perimetro della struttura, sono destinate ai detenuti che hanno risposto adeguatamente alle cure fornite e che possono essere presi in considerazione per il rientro in prigione. Le unità di riabilitazione a bassa sicurezza sono situate al di fuori del perimetro dell’ospedale giudiziario e si rivolgono a un gruppo di pazienti in pre-dimissione carceraria, cioè negli ultimi 6 mesi della loro pena: queste unità sono state create con lo scopo di agevolare lo sviluppo dei loro supporti sociali, coinvolgendo i servizi sociali statali nell’implementazione di un monitoraggio post-dimissione. La sistemazione in queste unità riabilitative extra-ospedaliere è di standard domestico in un ambiente a bassa sicurezza. Un altro gruppo di soggetti ospitati nelle unità di riabilitazione a bassa sicurezza è costituito da pazienti per i quali si ritiene opportuno avere un’esposizione progressiva alla comunità, con follow-up forense a lungo termine dopo la dimissione.

La Community Forensic Mental Health Clinic di Melbourne fornisce invece servizi di valutazione multidisciplinare agli autori di reato e ai potenziali tali con gravi malattie mentali o disturbi comportamentali, nonché agli autori di reati sessuali inviati dai Tribunali per i rapporti preliminari prima dell’emissione della sentenza giudiziaria. Fornisce, inoltre, servizi di consulenza secondaria ai servizi di salute mentale della comunità. Forensicare offre inoltre screening di salute mentale e generale, cliniche per militari, un’unità di degenza di 15 posti letto per detenuti di sesso maschile valutati come malati di mente e/o a rischio sociale, e servizi ambulatoriali al Melbourne Assessment Prison.

Nell’Australia Occidentale104, i servizi di psichiatria forense nelle carceri generali sono di competenza del Ministero della Giustizia, mentre i servizi di degenza per gli autori di reato affetti da malattia mentale sono forniti dal Dipartimento della Salute. Il servizio ospedaliero forense di salute mentale fornisce cure ai detenuti con disturbo mentale dopo trasferimento da istituti generali di custodia. Fornisce inoltre assistenza a lungo termine per chi è stato giudicato inadatto o non imputabile per vizio di mente. Un’unità di media sicurezza formata da 30 posti letto offre servizi di degenza presso il Graylands Hospital di Perth.

Il Ministero della Giustizia fornisce, attraverso un direttorio, i servizi sanitari nella prigione di Causarina, inviando personale in consulenza dallo staff dell’ospedale di Graylands. Uno psichiatra pubblico, impiegato congiuntamente dal Ministero della Giustizia e della Sanità, gestisce servizi ambulatoriali nelle 4 carceri metropolitane della città di Perth, mentre specialisti privati ​​forniscono servizi ambulatoriali alle carceri regionali. Un team multidisciplinare di psicologi, assistenti sociali, infermieri psichiatrici e terapisti occupazionali fornisce invece servizi in tutte le prigioni metropolitane e regionali. Gli infermieri del Graylands Hospital seguono i pazienti dimessi dal Frankland Center di Graylands, i detenuti in libertà condizionata e alcuni pazienti rilasciati in custodia affetti, secondo termini di legge, da un ‘‘chiaro disturbo psichiatrico e necessitanti di monitoraggio e trattamento a lungo termine’’. Gli infermieri e gli psichiatri di collegamento giudiziario del Graylands Hospital forniscono consulenza diagnostico-terapeutica e rapporti ai Tribunali di Perth e Fremantle.

Nel Territorio della Capitale australiana (Canberra)104, il Correction Health Board, composto dal commissario responsabile della discriminazione e dai rappresentanti dei servizi di salute mentale, da un avvocato comunitario, dal Dipartimento della sanità e dell’assistenza comunitaria, dai Servizi correttivi e dal Servizio Sanitario aborigeno, supervisiona l’erogazione dei servizi psichiatrico-forensi. I servizi di ricovero sono costituiti da 9 posti letto ad alta sicurezza, che corrispondono a una parte dei 32 posti letto dell’Unità operativa di salute mentale dell’Ospedale Generale di Canberra. Un’infermiera specializzata e uno psicologo forniscono servizi periodici al centro di custodia e al centro di detenzione generale di Canberra, entrambi gestiti dal Dipartimento di Giustizia. Tutti i criminali, affetti o meno da malattia mentale e che ricevono una pena detentiva a tempo pieno, scontano la pena in una prigione del Nuovo Galles del Sud, dal momento che il Territorio della Capitale non presenta prigioni di stato proprie.

L’ospedale di Canberra è fornito anche di uno psicologo e di un assistente sociale part-time dedicati ai servizi forensi di salute mentale e il servizio effettua valutazioni su persone in custodia cautelare, fornisce rapporti giudiziari e organizza i ricoveri generali dei detenuti all’ospedale di Canberra. Inoltre, il Ministero di Giustizia impiega uno psicologo part-time per i servizi di correzione e riabilitazione della comunità minorile criminale (a tipo riformatori).

Nel Territorio del Nord104, una struttura di degenza ad alta sicurezza è situata a Darwin per accogliere i detenuti affetti da malattie mentali e i pazienti di difficile gestione nelle strutture sanitarie generali. Il trattamento ospedaliero è limitato alle sole cure acute. Le persone ritenute dal Tribunale come inadatte o non imputabili per vizio di mente sono gestite principalmente all’interno del sistema carcerario generale, grazie a servizi ambulatoriali. I servizi forensi di salute mentale forniscono anche assistenza agli autori di reato sottoposti a libertà condizionata e vigilata e ai soggetti con condanne sospese o dimessi dalle carceri per buona condotta. I servizi di consulenza per le carceri generali o i Tribunali sono invece forniti dai servizi sanitari generali. I servizi di degenza generale internistica sono forniti ai prigionieri nelle prigioni di Alice Springs e Darwin e nel centro di detenzione minorile di Don Dale a Berrimah. Non esistono unità specializzate per l’assistenza psichiatrica in nessuna delle tre strutture di custodia generale, che devono fare riferimento all’Ospedale Psichiatrico giudiziario di Darwin per consulenze specifiche. Il servizio forense di salute mentale statale fornisce anche un servizio di collegamento giudiziario e relazioni ai Tribunali e alle commissioni per la libertà vigilata.

In Tasmania104, i servizi psichiatrici rivolti a pazienti coinvolti nel sistema giudiziario sono storicamente rudimentali. I servizi di ricovero sono stati parzialmente forniti, in passato, da una struttura manicomiale rurale – il Royal Derwent Hospital – fino al 1988 quando i servizi di psichiatria forense sono stati trasferiti nella prigione di Risdon. Da quel momento, il servizio forense in Tasmania è stato essenzialmente basato su un ospedale psichiatrico giudiziario ad alta sicurezza, con uno staff di 5 operatori sanitari tra psichiatri e psicologi. Da quella base carceraria, sono stati poi implementati servizi ambulatoriali di psichiatria forense ai detenuti nelle istituzioni correzionali generali e selezionati altri servizi nella comunità. Gli individui ritenuti dal Tribunale inadatti o non imputabili per vizio di mente vengono invece trattenuti in un’area denominata “Special Institution”, situata all’interno del carcere di Risdon, e riservata ai detenuti in condizioni psichiatriche e mediche particolari o che necessitano di una speciale protezione. I servizi psichiatrici di comunità in tutto lo stato sono forniti dalla clinica regionale di Hobart, nel sud dello stato, attraverso consulenze dirette e il ricorso a videoconferenze (tele-psichiatria forense) tenute da un team multidisciplinare specializzato. Il trattamento degli autori di reati sessuali avviene in ambito comunitario ed è stato sviluppato un programma completo per il trattamento di questi soggetti e un servizio di collegamento giudiziario con il Tribunale di Hobart.

1.7.2. Servizi di Psichiatria Forense in Nuova Zelanda

Per quanto riguarda la Nuova Zelanda105, è importante sottolineare come i servizi forensi di salute mentale e la psichiatria forense come sotto-specialità si siano sviluppati solo negli ultimi 30 anni. Prima del 1987, infatti, non vi erano servizi psichiatrici forensi designati in Nuova Zelanda né una sotto-specialità riconosciuta ed era presente un unico OPG di “massima sicurezza” per servire l’intera nazione, il Lake Alice Hospital nell’Isola del Nord. Questa Unità (National Security Unit) fu commissionata nel 1965 e costruita originariamente per ospitare i 54 pazienti psichiatrici più violenti a livello nazionale. Nel 1988, a seguito di un forte aumento dei tassi di suicidio nelle prigioni di massima sicurezza, il governo neozelandese ha voluto istituire una commissione d’inchiesta per la valutazione della sicurezza dei servizi psichiatrici forensi e per la valutazione della salute mentale di tutti i detenuti. Il rapporto prodotto (Rapporto Mason) ha fornito il modello per lo sviluppo dei servizi psichiatrici forensi in Nuova Zelanda, anche grazie alla particolare attenzione dedicata alle condizioni e alle strutture per i criminali Maori affetti da malattia mentale in un’ottica di inclusione delle minoranze etniche106. Il Rapporto Mason ha portato all’istituzione di una rete di servizi psichiatrici forensi regionali, con unità operative dislocate nelle maggiori città (Auckland, Hamilton, Wanganui e Wellington nell’isola del Nord, Christchurch e Dunedin nell’isola del Sud). Le unità operative di salute mentale forense in Nuova Zelanda sono oggi composte da un’unità psichiatrica di sicurezza intermedia e una di minima sicurezza per gli autori di reato con malattie mentali, un servizio di psichiatria di liaison nelle carceri generali, un servizio di liaison per le Corti Giudiziarie (adibito alle perizie giudiziarie), un servizio di psichiatria forense della comunità e un servizio di liaison con i servizi psichiatrici generali. Queste strutture regionali avevano la possibilità di interfacciarsi e fare riferimento all’unico ospedale psichiatrico di massima sicurezza nazionale, cioè la National Security Unit presso il Lake Alice Hospital. Quest’istituto è stato però chiuso nel 1999, a causa del clima di de-istituzionalizzazione rispetto ai servizi psichiatrici e al minor ricorso a questo tipo di struttura detentiva di elevata sicurezza, preferendo invece detenere gli autori di reato affetti da patologie mentali nei servizi regionali di media sicurezza105.

Le carceri regionali di tutta la Nuova Zelanda sono ora gestite da cliniche ambulatoriali tradizionali con personale psichiatrico forense dedicato. Invece, la maggior parte dei detenuti nelle carceri generali, non affetti da malattia mentale precedente al reato e che richiedono un trattamento psichiatrico durante il periodo di detenzione, vengono curati all’interno delle prigioni di stato: quelli che risultano più seriamente compromessi (in particolare quelli che, alla valutazione, risultano psicotici) possono essere spostati e ricoverati nelle unità di psichiatria forense regionali, in maniera volontaria o con TSO, secondo il Mental Health Compulsory Assessment and Treatment Act del 1992105. In tutte le regioni della Nuova Zelanda, i servizi psichiatrici forensi fanno parte del Servizio generale di salute mentale, con cui sono pienamente integrati e quindi dipendono, in ultima analisi, non dal Ministero della Giustizia, ma da quello della Sanità neozelandese.

PARTE SECONDA

2. Dai manicomi criminali agli OPG, fino alle REMS: evoluzione storico-legislativa in Italia

In Italia, fino al 1904 (emanazione della Legge Giolitti – L. 36 del 14 febbraio del 1904 – “Disposizioni intorno agli alienati e ai manicomi”) non esistevano istituti a gestione pubblica per pazienti psichiatrici, men che meno per gli autori di reato affetti da disturbo mentale. Costoro ricevevano trattamento solo nell’ambito del settore privato e, fino al XX secolo – non essendovi disposizioni pubbliche e controlli da parte delle autorità sanitarie – gli ordini monastici ed ecclesiastici della penisola garantivano luoghi di “affido” e collocazione per chi era affetto da queste malattie: tali contenitori (denominati, di volta in volta, “manicomi” o “frenocomi”) agivano con piena libertà sulle decisioni di internamento e sulle “cure” più appropriate107.

 Una vera e propria strutturazione di Servizi assimilabili a quelli di psichiatria forense ha preso spunto – anche in Italia – dalla creazione dei primi “manicomi criminali” del Regno Unito (Broadmoar, 1863), riconosciuti come una pietra miliare per la nascita della sotto-specialità forense e l’organizzazione legislativa degli istituti di cura per criminali con malattia mentale in tutta Europa e nel resto del mondo. Non si può trascurare, però, le peculiarità tipiche della situazione italiana nella sua dimensione temporale: la storia degli OPG, infatti, è sempre stata fortemente intrecciata ai mutamenti attuatisi nell’ordinamento giuridico e alle ideologie riformatrici emerse all’interno della psichiatria per quanto riguarda l’evoluzione del concetto di malattia mentale e i conseguenti obiettivi di cura e/o di custodia.

2.1. Lo sviluppo della psichiatria forense italiana nel XIX secolo

2.1.1 Il dibattito scientifico e giuridico sulla necessità dei manicomi criminali nel Regno d’Italia

Il 1800 è stato caratterizzato da un fervente dibattito in ambito scientifico e giuridico rispetto al trattamento e/o alla detenzione dei “trasgressori” affetti da patologia mentale: la legislazione e l’organizzazione dei Servizi di psichiatra forense del neonato Stato Italiano devono appunto le loro origini alle controversie ideologiche e culturali che si sono delineate nel corso del secolo. Durante il XIX secolo, infatti, era emerso in ambito psichiatrico un nuovo orientamento organicista ed evoluzionista, secondo il quale la patologia mentale assumeva i caratteri di un disturbo organico del cervello, evidenziabile in base a studi craniometrici e somatici. L’elaborazione – da parte di Cesare Lombroso108,109, fondatore dell’antropologia criminale – della “Teoria del Delinquente Nato” aveva posto le basi per una concezione del delinquente folle, nella duplice sfaccettatura di malato da curare e di individuo pericoloso per l’equilibrio sociale, con la necessità di istituire apposite strutture di cura e custodia. Lombroso sosteneva – ne L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria110 – che tanto i comportamenti dei malati di mente, quanto quelli dei criminali, fossero contraddistinti da un “comune atavismo della psiche” risalente a epoche precedenti, cioè da una serie di caratteri anatomici e morfologici dei soggetti considerati come la prova di una regressione generazionale. L’individuazione di tali soggetti attraverso lo studio di queste caratteristiche comportava, secondo lo studioso italiano, il loro necessario allontanamento dalla società mediante internamento, dal momento che queste regressioni erano considerate non passibili di alcuna cura o riabilitazione. Lombroso arrivava ad affermare che, per questo tipo di individui, il carcere non era la soluzione più appropriata, ma anzi una vera e propria ingiustizia sostenendo che solo un manicomio criminale sarebbe stata una struttura idonea ad accoglierli. Si prospettava, pertanto, la fondazione di Servizi dedicati e separati dalle carceri, con una capienza ipotizzata di almeno 300 posti letto, in grado di accogliere un’ampia popolazione che comprendesse trasgressori con malattia mentale a elevata pericolosità sociale per i crimini più disparati («tendenze pericolose, incendiarie, omicide ed oscene»), malati di mente con «tendenze omicide, incendiarie, pederastiche» sottoposti a inquisizione giudiziaria, imputati per «crimini strani, atroci, senza un movente chiaro, o con un movente sproporzionato al delitto» e soggetti affetti da infermità di mente abituale, anche di origine organica («pellagra, alcoolismo, isterismo, malattie puerperali, epilessia»).

Lombroso riteneva che i manicomi criminali dovessero adottare una disciplina e una vigilanza superiore a quella degli ospedali psichiatrici generali e analoga a quella delle case penali, ma precisava anche che il lavoro carcerario doveva essere stabilito secondo le possibilità fisiche e mentali del reo e svolto, preferibilmente, all’aria aperta e alternato da ampi momenti di riposo e svago. Queste strutture dovevano essere gestite da medici con personale di tipo carcerario. Per i criminali internati vi era la possibilità di dimissione dopo 1 o 2 anni solo a patto di un monitoraggio post-dimissione mediante visite mediche mensili, a meno che non fossero autori di reati reiterati e a elevata pericolosità sociale, per i quali Lombroso prospettava l’internamento a vita. Infine, auspicava che venissero stabiliti – su base meramente amministrativa – specifici reparti per i «condannati impazziti nelle case di pena» e, solo nei manicomi dei grossi centri, luoghi deputati alle «forme intermedie di pazzie criminali», in cui la dimissione doveva aver luogo solo con accurate cautele110.

Tra i molti studiosi che seguirono l’insegnamento lombrosiano va ricordato Augusto Tamburini, uno dei personaggi chiave della psichiatria italiana del XX secolo e fondatore della “Rivista Italiana di Freniatria”. Costui riteneva che si sarebbero dovuti internare «tutti gli individui nei quali o è assai arduo stabilire se furono mossi a delinquere da impulsi morbosi o da perversità d’animo, oppure dal carattere tale da doverli collocare tra le forme intermedie tra delitto e pazzia»111. Come Lombroso, anche Tamburini insisteva sulla necessità di strutture differenziate rispetto a quelle previste per i delinquenti comuni, i quali avrebbero potuto subire effetti negativi dalla convivenza con i “pazzi”, capaci di esercitare una dannosa influenza per l’indole stessa della loro malattia, che li spingeva a comportamenti turbolenti, violenti e osceni. La creazione dei manicomi criminali avrebbe conciliato, allora, le esigenze di custodia e di protezione della società con quelle di cura del soggetto.

Alcuni anni più tardi anche il criminologo Enrico Ferri – fondatore della Scuola Positiva italiana e allievo di Lombroso – riprendeva le tesi dei suoi predecessori sostenendo che la follia e il delitto non dipendessero dalla volontà del criminale malato di mente che, considerato l’alto rischio di reiterazione del reato, doveva essere rinchiuso a tempo indeterminato. Non era sufficiente un semplice e temporaneo allontanamento del “reo folle” dalla società, bensì erano necessari una riabilitazione dei criminali con malattia mentale e una bonifica sociale attraverso interventi preventivi per difendere la comunità dalla pericolosità sociale dei pazienti psichiatrici112.

Parallelamente all’evoluzione del pensiero scientifico e clinico sul tema, in ambito giuridico si sviluppava una diatriba tra le due principali Scuole del diritto penale dell’epoca: la Scuola Classica e la Scuola Positiva. La prima, di stampo illuminista, propugnava una visione della pena con valore riparatorio e proporzionale alla gravità del reato commesso: concentrava infatti i suoi studi sulla volontà colpevole del soggetto, sulla responsabilità morale e concepiva il reato come una violazione assolutamente cosciente e volontaria della norma statuita, indipendentemente dallo stato di salute del reo. La Scuola Positiva, al contrario, attribuiva alla pena una durata indeterminata, correlata alla condizione di pericolosità dell’individuo, ma spostava l’accento dal reato ai problemi di personalità del criminale.

Il dibattito sull’opportunità di istituire manicomi criminali in Italia prese allora il via nella seconda metà del XIX secolo, quando si pose il problema se i soggetti colpevoli di un delitto, ma assolti perché “alienati di mente” al momento del reato o “impazziti” in un momento successivo, fossero da internare con gli altri folli, incarcerare con gli altri detenuti o esigessero invece istituti differenziati. La disputa riguardava, in particolare, campi di competenza spesso sovrapponibili all’interno dei quali si muovevano, da un lato, gli psichiatri – che si consideravano gli unici portatori delle conoscenze necessarie per stabilire se un soggetto fosse affetto da patologia mentale o meno – e, dall’altro, i magistrati, che si attribuivano le stesse competenze per stabilire il tipo di pena da infliggere.

2.1.2. La nascita delle prime “Sezioni per maniaci”

Nonostante il protrarsi del dibattito sia fra gli studiosi che in sede parlamentare, nel 1876 sorse la prima “Sezione per maniaci” presso la Casa Penale per Invalidi di Aversa. In quello che un tempo era un convento dedicato a San Francesco sorse quindi il primo Manicomio Criminale italiano, quando l’allora direttore delle carceri – Martino Beltrani Scalia – vi inviò i primi 19 “rei-folli”. Proprio per sopperire al ritardo in materia di istituzione di manicomi per delinquenti folli, la Sezione venne creata con un semplice atto amministrativo autonomo della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena, senza darne avviso alla neonata amministrazione statale centrale. Naturalmente tutto ciò destò non poche perplessità fra i giuristi e i politici del tempo, ma la necessità di creare istituti ad hoc per malati di mente autori di reato era impellente, dato che costoro sembravano causare scompiglio sia tra i pazienti dei manicomi generali che tra i detenuti nelle carceri generali, come riportato anche dallo psichiatra Filippo Saporito che, nel 1907, diventò Direttore del Manicomio Giudiziario di Aversa113.

La legislazione sul tema era però ancora carente e, nonostante svariati progetti di legge fossero stati presentati al Parlamento del Regno di Italia (Nicotera nel 1877, Depretis nel 1881 e 1884), nessuno di questi aveva avuto seguito. Il fatto che la “Sezione per maniaci” di Aversa si trovasse all’interno di un istituto di pena e non di un manicomio civile aveva solamente acuito le polemiche all’interno della classe medica e politica italiana, dal momento che tale Sezione appariva come una struttura lontana dall’idea lombrosiana di “manicomio giudiziario”, poiché destinata ad accogliere i soli rei folli, già condannati e riconosciuti delinquenti dall’autorità giudiziaria. La struttura di Aversa, per le sue caratteristiche, si avvicinava maggiormente a quelli che Lombroso chiamava “Comparti per Condannati Impazziti”114, posti all’interno delle carceri generali e volti al trattamento dei criminali con conseguenze psichiche legate alla detenzione stessa.

Nonostante ciò – e dopo solo 1 anno – fu istituito il secondo Manicomio Criminale italiano a Montelupo Fiorentino, nella villa che il Granduca di Toscana Leopoldo II d’Asburgo era stato costretto ad abbandonare nel 1848 a seguito dei moti rivoluzionari. Essa divenne dapprima “Spedale dei dementi acuti”, successivamente si trasformò in “Stabilimento correzionale femminile” con scopo di casa di cura per donne e ricovero per minorenni e infine, nel 1886, prese il nome di “Manicomio Criminale”, poi mutato in “Ospedale Psichiatrico Giudiziario” (riforma del 1975).

2.1.3. L’evoluzione legislativa del XIX secolo:
da Zanardelli al Regolamento Generale di Nicotera

Neppure con il Progetto Zanardelli del 1887 – poi approvato nel 1889 con il primo Codice Penale del Regno d’Italia – si giunse a una regolamentazione definita dei manicomi criminali; il Progetto si limitava a introdurre, all’art. 47, il concetto di non imputabilità per vizio di mente: «Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di deficienza o di morbosa alterazione di mente, da togliergli la coscienza dei propri atti o la possibilità di operare altrimenti. Il giudice può tuttavia ordinare che sia ricoverato in manicomio criminale, o comune, per rimanervi finché l’autorità competente lo giudichi necessario». Accompagnava il Progetto una Relazione in cui lo stesso Ministro Zanardelli affermava l’inevitabile necessità di istituzione dei manicomi criminali, riservando la responsabilità di disposizione del provvedimento di ricovero esclusivamente ai magistrati, ma solo per quei soggetti affetti da patologie mentali particolarmente gravi, bastando altrimenti la cura in un manicomio comune. Tuttavia, l’eccessivo potere che veniva ad assumere il giudice accese polemiche parlamentari tra i sostenitori – per es., Enrico Ferri – della posizione che riteneva la responsabilità dell’assegnazione a un manicomio criminale come facoltà dell’autorità sanitaria112. Nonostante il dibattito, nel 1889 entrò in vigore il Codice Zanardelli, così come voluto dalla maggioranza, ma in esso non si fece alcuna menzione sulle disposizioni intorno ai manicomi criminali, pur essendo stati precedentemente considerati indispensabili dallo stesso Ministro. Inoltre, nonostante le resistenze di Zanardelli, favorevole a riservare il giudizio sul malato psichico esclusivamente alla magistratura penale, prevalse la “soluzione extra-penale”, come risulta dall’art. 46 che riproduce il 47 del Progetto: «Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità di mente da togliersi la coscienza o la libertà dei propri atti. Il giudice nondimeno, ove stimi pericolosa la liberazione dell’imputato prosciolto, ne ordina la consegna all’Autorità competente per i provvedimenti di legge». Dal testo emerge chiaramente, quindi, la necessità di realizzare un passaggio di competenze e di responsabilità dal Giudice penale a un soggetto extra-penale, cioè gli operatori sanitari e le istituzioni psichiatriche che divennero dunque “sentinella dell’ordine della società”115. Nonostante il tentativo di Zanardelli fu proprio il settore sanitario a diventare de facto responsabile della gestione dei criminali affetti da malattia mentale.

Solo nel 1891 venne promulgato il “Regolamento Generale degli Stabilimenti Carcerari e dei Riformatori Governativi”, testo specifico per la gestione dei detenuti del Regno di Italia: la disposizione normativa dedicata agli autori di reato affetti da patologia psichiatrica fu collocata, nel Regolamento (art. 469), a seguito di un’ispezione dei 61 manicomi del Regno (tra cui, come già detto, solo 2 erano manicomi criminali) promossa dall’allora ministro dell’Interno, Giovanni Nicotera, e condotta da Lombroso, Tamburini e Ascenzi. Essa si era conclusa con la denuncia di una serie di gravi problematiche di gestione e di organizzazione delle strutture manicomiali, in cui si evidenziavano il sovraffollamento degli Istituti, la mancanza di una legislazione unitaria e omogenea per tutte le regioni italiane, la grande disparità di trattamento, sorveglianza e di organizzazione fra manicomi, l’assenza di un organo indipendente che potesse denunciare eventuali abusi commessi dagli operatori e, infine, l’irrisorio numero di internati ad Aversa e a Montelupo Fiorentino rispetto al numero totale. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi europei – prima fra tutti l’Inghilterra con il manicomio di Broadmoor – in Italia i manicomi giudiziari non erano ancora diventate realtà solide, come dimostra il fatto che solo uno o due imputati prosciolti vi erano stati reclusi e che, quindi, gli internati erano per la maggior parte rei.

Il 1891 ha rappresentato quindi un anno fondamentale per l’entrata in vigore della prima legislazione specifica e stringente in materia di manicomi giudiziari: il Regolamento Generale aveva finalmente portato a una disciplina completa dove si prevedeva, nello specifico, le categorie di soggetti da inviare in manicomio. Tra questi i condannati a pena superiore a 1 anno e “impazziti” in carcere; quelli a pena inferiore a 1anno, ma colpiti da alienazione mentale transitoria; i soggetti prosciolti per vizio di mente in fase di osservazione e quelli che, dopo lo stadio di osservazione, fossero stati ritenuti da internare definitivamente. Il testo stabiliva anche la durata del ricovero che poteva essere indeterminata o determinata, cioè coincidente con la scadenza della pena per i condannati “impazziti” in carcere116.

Nonostante le disposizioni legislative esistenti, i movimenti contrari all’istituzione dei Manicomi Giudiziari continuarono a interloquire nel dibattito italiano fino alla fine dell’800, anche perché tali Istituti non diventarono mai strutture realmente sanitarie assumendo, per molto tempo, i connotati di luoghi detentivi e cautelari per il trattamento punitivo della follia criminale. I Manicomi Criminali poi erano gestiti da un Direttore Amministrativo, come tutti gli stabilimenti di pena ordinari, e disciplinati mediante un Regolamento che non differiva da quello carcerario. Per tale motivo si può dire che non sia mai stato veramente realizzato il precetto di “non afflittività” del manicomio criminale, cioè di un luogo creato non per la detenzione del criminale con malattia mentale e la limitazione della sua libertà personale, ma di cura e riabilitazione in un luogo separato, dal punto di vista gestionale, rispetto alle carceri generali117. Lombroso stesso – a proposito di Aversa – scriveva: «Vi è in Aversa un manicomio criminale che potrebbe chiamarsi un’immensa latrina»118. Neppure l’allora Primo Ministro Giolitti si era potuto astenere dal constatare come il manicomio criminale non fosse altro che una diversa forma di istituto detentivo e che, come tale, non si sarebbe dovuto applicare ai “condannati pazzi” e, tanto meno, ai prosciolti per infermità di mente, ma solo ai sani. Come ricorda Ugo Fornari – nel Trattato di Psichiatria Forense – in definitiva «il manicomio criminale risultò essere qualcosa di molto diverso da ciò per il quale era stato ideato»119.

2.2. I cambiamenti legislativi della psichiatria forense italiana nel XX secolo

2.2.1. La prima legge sui manicomi in Italia:
la Legge Giolitti

La Legge n. 36 del 14 febbraio 1904 (“Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”) fu il risultato di 5 anni di travagliate discussioni e di 6 disegni di legge abbandonati, dal momento che il Legislatore italiano dovette affrontare – all’inizio del XX secolo – il complesso problema sociale delle fasce di povertà e di “mentecatti poveri” che non trovavano collocamento né all’interno degli spazi produttivi né in altri contesti sociali. Nonostante il dibattito, i vari schieramenti politici concordavano sulla necessità dell’internamento per tutte le masse di indigenti, malati o criminali, attraverso una soluzione di compromesso (probabilmente dettata anche da necessità di ordine pubblico). Secondo la Legge Giolitti potevano essere ricoverati i soggetti “pericolosi a sé o agli altri” e coloro che creavano “pubblico scandalo”: basandosi sui principi positivisti di difesa sociale e di prevenzione attiva attraverso la segregazione dei possibili devianti120, il provvedimento legislativo dava centralità più alla “custodia” degli alienati che alla loro “cura”. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, della L. 36/1904, i destinatari della cura e della custodia nei Manicomi erano «le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi».

Gli elementi di novità della legge consistevano nell’affidare il trattamento dei criminali affetti da malattia mentale a strutture pubbliche sotto la responsabilità dello Stato e nell’attribuire una grande rilevanza alla nuova categoria professionale degli psichiatri che videro pertanto crescere la propria autorità in materia come gestori della malattia mentale per conto della Società. Nonostante ciò, la legge Giolitti mantenne una certa visione custodialistica dell’infermo di mente, posto sotto la responsabilità della Magistratura più che delle Istituzioni sanitarie stesse, con lo scopo principale di difesa della società in un sistema più progredito di servizi assistenziali121. Si comprende, quindi, perché l’internamento assomigliava sempre più a una vera e propria misura di prevenzione, come venne poi ribadito successivamente dal Codice Penale Rocco. Bisogna però sottolineare come queste disposizioni fossero dettate dal fatto che, nella dottrina normativa dell’epoca, si concepiva la malattia mentale come una colpa intrinseca dell’individuo che andava dunque isolato e custodito, più che curato122.

2.2.2. Il periodo fascista e il “Codice Penale Rocco” del 1930

Durante il periodo fascista, la necessità politica di un rafforzamento del controllo sociale determinò un aumento della popolazione internata (anche in maniera impropria, come avvenne per i prigionieri politici) e, di conseguenza, un aumento del numero dei Manicomi Giudiziari. Nel giro di pochi anni (1923-1925), accanto ad Aversa, Montelupo Fiorentino e Reggio Emilia sorsero altri 2 Manicomi Giudiziari: Sant’Eframo, in un antico convento nel pieno centro di Napoli, e Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Con la nascita, nel 1939, della sezione maschile dell’OPG di Castiglione delle Stiviere, cui si aggiunse nel 1950 quella femminile, si completò la creazione dei 6 OPG storicamente presenti sul territorio italiano121.

Nel 1925, il Ministro della Giustizia Rocco presenta un disegno di legge per sollecitare la delegazione al governo a modificare il Codice Penale Zanardelli facendo fronte all’aumento della criminalità osservato negli anni del primo dopoguerra con opportuni mezzi repressivi, penali e preventivi123. L’idea di fondo del nuovo Codice consisteva, da un lato, in una maggiore severità contro la delinquenza in nome della difesa dello Stato e degli interessi collettivi e, dall’altro, nell’introduzione di nuovi istituti moderni e adeguati alla prevenzione del delitto, come le misure di sicurezza. Queste ultime erano volte a porre soggetti, altrimenti non coercibili, in condizione di non nuocere, a sé e agli altri, mediante mezzi di controllo e repressione.

Le misure di sicurezza erano distinte in misure patrimoniali e personali (a loro volta suddividibili in detentive e non) e si applicavano, in via di principio, alle persone che avessero commesso un reato, anche se in realtà lo stesso art. 202 specificava che tali provvedimenti potevano interessare anche soggetti che non avessero commesso alcun tipo di illecito, ma fossero comunque stati riconosciuti come “socialmente pericolosi” in base all’art.133. Il concetto di “pericolosità sociale” per i soggetti prosciolti per vizio di mente era presunto direttamente dalla legge e si applicava loro, sempre e in ogni caso, attraverso la misura di sicurezza: rispettivamente, quella del ricovero in Manicomio Giudiziario per i non imputabili per vizio totale di mente (art. 222 c.p) o in casa di cura e custodia per i semi-imputabili per vizio parziale di mente (art. 219 c.p.) In questo modo si voleva evitare che un soggetto prosciolto per malattia mentale potesse rimanere in qualche modo esente da qualsivoglia tipo di reazione dell’ordinamento penale.

L’unica eccezione contemplata era l’eventuale caso in cui fossero trascorsi – tra l’esecuzione del reato e la sentenza, oppure tra il giudicato e il momento dell’internamento – più di 5 anni per i reati minori e 10 per quelli più gravi. A tale proposito la normativa stabiliva che il giudice potesse esimere il reo affetto da vizio di mente, sempre che fosse ritenuto non più socialmente pericoloso, dal sottostare alla misura di sicurezza. Per i soggetti di età compresa fra i 14 e 18 anni invece, la capacità di intendere e di volere doveva essere dimostrata caso per caso, vista la variabilità del grado di sviluppo del soggetto in riferimento all’ambiente e all’educazione ricevuta117,123.

Per i soggetti che avessero raggiunto la maggiore età, il Codice Rocco presumeva l’esistenza della piena imputabilità: l’assenza di questa poteva derivare solo da cause tassative, predeterminate per legge, e – in ogni caso – dimostrata e motivata. Tra le cause di non imputabilità rientravano:

• la piena ubriachezza derivante da caso fortuito o da forza maggiore (art. 91 c.p.);

• l’azione di sostanze stupefacenti derivante da caso fortuito o da forza maggiore (art. 93 c.p.);

• l’infermità o la malattia psichica (art. 88 c.p.);

• la cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti (art. 95 c.p.);

• il sordomutismo (art. 96 c.p.).

Per quanto concerneva la durata della misura di sicurezza, essa viene definita nel minimo (proporzionale alla pena edittale massima prevista per il reato commesso), ma non nel massimo, lasciando in pratica indefinito e prorogabile ad libitum il termine ultimo per lo scioglimento dell’internamento. Ciò, ovviamente, era sintomo della visione totalitaria della mentalità e della situazione politica dell’epoca, secondo cui chiunque minasse l’ordine e la sicurezza dello Stato si qualificava come un problema collettivo da risolvere con la detenzione, senza alcuno scopo di cura e riabilitazione nemmeno per i criminali affetti da patologie psichiatriche.

2.2.3. I primi passi verso la riforma sanitaria
e la Legge Mariotti

Dopo l’entrata in vigore della Costituzione italiana (1948), i principali obiettivi del riformismo anni ’60 furono l’abolizione della giurisdizione manicomiale fascista e il rifiuto di una legislazione psichiatrica “speciale”, vista come una diversità normativa e un ulteriore motivo di stigma nei confronti dei malati di mente. In questo processo di transizione legislativa ebbe un influsso determinante la riforma globale della sanità italiana, con il superamento della logica corporativa del mutualismo a favore della creazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) mediante la definizione di un sistema “universale e unitario” di Servizi basato sull’eguaglianza di tutti i cittadini nell’accesso alle cure.

Un secondo evento parallelo fu l’improvviso ma costante sviluppo della terapia farmacologica in ambito psichiatrico che attenuava l’entità e la durata delle manifestazioni morbose più gravi, facilitando i processi di gestione extra-manicomiale dei malati di mente. Senza dubbio, anche gli inarrestabili cambiamenti sociali e politici degli anni ’60 contribuivano, nell’immaginario collettivo, al superamento della vecchia concezione di malattia mentale come “pericolo sociale” e aprivano la strada al processo di superamento delle istituzioni manicomiali, coronato nel 1978 con la Legge Basaglia. Tali tendenze culturali e ideologiche certamente contribuirono a favorire l’inclusione, nel testo del disegno di legge del 1977 sull’istituzione del SSN, dell’abrogazione della Legge Giolitti del 1904, a oltre 70 anni dalla sua promulgazione.

La legge 431 del 1968 (“Provvidenze per l’assistenza psichiatrica”), varata dal Ministro Mariotti, non si espose in merito al problema della chiusura dei Manicomi e al loro superamento tramite forme di assistenza psichiatrica alternativa, ma si costituì come un ponte importante verso la successiva Legge 180 del 1978: infatti – come commenta Vecchietti – «la logica del rispetto della personalità, della libertà, e del diritto alla tutela della salute, fu affermata in modo irreversibile e segnò la via alle successive revisioni legislative», proclamando finalmente il tramonto del concetto di ineluttabilità della malattia mentale124. Tale mini-riforma mirava a innovare l’organizzazione interna dei Manicomi, i quali venivano così ad assumere la denominazione ufficiale di “Ospedali Psichiatrici” in assimilazione a quella degli “Ospedali Civili”, e la malattia psichica veniva così considerata questione sanitaria personale e non più di ordine pubblico.

Inoltre, la Legge Mariotti stabiliva l’istituzione dei “Centri di Igiene Mentale”, oggi conosciuti come “Centri di Salute Mentale” (CSM), finalizzati alla terapia ambulatoriale psichiatrica e psicoterapeutica alternativa alla struttura nosocomiale centrale. L’intenzione era quella di creare Centri che svolgessero funzione preventiva e, al contempo, di recupero e reinserimento sociale degli ex-internati, grazie a team professionali multidisciplinari formati da medici psichiatri, esperti in psichiatria infantile, psicologi, assistenti sociali, educatori e infermieri. Si prevedeva poi la possibilità di ricoveri volontari, indipendenti da alcuna segnalazione degli organi di polizia, e la trasformazione dei ricoveri coatti in volontari. Nel caso di ammissione volontaria, in particolare, il paziente poteva in qualsiasi momento richiedere, sotto la propria responsabilità, di essere dimesso, senza alcun provvedimento giudiziario. L’art. 11 della Legge Mariotti abrogava anche la stigmatizzante annotazione dei provvedimenti di ricovero nel casellario giudiziario, così come era previsto dalla legislazione precedente (art. 604 c.p.p): non si associava più il malato di mente al delinquente, con una rottura netta dalla tradizionale concezione lombrosiana. Veniva però introdotto l’obbligo di segnalazione del ricovero all’autorità di pubblica sicurezza, rendendo così meno liberale e innovativa la nuova disciplina legislativa.

2.2.4. La riforma dell’ordinamento penitenziario
del 1975

Agli inizi degli anni ’70 il dibattito sulla natura disumana dei manicomi giudiziari si faceva più acceso a partire da numerosi convegni all’interno dei quali si rafforzavano le opinioni dei principali esperti in materia, i quali avevano messo in luce da tempo gli aspetti più critici delle misure di sicurezza psichiatriche. Ma la vera scossa all’opinione pubblica venne dalla notizia del decesso, per ustioni, di Anna Maria Bernardini all’ospedale di Pozzuoli, a causa dell’autocombustione del materasso sintetico su cui era stata legata per giorni dai curanti e dai custodi del Manicomio. La vicenda diede enfasi al dibattito sulle ingiustizie, i metodi oppressivi e le condizioni impietose cui veniva sottoposto chi era detenuto in queste strutture. L’opinione pubblica e gli organi di stampa, sensibilizzandosi sul tema, accelerarono la spinta al superamento del sistema dei manicomi civili e giudiziari portando all’insediamento – da parte del Parlamento – di una Commissione per la formulazione e la stesura di diverse alternative.

All’inizio – nella primavera del 1974 – venne proposto un trasferimento di parte delle funzioni dei Manicomi giudiziari a quelli civili, ma ciò sembrava inattuabile dato che metteva in discussione la stessa presenza dell’istituzione manicomiale e della sua relativa valenza terapeutica. Successivamente, la sentenza della Corte Costituzionale n. 110 del 23/4/1974 dichiarò illegittimo l’art. 207 del Codice Penale, nella parte in cui riservava al Guardasigilli la revoca anticipata della misura di sicurezza. Si voleva così evitare di trattenere ancora in carcere i soggetti internati nei Manicomi Giudiziari che ormai avevano cessato di essere socialmente pericolosi. Fu infine attribuita al Giudice di Sorveglianza la facoltà di revocare la misura di sicurezza anche prima che fosse decorso il periodo minimo stabilito per legge. Tale decisione rappresentò un enorme passo in avanti verso il superamento di quella che rimaneva ancora, sotto molti aspetti, un’istituzionalizzazione totale. L’insieme di questi eventi giuridici e il parallelo clima socio-culturale influenzarono in maniera determinante la tanto attesa riforma penitenziaria, che venne promulgata nel 1975.

La Legge n. 354/75 (“Ordinamento penitenziario”) – e il successivo regolamento di esecuzione contenuto nel D.P.R. n. 431 – apportarono una serie di modifiche fondamentali:

I. Cambiamento definitivo del nome “Manicomio Giudiziario” in “Ospedale Psichiatrico Giudiziario” (OPG), sottolineando – almeno nella forma – il carattere di cura e riabilitazione di queste strutture;

II. Introduzione delle “misure alternative di detenzione” che consentivano, all’internato in OPG, di usufruire di un regime di semi-libertà che gli dava la possibilità di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Anche se in pratica pochi si avvalevano di questo regime per la lontananza dei luoghi di residenza da quelli di detenzione, non si può negare lo sforzo di tale normativa nel rendersi maggiormente coerente con il principio costituzionale secondo cui la reclusione deve essere utilizzata solo come extrema ratio, grazie alla funzione rieducativa della pena sancita dall’art. 27 della Costituzione;

III. Presenza di almeno uno specialista psichiatra in ogni istituto carcerario, in linea con l’art. 32 della Costituzione (Diritto alla Salute), in modo da fornire possibilità di diagnosi e cura non solo ai soggetti negli OPG, ma anche nelle carceri generali. Questo avrebbe permesso di ridurre in maniera indiretta la popolazione di detenuti che venivano inviati in OPG per l’osservazione psichiatrica e, quindi, di attenuare il sovraffollamento prodottosi negli anni precedenti;

IV. Possibilità di stipula di apposite Convenzioni tra Amministrazione Penitenziaria e Ospedali Psichiatrici civili per il ricovero di soggetti destinati a OPG, previe intese con la Regione competente e secondo gli indirizzi del Ministero della Sanità. Ciò aveva lo scopo di alleggerire il carico di lavoro degli OPG, diminuendone la popolazione, nella speranza di attuare meglio e più efficacemente le cure e le terapie destinate agli internati. Tali convenzioni avrebbero inoltre consentito di avvicinare gli internati alle regioni di residenza.

2.2.5. La “Legge Basaglia” e i suoi effetti sugli OPG

Il 13 maggio 1978 entra in vigore la legge 180 (“Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”), promossa dallo psichiatra Franco Basaglia ed espressione del movimento di deistituzionalizzazione italiano: tale legge fu poi favorita, nell’estensione materiale, dal lavoro dello psichiatra e deputato democristiano Bruno Orsini. La Legge 180/78 è stata definita da molti come l’effetto di un “compromesso politico”, dal momento che la sua approvazione – a larga maggioranza del Parlamento – si effettuò con un calendario di lavori troppo stretto (di soli 24 giorni) e senza la reale volontà, da parte del Legislatore, di porre seriamente mano alla Legge Giolitti del 1904 (Orsini, 2018; c.p.). Lo stesso Basaglia – deceduto solo 2 anni dopo, nell’agosto 1980 – ne rifiutò spesso la paternità e fu il primo a riconoscere le carenze e la transitorietà di questa normativa: nonostante ciò, la riforma del ‘78 sancì, senza dubbio, alcuni punti fondamentali di non ritorno nella cura della malattia mentale.

Per quanto riguarda, in particolare, il destino degli OPG, sebbene nella Legge non vi sia il benché minimo riferimento né agli autori di reato con malattia mentale né agli OPG, il mutamento culturale da essa apportato contribuisce senz’altro a sviluppare il dibattito sulla funzione di queste istituzioni e sul ruolo della psichiatria al loro interno125. La 180 fu dunque una legge fondamentale per il cambiamento del clima ideologico, culturale e psichiatrico dell’epoca perché si concentrò sul malato e sulla garanzia dei suoi diritti costituzionali, tentando di abbandonare la prospettiva dell’esclusione sociale e dell’internamento, sulla quale si era fondata la precedente normativa manicomiale.

Tutto ciò trova evidente conferma nel fatto che il testo della legge non utilizza mai le parole “pericolosità sociale” o “pubblico scandalo” riferite al paziente affetto da disturbo mentale e viene posta in essere, in modo esplicito, la limitazione legislativa del ricorso al ricovero coatto (a eccezione dei casi particolari di TSO). Tali concetti non vennero comunque estesi agli OPG (non nominati formalmente nella L. 180/78) in quanto ancora regolamentati dal Codice Penale, dove permaneva il concetto di presunzione di pericolosità sociale del malato di mente autore di reato e il suo conseguente internamento obbligatorio in una istituzione manicomiale specifica e, al contempo, espressione di misure di sicurezza carcerarie125.

Occorre inoltre ricordare come la Legge 180/78 ebbe comunque effetti negativi per gli OPG perché la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Civili, in favore della creazione dei Reparti di Psichiatria all’interno dei nosocomi generali (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura - SPDC) e delle loro appendici ambulatoriali territoriali (CSM), fece gravare all’esterno un grande numero di soggetti affetti da disturbo mentale, alcuni dei quali entravano poi nel “circuito penale” per reati di lieve entità, come risse e molestie. Si venne a determinare, pertanto, un processo di “criminalizzazione” del malato psichiatrico anche a partire dal compimento di reati di scarso valore penale e un’accentuazione dei già gravi problemi organizzativi e di gestione degli OPG. Nonostante una parte consistente della psichiatria contesti il fatto che l’OPG, dopo la riforma Basaglia, sia venuto ad assumere una “funzione vicariante” rispetto all’Ospedale Psichiatrico Civile, è innegabile che questi istituti si trovassero a dover assumere ruoli precedentemente svolti dai Manicomi civili, ma con una carica di violenza addizionale, per effetto di una gestione essenzialmente carceraria e detentiva e senza fini di cura. Peraltro la proporzionalità inversa tra riduzione dei posti-letto in psichiatria (prima negli Ospedali Psichiatrici e, più tardivamente nelle strutture collocate in Ospedale) e aumento dei soggetti con disturbi mentali in carcere è stata più volte sottolineata negli anni in letteratura a partire da Penrose (1939) sollecitando una riflessione sul fatto che l’istituzione carceraria potesse divenire l’espressione non dichiarata della necessità di un sistema “stabile” di istituzionalizzazione asilare nelle società post-industriali avanzate.

Che la popolazione degli OPG sia aumentata a seguito della legge 180 è comunque confermato da dati statistici: se fino a un anno prima della riforma il numero di internati era in costante diminuzione – passando dai 1542 del 1970 ai 1116 del 1977 – nell’anno di approvazione della legge il numero inizia a risalire con un picco di 1600 internati nel 1982. Quindi, nonostante l’omissione totale degli OPG dalla riforma del 1978, questi andarono incontro a un sovraffollamento probabilmente consequenziale alla Legge, poiché furono rapidamente privati di quella “valvola di sfogo” quale erano gli Ospedali Psichiatrici civili dove venivano inviati i pazienti dimessi dalle strutture forensi una volta ridimensionata la loro pericolosità sociale. Questo “effetto” indiretto non fece altro che mettere ulteriormente in luce le criticità insite negli Istituti che si qualificavano soprattutto come strutture antiquate, disumane e non idonee, favorendo e rafforzando continuamente – nell’opinione pubblica e nella comunità psichiatrica – l’idea di una necessaria ulteriore radicale riforma125.

2.2.6. L’inizio della transizione verso le REMS:
il D.Lgs. 230/1999 e il D.P.C.M. del 1° aprile 2008

Un primo tentativo di correzione legislativa, anche nella direzione di una ulteriore de-istituzionalizzazione e “sanitarizzazione” degli OPG, avviene con il D.Lgs. 230/1999 (“Riordino della medicina penitenziaria”) che trasferisce la competenza delle funzioni sanitarie dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sotto il coordinamento del Ministero della Sanità, spostando la responsabilità di erogazione delle prestazioni sanitarie nelle carceri alle Aziende Sanitarie Locali (ASL, o corrispettivi Enti amministrativi che, nelle diverse Regioni del territorio nazionale, presentano una diversa denominazione). L’elemento più rilevante del Decreto è stata la volontà del Legislatore di sancire chiaramente il diritto di detenuti e internati all’erogazione – da parte del SSN – delle prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione al pari dei cittadini in stato di libertà, giungendo a una equiparazione della tutela dei diritti umani tra cittadini liberi, detenuti e internati a più diverso livello.

La normativa non ha toccato, però, la responsabilità del Ministero di Grazia e Giustizia cui è rimasta la competenza relativa alla sicurezza dei luoghi di detenzione e, per gli OPG, di quella esterna. Questa scelta, in linea con quanto accade oggigiorno nella maggior parte dei Paesi occidentali, è stata più recentemente ribaltata dalla Legge 81/2014 che ha assegnato al personale sanitario anche tale competenza, peccando però di scarsa chiarezza nell’indicare le linee-guida necessarie per assicurarne l’espletamento in modo efficace e sicuro.

Il processo di riordino della Medicina Penitenziaria, il cui inizio è stato sancito con il D.Lgs. 230/99, è progredito con il D.P.R. 230 del 2000 (“Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà”), con cui è stata evidenziata l’esigenza di cura, oltre che di controllo della malattia, per gli autori di reato ricoverati negli istituti forensi. Attraverso questa normativa è stata assegnata al personale sanitario la direzione degli OPG, delle Case di Cura e Custodia (CCC), degli Istituti o Sezioni speciali per soggetti affetti da infermità, minorazioni psichiche o fisiche, mentre al personale infermieristico spetta specificamente il ruolo di cura e riabilitazione degli internati. Inoltre, l’art. 113 del D.P.R. 230/2000 ha stabilito che «l’amministrazione penitenziaria, al fine di agevolare la cura delle infermità ed il reinserimento sociale dei soggetti internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, organizza le strutture di accoglienza, tenendo conto delle più avanzate acquisizioni terapeutiche anche attraverso protocolli di trattamento psichiatrico convenuti con altri servizi territoriali pubblici».

Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° aprile 2008 (art. 5), le funzioni sanitarie concernenti gli OPG sono state trasferite dal Ministero della Giustizia alle ASL/AUSL (o altri Enti similari) e alle Regioni. Nell’allegato C (“Linee di indirizzo per gli interventi negli OPG e CCC”) sono state previste 3 fasi per il superamento di tali strutture, in un’ottica di progressiva de-istituzionalizzazione per gli autori di reato malati di mente:

• Prima fase: assunzione, da parte delle Regioni, della gestione sanitaria degli OPG situati nel loro territorio. Contestualmente, i DSM acquisiscono il compito di redigere un programma per la gestione della dimissione degli internati che abbiano terminato la misura di sicurezza, definendo percorsi adeguati al fine del reinserimento sociale; successivamente, si provvede all’attivazione, nelle carceri, di sezioni di cura e riabilitazione in cui trattare i disturbi psichici sopravvenuti durante l’esecuzione della pena. Infine, i DSM devono assicurare l’espletamento negli Istituti ordinari delle osservazioni per l’accertamento delle infermità psichiche;

• Seconda fase (a distanza di 1 anno): re-distribuzione degli internati per avvicinarli alla loro realtà di provenienza territoriale, in maniera tale che gli OPG avrebbero potuto configurarsi solo come Centri di ricovero per internati delle regioni limitrofe o comunque vicine;

• Terza fase (durata di 2 anni): restituzione alle regioni di provenienza della loro quota di internati, attivando la presa in carico da parte dei DSM di competenza territoriale.

L’attuazione delle linee guida dell’allegato C viene suggellata dalla collaborazione tra Istituzioni diverse, tanto a livello nazionale quanto locale, che si declina – nella Conferenza Unificata Stato, Regioni e Province autonome – attraverso il Comitato Paritetico Interistituzionale. Punto focale dell’allegato C è la priorità dell’importanza del principio di territorialità quale criterio privilegiato e più consono a garantire la cura degli internati126. L’esecuzione del D.P.C.M. 1° aprile 2008 è risultata però inconcludente a causa della disomogeneità di risposta delle regioni interessate, della carente attivazione degli strumenti utili nel percorso terapeutico-riabilitativo individualizzato (PTRI) da parte dei Servizi territoriali regionali e per l’assente implementazione delle sezioni di cura all’interno delle Carceri126.

2.2.7. Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale: la spinta propulsiva per lo smantellamento degli OPG

Nonostante i positivi intenti del D.P.C.M. del 2008, il passo decisivo per il superamento degli OPG è considerata l’istituzione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, istituita con una deliberazione del Senato il 30 luglio 2008 (e presieduta dal Senatore Marino). Il monitoraggio della situazione in cui versavano gli Ospedali Giudiziari e i soggetti ivi internati a opera della Commissione venne a tradursi nel Disegno di Legge 3036/2011, ispiratore del D.L. 211/2011 e convertito con alcune modificazioni nella Legge n. 9 del 2012 (“Disposizioni rilevanti per il Settore Penale”). Secondo tale documento, entro il 1° febbraio 2013 avrebbe dovuto essere portato a termine il processo di superamento degli OPG – già auspicato ma non attuato nel 2008 – ed entro il 31 marzo 2012 un decreto di natura non regolamentare avrebbe dovuto stabilire i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle nuove strutture residenziali per gli autori di reato affetti da malattia mentale, con un’esclusiva gestione sanitaria e non penitenziaria (come avvenne con il Decreto Interministeriale del 1° ottobre 2012, più avanti descritto).

Nella L. 9/2012 è senza dubbio rilevabile una forte tensione verso la de-istituzionalizzazione e la “sanitarizzazione” delle misure di sicurezza detentive, ma non verso una loro abolizione completa1. Sempre in un’ottica di tutela della salute e in contrapposizione alla perpetuazione del fenomeno degli “ergastoli bianchi”, la Legge stabilisce che «le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di Salute Mentale». È prevista poi la possibilità, anche per le Regioni che hanno sottoscritto piani di rientro per disavanzo sanitario, di aumentare il personale dei DSM per garantire il recupero e il reinserimento sociale degli internati provenienti dagli OPG. In questa scelta si può scorgere una evidente apertura del Legislatore verso il principio del parallelismo di tutela tra misura di sicurezza detentiva e percorsi alternativi territoriali127.

Il dettato normativo della legge è stato esteso anche ai soggetti cui sia applicata la misura di sicurezza della Casa di Cura e Custodia (CCC), cioè quelli con imputabilità ridotta per vizio parziale di mente, socialmente pericolosi e condannati a pena diminuita. La Legge 9/2012 indica anche la destinazione e il collocamento degli autori di reato nelle strutture dello stesso territorio regionale di residenza, in linea con il principio di territorializzazione delle misure di sicurezza già previsto nel D.P.C.M. del 2008, dove si prevedevano fasi di avvicinamento degli internati alle realtà geografiche di provenienza.

La legge prevede poi che ogni struttura avrebbe dovuto avvalersi di una attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, solo se necessaria, in relazione alle condizioni dei soggetti interessati. Ciò evidenzia la volontà di realizzare quanto più possibile il fine di cura degli autori di reato all’interno degli OPG, limitando vigilanze esterne di tipo custodialistico127.

Dal punto di vista generale, due sono i punti “forti” della legge128 che mirano a garantirne l’attuazione:

1. investitura del Governo del potere sostitutivo, ai sensi dell’art. 120 della Costituzione: in caso di inadempienza delle Regioni, il Governo si sarebbe sostituito a esse mediante procedura di commissariamento;

2. stanziamento dei fondi necessari all’attuazione del nuovo sistema penale.

2.2.8. Decreto Interministeriale 1° ottobre 2012: criteri strutturali e organizzativi delle REMS

Per lunghi mesi sono stati discussi i criteri strutturali, tecnologici e organizzativi delle nuove strutture sanitarie in cui sarebbero state applicate le misure di sicurezza del ricovero in OPG e assegnazione a CCC: il decreto attuativo previsto dalla L. 9/2012 venne promulgato solo il 1° ottobre dello stesso anno. Il ritardo si è trasferito anche sul piano concreto della costruzione delle strutture, dato che – senza criteri precisi cui far riferimento – le Regioni non avrebbero potuto emanare progetti per la loro realizzazione e non poteva essere erogata nessuna parte del fondo previsto dalla legge 9/2012129. Le nuove strutture forensi previste dal Decreto Interministeriale – definite Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza (REMS) – sono gestite dal Servizio Sanitario Regionale (Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano) e sono concepite con una funzione terapeutica e riabilitativa pura. Per questo motivo, non sono allocate in strutture penitenziarie attive, ma risultano, dal punto di vista legislativo, come strutture sanitarie a sé stanti, al cui interno opera solo personale sanitario (e non più misto sanitario-penitenziario, come avveniva negli OPG e continua ad accadere nel resto del mondo).

Un elemento che viene dettagliato maggiormente dal Decreto Interministeriale è quello relativo all’attività perimetrale di sicurezza e vigilanza esterna, compito che sfugge alle mansioni demandate al Sistema Sanitario Regionale, ma che viene definito da un accordo con la Prefettura. In ogni caso, queste funzioni non sono espletate dalla polizia penitenziaria, ma sono di competenza delle Forze dell’Ordine. Rispetto a questo punto sono state avanzate in questi anni non poche preoccupazioni, legate alla generalità e criticità della lettera del decreto, letto in combinato con quanto disposto dalla Legge 9/2012: il fatto che si sollecitino gli enti locali a stipulare specifici accordi con le Prefetture per garantire adeguati standard di sicurezza e vigilanza esterna, dimostra come tutta la materia sia lasciata ad “auspicabili” raccordi tra le due autorità, senza un controllo centrale superiore. In sostanza, non vi sono norme che prevedano uniformi e seri controlli nelle REMS destinate ad accogliere soggetti affetti da malattia mentale e dichiarati socialmente pericolosi. Inoltre, bisogna sottolineare come la decisione di escludere la polizia penitenziaria dai compiti di tutela della sicurezza interna ed esterna delle REMS vada nell’innovativa direzione di affermare una logica più terapeutica che custodiale delle stesse, ma possa anche esporre il personale sanitario non preparato a conseguenze più gravi in termini di sicurezza.

2.2.9. Decreto Legge n. 24 del 25/3/2013 convertito nella Legge 57/2013: riconversione degli OPG

Il D.L. 24/2013 è stato deliberato con l’intento di risolvere il problema della riconversione degli OPG, per utilizzare le risorse statali a scopi strettamente strutturali. Il programma di utilizzo delle risorse da parte delle Regioni, oltre agli interventi strutturali, prevede attività volte a incrementare progressivamente la realizzazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi per gli internati e, quindi, all’implementazione dell’attività nei DSM. Il D.L. non definisce però in maniera specifica il quantum di risorse da destinare alla riconversione degli OPG, così che la disposizione rimane sostanzialmente lettera morta. Nello stesso documento viene prevista un’ulteriore proroga alla chiusura di queste strutture, ma traspare l’idea che il Legislatore si auguri che questo sia il termine ultimo, richiedendo alle Regioni di statuire preventivamente le tappe temporali. Infine, si prevede esplicitamente la necessaria dimissione dei soggetti non più pericolosi dagli OPG «con l’obbligo per le aziende locali di presa in carico all’interno dei progetti terapeutico-riabilitativi individuali che assicurino il diritto alle cure e al reinserimento sociale, nonché a favorire l’esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o all’assegnazione a casa di cura e custodia». Chiaro è il recepimento, da parte del disposto legislativo, dei principi definiti con la sentenza della Corte Costituzionale 253/2003, secondo la quale il fine delle cure deve sempre essere garantito nell’applicazione delle misure di sicurezza130.

Inoltre, vengono sanciti due criteri cardine d’ispirazione basagliana finalizzati a guidare l’applicazione delle misure di sicurezza non detentive, cioè la «priorità della cura territoriale» e il «finalismo all’inclusione sociale delle misure di sicurezza». Si stabilisce, infatti, la presa in carico dei dimissibili da parte delle Aziende Sanitarie Locali e lo spostamento verso misure di sicurezza diverse da quelle custodiali e segregative, al fine di garantire un migliore reinserimento nella società dell’autore di reato affetto da malattia mentale non più socialmente pericoloso131.

Il decreto ha stabilito, ulteriormente, che entro il termine del 15 maggio 2013 le Regioni avrebbero dovuto presentare il Piano Sanitario Regionale della Salute Mentale, tendente al superamento degli OPG: traspare chiaramente, a questo punto, la volontà del Legislatore di superare gli OPG definitivamente e la volontà di rendere sempre più sussidiaria l’applicazione delle misure di sicurezza custodiali132.

L’idea che inizia a profilarsi con il D.L. 24/2013 è quella di una sanitarizzazione completa delle REMS che vada di pari passo con l’implementazione dei Servizi territoriali, in modo da favorire il reinserimento nella società dell’autore di reato con disturbo mentale anche grazie alla presa in carico dei soggetti dimessi da parte del DSM di competenza e la conseguente attuazione dei programmi di cura e riabilitazione. Tuttavia, pur disponendo di numerosi principi innovatori, il Decreto Legge – convertito nella Legge 57/2013 – stabilisce un’ulteriore proroga del termine di chiusura degli OPG che slitta dal 31 marzo 2013 al 1° aprile 2014. La difficoltà con cui ci si confronta è sempre la stessa: le Regioni non sono pronte, né strutturalmente né legislativamente, a dare attuazione all’ambizioso programma del Legislatore di istituzione delle REMS.

2.2.10. La tappa finale del percorso legislativo verso l’istituzione delle REMS: la Legge 81/2014

La tappa legislativa finale nel faticoso percorso di superamento degli OPG è costituita dal D.L. 52/2014 – convertito nella Legge 81/2014 (“Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”) – che ha prorogato ulteriormente la data di chiusura degli OPG, passando dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015. È importante sottolineare, però, che – mentre l’obiettivo ultimo della Legge 9/2012 era la sanitarizzazione degli OPG – la Legge 81/2014 ha lo scopo di valorizzare le misure di sicurezza non detentive, spingendosi ulteriormente in un’ottica di de-istituzionalizzazione. L’ulteriore step definito dal Legislatore consiste nel fatto che si preveda, come regola, l’applicazione di misure di sicurezza non custodiali, eliminando tutte quelle misure puramente detentive e prive di scopo di cura e riabilitazione che avevano caratterizzato prima i Manicomi Giudiziari e poi gli OPG.

L’art. 1 della legge 81/2014 prevede che «il giudice dispone nei confronti dell’infermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura e custodia, salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate a fare fronte alla sua pericolosità sociale». Si nota che, con la novità legislativa, le REMS passano a essere, da obiettivo finale (Legge 9/2012) a tappa intermedia (Legge 81/2014) nel processo di superamento degli OPG133. Se ne prevede ovviamente la sanitarizzazione, ma pur sempre mantenendo l’ottica per cui l’obiettivo ultimo da privilegiare sia l’adozione di misure di sicurezza non detentive per favorire percorsi riabilitativi che riducano l’opzione custodiale a extrema ratio.

Come rilevato da alcuni133 si passa – dal punto di vista della dottrina legale – dalla domanda “dove curiamo gli autori di reato affetti da disturbo mentale?” a “come li curiamo/recuperiamo socialmente?”: privilegiando, come risposta a tale seconda domanda, l’ottica di misure di sicurezza terapeutico-riabilitative non custodiali. La rivoluzione portata dalle REMS sarebbe insita nel fatto che non ci si concentra più su un “luogo di cura”, quanto su un “modo/mezzo di cura e riabilitazione”.

La volontà di elevare a regola la residualità dell’applicazione della misura di sicurezza detentiva è rafforzata da tre ulteriori disposizioni legislative presenti nella L. 81/2014:

1. obbligo di riesame della pericolosità sociale degli internati nei vecchi OPG, prendendo in considerazione l’idea di affidarli ai servizi territoriali (DSM) e mantenendo nelle REMS solo i soggetti non dimissibili per elevata pericolosità sociale;

2. obbligo del Magistrato di motivare, punto per punto, la scelta di applicare una misura di sicurezza detentiva all’interno della REMS – considerata come extrema ratio – piuttosto che la possibilità di una gestione del paziente all’interno dei Servizi del DSM sul territorio;

3. attribuzione dei poteri sostitutivi al Governo, che si fa garante dell’applicazione di misure di sicurezza non detentive in caso di non adempimento da parte delle singole Regioni.


La L. 81/2014 impone, inoltre, l’invio dei PTRI di tutti i pazienti collocati nelle REMS al Ministero della Salute e alla competente Autorità Giudiziaria entro 45 giorni: la ratio di questa disposizione è quella di ridurre il vecchio problema degli “ergastoli bianchi”, evitando l’istituzionalizzazione e la proroga sistematica delle misure di sicurezza. Per i pazienti per cui è accertata una pericolosità sociale, il programma deve documentare in modo puntuale le ragioni che sostengono l’eccezionalità e il prosieguo del ricovero nelle REMS: si obbligano quindi le autorità, nel formulare i programmi, a prendere in considerazione l’internato e le sue necessità di cura, ma lo spirito della legge è quello di limitare l’utilizzo delle REMS ai soli soggetti non dimissibili, ossia a coloro che per le loro problematiche cliniche o di altro genere, non potranno essere presi in carico dai DSM territoriali.

Il principio dell’extrema ratio non passa solo attraverso gli aggravi motivazionali che investono il programma terapeutico-riabilitativo, bensì è garantito anche dal Magistrato quando applica una misura di sicurezza, che deve indicare in modo dettagliato gli elementi che lo abbiano indotto a optare per tale ricovero. Costui, infatti, per giustificare la custodia del paziente in REMS per un periodo di tempo considerevole, dovrà accertare la sussistenza di tre presupposti tra loro interdipendenti:

A. la probabilità che il soggetto sospenda volontariamente le cure, in assenza di misura di sicurezza ovvero se sottoposto a misura non detentiva;

B. la probabilità che la sospensione delle cure induca a scompensi comportamentali;

C. la probabilità che da tali squilibri comportamentali scaturiscano agiti tali da determinare dei fatti reato.

È importante analizzare la portata della L. 81/2014 in termini di riforma radicale nella disciplina delle misure di sicurezza. Tenendo presente l’obiettivo di attribuire alle misure di sicurezza detentive il carattere di extrema ratio e di evitare nuovi ergastoli bianchi, favorendo una riabilitazione degli autori di reato affetti da malattia mentale all’interno dei Servizi psichiatrici territoriali per favorirne la reintegrazione sociale, il Legislatore ha certo previsto importanti novità che passano attraverso il nuovo dettato legislativo. Tuttavia, il sistema potrebbe ancora presentare dei rilevanti problemi di gestione dato che, al momento – essendo entrato in vigore da 5 anni – questi sono solo ipotizzati e non esplicitamente riconosciuti da studi sistematici derivanti dal monitoraggio di queste strutture.

PARTE TERZA

3. La situazione italiana

Negli ultimi anni, a partire dal 1 aprile 2015, sul territorio italiano sono state attivate 30 REMS. Le REMS sono strutture sanitarie rivolte agli autori di reato affetti da disturbi mentali (“infermi di mente”) e socialmente pericolosi, la cui gestione è di esclusiva competenza dei DSM. Si tratta di strutture residenziali con funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative, finalizzate a una permanenza transitoria ed eccezionale. Infatti, alla luce della legge 81/20148, occorre rilevare come la misura di sicurezza di tipo detentivo sia da considerarsi residuale e applicabile alla persona solo «quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale». L’internamento in REMS ha assunto pertanto non solo, come si è anticipato, il carattere dell’eccezionalità, ma anche della transitorietà: il Dipartimento di Salute Mentale competente per ogni internato deve predisporre – entro 45 giorni dall’ingresso del paziente in REMS – un Progetto Terapeutico-Riabilitativo Individualizzato (PTRI), poi inviato all’autorità giudiziaria competente, in modo da rendere residuale e transitorio il ricovero in struttura134. Il PTRI include la considerazione del reato e dei suoi determinanti clinici e sociali e un piano degli interventi che l’équipe punta a fornire, nonché la durata prevista per la misura di sicurezza, non superiore alla pena edittale massima (art.1 comma quater della legge 81/2014)8. Nei paragrafi a seguire saranno descritte le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza presenti sul territorio nazionale, a partire dai dati riportati nella “Seconda Relazione Semestrale sulle attività svolte dal Commissario unico per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari” (a cura di Franco Corleone; 2017)135 e in considerazione delle informazioni raccolte dall’Osservatorio sul Superamento degli OPG e sulle REMS, durante le visite alle Residenze a decorrere dal 2018 (disponibili all’indirizzo www.stopopg.it). Le modalità di intervento descritte saranno delineate mediante i protocolli operativi attualmente applicati dalle Direzioni delle REMS, dei DSM e dei Dipartimenti SerD o, laddove esistenti, dei Dipartimenti di Salute Mentale e delle Dipendenze (DSMD), degli Istituti Penitenziari dei rispettivi distretti, degli Uffici Interdistrettuali di Esecuzione Penale Esterna (UIEPE) e dalle Autorità Giudiziarie competenti: tutto ciò definito da normative regionali atte a individuare e orientare l’operato delle figure professionali coinvolte, nel reciproco rispetto delle diversità di ruoli e competenze.

3.1. Regione Lombardia. REMS Castiglione
delle Stiviere

Il “Sistema Poli-modulare di Castiglione delle Stiviere”, in provincia di Mantova, è costituito da 8 Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza Provvisorie, ha una capienza regolamentare (ma per un certo periodo di tempo tendenziale) di 120 persone e dispone di un reparto esclusivamente femminile. Le dimensioni di tale sistema, ben diverse rispetto a quelle dichiarate ammissibili nelle leggi n. 9 del 17 febbraio 2012 e n. 81 del 30 maggio 20148, sono dovute al procedimento di riconversione che ha visto l’OPG di Castiglione delle Stiviere diventare REMS provvisoria. Il Commissario Franco Corleone, nella relazione sulle attività svolte per il superamento degli OPG135 dal 19 agosto 2016 al 19 febbraio 2017, ha sottolineato la necessità di rispettare quanto previsto nel piano regionale della Regione Lombardia, ovvero la presenza di due REMS da 20 posti in località Limbiate e di 6 Moduli da 20 posti a in località Castiglione delle Stiviere. Al momento della visita dell’Osservatorio nazionale e lombardo – in data 1 luglio 2019 – le 8 REMS ospitavano 160 persone (60 nel reparto maschile cosiddetto “Aquarius”), le altre suddivise negli altri vecchi reparti dell’ex OPG136. Il dott. Luigi Cajazzo – Direttore Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia che, a partire dalla legge regionale n. 23 del 11 agosto 2015, ha definito gli indirizzi per l’evoluzione del sistema sociosanitario lombardo – ha proposto con Decreto n. 9958 del 10 luglio 2018, un “Protocollo d’intesa per l’applicazione di un modello operativo di superamento degli OPG (L.81/2014) nel territorio del distretto di Corte d’Appello di Brescia” (è in attesa di definizione, al momento della pubblicazione di questo contributo, un analogo Protocollo rivolto al territorio del distretto di Corte d’Appello di Milano).

L’art.4 del decreto137 sancisce che, nell’immediatezza del reato, la gestione dello specifico caso avviene attraverso la valutazione dello stato clinico psicopatologico del presunto autore di reato, ai fini della valutazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione di misure pre-cautelari (arresto, fermo di cui agli artt. 380 c.p.p. e seguenti), cautelari (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari, misure non detentive di cui agli artt. 284 c.p.p. e seguenti) o di misure di sicurezza provvisorie. Nella successiva fase di indagine il PM, valutate le informazioni reperite all’esito della fase di urgenza, effettua accertamenti sulla condizione psicopatologica del presunto autore di reato mediante nomina di consulente tecnico o mediante richiesta di osservazione psichiatrica da eseguirsi in regime detentivo (cfr. Appendice A). Il consulente, il perito e i Servizi psichiatrici territoriali dei DSMD, operano in termini di fattiva collaborazione ai fini della individuazione di un idoneo PTRI. Il Giudice di merito – nella sentenza con cui applica la misura di sicurezza detentiva – indica, oltre alla durata minima, anche la durata massima della sanzione (secondo i criteri di cui all’art. 278 c.p.p.), disponendo di tutti gli elementi necessari anche al fine di consentire agli operatori della REMS e del DSMD di attuare tempestivamente il percorso terapeutico e riabilitativo alternativo alla permanenza del paziente nella REMS. Nel corso dell’esecuzione della misura di sicurezza provvisoria e all’esito delle verifiche periodiche, l’Autorità Giudiziaria procedente può disporre nei confronti del paziente, la misura di sicurezza della libertà vigilata per la quale non è previsto un termine di durata massima, indicando il luogo di esecuzione della misura (domicilio/comunità terapeutica) individuato dal Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze (artt. 5-12 del decreto 10/18). Il Protocollo d’intesa137 delinea dettagliatamente il percorso delle persone internate presso le REMS: dal ricevimento dal DAP del decreto di assegnazione, alla cessazione della misura di sicurezza per revoca a seguito del venir meno della pericolosità sociale o per scadenza del termine di durata massima.

L’équipe della REMS, multiprofessionale, è costituita da psichiatra, educatore professionale o tecnico della riabilitazione psichiatrica, infermiere, assistente sociale, psicologo, personale di supporto (come da DM Salute e Giustizia 1/10/2012) e gestisce la presa in carico dei pazienti. Al provvedimento dell’Autorità Giudiziaria che dispone il ricovero provvisorio o definitivo da eseguirsi presso la REMS deve essere data immediata esecuzione (art. 659 comma 2 c.p.p.). Il nominativo del paziente viene inserito nel Sistema Informativo per il Monitoraggio del Superamento degli Opg (SMOP) ed entro 48 ore la direzione della REMS comunica l’ingresso nella struttura del paziente al DSMD di riferimento tramite SMOP, via mail e fax. Le équipe del DSMD e della REMS si incontrano entro e non oltre 40 giorni dall’ingresso del paziente, al fine di concordare contenuti utili alla stesura del PTRI e la tempistica delle verifiche periodiche (non superiori alla frequenza quadrimestrale). Nell’ambito della rivalutazione semestrale della pericolosità sociale/rischio di recidiva, da parte dell’Autorità Giudiziaria procedente (artt. 313 e 72 c.p.p.), le équipe della REMS e dei DSMD eseguono congiuntamente attività e percorsi che consentano la dimissione della persona dalla REMS e si coordinano nella stesura di progetti territoriali alternativi al mantenimento delle misure di sicurezza detentive provvisorie (nel rispetto dell’art. 7 della Conferenza Unificata4 del 26 febbraio 2015). Gli operatori della REMS e del DSMD si occupano delle verifiche e delle revisioni del PTRI della persona in Licenza Finale Esperimento (LFE) e sono i referenti tecnici del Magistrato di Sorveglianza (cfr. Appendice B). Il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze concorre alla valutazione del caso, sia sotto il profilo clinico che forense, identificando tempestivamente soluzioni di trattamento utili anche per il periodo successivo alla permanenza nella struttura detentiva. In raccordo con l’UEPE e con l’équipe sociale della REMS, il DSMD entra in contatto con la famiglia del paziente, rivolge particolare attenzione alla rete sociale di provenienza, si raccorda con la struttura che ospita l’autore di reato in regime di LFE e invia il PTRI (in prima stesura e successivi aggiornamenti) all’Autorità Giudiziaria di merito e/o Magistrato di Sorveglianza. In caso di cessazione della misura di sicurezza, in ottemperanza all’art. 4 della legge n. 9/20124, gli operatori del DSMD garantiscono al paziente la continuità della presa in carico.

3.2. Regione Lazio

Il Protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia e la Regione Lazio «Per l’esecuzione delle misure di sicurezza applicate in via definitiva o provvisoria nei confronti di soggetti affetti da vizio parziale o totale di mente» del 8 novembre 2017138 regolamenta le modalità operative di collaborazione tra Magistrato/Perito-Consulente, ASL, Dipartimento di Salute Mentale e Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna, assicurando la presa in carico dei soggetti autori di reato con disturbi psichici e pericolosi socialmente. I referenti, individuati tra gli psichiatri del Dipartimento di Salute Mentale, valutano l’effettiva necessità di una misura in REMS per il paziente autore di reato o la possibilità di una misura terapeutica meno afflittiva della libertà (libertà vigilata/LV e licenza finale di esperimento/LFE). All’ingresso della persona nella REMS, il Magistrato trasmette, al Responsabile della struttura, copia del fascicolo giudiziario, l’ordinanza applicativa della misura di sicurezza, la sentenza definitiva con applicazione della misura di sicurezza e la consulenza tecnica d’ufficio o di parte. Gli psichiatri referenti, con il perito/consulente e con il Magistrato, delineano il trattamento terapeutico più appropriato per il paziente e definiscono il PTRI, realizzando interventi finalizzati sia a prevenire l’applicazione delle misure di sicurezza detentive, sia a favorire le misure alternative richieste dalla legge n. 81/20148. Al fine di reinserire i pazienti nella società, i DSM e le ASL della Regione Lazio forniscono all’UEPE l’elenco dei referenti che collaborano all’attuazione dei PTRI, informazioni utili in ordine alle possibilità di trattamento territoriale e una relazione relativa all’utente in fase di dimissione. In prossimità della scadenza della misura di sicurezza, il Magistrato di Sorveglianza può autorizzare un periodo di LFE, ex art. 53 Ordinamento Penitenziario, della durata di mesi sei – eventualmente rinnovabile – durante il quale il paziente, sottoposto al regime della libertà vigilata, può essere inserito in una struttura terapeutica residenziale o presso la famiglia, proseguendo la fase di riabilitazione e reinserimento nel territorio con opportuno Progetto Terapeutico Individualizzato (PTI).

Il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 5, con deliberazione n. 866 del 22 dicembre 2017139, ha disposto l’adozione della versione definitiva del regolamento “Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza – Regole e Procedure di funzionamento”. Nel territorio dell’ASL Roma 5 sono presenti: la REMS di valutazione “Castore” in Subiaco, attiva dal 1 luglio 2015; le due REMS di stabilizzazione “Merope” e “Minerva” in Palombara Sabina, attive dal 18 agosto 2015 e dal 8 giugno 2016, rispettivamente.

Il DSM-DP della ASL di Frosinone ha all’attivo 2 REMS: la struttura maschile di Ceccano, aperta dal 5 novembre 2015 e la struttura femminile di Pontecorvo, inaugurata il 30 marzo del 2015. Il ricovero avviene in base alle esigenze del paziente e, in assenza di posti disponibili nella REMS più̀ adeguata alle condizioni dell’ospite, previa comunicazione all’Autorità Giudiziaria può avvenire in una delle altre strutture, le quali accolgono utenti in fase acuta, subacuta e stabilizzata.

Ciascuna struttura, a eccezione della REMS di Pontecorvo, può ospitare fino a 20 uomini maggiorenni, residenti nel territorio della Regione Lazio, il cui ricovero è̀ disposto con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. La REMS di Pontecorvo accoglie esclusivamente donne e ha una capienza di 11 posti letto.

Il Centro di Salute Mentale competente e le distinte professionalità presenti nella REMS, entro 45 giorni dall’ingresso del paziente, redigono il progetto terapeutico-riabilitativo individualizzato che deve essere condiviso dal paziente (secondo i principi della recovery) e inserito nella cartella clinica personale contenente dati sulla identità e sul provvedimento dispositivo della misura di contenimento (capo II Del. 866/2017). Dopo un congruo periodo di osservazione, ogni paziente viene presentato in una riunione d’équipe in modo da integrare e armonizzare gli aspetti clinici, quelli terapeutico-riabilitativi, sociali e organizzativi indispensabili alla realizzazione del trattamento. Il progetto terapeutico-riabilitativo implica una valutazione multidisciplinare e la definizione di un itinerario volto alla riduzione del pericolo di recidiva e alla reintegrazione sociale, partendo dall’organizzazione della quotidianità e dalla responsabilizzazione alla vita nella REMS di ciascun paziente e scoraggiando condotte che producano tensione e disagio, nel rispetto di elementari regole di buona educazione e civile convivenza. Gli operatori sanitari effettuano, a cadenza settimanale, colloqui clinici con i pazienti, dedicando una particolare attenzione alla ridefinizione dei rapporti con la famiglia, la comunità esterna e con il mondo del lavoro.

Secondo quanto previsto dalla Delibera 866/2017, le professionalità presenti nelle REMS della Regione Lazio, assicurano ai pazienti psicoterapia individuale e di gruppo, attività riabilitative, gruppi di auto mutuo-aiuto, formazione professionale subordinata alla disponibilità di specifiche convenzioni, studio, attività periodiche di risocializzazione e, ove possibile, culturali, sportive e formative (lettura libri e quotidiani, ascolto musica, laboratorio cucina, progetto trekking, partite di calcetto, progetto grotte, progetto benessere). Le attività esterne a scopo terapeutico-riabilitativo, individuali o di gruppo, richiedono la preventiva autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria e sono realizzate nei limiti stabiliti da quest’ultima. Ogni tre mesi, salvo diversa e ulteriore richiesta, è̀ inviata, all’Autorità Giudiziaria e al Centro di Salute Mentale, la relazione clinica periodica che contiene il quadro psicopatologico, comportamentale, psicodiagnostico, con particolare attenzione alla valutazione delle condotte aggressivo-violente.

3.3. Regione Campania

Al momento di elaborazione del presente Documento, in Campania risultano attive la REMS di Mondragone, la REMS di Calvi Risorta, la REMS di Vairano Patenora (in provincia di Caserta) e la REMS di S. Nicola Baronia (in provincia di Avellino), aperte nel periodo da aprile a dicembre 2015. Il Presidente Commissario ad acta per la prosecuzione del Piano di rientro del settore sanitario della Regione Campania (DCM 23/4/2010) – con il Decreto n. 104 del 30 settembre 2014 “Adeguamento del Programma per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari della Regione Campania”, pubblicato sul BURC n. 69 del 6 ottobre 2014140 – ha definito la rete regionale di strutture residenziali per le misure di sicurezza, destinate ad accogliere le persone con le seguenti afferenze: AA.SS.LL. Avellino, Benevento, Napoli 3 Sud e Salerno, per la REMS di S. Nicola Baronia e AA.SS.LL. Caserta, Napoli 1 Centro e Napoli 2 Nord, per la REMS di Calvi Risorta. Fin dalle fasi iniziali di ogni procedimento penale, attraverso attività coordinate dai referenti designati nel Gruppo Tecnico Regionale per il Superamento degli OPG, le Aziende Sanitarie Locali rendono disponibili, all’Autorità Giudiziaria competente, l’insieme delle informazioni di base (tra le quali: data di presa in carico dell’autore di reato dal Servizio Sanitario, inquadramento diagnostico, collocazione attuale, programma di attività terapeutiche e/o riabilitative in essere, stato attuale di compenso psicopatologico) necessarie alle valutazioni finalizzate all’attuazione di percorsi alternativi alla REMS4. Le AA.SS.LL. di competenza effettuano verifiche periodiche dello stato di presa in carico sanitaria territoriale, per tutti i destinatari di provvedimenti di assegnazione a REMS e utilizzano il Sistema Informativo per il Monitoraggio del Superamento degli OPG “SMOP” per tutte le attività gestite dallo stesso con priorità per le ammissioni e dimissioni dalle REMS e dalle Articolazioni per la Tutela della Salute Mentale in carcere (entro le 48 ore dall’evento). Nel caso di richieste di accesso alle REMS concomitanti e non immediatamente assicurabili, il DCA 104/2014 indica la prioritaria disponibilità di posto per gli internati definitivi e per gli internati, provvisori o definitivi, con presa in carico sanitaria assente o critica.

Il personale sanitario, assegnato al Servizio di Salute Mentale Penitenziaria e Superamento OPG per quanto alle REMS, è organizzato in équipe di lavoro multi-professionale. In conformità ai requisiti minimi di cui al Decreto del Ministero della Salute del 1 ottobre (GU n. 270 del 19 novembre 2012) per l’assistenza e la gestione di un nucleo di 20 pazienti, sono previsti: dodici infermieri, sei Operatori Socio-Sanitari, due medici psichiatri, un educatore o tecnico della riabilitazione psichiatrica, uno psicologo, un assistente sociale, un amministrativo. La responsabilità della gestione all’interno della struttura è assunta da un medico dirigente psichiatra.

All’ingresso del paziente in REMS, gli operatori designati della struttura provvedono alla registrazione dell’utente nel sistema informativo SMOP che segnala, contestualmente, l’ingresso con un messaggio di posta elettronica inviato agli operatori UOSM/DSM. I DSM competenti e le UOSM confermano l’avvio della presa in carico del paziente e si impegnano a programmare e realizzare tutte le attività ritenute necessarie alla definizione e formalizzazione, nei termini stabiliti, di un Progetto Terapeutico-Riabilitativo Individuale (cfr. Appendice C) che preveda una soluzione assistenziale diversa dalla REMS. Le procedure inerenti i PTRI, delineate mediante determina dirigenziale n. 1686/2018141, evidenziano l’importanza del confronto tra gli operatori del DSM e l’équipe della REMS ospitante il paziente interessato, per la definizione di obiettivi progettuali. A tal fine, il sistema SMOP invia, con un messaggio di posta elettronica, la calendarizzazione delle riunioni di équipe alla UOSM e al DSM. Per tutti i pazienti presenti in REMS, in aggiunta al PTRI (finalizzato alla presa in carico alternativa alla REMS)4, gli operatori della UOSM e DSM competente per territorio concordano con la REMS anche un PTRI Intramurario (descrittivo delle attività riabilitative da realizzarsi in REMS, in piena sintonia con la progettazione della presa in carico alternativa alla REMS). Il PTRI definito, viene inserito nel sistema informativo SMOP dagli operatori specificamente incaricati della UOSM e del DSM e inviato, a mezzo e-mail, alla competente Autorità Giudiziaria (come richiesto dalla legge n. 81/2014)8, alla REMS, alla Regione e – nelle forme previste dal D. Lgs. 196/2003 – al Ministero della Salute. In tutti i casi di persistenza di una misura di sicurezza (detentiva o non detentiva), il PTRI sarà aggiornato e/o modificato e integrato dalla UOSM e dal DSM con frequenza inferiore a 90 giorni. Inoltre, l’Unità Operativa e il Dipartimento di Salute Mentale curano le opportune forme di collaborazione con l’autorità giudiziaria, integrando le valutazioni e le indicazioni di quest’ultima al PTRI di ciascun paziente e garantendo la disponibilità degli operatori di competenza alla diretta partecipazione alle udienze, anche in relazione alla possibilità di procedere in quella sede a fornire, ove richiesto dal Magistrato, tutti gli eventuali chiarimenti, integrazioni e modifiche al PTRI, utili per l’attuazione del percorso esterno alla REMS, con particolare riferimento alla prevedibilità di una fase iniziale del progetto da realizzarsi in ambito residenziale, per esempio presso la SIR/RSA di Mondragone come indicato nella Determina n. 1686/2018.

3.4. Regione Emilia-Romagna

La Regione Emilia-Romagna, ai fini di una piena applicazione della legge n. 81/20147, ha istituito – con determinazione n. 5017/2016 – il Cruscotto Regionale142 con il compito di coordinare, con la collaborazione dei Dipartimenti Salute Mentale e Dipendenze Patologiche (DSM-DP) regionali e dei Direttori delle REMS, i percorsi di accesso, permanenza e dimissione dei pazienti delle REMS regionali, nonché di monitorare i percorsi delle persone affette da disturbi mentali con provvedimenti giudiziari penali. Oltre ad agevolare, promuovere e monitorare la tempestività e l’appropriatezza delle azioni dei DSM-DP nelle diverse fasi del percorso, il Cruscotto è punto di riferimento regionale per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in relazione alle assegnazioni presso le REMS. Inoltre, tale Cruscotto può essere diretto interlocutore per la Magistratura, in ordine alla condivisione di criteri per la gestione delle liste di attesa delle REMS e per problemi di particolare complessità che non abbiano trovato una soluzione in sede territoriale. Nella definizione e gestione dei percorsi delle persone non imputabili cui vengono applicate le misure di sicurezza, un gruppo di lavoro interdisciplinare, composto da Dirigenti medici, esperti di psichiatria forense del Servizio Salute Mentale Dipendenze Patologiche e Salute nelle Carceri della Regione Emilia Romagna e da Magistrati (di Sorveglianza e di Cognizione) – nominato con determinazione del Direttore Generale Sanità e Politiche sociali n. 10702/2014 – ha prodotto un documento di indirizzo “Scheda sull’applicazione delle misure di sicurezza a soggetti parzialmente o totalmente incapaci di intendere e di volere a causa di infermità psichica”. Tale documento suggerisce una prassi di collaborazione tra il Tribunale e il DSM-DP fin dalla fase delle indagini preliminari svolte dalla Procura. Il consulente tecnico assume l’onere di indicare, in collaborazione con i Servizi Territoriali, le soluzioni più idonee dal punto di vista sanitario per l’infermo di mente autore di reato, con l’obiettivo di favorire soluzioni prescrittive che garantiscano il soddisfacimento dei fabbisogni terapeutici dei pazienti e il rispetto delle esigenze di controllo sociale142. Il documento citato richiama il principio giuridico secondo il quale l’accertamento della pericolosità sociale del reo non imputabile è di esclusiva competenza del Giudice. Quest’ultimo può avvalersi di un consulente tecnico incaricato di valutare le condizioni di punibilità e dell’eventuale sussistenza della tendenza alla recidiva delittuosa per le sole motivazioni psicopatologiche.

La pericolosità sociale viene dedotta: dai motivi a delinquere e dal carattere del reo, dai precedenti penali e giudiziari, dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti al reato, dalla condotta contemporanea o susseguente al reato e dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. La valutazione della pericolosità sociale avviene nella concretezza delle condizioni di vita attuali del paziente non imputabile e delle soluzioni terapeutiche adottabili dai servizi142.

In Emilia-Romagna sono attive due REMS: una a Bologna e l’altra a Casale di Mezzani (Parma).

3.4.1. REMS di Bologna

La REMS di Bologna “Casa degli Svizzeri” è stata aperta il 27 marzo 2015 e può ospitare fino a quattordici pazienti, uomini e donne, inviati dalla Magistratura di Sorveglianza e di Cognizione e residenti nei territori dell’Area vasta Emilia Centro (Ferrara, Imola, Bologna) e della Romagna. Le donne possono essere inviate dall’intero territorio regionale. Il regolamento della REMS143 prevede che, a ogni paziente, venga garantita l’attuazione di un PTRI condiviso in forma scritta con l’interessato e con il CSM competente territorialmente. Ogni progetto, sottoscritto dal paziente, è collocato nella “cartella integrata REMS”, nella quale confluiscono sia la documentazione sanitaria (scale di valutazione, prescrizioni farmacologiche, referti, ecc.) sia quella giuridica. Ciascun PTRI viene attuato quotidianamente dagli operatori mediante attività interne ed esterne alla struttura (nel secondo caso è necessaria l’autorizzazione preventiva da parte della Autorità Giudiziaria competente per il singolo paziente).

Il Centro di Salute Mentale di riferimento e gli operatori della REMS effettuano, periodicamente, verifiche relative all’andamento del PTRI di ogni utente, comunicando gli esiti all’Autorità Giudiziaria competente. Le attività terapeutiche e riabilitative interne alla struttura residenziale, comprendono l’assunzione regolare della terapia farmacologica prescritta, colloqui individuali e almeno due incontri di gruppo settimanali: uno a finalità psicoterapeutica (gruppo parola) e uno finalizzato a condividere le possibilità e le regole legate all’aspetto comunitario (gruppo organizzativo). Gli operatori della REMS attuano interventi di informazione e counseling per gli ospiti e per le rispettive famiglie, interventi individuali e di gruppo finalizzati al miglioramento della cura di sé e del proprio ambiente di vita, dell’autonomia personale, delle competenze relazionali e sociali, della gestione del denaro, della compliance e della conoscenza degli effetti terapeutici e indesiderati dei farmaci psicotropi. Inoltre, all’interno della REMS di Bologna si svolgono attività periodiche di ri-socializzazione, attività culturali, espressive e formative (a titolo d’esempio: lettura di quotidiani e libri, ascolto della musica, visione commentata di film, alfabetizzazione all’italiano).

3.4.2. REMS Casale di Mezzani

La REMS di Casale di Mezzani, in provincia di Parma, è una residenza socio-sanitaria, attiva dall’aprile 2015: ha una capienza regolamentare di dieci posti letto ed è inserita nell’ambito della rete del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, operante nell’Area Vasta Emilia Nord (AVEN), che comprende al suo interno le province di Parma, Piacenza, Modena e Reggio Emilia.

La REMS opera in totale sinergia con i CSM/SerDP di competenza territoriale. Durante la fase che precede l’ingresso del reo affetto da disturbi mentali all’interno della struttura, è auspicabile che il DSM-DP di competenza territoriale formuli una diagnosi psichiatrica categoriale e funzionale.

La valutazione, effettuata con strumenti psicodiagnostici, secondo le linee guida relative ai disturbi psicopatologici, dovrebbe comprendere l’identificazione di fattori protettivi individuali, ambientali, sociali e familiari, nonché di segnali precoci specifici e aspecifici di rischio di scompenso. All’ingresso del paziente nella REMS, il CSM individua il referente clinico e le figure professionali coinvolte, avviando il processo di presa in carico dell’utente. L’accoglienza dell’ospite, da parte degli operatori della REMS, rappresenta un momento importante dell’assistenza e, come da protocollo, il paziente viene accolto secondo precise istruzioni operative create ad hoc: in questa fase, si cerca di essere il più possibile accoglienti ma, allo stesso tempo, autorevoli, adoperandosi nel controllare gli effetti personali, effettuando una prima osservazione libera a livello comportamentale e fornendo all’ospite le informazioni relative alla struttura e al suo regolamento144. Psichiatra e psicologo effettuano un colloquio clinico per raccogliere l’anamnesi, procedendo alla compilazione della cartella clinica e alla firma del consenso informato. Laddove non controindicato da specifiche misure della Magistratura, gli operatori accolgono la famiglia e/o le persone significative, valutando e identificando le figure che potrebbero rappresentare ipotetiche risorse da coinvolgere nel processo di cura. L’équipe multi-professionale del CSM si reca in REMS per incontrare il paziente e (entro 45 giorni) realizza un PTRI volto, attraverso la promozione delle capacità e delle potenzialità dell’individuo e nell’ottica di una de-istituzionalizzazione graduale e di un reinserimento sociale, alla creazione delle condizioni per l’attenuazione o la cessazione della Misura di Sicurezza. L’équipe della REMS, in collaborazione con il servizio inviante, redige un Piano Terapeutico Riabilitativo Residenziale (PTRR), condiviso con l’ospite e se possibile con la famiglia, definendo gli interventi diagnostici, terapeutici e riabilitativi erogati dalla Residenza stessa, nonché le responsabilità, le modalità di monitoraggio e di verifica. Il gruppo di lavoro della REMS si riunisce, una volta alla settimana, al fine di programmare, monitorare e valutare le attività interne ed esterne alla struttura e, quotidianamente, si tiene un briefing relativo all’andamento clinico dei pazienti144. Con cadenza regolare avviene anche l’incontro tra l’équipe della REMS e quella del CSM per valutare il corso del progetto e la verifica del raggiungimento degli obiettivi. La valutazione diagnostica, necessaria sia per impostare i Progetti di trattamento personalizzati, sia per monitorarne gli esiti, viene effettuata utilizzando, principalmente, il colloquio clinico individualizzato e una batteria di questionari quali, in base alla tipologia di paziente144, per es., la Wechsler Adult Intelligence Scale-Fourth Edition (WAIS-IV), la Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders and Axis II Disorders (SCID-I e SCID-II), il Psychopathic Personality Inventory-Revised (PPI-R), la Cognitive Behavioural Assessment 2.0 (CBA 2.0), la Health of the Nation Outcome Scale (HONOS) e la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF).

L’obiettivo principale della pianificazione delle attività riabilitative è quello di aiutare l’individuo a riacquisire e sviluppare capacità che gli consentano di integrarsi, nel modo migliore possibile, nella vita di comunità. Il campo operativo e gli strumenti d’intervento sono, quindi, la vita quotidiana, le relazioni interpersonali, il rapporto tra l’individuo e il suo ambiente, tutti ambiti in cui si cerca di favorire una partecipazione degli ospiti il più possibile proattiva e valorizzante le differenze individuali. Nel coniugare il processo della recovery, sul quale sono basate le azioni strutturate di riabilitazione psichiatrica, con le specificità della REMS, tutti gli interventi sono collocati nell’ambito del PTRR. L’équipe operativa della REMS Casale di Mezzani ha individuato una serie di attività obbligatorie e collettive, che coprono l’intera settimana, quali il gruppo terapeutico “Oltre la REMS”, la riunione residenziale e i gruppi di social skill training. Le attività motorie e ricreative, quali la pittura, il cineforum e lo yoga, sono facoltative, come anche la partecipazione alle iniziative di teatro, le escursioni, la cura e la coltivazione del giardino e dell’orto, lavori socialmente utili con anziani e disabili e la manutenzione delle strade e del verde (grazie a una convenzione stipulata con l’Amministrazione comunale di Casale di Mezzani). Il personale sanitario della REMS è competente anche rispetto ai rapporti e alla comunicazione con la Magistratura di Sorveglianza e con l’Autorità Giudiziaria per la concessione di permessi e licenze a favore degli ospiti144,145.

3.5. Regione Veneto. REMS di Nogara

La Relazione Socio Sanitaria della Regione Veneto anno 2018146, in riferimento ai dati degli anni 2016-2017, è stata realizzata sulla base delle disposizioni contenute nella nota prot. 318950 del 10 luglio 2012 del Direttore Generale Area Sanità e Sociale a indirizzo: “Attribuzione obiettivi per l’attuazione del Piano Socio Sanitario”, con il contributo della UOC Servizio Epidemiologico Regionale e Registri (SER), struttura di Azienda Zero che svolge attività di rilevazione epidemiologica per patologie o problemi di salute rilevanti a livello di popolazione, con funzioni di supporto alle attività di Sanità Pubblica e di miglioramento dell’assistenza, in coerenza con la programmazione regionale. Il paragrafo “Sanità penitenziaria” (p. 180) della summenzionata Relazione Socio Sanitaria146, riporta come, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 9/20124 – che ha previsto la definitiva chiusura degli OPG – la Giunta Regionale del Veneto, con la delibera n. 1331 del 17 luglio 2012, pubblicata sul Bur n. 62 del 07 agosto 2012147, abbia autorizzato l’Unità Locale Socio-Sanitaria (ULSS 21) di Legnago (ora Azienda ULSS 9 Scaligera) «ad attivare una struttura intermedia riabilitativa ad alta specializzazione per pazienti psichiatrici, ossia internati dal Tribunale per aver commesso reati in riscontrata situazione di non sapere né intendere né volere o con tare psichiche», ovvero persone che, fino a quel momento, erano internate negli OPG. Tale servizio è stato attivato presso la Residenza Don Giuseppe Girelli di Ronco all’Adige, in provincia di Verona, aperta dal mese di settembre 2012, in cui sono stati avviati interventi di riabilitazione e di reinserimento sociale delle persone precedentemente internate presso l’OPG di Reggio Emilia per complessivi 18 posti letto.

Nel gennaio 2016 è stata inaugurata la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, REMS di Nogara (Verona), descritta nel successivo paragrafo. Con la Deliberazione della Giunta regionale n. 427/2017, è stato approvato «l’Accordo con la Prefettura di Verona per l’attività di sicurezza e vigilanza esterna della REMS di Nogara», finalizzato ad agevolare i processi di presa in carico dei pazienti, mediante l’implementazione di specifici percorsi di formazione per gli operatori dei DSM coinvolgendo, in una ottica di collaborazione interistituzionale, la Magistratura di Cognizione e di Sorveglianza e affidando la realizzazione di tale attività alla Fondazione Scuola di Sanità Pubblica e Management delle Aziende Socio-Sanitarie143. Inoltre, al fine di migliorare l’appropriatezza del processo di assegnazione alla REMS del paziente psichiatrico autore di reato e di fornire uno strumento di raccordo e integrazione tra Magistratura di Sorveglianza e Cognizione con i DSM e la REMS, è stato altresì approvato – con DGR n. 1976/2017148 – il “Protocollo di Intesa tra la Regione del Veneto e la Magistratura, a favore di persone sottoposte a giudizio che presentano segni di sofferenza psichica o non imputabili, nell’ambito dell’applicazione della legge n. 81/2014”.

La REMS di Nogara è stata aperta il 20 gennaio 2016 come REMS provvisoria facente parte della ULSS 9 Scaligera del Veneto e inserita, successivamente, all’interno del Dipartimento di Salute Mentale di Verona. Nel mese di giugno dello stesso anno è avvenuta l’attivazione della REMS prodromica: anch’essa, come la prima, dispone di 20 posti letto, per un totale di 40 posti letto disponibili. Un modulo si trova al piano terra dell’Ospedale Stellini di Nogara, il secondo al primo piano e ogni piano dispone di una équipe multi-professionale. La REMS di Nogara ha accolto, inizialmente, 16 pazienti ancora ricoverati presso l’OPG di Reggio Emilia: in seguito ha ospitato utenti provenienti dal territorio, dal carcere, dall’SPDC, da comunità terapeutiche e dal domicilio, inviati dalla Magistratura di Sorveglianza e di Cognizione. Da un confronto tra l’équipe clinica della REMS e gli Uffici Regionali deputati a occuparsi della Salute Mentale, è sorta la necessità di attivare un Protocollo di intesa tra REMS di Nogara, Magistratura e DSM, con lo scopo di creare un gold standard relativamente alla gestione del paziente autore di reato affetto da patologia psichica e non imputabile (ai sensi dell’art. 85 c.p.), ma considerato pericoloso socialmente, partendo dalla definizione di “invio funzionale del paziente nella REMS” e di una corretta e appropriata dimissione del paziente stesso nelle strutture più idonee al proseguimento del percorso di cura.

La collaborazione continua tra Sanità e Magistratura consente di individuare, per ogni paziente, il miglior programma di cura, nell’ottica di costruire un PTRI, diversificando gli interventi ed evitando invii impropri146. Il Protocollo di intesa tra Regione Veneto, Corte d’Appello di Venezia e Procura Generale di Venezia a favore di soggetti sottoposti a giudizio e non imputabili, che presentino segni di sofferenza psichica, nell’ambito dell’applicazione della legge 81/2014, è stato firmato il 24 ottobre 2017 e ha iniziato a essere attivo alla fine dello stesso anno149. Il protocollo prevede che si costituisca, all’interno della REMS, un’Unità di interfaccia Mobile (UM), composta da tecnici ausiliari in grado di sostenere e indirizzare le decisioni della Magistratura sulla scelta del percorso riabilitativo del paziente prosciolto. Nella fase dell’inserimento vengono consegnati, a ciascun ospite, un opuscolo informativo e il Regolamento di vita nella REMS di Nogara, contenuto all’interno del documento “Carta dei servizi e il Regolamento R.E.M.S. di Nogara” (a cura del dott. Carlo Piazza, Direttore dell’UOC REMS di Nogara150). Il Regolamento, consultabile sul sito web dell’AULSS9 del Veneto, è finalizzato al miglioramento della qualità del servizio e delle attività che vi si svolgono affinché ospiti, operatori e familiari possano trovare una buona integrazione e comunicazione. A ogni paziente viene garantita l’attuazione di un PTRI in forma scritta, concordato con l’interessato e il CSM competente territorialmente e inserito nella cartella integrata dove confluiscono sia la documentazione sanitaria sia quella giuridica dell’ospite. Il PTRI viene attuato dagli operatori della REMS, nell’ambito di un programma quotidiano di attività interne ed esterne alla struttura.

Il programma-calendario settimanale delle attività151 comprende:

• il “Gruppo spesa”, durante il quale i pazienti, con gli educatori, effettuano scelte relative a generi di conforto extra da acquistare, in base alle proprie possibilità di budget e indicazioni sanitarie generali;

• il “Gruppo suddivisione lavori riassetto”, condotto da educatori e operatori socio sanitari, durante il quale vengono individuati gli incarichi per la gestione igienica e per la predisposizione delle sale comuni, rendendo più autonomi i pazienti e responsabilizzandoli al senso comunitario della REMS;

• il “Gruppo Menù”: viene scelto con i pazienti il menù della settimana, cercando di orientare e insegnare ai pazienti come abbinare le pietanze e come non esagerare con determinati nutrienti;

• il “Laboratorio creativo (natalizio)”, consiste nella realizzazione, mediante semplici tecniche artistiche, di oggetti per gli addobbi natalizi e di elementi del presepe. Quest’ultimo viene allestito negli spazi dell’ospedale Villa Stellini per rendere visibili le potenzialità degli ospiti della REMS;

• il “Gruppo Commissioni”: gli educatori con un operatore e alcuni pazienti, individuati in base al progetto riabilitativo, sono incaricati di effettuare la spesa per gli altri pazienti della REMS, al fine di potenziare l’autonomia personale, le capacità organizzative e le abilità cognitivo-esecutive;

• il “Gruppo cammino”: educatori, psicologi, infermieri e operatori conducono i pazienti, organizzati in un gruppo di cammino, secondo diverse andature e velocità di camminata sportiva. L’attività è integrata dalla presenza degli operatori e pazienti della Comunità terapeutica residenziale protetta (CTRP) Villa Stellini e del Centro Diurno “Il Girasole”;

• il “Gruppo discussione”: i pazienti discutono con uno psicologo, argomenti scelti a tema;

• “Ascolto Musica”: attraverso l’ascolto di brani musicali, la lettura del testo e la visione di video clip i pazienti sono stimolati ad affrontare discussioni legate a specifici argomenti e tematiche;

• “Gruppo Beauty”: percorso, condotto da educatori, volto al recupero del piacere di prendersi cura del proprio aspetto e della propria persona, in particolare per le pazienti della REMS;

• “Assemblea”: con il Primario, ascoltati i consigli e le proposte collettive dei pazienti, vengono affrontati argomenti legati a situazioni verificatesi in struttura e varie iniziative di interesse comune;

• il “Gruppo strutturato”: il Trattamento meta-cognitivo è un gruppo di psico-educazione condotto da educatori con la presenza di psicologi e operatori. È un intervento strutturato della durata di 16 incontri, divisi in due moduli, attraverso i quali si lavora su elementi cognitivi compensatori e su tematiche ispirate alla Teoria della Mente;

• il “Laboratorio con pazienti del Centro Diurno”: attività pratica manuale, organizzata da educatori e operatori, e finalizzata alla realizzazione di manufatti per arredare la struttura;

• “Arte Terapia”: i pazienti sono guidati da uno psicologo e da educatori, nella realizzazione di percorsi artistici pittorici con il sottofondo di brani musicali ispiranti;

• “Gruppo Film”: i pazienti possono scegliere da una lista di film ponderata e filtrata dagli operatori e si gestiscono nella visione dei film individuati;

• “Gruppo Cucina”: gli educatori e gli operatori gestiscono ricette di facile realizzazione con i pazienti, che si suddividono gli incarichi e i compiti, in base alle proprie abilità;

• “Karaoke”: i pazienti scelgono dei brani e cantano il pezzo scelto. Tale attività, oltre a essere ricreativa, incrementa la fiducia in sé, l’accettazione dell’altro e la condivisione di momenti piacevoli in uno spazio comune.

Sono stati proposti diversi progetti per attività sociali152, destinati ai pazienti della REMS di Nogara:

1. Un “Corso di formazione sulla decorazione del legno per oggetti d’arredo nell’ambito del restauro” (dal 29/11/2016), della durata di 80 ore, distribuite con cadenza di 4 ore al giorno, per un totale di quattro settimane di formazione, finalizzato a fornire competenze tecniche e artistiche specifiche e abilitanti a una possibile occupazione futura, con rilascio di attestazione di partecipazione e frequenza da parte dell’Ente organizzatore;

2. Un progetto benessere “Walking around REMS” per la prevenzione delle patologie metaboliche, associate alla sedentarietà e all’assunzione di farmaci, che inducono alto rischio di sindromi metaboliche. Tale progetto, destinato a 6/8 pazienti della REMS, con bisogno del controllo dell’ansia e della tensione nervosa, anche per coloro affetti da diabete, ipertensione arteriosa e/o sovrappeso, prevede – all’interno di uno specifico PTRI individualizzato – il walking (o il camminare veloce) lungo un percorso pedonale urbano (di lunghezza variabile da 0,7 a 8 km) stabilito presso il comune di Nogara o in percorsi sicuri della campagna veronese, con un esperto certificato di fitwalking e con il personale incaricato della REMS, educatori e psicologi. I parametri metabolici e funzionali dei pazienti partecipanti sono monitorati nel corso del tempo, al fine di evidenziare i progressi acquisiti;

3. Un progetto “Cuochi, ma buoni”, proposto dal Dipartimento di Salute Mentale ULSS21 di Legnago e dal Centro diurno “il Girasole” di Nogara, della durata di sei serate, finalizzato a fornire a un gruppo ristretto di utenti afferenti ai Servizi del DSM di Nogara (CD/CTRP/REMS) i rudimenti per poter cucinare in autonomia semplici piatti della cucina italiana, permettendo il recupero e/o l’acquisizione di competenze specifiche, nella direzione di una maggiore autonomia funzionale. Al termine di ogni incontro tematico, gestito da un volontario esterno, sulle nozioni base e sulle principali categorie culinarie, presso la sede Auser del Comune di Nogara si prevede un momento conviviale di degustazione/cena delle pietanze realizzate dagli aspiranti cuochi;

4. Una “Proposta per la realizzazione di un progetto di terapia assistita con gli animali Pet Therapy” della durata di un anno (2017), con équipe composta da una Psicoterapeuta, un Medico veterinario e un coadiutore del cane, finalizzato all’attivazione emotiva mediata dal cane con il quale il paziente entra in relazione, generando plausibilmente nuovi schemi di adattamento.


Il CSM di riferimento e gli operatori della REMS di Nogara, effettuano periodicamente verifiche sull’andamento dei PTRI, comunicandone gli esiti all’autorità giudiziaria competente, in sede di revisione del progetto complessivo del paziente. Come stabilito dal Protocollo di intesa145,146, per il monitoraggio dei pazienti si individuano due operatori fissi, i quali abbiano acquisito conoscenze forensi e maturato esperienza nel lavoro con persone sottoposte a Misura di Sicurezza, con la supervisione del Responsabile della Struttura. In particolare, nella REMS di Nogara, si utilizzano i due strumenti per la valutazione del rischio di recidiva, tradotti e validati in Italia, ovvero la PCL-R153, Hare Psychopathy Checklist-Revised e l’HCR-20v3, Historical, Clinical, Risk154 (entrambi a cura di Caretti e colleghi; 2011; 2019, rispettivamente), al fine di integrare il giudizio di pericolosità sociale (ai sensi dell’art. 203 c.p.) dell’autorità giudiziaria competente, con particolare attenzione ai margini di trattabilità e adesione al programma terapeutico del paziente.

3.6. Regione Piemonte

Nella Regione Piemonte è stato istituito (con D.D. 459 del 12 luglio 2017) un Gruppo di lavoro interistituzionale, formato da professionisti esperti e da personale rappresentativo delle Istituzioni coinvolte nella presa in carico e nella gestione dei soggetti autori di reato affetti da disturbi mentali con misure di sicurezza (Assessorato alla Sanità, Magistrato Ordinario, Referente ASL Città di Torino, psichiatra e professore ordinario di Psicopatologia Forense all’Università di Torino, Responsabile REMS, Ufficio Esecuzione Penale Esterna, Referente per le funzioni di coordinamento). La Determina n. 423 del 27 maggio 2019 “Processo di presa in carico dei soggetti autori di reato destinatari di misure di sicurezza e individuazione dei criteri e relativi indicatori in merito all’assegnazione/dimissione REMS”, riporta come il Gruppo di lavoro interistituzionale abbia sottolineato l’importanza di valutare, congiuntamente con la Magistratura, le necessità delle Misure di sicurezza e quelle della cura con i Servizi Territoriali155. L’elevata necessità di cura, protezione e tutela richiede una misura di sicurezza detentiva a carattere coercitivo, si esegue in una REMS ed è clinicamente individuata dai seguenti indicatori interni (qualità soggettive della persona), da applicare in senso quali-quantitativo:

• presenza e persistenza di disturbi dello spettro psicotico o depressivi maggiori o disturbi gravi della personalità, scompensati sul piano funzionale ed eventualmente in comorbilità con altri disturbi mentali o da uso di sostanze;

• scarsa o nulla aderenza alle prescrizioni sanitarie e psicofarmacologiche;

• mancata o inadeguata risposta a quelle praticate, purché adeguate sotto il profilo qualitativo e al range terapeutico (effettivamente somministrate e assunte);

• assenza di terapie specifiche;

• esplosioni comportamentali di rabbia incontrollata, auto- e/o etero-distruttive.

Di controverso significato è la tenuta in conto di indicatori di discutibile significanza clinica e valutativa quali: insufficiente o assente consapevolezza di malattia, segni di disorganizzazione cognitiva e presenza di storia psichiatrica significativa.

Il ricovero in REMS, che la legge considera extrema ratio e temporaneo (legge n. 81/2014), è più urgente nei casi in cui all’elevata necessità di cura, protezione e tutela si associno:

• un’escalation psicopatologica non trattabile attraverso i comuni presidi farmacologici e non negoziabile attraverso l’alleanza terapeutica;

• un grado di comorbilità elevato con disturbi di personalità e uso di sostanze e resistenza al trattamento;

• inesistente o inadeguata o palesemente errata protezione clinica del malato di mente;

• una collocazione giudiziaria o logistica inadeguata rispetto alla gravità della patologia di cui l’individuo è portatore;

• l’assenza di un progetto di cura e di riabilitazione realistico e adeguato oppure, anche se presente, non concretizzabile;

• concrete possibilità di passaggi all’atto auto o etero distruttivi non gestibili in maniera adeguata da un punto di vista farmacologico e organizzativo155.


L’attenuata necessità di cura, protezione e tutela sussiste quando gli indicatori interni vanno attenuandosi e il quadro psicopatologico e comportamentale si va stabilizzando, nel senso che ha avuto inizio un processo di responsabilizzazione e di autonomizzazione; la sintomatologia psicotica florida si è attenuata e si va realizzando una progressiva capacità di controllo e di regolazione emotiva. Peraltro, il funzionamento globale intrapsichico e relazionale è migliorato; la qualità di vita è andata incontro a progressivi miglioramenti e dovrebbe razionalmente, oltre che alla luce della normativa vigente, prevedersi un’attenuazione della Misura.

Gli indicatori esterni alla patologia, di cui l’individuo è portatore (le risorse), assumono importanza nel percorso che la persona può compiere in regime di Libertà Vigilata terapeutica attuato in strutture residenziali o semi-residenziali o territoriali, con prescrizioni accessorie (art. 228, 2 co., c.p.), quando e se il giudice le ritiene necessarie. La validità dei suddetti indicatori è accertata dai Servizi territoriali locali e, per le Misure Definitive, dai Servizi dell’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna, Ministero della Giustizia). Essi vengono rappresentati da:

• le caratteristiche dell’ambiente familiare e sociale di appartenenza (accettazione, rifiuto, indifferenza);

• la possibilità o meno di (re)inserimento lavorativo o di soluzioni alternative;

• tipo, livello e grado di accettazione del rientro del soggetto nell’ambiente in cui viveva prima del fatto reato e le opportunità alternative di sistemazione logistica i criteri da tenere presenti, al fine di ritenere positiva la remissione clinica della patologia diagnosticata e cessata la pericolosità sociale psichiatrica (indicati nel DGR 423/2019), sono i seguenti:

• remissione con buon compenso della sintomatologia psicotica florida;

• possibilità di ottenere, da parte del paziente, una spontanea accettazione degli interventi terapeutici, compresi quelli farmacologici e buona compliance alle terapie;

• realizzazione di una buona capacità di controllo e di regolazione emotiva;

• disponibilità dei Servizi territoriali locali a una prosecuzione di presa in carico di queste persone;

• prospettiva di rientro all’interno di una valida rete relazionale o di assegnazione a strutture residenziali;

• vita sociale e interpersonale ben compensata, compatibilmente con le abilità di base del soggetto;

• reperimento o ripresa di un’attività lavorativa o di altre attività integrative;

• buone prospettive di rientro in un proprio contesto di vita.

I criteri individuati – e i relativi indicatori – sono inclusi nell’esercizio della funzione di Governance156, di cui alla DGR n. 49-3357 del 23 maggio 2016, deputata al coordinamento dell’impianto organizzativo individuato per la presa in carico dei destinatari di misure di sicurezza, orientando l’operatività dei servizi specialistici delle Aziende sanitarie, nonché delle Unità di Psichiatria Forense (UPF). Inoltre, i succitati criteri sono utilizzati dal Coordinamento dei referenti aziendali per la presa in carico delle persone con misure di sicurezza in sede di revisione e aggiornamento, a cadenza mensile, delle informazioni relative ai pazienti, sia in lista di attesa, sia presenti in REMS.

Con Determina n. 537 del 8 luglio 2019 a oggetto: “Definizione del Percorso Assistenziale (PA) dei pazienti autori di reato destinatari di misure di sicurezza”156, la Regione Piemonte ha ritenuto opportuno definire alcune modalità operative denominate PA (Percorso Assistenziale), per la gestione delle varie fasi in cui i Servizi specialistici sono chiamati a intervenire. Il Documento comprende cinque flow chart, che descrivono i percorsi utilizzati (consultabili alle pp. 552-556 del presente elaborato; Appendice D).

Il PA (definito in clinica PDTA), finalizzato a uniformare il trattamento e facilitare i processi decisionali, è lo strumento che consente alle Unità di Psichiatria Forense del Piemonte, di operare in modo dinamico ed efficiente. L’accezione “Percorso” sta a indicare l’esperienza del cittadino/paziente e l’impatto organizzativo che il PDTA/PA può avere nella realtà che lo utilizza. I termini “diagnostico”, “terapeutico” e “assistenziale”, evidenziano la visione della presa in carico attiva e totale, dalla prevenzione alla riabilitazione della persona portatrice di un problema di salute, in questo caso associato a un problema giudiziario, per la gestione dei quali sono necessari interventi multi-professionali e multidisciplinari rivolti in ambiti diversi.

Le flow chart illustrano le seguenti situazioni:

• la funzione liaison dell’Unità di Psichiatria Forense per pazienti indagati, imputati, condannati/prosciolti (cfr. p. 552);

• l’applicazione della Libertà Vigilata (cfr. p. 553);

• l’assegnazione alla REMS (cfr. p. 554);

• l’ingresso in REMS con provvedimento provvisorio (cfr. p. 555);

• l’ingresso in REMS con provvedimento definitivo (cfr. p. 556).

Oltre al criterio dell’attivazione precoce dei Servizi di riferimento, tramite le Unità di Psichiatria Forense, il PA delinea gli indicatori e gli standard per il monitoraggio e la valutazione, quali:

• il numero di visite dei pazienti effettuate (in fase di indagini preliminari, entro 15 giorni dalla segnalazione all’UPF) sul totale delle segnalazioni ricevute;

• il numero di sintesi effettuate (informazioni cliniche e giuridiche e individuazione dell’A.G. competente entro 30 giorni dalla segnalazione all’UPF) sul totale delle segnalazioni ricevute;

• il numero di progetti alternativi alla REMS predisposti, sul totale delle richieste da parte del Magistrato/CTU;

• il numero di relazioni relative ai pazienti inseriti in lista d’attesa, inviate entro 15 giorni al Coordinamento operativo (governance), ai fini dell’applicazione dei criteri di priorità d’ingresso in REMS, sul totale dei pazienti inseriti in lista d’attesa;

• il numero di PTRI caricati su SMOP (entro 45 giorni previo incontro con paziente e con équipe REMS), sul totale degli ingressi in REMS.


La condivisione del Percorso Assistenziale tra le due Componenti Istituzionali (Sanità e Magistratura) può favorire lo svolgimento di compiti e attività complesse ed essere d’aiuto in caso di contenzioso, a patto che tale strumento si sottoponga a un costante adattamento alla realtà specifica e a una regolare verifica (dopo sei mesi ed ex-post dopo un anno), effettuata dal Coordinamento Regionale dei Referenti aziendali.

Il Programma della Regione Piemonte, approvato con Decreto 23 dicembre 2015 del Ministero della Salute (GU n. 23 del 29 gennaio 2016), individua due strutture sanitarie detentive di natura privata-accreditata: la REMS San Michele di Bra (in provincia di Cuneo) e la REMS Anton Martin di San Maurizio Canavese (in provincia di Torino) per una capienza totale di 38 posti letto.

3.6.1. REMS San Michele di Bra

La REMS San Michele di Bra, attiva dal 22 ottobre 2015, – è parte di una struttura privata accreditata – la “Casa di Cura Neuropsichiatrica San Michele” – situata in zona semicentrale a Bra, in provincia di Cuneo. La REMS è stata autorizzata con provvedimento dirigenziale (DD n. 603 del 16 settembre 2015) e ha una capienza regolamentare di 18 posti letto, destinati a pazienti autori di reato afferenti al territorio di competenza dell’ASL CN2 – Alba e Bra. Per la gestione di eventuali situazioni critiche, all’interno della REMS, è stato approvato con DGR n. 51-2255 del 12 ottobre 2015 un “Accordo tra Prefettura di Cuneo, Regione Piemonte e Casa di Cura San Michele relativo alle procedure operative di sicurezza”157. Al momento della visita dell’Osservatorio, in data 24 luglio 2018, la REMS di Bra ospitava 18 persone. Le attività svolte all’esterno della REMS, sono considerate essenziali per il miglioramento del rapporto tra pazienti e comunità locale e consistono in progetti gestiti con la Caritas di Bra e in attività lavorative, quali l’orticoltura – orto solidale e vendita al mercato – e il maneggio (seppure non sia chiara la remunerazione); attività sportive (per es., calcetto); partecipazioni a sagre/feste locali. I permessi per l’uscita vengono concessi dalla Magistratura di Sorveglianza, in riferimento al PTRI e quindi validi per la durata e con la frequenza indicate dallo stesso158.

3.6.2. REMS “Anton Martin” di San Maurizio Canavese

La REMS “Anton Martin” di San Maurizio Canavese, in provincia di Torino, è stata avviata il 16 novembre 2016, come struttura provvisoria e ha una capienza regolamentare di 20 posti (di cui 18 destinati a uomini e 2 alle donne). La REMS è parte del grande Presidio Ospedaliero Fatebenefratelli, un complesso privato che opera in convenzione con il SSN (ex art. 43 Legge 833/1978), articolato in diverse strutture (quattro Unità Operative di Riabilitazione: Alzheimer, Neurologica, Fisica, Dipendenze Alcol; sei Ambulatori e tre Comunità protette). In quest’ambito, il direttore della REMS è anche responsabile di una Comunità Psichiatrica Forense dedicata a pazienti provenienti dal carcere (o dalla stessa REMS) e dell’U.O. di Riabilitazione alcol-farmaco dipendenze. La REMS è stata autorizzata con provvedimento dirigenziale (DD n. 311 del 1 giugno 2016)32 e accoglie pazienti autori di reato afferenti al territorio di competenza dell’ASL TO4. Al momento della visita dell’Osservatorio, in data 24 luglio 2018, la REMS ospitava 20 persone, delle quali 8 senza fissa dimora. Tra le attività svolte dai pazienti, all’interno della Residenza Anton Martin, il progetto “Lavoriamo insieme” consiste in un lavoro di assemblaggio di gadget per hotel, per il quale è prevista una remunerazione158.

3.7. Regione Toscana. REMS di Volterra Padiglione Morel

La REMS di Volterra, in provincia di Pisa, è stata aperta il 1 dicembre del 2015 e dispone di 30 posti letto destinati a pazienti (28 uomini e 2 donne) affetti da disturbi mentali, autori di reato e pericolosi socialmente, residenti sia nel territorio della Regione Toscana, afferenti alle AUSL nordovest, centro e sudest, sia nel territorio della Regione Umbria, afferenti alle AUSL Umbria 1 e 2. L’équipe multi-professionale della REMS di Volterra è composta da nove psichiatri, tra cui il Direttore della REMS, due psicologi, un coordinatore infermieristico, un coordinatore tecnico della riabilitazione psichiatrica (TERP), dodici educatori, ventisei infermieri, sedici operatori socio-sanitari, due medici di famiglia, un assistente sociale, un amministrativo. Ogni paziente ha una micro-équipe dedicata (psichiatra, psicologo, infermiere, educatore/TERP, OSS, assistente sociale)159.

Entro un mese circa dall’ingresso, per ogni paziente, è presentato il PTRI, inizialmente a cura della REMS e poi condiviso con il DSM di appartenenza del paziente. Le aree di intervento sono: la cura di sé e dell’ambiente, le competenze relazionali, la gestione economica, le abilità sociali, le relazioni intra-familiari e il trattamento mirato della psicopatologia di cui il paziente è portatore. Gli interventi includono: la terapia farmacologica, la psicoterapia, la psico-educazione, l’abilitazione e la riabilitazione, nonché interventi di risocializzazione e di inclusione socio-lavorativa. I pazienti all’interno della REMS possono altresì partecipare alle attività sportive (per es., il nuoto nella piscina comunale, il calcetto), a un corso di fotografia, di teatro, onoterapia (pet therapy con gli asini). Inoltre, vengono svolte attività di scrittura creativa, educazione alimentare, corsi di inglese, attività di cucina, cineforum e un gruppo di discussione antifumo160. Alla data di elaborazione del presente documento non esiste una normativa regionale di riferimento per il protocollo operativo da applicare nella REMS ma, secondo quanto riferito dal Dirigente Medico Psichiatra dell’AUSL Toscana Nord Ovest e Responsabile della REMS di Volterra, è in corso un tavolo interistituzionale tra il Dipartimento di Salute Mentale, la Magistratura e la Regione Toscana per la gestione delle criticità organizzative. L’unica delibera emessa riguarda lo stanziamento dei fondi per la realizzazione della REMS e il reclutamento delle varie figure professionali coinvolte. Attualmente il protocollo operativo della REMS di Volterra si ispira al documento della Conferenza Unificata delle Regioni e delle PA del 26 febbraio 2015 (Accordo concernente disposizioni per il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e successive revisioni4-7.

3.8. Regione Puglia

La Regione Puglia ha attivato, con Deliberazione della Giunta regionale n. 350/2015, la REMS di Spinazzola, in provincia di Barletta-Andria-Trani e con DGR n. 1841/2014, la REMS di Carovigno, in provincia di Brindisi. Il percorso di superamento degli OPG, iniziato nel 2012, ha attraversato una prima fase di avviamento e sperimentazione che ha portato, anche in Puglia, alla necessità di rivedere alcune valutazioni e scelte strategiche operate in fase di avvio della riforma. Tale percorso è tutt’oggi in itinere e ha sinora mostrato l’insufficienza delle due REMS pugliesi provvisorie, attualmente attive (con complessivi 38 posti letto da sempre utilizzati a pieno regime), a soddisfare le richieste di inserimento provenienti dalla Magistratura.

Come riportato nella DGR n. 790 del 2 maggio 2019, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 56 del 24/05/2019, nonostante gli sviluppi nell’implementazione della rete complessiva di presa in carico degli autori di reato messa a punto dalla Regione Puglia per il superamento degli OPG – anche in ottemperanza alle prescrizioni della L. 81/2014 che prevede il rafforzamento della rete complessiva dei DSM delle ASL cui è attribuito il compito della presa in carico dei pazienti psichiatrici autori di reato con l’assunzione di micro-équipe dedicate, composte da un medico psichiatra, un assistente sociale e un tecnico della riabilitazione psichiatrica (ex DGR 1496/2015), nonché l’implementazione della filiera delle strutture psichiatriche residenziali terapeutico riabilitative e socio riabilitative attive sul territorio regionale – si rileva l’esistenza costante di una lista di attesa di autori di reato destinatari di Misure di Sicurezza detentive pari a circa 40 unità161. Pertanto, l’Osservatorio Regionale Permanente Sanità Penitenziaria, in composizione allargata ai Direttori dei DSM delle sei ASL – stante l’esigenza di dare esecuzione ai provvedimenti di inserimento in REMS previsti dalla Magistratura per soggetti destinatari di Misure di sicurezza detentive attualmente “a piede libero” oppure impropriamente trattenuti nel circuito carcerario – ha proposto la realizzazione di una terza REMS, da allocare presso l’ex Carcere mandamentale di Accadia (in provincia di Foggia), nel rispetto al criterio di territorialità degli inserimenti. L’“Osservatorio sul Superamento degli OPG, sulle REMS per la salute mentale”, a seguito delle visite alle REMS di Spinazzola e di Carovigno, evidenzia che la presenza di una lista di attesa per l’ingresso nelle REMS pugliesi sembra confermare che la Magistratura di Cognizione (e poi quella di Sorveglianza) opta preferibilmente per Misure di sicurezza detentive, anche quando sarebbe possibile adottare Misure non detentive per prevenire l’ingresso in REMS o addirittura quando il PTRI suggerisce la dimissione162.

3.8.1. REMS di Spinazzola

La REMS di Spinazzola è stata aperta nel novembre 2015 presso un’ala dell’ex Ospedale Civile del Comune di Spinazzola, in provincia di Barletta-Andria-Trani. La Residenza ha una capienza regolamentare di 20 posti letti e può accogliere pazienti autori di reato, pericolosi socialmente, residenti nel territorio dell’ASL BAT. L’équipe multi-professionale della REMS è composta da un medico psichiatra Responsabile, tre medici, otto infermieri professionali, dieci OSS, due terapiste della riabilitazione, una psicologa, un amministrativo, otto addetti alla portineria, nessun assistente sociale. Come riportato nel Report dell’Osservatorio, non sempre – per ogni paziente – è presentato il PTRI entro i 45 giorni (ai sensi dell’art. 7 Accordo CU del 26/02/2015), a causa di difficoltà del CSM di competenza territoriale, il quale spesso ritarda anche l’avvio del processo di presa in carico del paziente. Nella REMS di Spinazzola si svolgono attività riabilitative interne ed esterne sia individuali sia di gruppo. I pazienti escono con operatori per acquisti in negozi, sbrigare pratiche presso uffici, per la cura di giardini e orti sociali. Sono state organizzate partite di calcio e uscite per frequentare il cinema. Al momento della visita dell’Osservatorio, in data 7 maggio 2019, gli Operatori della REMS hanno riferito che un paziente avrebbe svolto un tirocinio per “addetto stampa” presso la ASL BAT e un altro paziente era stato affidato a una famiglia all’interno del progetto di Inserimento Etero-familiare Supportato di Adulti (IESA). Inoltre, è stato attivato il progetto “Fermo posta: laboratorio di socializzazione epistolare”, che consiste nello scambio di lettere tra pazienti e persone che vivono nei dintorni, finalizzato a collegare le persone ricoverate nella REMS alla comunità del territorio. Un altro progetto ha riguardato la lettura di libri da parte degli ospiti, la partecipazione a eventi di presentazione dei libri letti e la possibilità di intervenire nel corso dei dibattiti. A seguito di quest’ultimo progetto, l’équipe della REMS di Spinazzola ha deciso di formare, all’interno della Residenza, una biblioteca con libri donati da alcuni cittadini162.

3.8.2. REMS di Carovigno

La REMS di Carovigno è stata attivata a luglio del 2016, presso l’ex “Istituto Del Prete” (già sede di struttura residenziale e diurna del Centro di Salute Mentale), e ha una capienza regolamentare di 18 posti letto. Di recente, in data 26 settembre 2019 è stato firmato un Accordo di collaborazione tra il Ministero della Giustizia, il Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità, l’Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna, l’ASL e il DSM di Brindisi «per il sostegno (cura e riabilitazione) delle persone affette da disturbi psichiatrici e sottoposte a misure limitative e privative della libertà personale o comunque soggette a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, con sentenza definitiva, inserite nella Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza». Con tale Protocollo d’intesa, l’UEPE, il DSM di Brindisi, la REMS di Carovigno e i CSM competenti nel territorio provinciale di Brindisi, si sono impegnati a sviluppare modalità di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, per la realizzazione dei PTRI a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria privativi e limitativi della libertà personale, la cui esecuzione e/o controllo è demandata all’UEPE. Il Protocollo prevede l’individuazione di funzionari di servizio sociale dell’UEPE, di operatori del CSM di appartenenza e della REMS di Carovigno, in composizione d’équipe: psichiatra, psicologo, assistente sociale, tecnico della riabilitazione psichiatrica e coordinatore. L’équipe della REMS di Carovigno programma incontri con gli operatori del DSM e dell’UEPE che seguono l’ospite, per avviare un processo preliminare di conoscenza della realtà individuale e sociale di quest’ultimo. L’UEPE fornisce al CSM e alla REMS ogni informazione utile per costruire un percorso che contempli i vari aspetti della situazione personale, sanitaria e sociale del condannato e concorda con il CSM territorialmente competente (entro 45 giorni dall’ingresso del paziente in REMS) la redazione del PTRI, raccordando le esigenze giudiziarie con quelle terapeutico-riabilitative. Ciascun PTRI, unitamente all’esito dell’indagine sociale dell’utente, effettuata dall’UEPE, viene trasmesso all’Autorità Giudiziaria, per la concessione della Misura Alternativa o per l’accertamento della pericolosità sociale. I PTRI a favore di persone affette da dipendenze da sostanze o comportamentali sono condivisi dall’équipe della REMS con il Dipartimento delle Dipendenze patologiche (SERD) e l’UOPC del DSM competente per territorio. I Direttori DSM e UEPE, i Responsabili della REMS e dei CSM si incontrano, con cadenza non superiore a sei mesi, per la verifica dei risultati dei programmi di intervento e per il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni. L’UEPE relaziona periodicamente l’evoluzione del PTRI alla Magistratura di Sorveglianza. L’Accordo promuove altresì iniziative volte a favorire l’inclusione sociale, in rapporto alle risorse disponibili, approfondendo la conoscenza dei bisogni dei pazienti, delle loro famiglie e del territorio.

3.9. Regione Trentino Alto Adige. REMS
di Pergine Valsugana

La REMS di Pergine Valsugana, in provincia di Trento, è stata attivata il 1 luglio 2015 ed è ubicata all’interno dei Servizi riabilitativi del Distretto Est (Padiglione Perusini), in prossimità del centro di Pergine che include, tra l’altro, il CSM, la sede di Cittadinanza Attiva e la sede del Distretto Socio-Sanitario. La REMS può ospitare 10 cittadini della Provincia di Trento e della Provincia di Bolzano per i quali il Magistrato abbia stabilito una Misura di sicurezza detentiva, in quanto autori di reato, non imputabili a causa di infermità psichica e socialmente pericolosi163,164.

Il sistema di cura promosso all’interno della REMS (delineato da un Regolamento165) consta in un percorso terapeutico-riabilitativo che vede la sua conclusione naturale nel reinserimento sociale dell’individuo. Il Progetto individualizzato mira a valorizzare e implementare le risorse dell’ospite e si declina entro le norme previste dalle Misure di Sicurezza, con particolare attenzione all’elaborazione del delitto, al processo motivazionale e al social skills training. La presa in carico e l’assistenza medica generale dell’ospite sono garantite dagli psichiatri di struttura, che si articolano con i referenti territoriali dei CSM di competenza di ciascun utente, e dai coordinatori sanitari dell’attigua RSA, rispettivamente. Le visite specialistiche si svolgono all’interno della struttura oppure all’esterno nelle modalità previste e concordate con il Magistrato. L’autore di reato giunge presso la REMS, in seguito all’emissione da parte del Magistrato di una Misura di Sicurezza detentiva, accompagnato dalle Forze dell’ordine. All’arrivo, l’autore di reato viene registrato e i dati relativi all’immatricolazione vengono trasmessi alla Casa Circondariale di Trento. Presso la REMS è presente la seguente documentazione: fascicolo giuridico e sanitario, cartella clinica integrata contenente il PTRI, cartella informatizzata condivisa tra operatori REMS e psichiatri, modulo unico della terapia individuale, diario delle attività quotidiane strutturate, registro presenza giornaliera degli internati.

La presa in cura, la definizione del PTRI e le verifiche periodiche dello stesso, sono garantite dal Sistema Sanitario, in quanto il soggetto affetto da disturbi psichici, autore di reato è in carico ai Servizi psichiatrici territoriali. La valutazione diagnostica/funzionale è effettuata secondo precise procedure e strumenti definiti per ciascun ambito. Gli indicatori di qualità del servizio sono l’aderenza dell’utente a progetti individualizzati relativi alla propria qualità di vita, il miglioramento del livello di benessere personale percepito dall’utente, l’aderenza alle norme della vita in comunità e il livello di benessere percepito dal personale. Il monitoraggio di questi indicatori è attuato nelle riunioni di équipe e negli incontri di verifica con familiari e servizi invianti. All’interno della REMS si svolgono attività espressive, lettura di giornali, pet therapy, ascolto musica, attività fisica e orticoltura164.

3.10. Regione Friuli-Venezia Giulia

Fin dal 1980, operatori autorizzati del DSM della Città di Trieste supportano i detenuti in carcere con visite intensive, soprattutto in situazioni di criticità, garantendo la continuità dei programmi terapeutici, riabilitativi e di reinserimento sociale. La pratica dei CSM, coordinata a livello dipartimentale in un “gruppo carcere”, ha permesso di azzerare, già da quegli anni, gli invii in OPG dal carcere, dato rivendicato come importante successo anche dalla direzione della Casa Circondariale di Trieste. Tale Servizio si integra strettamente con il Servizio Sanitario gestito dall’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste (ASUITS), che include anche il Dipartimento per le Dipendenze166. Come riportato dal Piano Regionale Salute Mentale (anni 2018-2020), in seguito all’entrata in vigore della legge 81/2014 è stato siglato (con DGR 1537/2015) un Protocollo di collaborazione tra la Regione Friuli-Venezia Giulia e gli Uffici Giudiziari della Corte di Appello di Trieste, al fine di garantire l’esecuzione delle Misure di Sicurezza alternative al ricovero in OPG, adottate dal Giudice per chi sia autore di reato affetto da disturbi psichiatrici e pericoloso socialmente166. Inoltre, con DGR 444/2015, la Regione ha presentato al Ministero della Salute un programma d’utilizzo delle risorse finanziarie di cui alla legge 9/2012 che prevede tre strutture sanitarie inserite in strutture preesistenti dei DSM, utilizzando parte delle risorse per interventi strutturali ai sensi della legge 81/2014, ovvero per il potenziamento dei Servizi di salute mentale e parte delle risorse per la realizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi, finalizzati a favorire Misure Alternative all’internamento in REMS167.

La Regione Friuli-Venezia Giulia presenta un modello originale di REMS, in quanto le persone destinatarie di Misure di Sicurezza sono inserite in strutture psichiatriche del territorio, caratterizzate da un elevato livello di trattamento e con un riferimento marginale alla custodia (pratica definita: presa in carico all’interno di servizi “forti”168). In particolare, il Servizio Sanitario Regionale offre un sistema dipartimentale articolato in CSM aperti sulle 24 ore e dotati di posti letto per l’accoglienza diurna e notturna, in stretto collegamento operativo con l’SPDC del DSM. Le persone con problemi di salute mentale possono usufruire di percorsi di abitare assistito ed essere accolte in strutture residenziali gestite dai DSM (gruppi appartamento, comunità ad alta e media intensità terapeutica)168. La strategia complessiva, per il superamento degli OPG della Regione FVG, consiste nel continuare l’esperienza di buone pratiche sul territorio al fine di prevenire e contrastare l’uso esclusivo di soluzioni residenziali, promuovendo esperienze di trattamento assertivo di comunità, agendo sulle persone a rischio di deriva sociale, per le quali si rende più difficile la presa in carico da parte dei servizi; favorire l’impegno dei DSM competenti per la continuità della presa in carico; utilizzare, in dimissione, la rete dei Servizi per la salute mentale regionali (CSM 24h, Centri diurni, gruppi appartamento, comunità), per il prosieguo dei trattamenti e con funzioni di collegamento con i territori e le comunità in cui è previsto il reinserimento sociale.

Un lavoro congiunto tra Regione, Servizi di salute mentale e Magistratura ha previsto il dimezzamento del modello organizzativo della REMS da 20 a 10 posti letto, poi suddivisi in tre sub-unità territoriali, ovvero la REMS di Aurisina, la REMS di Maniago e la REMS di Udine.

3.10.1. REMS di Aurisina

La REMS di Aurisina, in provincia di Trieste, è stata attivata il 5 giugno 2015 in una struttura sanitaria del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 “Triestina”, sede del Centro Diurno di Aurisina aperto h24 il quale, dal 2006, è luogo di attuazione di programmi di abilitazione e formazione al lavoro per utenti del DSM e di programmi di integrazione con il territorio comunale. La REMS ha una capienza di due posti letto destinati a soggetti con disturbi mentali autori di reato, residenti nei territori di Trieste e Gorizia167.

3.10.2. REMS di Maniago

La REMS di Maniago, in provincia di Pordenone, si trova all’interno del comprensorio ospedaliero del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 “Friuli Occidentale” che garantisce funzioni sanitarie per situazioni di urgenza ed emergenza, per patologie acute in regime ordinario e day-hospital e per l’assistenza post-acuzie e riabilitativa. La struttura ha una capienza di 4 posti letto destinati all’accoglienza di persone residenti sul territorio, cui è stata applicata la Misura di Sicurezza detentiva del ricovero in REMS167.

3.10.3. REMS di Udine

La REMS di Udine è situata all’interno del compendio immobiliare di S. Osvaldo a Udine, il quale ospita, in vari edifici, la Direzione Generale, gli Uffici Amministrativi e Tecnici dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 4 “Medio Friuli”, una sede della Direzione Centrale, nonché alcune attività sanitarie, con relativi spazi amministrativi, tra cui la sede del DSM e strutture residenziali, la cui funzionalità rientra nella rete dei servizi territoriali per la salute mentale, quale elemento qualitativo e strategico nella realizzazione di progetti personalizzati ad alta intensità assistenziale. La REMS ha una capienza regolamentare di 4 posti letto, destinati ad accogliere l’utenza sottoposta a Misure di sicurezza detentiva residente nel territorio dell’ASS n. 4167.

3.11. Regione Liguria. REMS di Genova Pra

La Regione Liguria ha approvato il programma per la realizzazione della Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, nell’ambito del processo di superamento degli OPG (con DGR 364/2013)169 e per la realizzazione degli interventi assistenziali (con DGR 1447/2013)170. In data 8 febbraio 2017 è stata inaugurata la REMS di Genova Prà con funzione integrata nella rete regionale dei Servizi di assistenza psichiatrica, che fa capo ai Dipartimenti di Salute Mentale e Dipendenze, nell’ambito del «sistema regionale integrato per la salute in carcere e delle persone nel circuito penale» (DGR 364/2012).

La configurazione della rete definisce un sistema in cui il DSMD competente, mediante i necessari strumenti di comunicazione, coordinamento, condivisione delle valutazioni e monitoraggio dei percorsi, garantisce la continuità assistenziale nei diversi contesti di pena e di cura in cui si trovano gli assistiti171. Con l’apertura della struttura, otto persone liguri – provvisoriamente ospitate nel Sistema Poli-modulare di Castiglione delle Stiviere (cfr. 3.1) – sono rientrate nella Regione di appartenenza, nel rispetto del principio della territorialità. La REMS è situata nella Comunità terapeutica riabilitativa psichiatrica “Villa Caterina”, sita in Genova Prà, con dotazione di 20 posti letto destinati ai pazienti psichiatrici autori di reato, per i quali l’Autorità Giudiziaria ha disposto l’esecuzione della Misura di Sicurezza detentiva, residenti sul territorio ligure. Per favorire l’interazione strutturata tra il Servizio Sanitario e il Sistema Giudiziario, è stata istituita in ciascun DSMD un’Unità funzionale di Psichiatria Forense (UPF) che costituisce l’interfaccia tra i due sistemi. La Direzione Sanitaria coordina l’organizzazione e il lavoro delle varie professionalità presenti a Villa Caterina in qualità di Responsabile Clinico. Nella struttura, oltre ai medici, operano due psicologi, di cui uno con la funzione di Direttore di Comunità, dodici infermieri, sei OSS, un educatore e un assistente Sociale. All’équipe della REMS si affiancano saltuariamente tecnici esterni per la realizzazione di attività che richiedono una professionalità specifica. Per ogni ospite inviato dalla Magistratura, con la collaborazione della UPF, è attivato un PTRI. Ogni paziente è seguito da una mini-équipe di tre Operatori con ruoli e funzioni diverse, in modo da adattare la cura alle esigenze e alle condizioni dell’utente. L’équipe della REMS compila, quotidianamente, un diario con informazioni relative ai progressi e alle esigenze dell’ospite. Al fine di monitorare e verificare l’efficacia del PTRI, è prevista – a cadenza settimanale – una riunione d’équipe e – a cadenza semestrale – la stesura di una dettagliata relazione clinica di ogni paziente, da inviare alle Autorità competenti (unitamente alla cartella clinica), quale testimonianza del percorso individuale dell’assistito all’interno della REMS171.

3.12. Regione Abruzzo. REMS di Barete

Il programma interregionale della Regione Abruzzo e della Regione Molise per il superamento degli OPG è stato approvato dal Ministero della Salute con decreto del
17 dicembre 2013 (accordo rinnovato in data 11/01/2018). Con Decreto n. 70 del Commissario ad Acta della Regione Abruzzo del 6/7/2015, è stata individuata l’ASL n. 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila, per l’attivazione della Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza. La REMS di Barete, in provincia dell’Aquila, è stata aperta in data 9 maggio 2016: ha una capienza regolamentare di 20 posti e può ospitare 17 uomini e 3 donne, per i quali è stata disposta una Misura Detentiva, residenti nelle Regioni Abruzzo e Molise
172. Di recente, con la DGR n. 71 del 1 febbraio 2019, è stato proposto il nuovo programma regionale ex DCA 67/2013 (a integrazione della deliberazione 22/2019) per l’allocazione definitiva della REMS presso la struttura di Barete173. L’équipe multi-professionale della REMS di Barete consta di due psichiatri, due psicologi, dodici infermieri, sei operatori socio-sanitari, un assistente sociale e un tecnico della riabilitazione. Diverse Associazioni di volontariato forniscono un contributo importante nel processo di rieducazione e di integrazione dei pazienti all’interno del tessuto cittadino. I volontari collaborano alla realizzazione di molti progetti esterni come il “Progetto Aria Pulita”, finalizzato al reinserimento sociale e al miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche del paziente, attraverso camminate in luoghi salubri o il laboratorio teatrale, considerato mezzo di ripartenza e riflessione del percorso rieducativo intrapreso all’interno della struttura. Il “Progetto Tao” – dell’Associazione Sport Dilettantistica (ASD) - Attività Motorie e culturali (AMC), approvato con DGR 1647/2018 – prevede la partecipazione dei pazienti a due incontri settimanali, con personale specializzato nell’attività motoria, per la gestione del benessere psicofisico, volto a migliorare la salute attraverso la creazione di momenti ludico-ricreativi. Altri progetti sono “Radio Stella 180-Voci dalla REMS”, proposto dall’Associazione 180 Amici L’Aquila onlus (approvato con DGR 1645/2018) e “Ho un talento per te”, proposto dall’Associazione socio-culturale Calliope (DGR 1648/2018). Il criterio di ammissione ai progetti prevede generalmente il superamento di un periodo di due mesi di terapia e la valutazione della stabilità sintomatologica e comportamentale, da parte dell’équipe della REMS. Ciascun paziente, all’interno della struttura, ha un compito ben specifico nella collaborazione quotidiana verso gli ambienti comuni, tra cui la cura dell’orto (“Progetto Ortoterapia”). Quotidianamente vengono effettuati degli incontri con il Dirigente della struttura e con i suoi collaboratori, durante i quali i pazienti hanno la possibilità di confrontarsi e di esprimere opinioni e difficoltà in merito alla privazione della libertà.

3.13. Regione Basilicata. REMS di Pisticci

La Giunta Regionale della Basilicata, in data 7 ottobre 2014, ha demandato (con DGR n. 1216) all’Azienda Sanitaria Locale di Matera (ASM), l’attuazione dell’intervento di realizzazione della struttura sanitaria extra-ospedaliera, destinata agli utenti psichiatrici autori di reato, ai quali vengono applicate Misure di Sicurezza. La REMS di Pisticci è stata attivata il 30 marzo 2015, in località Tinchi del Comune di Pisticci, in provincia di Matera e ha una capienza regolamentare di 10 posti. La REMS esplica funzioni terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative in favore di persone affette da disturbi mentali, autori di fatti che costituiscono reato cui viene applicata dalla Magistratura la Misura di Sicurezza detentiva. L’équipe della REMS garantisce, a ogni paziente, l’attuazione di un PTRI, concordato con l’interessato e il CSM competente territorialmente. Il Piano di trattamento individuale consta di un modulo-scheda in cui sono riportati:

• i dati anagrafici e la diagnosi clinica dell’utente, con informazioni sul contesto familiare e sociale;

• il motivo dell’invio da parte dell’Autorità giudiziaria;

• osservazioni sulle problematiche relative all’area psicopatologica, all’area della cura del Sé, all’area delle competenze relazionali, all’area della gestione economica e all’area delle abilità sociali;

• la terapia psicofarmacologica;

• la tipologia degli interventi psicoterapici, riabilitativi e risocializzanti più appropriati;

• modalità di attuazione delle verifiche (indicatori di outcome e tempi).


Ogni PTRI, sottoscritto dal paziente, è collocato nella cartella integrata che contiene la documentazione giuridica e sanitaria dell’ospite e viene attuato dagli operatori della REMS, mediante un programma quotidiano di attività. Il CSM di riferimento, l’équipe della REMS ed eventuali altre Agenzie coinvolte, provvedono a verifiche periodiche sull’andamento del singolo PTRI. Gli Operatori si impegnano a comunicare l’esito di tali verifiche all’Autorità Giudiziaria competente, in sede di revisione del progetto complessivo del paziente.

L’Azienda Sanitaria di Matera e l’Azienda Sanitaria di Potenza hanno proposto un Protocollo operativo a oggetto: “Implementazione e sviluppo della rete psichiatrica per la gestione delle strutture residenziali e semiresidenziali per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”, con il quale hanno definito gli obiettivi, le risorse a disposizione, il modello operativo di funzionamento, i compiti assegnati rispettivamente alle due Aziende ASP e ASM, nell’ambito della gestione delle strutture residenziali e semiresidenziali, per il definitivo superamento degli OPG. L’ASP e l’ASM si impegnano a una collaborazione di rete sul territorio regionale, al fine di gestire al meglio le problematiche giudiziarie e quelle di assistenza sanitaria, mediante il coordinamento tra la REMS di Tinchi e il Centro Diurno di Lauria. Il protocollo operativo174 assicura la circolarità delle informazioni utili tra le due Aziende Sanitarie Territoriali, la realizzazione di una stretta collaborazione con la Magistratura di Sorveglianza e di Cognizione, con l’UEPE, il DAP Regionale e Nazionale, la Prefettura e le Forze dell’Ordine, per una gestione adeguata delle Misure di sicurezza. Inoltre, le Aziende intendono costruire un Sistema Regionale di governo degli interventi per utenti sottoposti a Misure di Sicurezza Detentive, a Misure di Sicurezza non detentive e alternative (affidamento in prova, imputati in sospensione del procedimento con messa alla prova) che, in collaborazione con il Sistema Giudiziario, sia in grado di fornire in ogni fase del percorso, soluzioni e risposte alla necessità di ricovero, sia in strutture residenziali (REMS), sia in quelle semiresidenziali (Centro Diurno), nonché ridurre, ove possibile, il ricorso a Misure Detentive attraverso l’utilizzo della rete delle strutture e dei Servizi di Salute Mentale (anche in applicazione ad alcune sentenze della CC n. 253/03 e n. 367/04).

L’ASL Matera e l’Azienda Sanitaria Locale di Potenza, con l’obiettivo di migliorare lo stato psicopatologico e gli aspetti relazionali dell’utente, si impegnano altresì a erogare interventi multidisciplinari e integrati: farmacologici, psicologici, psicoterapeutici riabilitativi, psicoeducativi individuali e familiari, migliorando l’integrazione tra i CSM di competenza e la rete dei Servizi e dei Presidi socio-sanitari all’atto della dimissione dell’utente, per il loro rientro progressivo nella vita sociale. L’integrazione della REMS di Tinchi con il Centro Diurno di Lauria (proposta dal Protocollo175) è volta a offrire ulteriore risposta ai bisogni riabilitativi degli utenti dimessi dalla REMS che necessitano di un percorso terapeutico e riabilitativo, con un’assistenza meno intensiva e degli utenti psichiatrici, autori di reato, provenienti dal territorio, con Misure di sicurezza non detentive o Misure Alternative, la cui ammissione avviene su disposizione della Magistratura di Sorveglianza e/o di Cognizione e dall’UEPE. I Direttori del Dipartimento Salute Mentale della ASP e della ASM propongono la convenzione da stipulare con il Ministero della Giustizia, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con l’UEPE e con il Tribunale di Sorveglianza delle due Provincie di Potenza e di Matera per individuare un appropriato percorso di presa in carico degli utenti. I Direttori dei CSM di Matera e di Lauria, Responsabili della REMS e del Centro Diurno, svilupperanno protocolli che delineano le modalità di presa in carico e di elaborazione del progetto riabilitativo. In particolare, la valutazione psicopatologica, cognitiva e del funzionamento sociale di ogni ospite – all’ingresso e semestralmente – con strumenti standardizzati e la valutazione del comportamento aggressivo e del rischio di suicidio attraverso la somministrazione di test, scale e colloquio clinico, con monitoraggio costante. Entro 30 giorni dall’ingresso dell’utente, viene trasmesso il PTRP alla Magistratura e ai DSM competenti. L’ASP garantisce attraverso il CSM, per il Centro Diurno di Lauria, la responsabilità dell’attuazione e gestione del percorso clinico-assistenziale, delle terapie psicofarmacologiche, di eventuali esami clinici (ematici e/o strumentali) ed eventuali ricoveri in ambito ospedaliero174.

3.14. Regione Calabria. REMS di Santa Sofia d’Epiro

La Regione Calabria ha presentato ai Ministeri (con DCA n. 108/15) il “Programma di utilizzo dei fondi di parte corrente ex legge n. 9/12, che include il potenziamento della rete intra-penitenziaria per la tutela della salute mentale”. La REMS di Santa Sofia d’Epiro, in provincia di Cosenza, è stata attivata nell’ottobre del 2016 e ha una capienza regolamentare di 20 posti letto, destinati ad accogliere pazienti affetti da patologia psichiatrica autori di reato, sottoposti a Misura di Sicurezza e residenti sul territorio175. L’équipe della REMS, guidata da un Direttore Sanitario per conto dell’ASP di Cosenza, è composta da: un coordinatore referente, due psichiatri, una psicologa-psicoterapeuta, un’assistente sociale, un tecnico della riabilitazione psichiatrica, due educatori, quattordici infermieri e otto operatori socio-sanitari. Il Centro di Salute Mentale cui afferisce il paziente e l’équipe della REMS predispongono, per ogni utente, un PTRI e un Progetto Terapeutico Riabilitativo Residenziale (PTRR). Tali Progetti personalizzati sono poi condivisi con l’Autorità Giudiziaria competente e con l’Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna (ULEPE). La REMS di Santa Sofia d’Epiro opera in totale sinergia con i CSM e con i SERD di competenza territoriale, con i medici di medicina generale, i Servizi Sociali del territorio di riferimento e le Cooperative Sociali. Il consenso del paziente, relativamente ai Progetti di intervento (secondo i principi della recovery) e il coinvolgimento, quando possibile, dei familiari, sono considerati parte integrante della proposta riabilitativa. L’équipe della REMS, oltre alla verifica periodica dei PTRI e dei PTRR, attua le attività psicoeducative, quali laboratori didattici, attività creativo-manuali, di cucina, orto-terapia, attività fisica, cura del sé, vita di comunità e interventi psico-riabilitativi, colloqui clinici, social skills training, gruppi di problem solving, tecniche di rilassamento, psicoterapia e meta cognitive therapy.

3.15. Regione Sicilia

L’Assessorato della Salute della Regione Sicilia ha approvato un “Programma per la realizzazione di interventi per il superamento degli OPG ai sensi della legge n. 9 del 17/2/12 art. 3 ter.”, con DA n. 127/2014, finalizzato all’“Inclusione sociale dei pazienti dimessi dall’OPG”. Le risorse sono destinate a finanziare 50 budget di salute per i pazienti psichiatrici autori di reato internati in OPG e a utenti inseriti in strutture terapeutiche riabilitative dei DSM, i quali necessitano di programmi finalizzati all’inclusione abitativa e sociale, attraverso azioni di housing sociale, affido omo o etero-familiare, nonché organizzazione di gruppi di convivenza con protezione socio-sanitaria e, ove possibile, inclusione lavorativa. Il budget di salute, rinnovabile per una seconda annualità, rappresenta l’unità di Misura delle risorse economiche necessarie a programmare, sostenere e realizzare il PTI, attraverso l’individuazione di percorsi riabilitativi nelle aree che costituiscono i principali determinanti di salute: apprendimento, espressività, formazione, reddito-lavoro, casa-contesto sociale, affettività-socialità176. Il PTI si fonda su collaborazioni e rapporti che garantiscono una presa in carico globale, utilizzando lo strumento del budget di salute, condiviso con il paziente, i familiari, i Servizi pubblici, le Agenzie del privato sociale, I’UEPE e la Magistratura competente. Il DSM provvede alla redazione dei PTI indicando la diagnosi (espressa sulla base dei criteri dell’ICD-9-OMS), la gravità e la complessità del quadro clinico, le condizioni attuali del funzionamento personale e sociale dell’utente (ICF), le difficoltà stabilite sulla base di strumenti di valutazione standardizzati (HONOS, BPRS, VADO), nonché una breve analisi SWOT relativa al progetto stesso: punti di forza (strengths), debolezza (weaknesses), opportunità (opportunities) e le criticità (threats). A seguito della valutazione complessiva summenzionata, è possibile orientare il trattamento riabilitativo, in previsione di una risposta appropriata ai bisogni specifici del paziente.

In caso di “Manifestazione di interesse” a cogestire iniziative riabilitative (PTI), da parte di Imprese sociali o cittadini (per le proposte di affido familiare), per le persone beneficiarie sugli assi di intervento dell’abitare, dell’inserimento lavorativo e della socialità, spetta all’ASP-DSM validare le proposte organizzative, per la realizzazione dei PTI sul territorio regionale. Gli impegni sottoscritti da ASP, titolari dei progetti, Imprese sociali o cittadini, vengono sottoposti alla Magistratura competente. Sul territorio della Regione Sicilia sono state attivate due Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza: la REMS di Caltagirone, in provincia di Catania e la REMS di Naso, in provincia di Messina, per un totale di 40 posti letto destinati a pazienti psichiatrici autori di reato, socialmente pericolosi e residenti sul territorio, per i quali l’Autorità giudiziaria competente ha disposto la Misura di sicurezza detentiva176.

3.16. Regione Sardegna. REMS di Capoterra

La REMS di Capoterra (provincia di Cagliari), attiva da luglio 2015 – con una capienza di 16 posti letto – è stata riconvertita in struttura definitiva con DGR n. 30/21 del 20 giugno 2017. Il personale della REMS è organizzato in équipe multi-professionale comprendente tre psichiatri, uno psicologo, undici infermieri, un terapista della riabilitazione psichiatrica, sei OSS, un assistente sociale, un collaboratore amministrativo e dodici guardie particolari giurate (GPG). Il lavoro dell’équipe è regolato da una serie di procedure e dai seguenti protocolli interni alla REMS177-179:

• Protocollo gestione urgenza/emergenza medica (Pr. n. 23/2016);

• Protocollo gestione emergenza paziente aggressivo (Pr. n. 24/2016);

• Protocollo ingresso pazienti nella Struttura (Pr. n. 25/2016);

• Procedura accoglienza paziente (Pr. n. 26/2016);

• Protocollo di immatricolazione pazienti REMS (Pr. n. 27/2016);

• Procedura di funzionamento del sistema di sicurezza destinata alle guardie giurate (Pr. n. 28/2016);

• Protocollo gestione allarme antincendio (Pr. n. 29/2016);

• Protocollo d’intesa tra il Personale Sanitario della REMS e le FF.OO (Pr. n. 31/2016);

• Protocollo per l’utilizzo dei taglienti (Pr. n. 33/2016).

I percorsi terapeutico-riabilitativi residenziali per persone in stato di detenzione, predisposti dai CSM che hanno in carico la persona, si attuano nel contesto, attraverso l’ambiente sociale della residenza e sono attivati nelle SRPAI (Struttura Residenziale Psichiatrica per Adulti per Trattamento a carattere Intensivo, accreditate con DGR 53/8 del 29.12.2014), in accordo con i criteri del DM 1.10.2012 come moduli REMS. Per i soggetti con disturbo psichiatrico autori di reato e sottoposti a Misura di Sicurezza non detentiva, sia dimessi dalla REMS di Capoterra, sia provenienti dalle Case Circondariali o dalla libertà, con necessità di un ulteriore percorso in una Comunità capace di tutelare le necessità di cura e di contenimento, è prevista una SRPAI nel Comune di Lunamatrona, idonea per questo profilo clinico-giuridico. L’Assessore “Igiene e Sanità e Assistenza Sociale” della Regione Sardegna, con delibera n. 26/5 del 24 maggio 2018, ha riferito come – a seguito della revoca della DGR n. 9/21 del 10 marzo 2015 – la riprogrammazione delle risorse, avvenuta in raccordo con i Dipartimenti della Salute Mentale, si sia conclusa con la stesura del Programma denominato “Programma regionale per la riqualificazione e ristrutturazione delle strutture della rete dei servizi per la salute mentale per la Sardegna”. L’Assessore, nella stessa, afferma che il nuovo Programma è in perfetta sintonia con la legge 81/2014, la quale esorta ad andare oltre i progetti di realizzazione delle REMS al fine di renderle quantomeno residuali, attraverso PTRI più appropriati per gli utenti, atti a favorire le loro dimissioni attraverso la presa in carico da parte dei Servizi socio-sanitari.

La normativa in materia di superamento degli OPG e di ogni forma di internamento, a garanzia della tutela della salute, della sicurezza e della dignità dei soggetti con disturbo psichiatrico autori di reato, cui sia stata applicata una Misura di Sicurezza, ha disposto la presa in carico di tali utenti da parte dei Servizi di salute mentale. Nella Regione Sardegna le articolazioni organizzative territoriali del Sistema Sanitario Regionale sono definite Aree Socio Sanitarie Locali (ASSL). La legge n. 171 del 27 luglio 2016, ha ridefinito il Sistema Sanitario Regionale, passando da otto articolazioni organizzative territoriali a una sola articolazione organizzativa denominata Azienda per la Tutela della Salute (ATS), a sua volta articolata in otto Aree Socio Sanitarie Locali (ASSL). Ai sensi della suddetta legge, pertanto, a partire dal 1 gennaio 2017, l’ATS subentra nei rapporti attivi e passivi, nel patrimonio e nelle funzioni delle ASL precedentemente esistenti.

Per la riorganizzazione dei percorsi di presa in carico e cura a beneficio dei pazienti psichiatrici autori di reato, la Regione Sardegna ha istituito: un Protocollo di Intesa tra Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, UEPE di Cagliari e la REMS di Capoterra; un Protocollo di Intesa tra le Presidenze dei Tribunali Regionali e ATS, anche allo scopo di potenziare le relazioni tra Autorità Giudiziaria e Unità Operative di Psichiatria Forense, in particolare nell’area di Cagliari e Sassari. Per quanto attiene alla valutazione delle problematiche psichiatriche dei detenuti presenti nell’articolazione dell’Osservazione Clinica della Casa Circondariale e provenienti da tutti gli Istituti di Pena della Sardegna, i Dirigenti sanitari che gestiscono la Tutela della Salute Mentale nella C.C. di Cagliari-Uta e i Dirigenti sanitari della REMS di Capoterra partecipano ad attività di reciproca consultazione.

La Regione Autonoma della Sardegna con DGR n. 30/22 del 20/06/2017, ha aderito al protocollo informatico “SMOP” per la condivisione dei dati relativi agli ospiti della REMS e ha istituito un tavolo tra Assessorato alla Sanità, ATS, REMS, Autorità Giudiziaria, UEPE, Psichiatria Forense, Ordini degli Avvocati, che si riunisce periodicamente per il confronto in merito al processo di superamento OPG. La Regione, inoltre, con l’obiettivo di mantenere un collegamento tra REMS e assistenza sul Territorio, coinvolge gli Enti sociali territoriali nella gestione della residenzialità per i pazienti autori di reato, prevenendo forme di istituzionalizzazione prolungata177-179.

3.17. Regione Marche. REMS Casa Badesse

La struttura residenziale REMS “Casa Badesse” è stata inaugurata il 18 maggio 2019, a seguito della riqualificazione edilizia dell’ex Casa Mandamentale di Macerata Feltria, in provincia di Pesaro e Urbino. La capacità ricettiva della REMS è di 20 posti letto, erogabili per persone affette da disturbi psichici, autori di reato, alle quali vengono applicate le Misure di sicurezza detentiva del ricovero in Ospedale Psichiatrico Giudiziario e l’assegnazione a Casa di cura, provenienti dalla vicina Umbria e dallo Stato di San Marino, entrambe deficitarie di strutture idonee. Questi ultimi accordi interegionali sono stati raggiunti a seguito di numerosi dibattiti e confronti, tra le varie Istituzioni pubbliche e i Dirigenti funzionari dell’Agenzia Regionale Sanitaria, oltre che dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) della Regione Marche.

Attualmente la REMS “Casa Badesse” ospita 24 persone (21 uomini e 3 donne), trasferite dalla precedente sede, la REMS provvisoria “Casa Gemelle” di Montegrimano Terme. Data la necessità di diversificare i livelli assistenziali e nell’ottica di orientare l’utente della REMS in percorsi di cura appropriati, a seconda della pena e dello stato della pericolosità sociale, la Responsabile dell’Ufficio funzioni giuridico-amministrative della REMS “Casa Badesse” ha riferito che sono in corso trattative volte all’instaurazione di rapporti di collaborazione tra la REMS e l’ASUR Marche.



Appendice A (A.1)





Appendice A (A.2)





Appendice B





Appendice C

Esempio di schema PTRI in tema di misure di sicurezza140.

















Appendice D

Definizione di un esempio di Percorso Assistenziale (PA) dei pazienti autori di reato destinatari di misure di sicurezza156.

















BIBLIOGRAFIA

1. Zanalda E, Mencacci C. Percorso di superamento degli OPG in Italia. L’impatto sui Dipartimenti di salute mentale. L’opinione della società italiana di Psichiatria. Rassegna Penitenziaria e Criminologica 2013; 1: 25-48.

2. Comitato Nazionale di Costruzione e Sviluppo del PDTA, Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA). Raccomandazioni per il paziente con disturbo mentale negli Istituti Penitenziari italiani. Riv Psichiatr 2017; 52 (6 Suppl. 1): S1-S33.

3. DPCM 1 aprile 2008 “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanita penitenziaria”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 126 del 30/05/2008, 2008.

4. Accordo Conferenza Unificata del 26 febbraio 2015 - Rep. n. 17/CU - Accordo, ai sensi del DM 1° ottobre 2012, Allegato A, concernente disposizioni per il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in attuazione al DM 1 ottobre 2012, emanato in applicazione dell’art. 3ter, comma 2, del decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 e modificato dal decreto legge 31 marzo 2014 n. 52, convertito in legge 30 maggio 2014, n. 81.

5. Accordo Conferenza Unificata del 22/1/2015 - Rep. n. 3/CU - Accordo, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento “Linee guida in materia di modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria negli Istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali”.

6. Accordo Conferenza Unificata del 13.10.2011 - Rep. Atti n. 95/CU del 13/10/2011 - Accordo, ai sensi dell’art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento recante “Integrazione agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle Case di Cura e Custodia (CCC) di cui all’Allegato C al DPCM 1 aprile 2008”.

7. Legge 30 maggio 2014 n. 81, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 125 del 31-5-2014, 2014.

8. Latte G, Avvisati L, Calandro S, et al. Dagli OPG alle REMS: il ruolo di un servizio sanitario territoriale nell’esecuzione delle misure di sicurezza detentive e non, nei confronti degli autori di reato con problemi psichici. Riv Psichiatr 2018; 53: 31-9.

9. D.L. 211/2011 art. 3-ter: “Disposizioni per il definitivo superamento degli OPG”.

10. Carabellese F, Felthous AR. Closing Italian Forensic Psychiatry Hospitals in favor of treating insanity acquittees in the community. Behav Sci Law 2016; 34: 444-59.

11. De Leonardis O., Emmenegger T. The Italian deinstitutionalization: pathways and challenges. Vertex 2012; 22: 31-43.

12. Gordon H, Lindqvist P. Forensic psychiatry in Europe. Psychiatric Bulletin 2007: 31: 421-4.

13. Salize HJ, Dreßing H. Placement and Treatment of mentally ill offenders-legislation and practice in EU member States, research project-grant agreement SPC.2002448 Final Report, 2005.

14. Van Marle H. Forensic psychiatric services in the Netherlands. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 515-31.

15. Oosterhuis H. Treatment as punishment: forensic psychiatry in the Netherlands (1870-2005). Int J Law Psychiatry 2014; 37: 37-49.

16. Ruchkin VV. The forensic psychiatric system of Russia. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 555-65.

17. Gordon H, Grubin D. Psychiatric aspects of the assessment and treatment of sex offenders. Advances in Psychiatric Treatment 2004; 10: 73-80.

18. Hansen H, Lykke-Olesen L. Treatment of dangerous sexual offenders in Denmark. Journal of Forensic Psychiatry 1997; 8: 195-9.

19. Minne C. Compulsory treatment of sex offenders in France: The Toubon project. Journal of Forensic Psychiatry 1997; 8: 509-13.

20. Cosyns P. Medical ethics and the judicial coerced treatment of sexual abusers. Eur Psychiatry 1998; 13: (Suppl. 3): S121-4.

21. Ciszewski L, Sutula E. Psychiatric care for mentally disturbed perpetrators of criminal acts in Poland. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 547-54.

22. Dontschev P, Gordon H. Forensic psychiatry in Bulgaria. Crim Behav Ment Health 1997; 7: 141-51.

23. Rutherford M, Duggan S. El Centro Sainsbury de Salud Mental: los Servicios Forenses de Salud Mental en Inglaterra y el País de Gales. Rev Esp Sanid Penit 2008; 10: 11-22.

24. Laing B. Mental Health and Specialist Care Services. UK Market Report 2006.

25. Duggan C. Dangerous and severe personality disorder. Br J Psychiatry 2011; 198: 431-3.

26. Fovet T, Thomas P. Forensic care in France. Eur Psychiatry 2017; 41: S61.

27. Fovet T, Thomas P, Adins C, Amad A. France’s forensic psychiatry provision: the long and winding road. Lancet Psychiatry 2015; 2: e20.

28. Konrad N. Redevelopment of forensic-psychiatric institutions in former East Germany. Int J Law Psychiatry 2001; 24: 509-26.

29. Konrad N, Lau S. Dealing with the mentally ill in the criminal justice system in Germany. Int J Law Psychiatry 2010; 33: 236-40.

30. Müller-Isberner R, Freese R, Jöckel D, Cabeza SG. Forensic psychiatric assessment and treatment in Germany. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 467-80.

31. Bosinski HAG, Saß H, Boetticher A, Nedopil N. Zweck der Empfehlungen. Forensische Psychiatrie, Psychologie, Kriminologie 2007; 1: 3-9.

32. Grøndahl P. Scandinavian forensic psychiatric practices. An overview and evaluation. Nord J Psychiatry 2005; 59: 92-102.

33. Sestoft D, Engberg M. Law and mental health in Denmark. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 533-40.

34. Holmberg G. Forensic psychiatric practice in the Nordic countries. Nord J Psychiatry 1997; 51 (Suppl. 39): S7-14.

35. Kleve L. Forensic psychiatric services in Norway. Journal of Forensic Psychiatry 1996; 7: 170-6.

36. Kullgren G, Grann M, Holmberg G. The Swedish forensic concept of severe mental disorder as related to personality disorders. An analysis of forensic psychiatric investigations of 1498 male offenders. Int J Law Psychiatry 1996; 19: 191-200.

37. Holmberg G. Swedish legislation and organisation concerning mentally disordered offenders. Poster esposto alla Nordic Forensic Psychiatry Conference tenuta a Helsingør, 2001.

38. von Heinz S, Rainer T. Geschichte der Psychiatrie: Krankheitslehren, Irrwege, Behandlungsformen. München: C.H. Beck, 2006.

39. Novella EJ. Mental health care and the politics of inclusion: a social systems account of psychiatric deinstitutionalization. Theor Med Bioeth 2010; 31: 411-27.

40. Mundt AP, Francˇiškovic­­΄ T, Gurovich I, et al. Changes in the provision of institutionalized mental health care in post-communist countries. PLoS One 2012; 7: e38490.

41. van Voren R. Political abuse of psychiatry. An historical overview. Schizophr Bull 2010; 36: 33-5.

42. Poloshij B, Saposhnikova I. Psychiatric reform in Russia. Acta Psychiatr Scand 2002; 104 (s410): 56-62.

43. Füredi J, Mohr P, Swingler D, et al. Psychiatry in selected countries of Central and Eastern Europe: an overview of the current situation. Acta Psychiatr Scand 2006; 114: 223-31.

44. Abdalla-Filho E, Bertolote JM. Sistemas de psiquiatria forense no mundo. Braz J Psychiatry 2006; 28 (s2): 56-61.

45. Walmsley R. World prison population list: 12th Edition. World Prison Brief, Institute for Criminal Policy Research, 2018.

46. Ta˘taru N, Marinov P, Douzenis A, et al. Forensic psychiatry in some Balkan countries. Curr Opin Psychiatry 2010; 23: 472-80.

47. Every-Palmer S, Brink J, Chern TP, et al. Review of psychiatric services to mentally disordered offenders around the Pacific Rim. Asia-Pacific Psychiatry 2014; 6: 1-17.

48. Hatton DC, Fisher AA. Incarceration and the new asylums: consequences for the mental health of women prisoners. Issues Ment Health Nurs 2008; 29: 1304-7.

49. Graham J, Morgan H. Forensic Hospitals. Vermont Legislative Research Service, 2017, pp. 1-21.

50. Steadman HJ, Callahan L, Robbins PC, et al. Criminal justice and behavioural health care costs of mental health court participants: a six-year study. Psychiatric Services 2014; 65: 1100-4.

51. Public Consulting Group of Alaska. Feasibility Study of the Privatization of the Alaska Psychiatric Institute Final Report. PGC Health, 2017, pp. 1-98.

52. Livingston JD. A statistical survey of Canadian forensic mental health inpatient programs. Healthc Q 2006; 9: 56-61.

53. Almanzar S, Katz CL, Harry B. Treatment of mentally ill offenders in nine developing Latin American countries. J Am Acad Psychiatry Law 2015; 43: 340-9.

54. United Nation Development Program (UNDP). Human development report for Latin American countries. Citizen security with a human face: evidence and proposals for Latin America, 2013.

55. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health Systems in Latin America and the Caribbean, 2013, pp. 1-45.

56. Walker J, Illingworth C, Canning A, et al, Changes in mental state associated with prison environments: a systematic review. Acta Psychiatr Scand 2014; 129: 427-36.

57. García-Guerrero G, Marco A. Overcrowding in prisons and its impact on health. Rev Esp Sanid Penit 2012; 14: 106-13.

58. Taborda JG. Forensic psychiatry today: a Latin American view. World Psychiatry 2006; 5: 96.

59. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Chile, 2014, pp. 1-122.

60. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Argentina, 2009, pp. 1-52.

61. Folino JO, Vázquez JM, Sarmiento D. Forensic Psychiatric System in the Province of Buenos Aires. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 567-77.

62. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Brazil, 2007, pp. 1-51.

63. Taborda JG, Bertolote JM, Cardoso RG, Blank P. The impact of primary mental health care in a prison system in Brazil. Can J Psychiatry 1999; 44: 180-2.

64. Taborda JG, Cardoso RG, Morana HCP. Forensic psychiatry in Brazil: an overview. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 579-88.

65. Bilal A, Keshavarzi H. Forensic Psychiatry. Oxford Islamic Study Online 2017; 1-8.

66. Cifiter I. Turkey. In: Kemp DR (ed). International Handbook on Mental Health Policy. Westport, CA: Greenwood Press, 1993.

67. Al-Issa I (ed). Al-Junūn: Mental Illness in the Islamic World. Madison, CT: International Universities Press, 2000, p. 382.

68. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Iraq, 2006, pp. 1-21.

69. Saberi SM, Karimi MR, Sheikhazadi A, et al. Malingering in Forensic Psychiatry Assessment. Journal of Forensic Research 2011; S2: 006.

70. Al-Muhairi BSB. The incompatibility of the penal Code with Shari’a. Arab Law Quarterly 1997; 12: 307-25.

71. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in the Islamic Republic of Iran, 2006, pp. 1-29.

72. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Lebanon, 2010, pp. 1-21.

73. Barak P, Gordon H. Forensic psychiatry in Israel. Psychiatric Bulletin 2002; 26: 143-4.

74. Kikuchi K. Keiji shihou: taiho, saiban, fukueki, sosite shakai-fukki. [Criminal justice: arrest, trial, imprisonment and rehabilitation]. Keisou Shobou 2011; 129-38.

75. Matsushita M. Shihou Seishin Igaku 5; Shihou seishin iryou [Forensic mental health]. Nakayama Shoten 2006; 50-60.

76. Nakatani Y, Kojimoto M, Matsubara S, Takayanagi I. New legislation for offenders with mental disorders in Japan. Int J Law Psychiatry 2010; 33: 7-12.

77. Tsuchiya KJ, Takei N. Focus on psychiatry in Japan. Br J Psychiatry 2004; 184: 88-92.

78. Shiina A, Fujisaki M, Nagata T, et al. Expert consensus on hospitalization for assessment: a survey in Japan for a new forensic mental health system. Ann Gen Psychiatry 2011; 10: 11.

79. Fujii C, Fukuda Y, Ando K, et al. Development of forensic mental health services in Japan: working towards the reintegration of offenders with mental disorders. Int J Ment Health Syst 2014; 8: 1-11.

80. Malathesh B, Das S. Being a forensic psychiatrist in India: responsibilities, difficulties, and criticalities. Indian J Psychol Med 2017; 39: 732-6.

81. Ganju V. The mental health system in India: history, current system, and prospects. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 393-402.

82. Kallivayalil RA, Trivedi JK, Tripathi A. Social factors and forensic psychiatry in India. Curr Opin Psychiatry 2009; 22: 482-7.

83. Hassan T, Nizami AT, Hirji S. Forensic psychiatry in Pakistan. Int J Law Psychiatry 2015; 41: 95-104.

84. Shah LP. Forensic psychiatry in India: current status and future development. Indian J Psychiatry 1999; 41: 179-85.

85. Hu J, Yang M, Huang X, Coid J. Forensic psychiatry in China. Int J Law Psychiatry 2011; 34: 7-12.

86. Tiechu J. The ancient Chinese criminal law of mental ill. The North Series, 2005, pp. 152-6.

87. Jianlin J. Mental health delivery system in Shanghai, China. Psychiatr Bull 1993; 17: 44-6.

88. Mengze X, Maosheng R, Sigan L. A controlled evaluation of psychoeducational family intervention in a rural Chinese community. Br J Psychiatry 1994; 165: 544-8.

89. Hu JN. Current situation of forensic psychiatry in China, some ethic regulations on mentally disordered offenders. Poster presentato al Beijing WPA-CSP Workshop, 2005.

90. Yang G, Zeqing H. An overview of the Chinese forensic psychiatry actual status. J Law Med 2007; 14: 3-7.

91. Human Rights Watch. World Report 2019: events of 2018, 2019, pp. 1-346.

92. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in the Philippines, 2007, pp. 1-26.

93. Lally J, Samaniego RM, Tully J. Mental health legislation in the Philippines: Philippine Mental Health Act. Br J Psychiatry Int 2019; 16: 65-7.

94. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Thailand, 2006, pp. 1-27.

95. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Myanmar, 2006, pp. 1-32.

96. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Vietnam, 2006, pp. 1-61.

97. World Health Organization. WHO-AIMS Report on Mental Health System in Lao People’s Democratic Republic. World Heal Organ, 2012, pp. 1-32.

98. Ogunlesi AO, Ogunwale A, De Wet P, et al. Forensic psychiatry in Africa: prospects and challenges. S Af J Psychiatry 2012; 15: 3-7.

99. Njenga FG. Forensic psychiatry: the African experience. World Psychiatry 2006; 5: 97.

100. World Health Organization. WHO Mental Health Atlas, 2017, pp. 1-68.

101. Hamaoui YE, Moussaoui D, Okasha T. Forensic psychiatry in North Africa. Curr Opin Psychiatry 2009; 22: 507-10.

102. Mihálik J. Legal aspects of forensic psychiatry in South Africa. Med Law 1992; 11: 239-48.

103. Allan A, Louw DA. Law and psychology in South Africa: development and recommendations (3). Med Law 1995; 14: 685-92.

104. Jager AD. Forensic psychiatry services in Australia. Int J Law Psychiatry 2001; 24: 387-98.

105. Brinded PMJ. Forensic psychiatry in New Zealand: a review. Int J Law Psychiatry 2000; 23: 453-65.

106. Brinded PMJ. Crown prosecutors’ views of psychiatric evidence in New Zealand. Psychiatry, Psychology and Law 1998; 5: 231-5.

107. Di Lorito C, Castelletti L, Lega I, et al. The closing of forensic psychiatric hospitals in Italy: determinants, current status and future perspectives. A scoping review. Int J Law Psychiatry 2017; 55: 54-63.

108. Lombroso C. Genio e follia. Milano: Hoepli, 1877.

109. Lombroso C. Le più recenti scoperte ed applicazioni della psichiatria ed antropologia criminale. Torino: Fratelli Bocca, 1893. In: Archivio digitale “Cesare Lombroso”, Biblioteca Federata di Medicina “Ferdinando Rossi”, Università degli Studi di Torino. Disponibile su: https://bit.ly/2E5bQ6C (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

110. Lombroso C. L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria (cause e rimedi). Torino: Fratelli Bocca, 1897. In: Archivio digitale “Cesare Lombroso”, Biblioteca Federata di Medicina “Ferdinando Rossi”, Università degli Studi di Torino. Disponibile su: https://bit.ly/2E5bQ6C (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

111. Tamburini A. I manicomi criminali. Rivista di Discipline Carcerarie 1873; 35 ss.

112. Ferri E. Sociologia criminale. Torino: Fratelli Bocca, 1900, pp. 718 ss.

113. Saporito F. Sugli incorreggibili e il loro governo razionale: nota di psicologia criminale. Aversa, 1908, p. 362.

114. Lombroso C. L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria. Milano: Bompiani, 1897, parte undicesima, vol. II, § 3.

115. Foucault M. Il manicomio illimitato. In: Bertani M, Rovatti A (eds). Follia e psichiatria. Milano: Giuffrè, 1994, p. 150.

116. Art. 469 e ss., del Regio Decreto 1° febbraio 1891, n. 260, Regolamento Generale degli Stabilimenti Carcerari e dei Riformatori Governativi, 1891.

117. Durante Mangoni E, Ferrari M. L’evoluzione della legislazione psichiatrica. Padova: Piccin, 1983, pp. 54 ss.

118. Lombroso C. La cattiva organizzazione della polizia ed i sistemi carcerari, 1900. In: Il momento attuale. Milano: Ed. Moderna, 1903, pp. 94 ss.

119. Fornari U. Trattato di Psichiatria Forense. Torino: UTET, 2010.

120. Romani CA, Saurgnani I. L’ospedale psichiatrico giudiziario oggi, tra ideologie e prassi. Rassegna Italiana di Criminologia 2001; 12: 500.

121. Rabaglitti G. Manicomi. Novissimo Digesto 1957; 10: 177.

122. Andreoli V. Un secolo di follia. Milano: Rizzoli, 1991, pp. 49 ss.

123. Ministero di Grazia e Giustizia. Lavori preparatori del codice penale e di procedura penale. In: Vassalli G. Codice Penale. Enciclopedia del Diritto, vol. III. Milano, 1960.

124. Vecchietti AM. Salute mentale e riforma sanitaria. Milano: Giuffrè, 1983, pp. 25 ss.

125. Daga L. Ospedali psichiatrici giudiziari, sistema penale e sistema penitenziario. Rassegna Penitenziaria e Criminologica 1985; 1: 11.

126. Della Casa F. Basta con gli OPG! La rimozione di un “fossile vivente” quale primo passo di un arduo percorso riformatore. Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale 2013; 1: 67.

127. Gatta GL. La riforma degli ospedali psichiatrici giudiziari. In: Libro dell’anno del Diritto. Roma: Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2013.

128. Pelissero M. Il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari nel tempo della crisi. Diritto Penale e Processo 2012; 2: 1025.

129. Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali. La svolta epocale nella disciplina delle misure di sicurezza. Coordinamento Nazionale dei Magistrati (CONAMS), 2014.

130. Schiaffo F. La riforma continua del “definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”: la tormentata vicenda legislativa dell’art.3-ter del DL n. 211/2011. Critica del Diritto 2013; 1: 47.

131. Calcaterra A. La riforma delle misure di sicurezza e il necessario ripensamento del percorso di cura. Questione Giustizia 2015; 2: 80.

132. Di Nicola P. La chiusura degli OPG: un’occasione mancata. Diritto Penale Contemporaneo 2015; 13 marzo, p. 7.

133. Pugiotto A. Dalla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari alla (possibile) eclissi della pena manicomiale. Diritti dei Detenuti, 2015, fascicolo n. 2, paragrafo 12.

134. Risoluzione Fasc. 37/PP/2016 “Disposizioni urgenti in materia di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e di istituzione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), di cui alla legge n. 81 del 2014”. Questioni interpretative e problemi applicativi del 19 aprile 2017.

135. Corleone F. Seconda Relazione Semestrale sulle attività svolte dal Commissario unico per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Roma: Ministero di Giustizia, 2017.

136. Report della visita all’ex OPG di Castiglione delle Stiviere dell’Osservatorio sul superamento degli OPG e sulle REMS. Disponibile su: http://www.stopopg.it (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

137. Decreto n. 9958 del 10/07/2018: “Protocollo d’intesa per l’applicazione di un modello operativo di superamento degli OPG (L.81/2014) nel territorio del distretto di Corte d’Appello di Brescia”.

138. Protocollo di Intesa tra Ministero della Giustizia e Regione Lazio del 8/11/2017 “Per l’esecuzione delle misure di sicurezza applicate in via definitiva o provvisoria nei confronti di soggetti affetti da vizio parziale o totale di mente”. Disponibile su: https://www.aslroma5.info/strutture/dsm/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

139. Deliberazione n. 866 del 22 dicembre 2017 a cura del Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 5. Disponibile su: https://www.aslroma5.info/strutture/dsm/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

140. Decreto n. 104 del 30 settembre 2014 “Adeguamento del Programma per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari della Regione Campania”. Pubblicato sul BURC n. 69 del 6/10/2014.

141. Determina n. 1686 del 05/03/2018: “Aggiornamento organizzativo del servizio servizio di salute mentale penitenziaria e superamento OPG e delle procedure inerenti i PTRI in tema di misure di sicurezza detentive OPG/CCC di cui alla Legge n. 81/2014”. Disponibile su: http://www.smopcampania.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

142. Delibera n. 767 del 21/05/2018 della Giunta Regionale Emilia-Romagna: “Approvazione schema protocollo operativo tra Magistratura, Regione Emilia-Romagna e Ufficio Esecuzione Penale Esterna per l’applicazione della Legge n. 81/2014 (Chiusura Ospedali Psichiatrici Giudiziari e Esecuzione delle misure di sicurezza)”. Disponibile su: https://www.ausl.pr.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

143. Carta dei servizi e Regolamento REMS di Bologna “Casa degli Svizzeri”. Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna. Disponibile su: http://www.assemblea.emr.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

144. Sgarbi C, Paulillo G, Frivoli GF, et al. L’esperienza della REMS di Casale di Mezzani: funzionamento della struttura e caratteristiche dei pazienti ricoverati. Rassegna Italiana di Criminologia 2017; 3.

145. Report della visita alla REMS Casale di Mezzani e Bologna dell’Osservatorio per il superamento degli OPG e sulle REMS in data 14 gennaio 2016. Disponibile su: http://www.stopopg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

146. Relazione Socio Sanitaria della Regione del Veneto anno 2018 (dati 2016-2017), a cura di UOC Servizio Epidemiologico Regionale e Registri (SER), prevista dalla nota prot. 318950 del 10 luglio 2012 del Direttore Generale Area Sanità e Sociale “Attribuzione obiettivi per l’attuazione del Piano Socio Sanitario”. Disponibile su: https://www.ser-veneto.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

147. DGR n. 1331 del 17 luglio 2012 “Approvazione del progetto di Struttura intermedia per pazienti psichiatrici autori di reato presentata dall’Azienda ULSS n. 21 di Legnago (VR) e determinazione del finanziamento regionale e relativo impegno di spesa.” Pubblicata sul Bur n. 62 del 7 agosto 2012. Disponibile su: https://bur.regione.veneto.it (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

148. DGR n. 1976 del 6 dicembre 2017 “Approvazione dello schema di Protocollo di Intesa tra la Regione del Veneto e la Magistratura a favore di soggetti sottoposti a giudizio che presentano segni di sofferenza psichica o non imputabili, nell’ambito dell’applicazione della Legge 81/2014.” Pubblicata sul Bur n. 3 del 9 gennaio 2018. Disponibile su: https://bur.regione.veneto.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

149. Piazza C, Castelletti L, Bissoli S (a cura di). Contributo per la Sessione n. 6 della Conferenza salute mentale del 27 aprile 2019: “L’integrazione funzionale psichiatrico-forense nella risoluzione delle “liste d’attesa”: l’esperienza della REMS del Veneto”. Disponibile su: http://www.conferenzasalutementale.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

150. Piazza C (a cura di). Carta dei servizi e Regolamento REMS di Nogara. Disponibile su: https://www.aulss9.veneto.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

151. Programma-calendario delle attività svolte nella REMS di Nogara. Disponibile su: http://www.sossanita.it/doc (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

152. Progetti attività sociali destinati ai pazienti della REMS di Nogara. Disponibile su: http://www.sossanita.it/doc (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

153. Caretti V, Manzi GS, Schimmenti A, Seragusa L. PCL-R. Hare psychopathy checklist-revised [Italian edition]. ITEMS, 2011.

154. Caretti V, Carpentieri R, Caprì C, Schimmenti A. Attendibilità, validità e proprietà psicometriche della versione italiana dell’HCR-20v3. Firenze: Hogrefe Ed., 2019.

155. DGR n. 423 del 27 maggio 2019 “Processo di presa in carico dei soggetti autori di reato destinatari di misure di sicurezza individuazione dei criteri e relativi indicatori in merito all’assegnazione/dimissione REMS”. Regione Piemonte, Direzione Sanità.

156. DGR n. 537 del 8 luglio 2019 “Definizione del Percorso Assistenziale (PA) dei pazienti autori di reato destinatari di misure di sicurezza”. Regione Piemonte, Direzione Sanità.

157. DGR n. 49-8660 del 29 marzo 2019 “Programma regionale di riparto ed utilizzo delle risorse di parte corrente per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) di cui alla DGR n. 49-3357 del 23.05.2016. Modifiche ed integrazioni”. Disponibile su: http://www.regione.piemonte.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

158. Report della visita alla REMS San Michele in Bra (CN) e alla REMS San Maurizio Canavese (TO) dell’Osservatorio per il superamento degli OPG e sulle REMS in data 24/07/2018. Disponibile su: http://www.stopopg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

159. Lombardi V, Veltri A, Montanelli C, et al. Sociodemographic, clinical and criminological characteristics of a sample of Italian Volterra REMS patients. Int J Law Psychiatry 2019; 62: 50-5.

160. Report della visita alla REMS Volterra dell’Osservatorio per il superamento degli OPG e sulle REMS in data 05/07/2018. Disponibile su: http://www.stopopg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

161. DGR n. 793 del 2 maggio 2019 “Provvedimento stralcio al fine della semplificazione delle procedure per autorizzazione alla realizzazione ed autorizzazione all’esercizio per le strutture sociosanitarie ammesse a finanziamento pubblico, con permesso a costruire/istanza di ristrutturazione e per RSAA ex art. 67 R.R. n. 4/2007 con istanza di qualificazione in RSA di mantenimento”. Disponibile su: http://www.regione.puglia.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

162. Report della visita alla REMS Spinazzola dell’Osservatorio per il superamento degli OPG e sulle REMS in data 07/05/2019. Disponibile su: http://www.stopopg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

163. Deliberazione della Giunta Provinciale n. 696 del 09/06/2015, “Realizzazione di una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) per la Provincia Autonoma di Bolzano”, 2015.

164. Mezzina R. La pena e la cura. Le risposte attuali dei servizi di salute mentale. Relazione al Corso ECM: “Articoli 88 e 89 del codice penale. È possibile abrogare il vizio di mente?”, Trieste, 2015.

165. Regolamento sanitario della REMS di Pergine Valsugana del 21/09/2015. Disponibile su: http://www.stopopg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

166. Piano Regionale salute mentale infanzia, adolescenza ed età adulta (anni 2018-2020), Friuli-Venezia Giulia. Allegato alla Delibera n. 122 del 25 gennaio 2018. Disponibile su: http://mtom.regione.fvg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

167. Delibera n. 444 del 13 marzo 2015 “Programma per la realizzazione di strutture sanitarie per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari – Rimodulazione. Disponibile su: http://mtom.regione.fvg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

168. Allegato alla Delibera n. 105 del 23 gennaio 2015 “Definizione del Programma regionale di Spesa Corrente per gli anni 2012 e 2013 per gli interventi finalizzati al superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) - Legge 17 febbraio 2012, n. 9, art. 3 ter”. Disponibile su: http://mtom.regione.fvg.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

169. DGR 28 marzo 2013 n. 364 (Legge 17.02.2012 n. 9 art. 3 ter - Programma per la realizzazione di strutture sanitarie extraospedaliere per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari).

170. DGR 19 novembre 2013 n. 1447 (Approvazione del “Programma per la realizzazione degli interventi per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari” ai sensi della legge 17 febbraio 2012 n. 9 art. 3-ter e ss.mm.ii).

171. DGR 193/2014 “Programma Regionale per la salute in carcere e delle persone nel circuito penale 2014-2016 Servizio Sanitario Regionale Liguria”. Disponibile su: http://www.liguriainformasalute.it (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

172. DGR 657/2016 “Immobile in locazione da destinare a REMS temporanea (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) - DM 1 ottobre 2012 - Decreti Commissario ad Acta Regione Abruzzo n. 70 del 6/7/2015 - n. 100 del 30/10/2015. Disponibile su: https://trasparenza.asl1abruzzo.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

173. DGR n. 71 del 01/02/2019 “Nuovo Programma regionale ex DCA 67/2013 – Integrazione della deliberazione n. 22 del 18.01.2019”. Regione Abruzzo. Disponibile su: https://www.regione.abruzzo.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

174. DGR n. 493 del 21/07/2017 “Presa d’atto Protocollo Operativo tra ASM ed ASP: ‘Implementazione e sviluppo della rete psichiatrica per la gestione delle strutture residenziali e semiresidenziali per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari’”.

175. DCA n. 108/15 “Programma di utilizzo dei fondi di parte corrente ex legge n. 9/12, che include il potenziamento della rete intra penitenziaria per la tutela della salute mentale”. Regione Calabria.

176. DA n. 127/2014 “Programma per la realizzazione di interventi per il superamento degli OPG ai sensi della legge n. 9 del 17/2/12 art. 3 ter.”. Regione Sicilia. Disponibile su: http://pti.regione.sicilia.it/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).

177. Allegato alla DGR n. 26/5 del 24/05/2018 “Programma regionale per la riqualificazione e ristrutturazione delle strutture della rete dei servizi per la salute mentale per la Sardegna”.

178. Carabellese F, Felthous AR, Rossetto I, La Tegola D, Franconi F, Catanesi R. Female residents with psychopathy in a High-Security Italian Hospital. J Am Acad Psychiatry Law 2018; 46: 171-8.

179. Lorettu L. True change and return to the past? The evolution of psychiatric care in Italy. Medicina Historica 2019; 3: 86-7.