Intimate partner violence (IPV) e fattori associati: uno studio trasversale nella psichiatria di comunità


Intimate partner violence (IPV) and associated factors: a cross-sectional study in community psychiatry


JACOPO SANTAMBROGIO1,2* FABRIZIA COLMEGNA3, ENRICO BIAGI3, MANUELA CASLINI3,
ESTER DI GIACOMO
3, ALBERTO STEFANA4, ANTONIOS DAKANALIS1, MASSIMO CLERICI1,3

*E-mail: j.santambrogio@gmail.com


1Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

2Fondazione Adele Bonolis AS.FRA. Onlus, Vedano al Lambro (MB)

3Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze, ASST Monza

4Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università di Brescia


RIASSUNTO Introduzione. L’intimate partner violence (IPV) è un problema di salute pubblica di rilievo per le sue conseguenze sulla salute fisica e psichica (in particolare depressione e disturbo post traumatico da stress) e quindi ha un carico importante sul sistema sanitario. Obiettivi. Scopo principale di questo studio è valutare la prevalenza e le conseguenze di IPV in un campione di donne ammesse a un Ambulatorio per ansia e depressione (VADEMECUM). Materiali e metodi. Abbiamo condotto uno studio cross-sectional reclutando 150 donne che si sono presentate da ottobre 2016 a maggio 2017 presso il Servizio Ambulatoriale “VADEMECUM” dell’Ospedale San Gerardo di Monza. A tutte le partecipanti è stato somministrato dallo psichiatra un questionario di screening su IPV e il questionario K6 come indice dello stato di distress psicologico. Risultati. Trentasei donne su 150 (24%) sono state vittime di IPV: 35 con abuso emotivo, 23 con abuso fisico, 7 con abuso sessuale. Delle 36 donne abusate, l’80% ha avuto esiti in termini di salute psichica e fisica, il 53% ha richiesto aiuto a parenti/amici e/o operatori sanitari. La variabili significativamente correlate a IPV sono le seguenti: stato coniugale (p=0,024), interruzioni volontarie di gravidanza (p=0,015), episodi ansiosi in anamnesi (p=0,028), trattamento psicologico precedente e attuale (rispettivamente: p=0,001, p=0,036), livello di distress psicologico (K6) (p=0,0004), maltrattamenti nell’infanzia (p=0,012). Conclusioni. Le donne “abusate” hanno anamnesi psichiatrica positiva per ansia, maggior richiesta (pregressa e attuale) di cure psicologiche, storia di maltrattamenti in età infantile, e stato di distress psicologico attuale più elevato rispetto a donne “non abusate”. Questo studio conferma la necessità di uno screening di routine per IPV e di specifici percorsi trattamentali in ambito psichiatrico.


PAROLE CHIAVE: violenza tra partner intimi, donne, ansia-depressione, abuso.



SUMMARY. Introduction. Intimate partner violence (IPV) is a relevant public health issue due to its consequences on physical and mental health (mainly depression and post traumatic stress disorder) and then on the healthcare system. Aims. The main goal of this study is to evaluate the prevalence and consequences of IPV in a sample of women admitted to an outpatient clinic for anxiety and depression (VADEMECUM). Materials and methods. We conducted a cross-sectional study with 150 patients who entered the aforementioned outpatient clinic of the ASST San Gerardo Hospital in Monza (Italy) during the period October 2016-May 2017. All participants completed a screening questionnaire investigating IPV and the K6 questionnaire as index of psychological distress. Results. Among 150 women, 36 (24%) were victims of IPV: 35 with emotional abuse, 23 with physical abuse, and 7 with sexual abuse. In the “abused” group, 80% of women had psychic and physical health consequences, whilst 53% requested help from relatives/friends and/or healthcare staff. Conjugal status (p=0.024), voluntary pregnancy interruptions (p=0.015), anxiety episodes history (p=0.028), previous or current psychological treatment (p=0.001 and p=0.036, respectively), (K6) levels of psychological distress (p=0.0004) and child abuse (p=0.012) were significantly associated with IPV. Conclusions. “Abused” women have positive psychiatric history of anxiety, greater demand for psychological care, child abuse and worst psychological distress status compared to “not abused”. This evidence as well as the high IPV prevalence found in our study suggest the need for appropriate screening and specific treatment pathways in psychiatric services.


KEY WORDS: intimate partner violence, women, anxiety-depression, abuse.


INTRODUZIONE

L’intimate partner violence (IPV) è definita come «qualunque episodio di comportamento controllante, coercitivo, minaccioso, di violenza o abuso tra le persone dai 16 anni in su che sono, o sono stati, partner intimi […], indipendentemente dal genere o dall’inclinazione sessuale. L’abuso può essere psicologico, fisico, sessuale, finanziario ed emotivo»1. L’ IPV, ha conseguenze sulla salute fisica e mentale e costituisce un carico per i Servizi sanitari2. L’atto più estremo di IPV è l’uccisione della donna3-5, evento per cui l’IPV trova molto riscontro a livello della cronaca. Va però sottolineato che, nonostante la ricerca sull’IPV si è principalmente concentrata sulle esperienze di violenza fisica, l’impatto dell’abuso psicologico è altrettanto rilevante6. Le conseguenze per la salute mentale delle vittime di IPV sono molteplici, in particolare depressione e disturbo post traumatico da stress (PTSD)7-9.

Dal punto di vista epidemiologico, si stima che in Italia 6 milioni 788 mila donne abbiano subito una qualche forma di violenza nel corso della propria vita: il 20,2% ha subito violenza fisica, il 21% violenza sessuale e il 5,4% stupri o tentati stupri10. Tali dati sono in linea con quelli provenienti dalla letteratura internazionale11-14. Ne consegue che l’IPV è un problema di salute pubblica rilevante2. Tuttavia, l’IPV è spesso sottovalutata nei Servizi di salute mentale e/o non riconosciuta dai curanti15, nonostante le popolazioni psichiatriche siano ritenute più vulnerabili a subire violenza da partner16-19.

L’IPV ha una rilevanza di cui occorre tenere conto a livello sanitario, per quanto riguarda la prevenzione e gli interventi di cura ad ampio raggio, a livello politico-istituzionale, affinché gli autori di violenza siano adeguatamente puniti e le vittime possano intraprendere percorsi di adeguata tutela e reinserimento sociale, e a livello di ricerca epidemiologica per raccogliere dati aggiornati e guidare la riflessione di tutti gli interlocutori20,21.

OBIETTIVI

Lo studio è volto a indagare a) la prevalenza di IPV, lifetime e nell’ultimo anno, in un campione di donne afferenti a un Servizio per il trattamento di disturbi d’ansia e disturbi depressivi; b) le conseguenze fisiche e psicologiche di IPV (outcome secondari), le richieste di aiuto e una valutazione del disagio psicologico attuale.

Essendo l’IPV un problema di salute pubblica di rilievo, tuttavia sottovalutata nei Servizi di salute mentale15, il presente studio può fornire importanti insights circa la necessità di screening per IPV in ambito psichiatrico e di specifici percorsi trattamentali20,21.


Analisi statistiche

I confronti tra i gruppi “abusate” e “non abusate” sono stati fatti utilizzando il test χ2 di Pearson e il test delle proporzioni per le variabili categoriche, mentre il t-test di Student o il Wilcoxon-Mann-Whitney test sono stati utilizzati per le variabili continue, in accordo alle rispettive distribuzioni di dati.

MATERIALI E METODI

Lo studio è stato condotto presso il servizio ambulatoriale Valutazione Ansia e DEpressione nella MEdicina di Comunità (VADEMECUM) di Monza. L’ambulatorio rappresenta una delle risposte fornite dal Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’ASST Monza alla richiesta di potenziare l’interdisciplinarietà fra MMG e Servizi specialistici psicologico-psichiatrici, al fine di favorire la diffusione di percorsi diagnostico-terapeutici per la popolazione affetta da disturbi dello spettro ansioso-depressivo22,23. L’ASST Monza serve un’area territoriale di 319.000 abitanti.

Sono state considerate per l’inclusione tutte le donne di età superiore ai 18 anni ammesse all’ambulatorio tra ottobre 2016 e maggio 2017. I criteri di esclusione erano: (1) condizione di disabilità intellettiva, (2) età superiore ai 70 anni, e (3) situazione di crisi psicologica durante la visita.

Al termine della prima visita psichiatrica presso l’ambulatorio, il medico curante proponeva a ogni paziente di rispondere a un questionario di screening eterosomministrato sull’IPV e forniva loro una nota informativa sullo studio. Nei casi in cui non è stato possibile svolgere l’intervista in prima visita, la somministrazione è stata effettuata durante la visita di controllo. La partecipazione allo studio era volontaria e lo studio è stato condotto in conformità con i principi etici della Dichiarazione di Helsinki. Ogni partecipante ha fornito il consenso informato.

Il clinico somministrava alla paziente un questionario con una prima sezione di raccolta di informazioni socio-demografiche (nazionalità, scolarità, occupazione, stato coniugale, numero di figli, IVG) e cliniche (anamnesi psichiatrica, storia di abuso infantile, uso di alcol e sostanze pregresso/attuale, trattamento farmacologico e psicologico), e una seconda sezione riguardante l’esperienza di esser stato vittima di violenza psicologica, fisica, sessuale nell’arco della vita o nell’ultimo anno19,24; sono state poste alla paziente una serie di domande (descritte di seguito e tratte dalla Crime Survey for England and Wales) riguardanti la violenza emotiva (4 item), fisica (5 item) e sessuale (4 item) compiuta da un partner (precedente o attuale).

Nello specifico, veniva chiesto alla donna se ci fosse mai stato un partner 1) che le impediva di condividere equamente il denaro in famiglia; 2) che le impediva di vedere amici e parenti; 3) che ripetutamente la svalutava al punto da farla sentire senza valore; 4) che la minacciava di fare del male a lei o a qualcuno vicino a lei (4 item della violenza emotiva). Se la donna rispondeva affermativamente a una delle precedenti domande, le veniva chiesto di specificare se tali episodi si fossero verificati nel corso della vita o negli ultimi 12 mesi e, se possibile, di indicare il periodo temporale in cui erano successi (per es. 5 anni fa; da 5 a 3 anni fa).

In seguito, si passava ai 5 item della violenza fisica e si chiedeva se ci fosse mai stato un partner 1) che la spingeva, teneva ferma, schiaffeggiava; 2) che la prendeva a calci, l’aveva morsa, colpita o tirato qualcosa addosso; 3) che l’ha strozzata o cercato di strangolarla; 4) che l’ha minacciata con un’arma o minacciato di ucciderla; 5) che ha usato altri tipi di violenza. Se la donna rispondeva affermativamente veniva chiesto di specificare se tali episodi si fossero verificati nel corso della vita o negli ultimi 12 mesi e, se possibile, di indicare il periodo temporale in cui erano successi (per es., 5 anni fa; da 5 a 3 anni fa).

Poi si passava ai 4 item della violenza sessuale e si chiedeva se ci fosse mai stato un partner: 1) che si è presentato in modo indecente; 2) che l’ha approcciata sessualmente senza che lei lo volesse (per es., palpeggiamenti, toccarle il seno o il fondoschiena, baci non voluti); 3) che l’ha minacciata sessualmente (domande di rapporti sessuali quando lei non voleva, o seguirla o chiuderla in un angolo per minacciarla sessualmente); 4) che l’ha forzata ad avere rapporti sessuali o a partecipare ad altri atti sessuali, quando lei gli aveva chiaramente espresso il suo disaccordo o quando non era in grado di esprimere il suo consenso. Se la donna rispondeva affermativamente veniva chiesto di specificare se tali episodi si fossero verificati nel corso della vita o negli ultimi 12 mesi e, se possibile, di indicare il periodo temporale in cui erano successi (per es., 5 anni fa; da 5 a 3 anni fa).

Infine, in aggiunta alle domande riguardo alla presenza di abusi/maltrattamenti subiti nell’infanzia, tutte le donne con risposta affermativa in almeno 1 dei 13 item (descritti sopra) inerenti la violenza emotiva, fisica e sessuale compiuta da un partner, venivano indagate le conseguenze fisiche e psicologiche di IPV e le richieste di aiuto a network informale (amici, familiari), professionisti, organizzazioni formali.

A tutte le partecipanti è stato chiesto di compilare il questionario K6, una riproposizione italiana25 del questionario di Kessler per la valutazione del distress psicologico26. La versione italiana ha mostrato buone proprietà psicometriche e rappresenta un efficace strumento di screening per disturbi dell’umore, disturbi d’ansia e severe mental illnesses (SMI). Il questionario è costituito da sei domande che prevedono un punteggio da 0 a 4, dunque uno score totale da 0 a 24. Un cut-off ≥7 segnala la possibile presenza di un disturbo dell’umore o un disturbo d’ansia. A questo cut-off la K6 ha 82% di sensibilità e 70% di specificità26.

RISULTATI

Il campione totale reclutato è composto da 150 donne (età media 48,5 anni; 9% straniere; 56% coniugate; 14% conviventi; 13% divorziate/separate; 76% con figli; 11% con storia di IVG; 3% con uso problematico di alcol e 2% di sostanze), di cui 102 (68%) con anamnesi psichiatrica positiva, 112 (75%) già in terapia psicofarmacologica e 42 (33%) già in terapia psicologica. Le diagnosi: 43 (29%) depressione; 34 (23%) disturbo d’ansia; 1 (1%) psicosi; 2 (1%) disturbo bipolare; 9 (6%) disturbo di personalità; 54 (36%) altro (disturbo dell’adattamento, DCA, DOC, PTSD); 16 (11%) presentano episodi di maltrattamento nell’infanzia. Valore medio K6: 8,54.

Trentasei donne su 150 (24%) sono state vittime di IPV: 35 donne con abuso emotivo (23%), 23 con abuso fisico (15%), 7 (5%) con abuso sessuale (Tabella 1).







Delle 36 donne abusate, 19 (53%) sono coniugate, 5 (14%) conviventi, 10 (28%) divorziate/separate, 2 (6%) single; 30 (83%) hanno figli; 26 (72%) hanno un’anamnesi psichiatrica positiva, 6 (17%) nessun trattamento pregresso, 25 (69%) già in terapia psicofarmacologica, 15 (42%) già in terapia psicologica. Diagnosi: 12 (33%) depressione; 8 (22%) disturbo d’ansia; 2 (6%) disturbo di personalità; 12 (33%) altro; 8 (22%) con episodi di maltrattamento nell’infanzia. Valore medio K6: 11,81. Ventinove (80%) donne hanno avuto esiti in termini di salute psichica e fisica. Diciannove (53%) hanno richiesto aiuto a parenti/amici e/o personale sanitario (Tabella 2).







Delle 36 donne abusate, 35 (23%) hanno subito una o più tipologie di abuso lifetime, 1 donna ha subito abuso nell’ultimo anno, ma non lifetime.

Tredici donne su 150 (9%) hanno subito abusi nell’ultimo anno, di cui 12 hanno anche subito abusi nel corso dell’arco della vita.

Delle 36 donne abusate, 35 donne hanno subito violenza emotiva, 23 violenza fisica, 7 violenza sessuale, lifetime e/o past year. Nella Figura 1 si può osservare la distribuzione combinata degli abusi, mentre nella Figura 2 si possono osservare le prevalenze lifetime e past year di ciascuna tipologia di abuso (emotivo, fisico, sessuale).

La prevalenza di violenza emotiva lifetime nel campione di 150 donne era 22%, mentre la prevalenza di violenza emotiva past year 9%.




La prevalenza di violenza fisica lifetime nel campione di 150 donne era 15%, mentre la prevalenza di violenza fisica past year 5%.

La prevalenza di violenza sessuale lifetime nel campione di 150 donne era 4%, mentre la prevalenza di violenza fisica past year 1% (Figura 2).

Nel confronto tra i gruppi abusate (A+) e non abusate (A-), sono risultate significativamente correlate all’essere vittima di abuso le seguenti variabili: stato coniugale (p=0,024), presenza di figli (p=0,015), interruzioni volontarie di gravidanza (p=0,015), episodi ansiosi in anamnesi (p=0,028), trattamento precedente: psicologo (p=0,001), trattamento psicologico: presente (p=0,036), K6 valore medio: 11,81 vs 7,51 (p=0,0004), maltrattamenti nell’infanzia (p=0,012) (Tabella 2).

Nella Tabella 3 e nella Figura 3 si possono osservare gli esiti fisici e psichici correlati alle tre tipologie di abuso.







DISCUSSIONE

I risultati ottenuti in questo studio sulla violenza tra partner intimi (IPV), svolto tramite questionario etero-somministrato rivolto a donne afferenti a un ambulatoriale ospedaliero per disturbi dello spettro ansioso-depressivo, sono in linea con quanto emerge dagli studi della letteratura internazionale.

Prevalenza di IPV

Circa un quarto (24%) delle donne del nostro campione ha riportato di essere stata vittima di abuso nell’ultimo anno (9%) e/o nel corso della vita (23%).

I dati di prevalenza da noi ottenuti possono essere confrontati sia con quelli relativi alle popolazioni psichiatriche sia con i lavori epidemiologici su ampia scala10-14,27,28 (dato che il nostro campione, in quanto appartenente ai bacini di utenza dei medici di base, è prossimo alla popolazione generale). Occorre però tenere presente che tale confronto risente di alcuni limiti metodologici, in quanto il campione oggetto di studio è costituito da donne che arrivano all’ambulatorio con richiesta d’aiuto per ansia e depressione, mentre gli studi su ampia scala sono condotti su popolazioni aspecifiche di donne.

Confronto con popolazioni psichiatriche

Secondo quanto riportato da Trevillion et al. in una review sistematica e meta-analisi16 di 42 studi condotti sulla prevalenza di IPV in popolazioni di pazienti affetti da disturbi mentali, nel campione affetto da disturbo d’ansia (5 studi) il valore mediano di IPV lifetime è 27,6%, mentre il valore mediano di prevalenza nell’ultimo anno (4 studi) è 28,4%. Invece, negli studi29-31 che costituiscono il campione di pazienti affetti da common mental disorders (CMD), ovvero disturbi depressivi e/o d’ansia identificati ma non disaggregati (un insieme diagnostico in cui potrebbero essere comprese le diagnosi di disturbo dell’adattamento con ansia, disturbo dell’adattamento con umore depresso, disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso misti), il valore mediano di prevalenza lifetime di IPV è 48,0%, con riportata una maggior probabilità nel gruppo CMD di sperimentare IPV lifetime rispetto a donne senza disturbo mentale, certamente più alto rispetto a quanto si è osservato nel presente lavoro.

Per quanto riguarda il campione affetto da disturbo depressivo (7 studi), il valore mediano di IPV lifetime è 45,8%, mentre il valore mediano di prevalenza nell’ultimo anno (7 studi) è 35,3%16. Paragonando i dati emersi nel nostro lavoro con quelli di Trevillion et al.16, in particolare i campioni di donne con disturbo d’ansia, CMD e disturbo depressivo, vediamo come la prevalenza da noi rilevata (23%) si avvicini a quella relativa al campione con disturbo d’ansia (27,6%). Questo dato dovrebbe essere preso in considerazione anche rispetto alla distribuzione delle diagnosi nel nostro campione: 29% depressione; 23% disturbo d’ansia; 1% psicosi; 1% disturbo bipolare; 6% disturbo di personalità; 36% altro (disturbo dell’adattamento, DCA, DOC, PTSD). Il campione, come si può notare, oltre ai gruppi di depressione e disturbo d’ansia, vede come gruppo altrettanto significativo quello codificato come “altro”, che rispecchia in ampia parte la diagnosi di disturbo dell’adattamento. In tale gruppo è sicuramente espressa a livelli qualitativi diversi la componente ansiosa, che va pertanto ad accrescere il numero di donne nel campione che soffrono d’ansia.

Sempre in termini di “clinica dell’ansia”, è emersa una correlazione statisticamente significativa (p=0,028) tra il gruppo di donne abusate e anamnesi positiva per episodi ansiosi. Tale riscontro fa pensare a come il campione di donne abusate abbia una storia d’ansia marcata rispetto alle donne non abusate, che comunque da un punto di vista psicopatologico nell’attualità soffrono anch’esse di disturbi della sfera ansioso-depressiva.

Confronto con la popolazione generale

Operando un confronto con le prevalenze di IPV indicate dagli studi internazionali su ampia scala, vediamo che i nostri valori rientrano nei range riscontrati. Per esempio, l’WHO Multi-Country Study on Women’s Health and Domestic Violence11 ha rilevato che il 15-71% delle donne con partner riferisce di avere subito violenza fisica e/o sessuale da parte del partner nel corso della vita, e il 4-54% delle donne riferiva violenza fisica e/o sessuale da parte del partner negli ultimi 12 mesi. Un altro studio internazionale ha rilevato che «globalmente nel 2010, il 30% delle donne dai 15 anni in su ha fatto esperienza, nel corso della propria vita, di IPV di tipo fisico e/o sessuale»27.

Da un ulteriore lavoro, quello di Tjaden e Thoennes12, emerge che il 25% delle donne intervistate è stato violentato sessualmente o aggredito fisicamente da un partner attuale o pregresso nel corso della vita; mentre l’1,5% riportava di esser stato violentato sessualmente o aggredito fisicamente negli ultimi 12 mesi. Tali dati, dopo avere “scorporato” la prevalenza di IPV emotiva (16% IPV fisica/sessuale lifetime e 5% IPV fisica/sessuale past year), sono in linea con quelli del presente lavoro.

Guardando specificamente al dato IPV emotiva/fisica/sessuale past year (9%) si può osservare come questo sia sovrapponibile al 6,3% di IPV past year di una recente Crime Survey inglese14.

Il nostro dato sulla violenza emotiva lifetime (22%) si avvicina a quello rilevato dall’Australia Personal Safety Survey (25%)28, mentre i nostri dati di prevalenza sulla violenza fisica (5%) e su quella sessuale (1%) subita nel corso dell’ultimo anno sono in linea con i più recenti dati ISTAT, rispettivamente 4% e 2%10.

Variabili associate all’IPV

Tra le altre variabili significativamente correlate all’essere “vittima di abuso” vi è lo stato coniugale: le donne divorziate/separate (28%) erano maggiori nel gruppo “abusate” rispetto al gruppo “non abusate” (9%). Inoltre, anche “avere figli” e un’anamnesi positiva per interruzioni volontarie di gravidanza sono risultate correlate a “essere vittima di abuso”. Nel nostro campione, il 22% delle donne abusate ha una storia di IVG, rispetto a un 8% delle donne non abusate. Tale riscontro è in linea con precedenti studi nei quali risulta che donne con storia di IPV hanno maggiore probabilità di avere praticato un aborto volontario32,33. Inoltre, esiste una correlazione positiva tra l’avere subito maltrattamenti in età infantile e l’essere vittima di IPV in età adulta; un dato che trova ampio riscontro nella letteratura34-38.

Altra significatività è la correlazione positiva tra “l’essere vittima di abuso” e il livello di distress psicologico attuale (valutato tramite il questionario K6); il fatto che il valore medio di K6 nelle donne abusate sessualmente, fisicamente ed emotivamente sia sopra il cut-off indice di presenza di disturbi dello spettro ansioso-depressivo indica che l’abuso è associato con la presenza di disturbi dello spettro ansioso-depressivo. Questo dato può essere paragonato a quanto descritto in un altro lavoro italiano sugli esiti in termini di salute a seguito di IPV39: confrontate a donne che non riportavano alcuna storia di violenza, le donne vittima di violenza (nel passato e nell’attualità oppure solo nell’attualità) avevano una probabilità maggiore di avere livelli di distress clinicamente significativi, rispettivamente 5,95 e 4,81 volte maggiore. Si vedano anche i risultati di altri due studi7,36, che riportano una prevalenza media di depressione tra donne abusate fisicamente o sessualmente da un partner attorno al 50%.

Visto quanto sopra, non sorprende come sia elevata la richiesta di cure psicologiche da parte del gruppo di donne abusate: vi è una correlazione significativa tra l’aver richiesto cure psicologiche in passato e l’essere vittima di abuso. Tale correlazione sussiste anche per il bisogno di cure psicologiche nell’attualità; infatti, il 42% delle donne abusate (vs 24% delle non abusate) è attualmente in cura psicologica. La richiesta di cure psicologiche può essere correlabile anche agli elevati tassi di abuso emotivo, essendo che il nostro campione ha un’ampia prevalenza di donne vittime di violenza emotiva lifetime (22%) e past year (9%). Considerando solo il gruppo delle donne abusate (Figura 1), notiamo che l’abuso emotivo rilevato singolarmente è del 31%, mentre quando associato a quello fisico sale a 47%. Sono pochi i lavori presenti in letteratura che vanno a indagare, nel contesto dell’IPV, anche questa tipologia di abuso, in particolare nei suoi effetti sulla sfera psichica6. A tale proposito è interessante notare come l’89% delle donne abusate (rispetto a un 82% delle “non abusate”) esca dopo la prima visita con una terapia psicofarmacologica, di cui 64% (vs 55%) con benzodiazepine e 67% (vs 64%) con antidepressivi.

Indagine sulla violenza tra partner intimi nelle pazienti afferenti ai Servizi di salute mentale

Esistono linee guida internazionali della WHO e NICE che raccomandano ai professionisti della salute di facilitare la disclosure della violenza domestica come parte dell’assessment clinico di routine, di fornire supporto e garantire sicurezza a queste vittime, e infine di trattare i disturbi fisici e mentali causati o esacerbati dall’abuso40. La prevalenza di IPV riscontrata nel nostro studio rafforza le raccomandazioni delle linee guida riguardo la necessità di uno screening per IPV in ambito di Servizi di salute mentale. Allo stesso tempo, il nostro lavoro ha portato alla luce delle carenze a tale riguardo: prima di questo lavoro di ricerca, nel nostro contesto ambulatoriale le domande specifiche sull’abuso non venivano fatte di routine né durante la prima visita ambulatoriale né durante le successive; la tendenza era quella di aspettare che fosse la donna a riportare tali episodi. Questa scelta veniva giustificata come una forma di “rispetto” nell’affrontare questioni molto delicate. È stata quindi necessaria una formazione specifica rivolta a tutti gli operatori coinvolti nello studio prima dell’avvio della ricerca. Tristemente, tale resistenza ad affrontare con le proprie pazienti il tema della violenza domestica sembra essere molto diffuso41. Infatti, una review sull’argomento ha trovato che a livello internazionale, nonostante vi sia un’alta prevalenza di IPV tra gli utilizzatori dei Servizi di salute mentale, solo il 10-30% delle vittime viene identificata dai professionisti di salute mentale15.

Il presente studio fornisce un contributo originale nel panorama italiano, in cui esistono pochi studi condotti in contesti psichiatrici e/o nelle Strutture protette per donne vittime di violenza42, e pochi programmi di formazione sul tema dell’IPV specificamente rivolti agli operatori psichiatrici43,44.

Va sottolineato che, vista l’esistenza di una bidirezionalità tra violenza e disturbi psichiatrici (i disturbi psichiatrici possono rendere una donna più vulnerabile alla violenza domestica e la violenza domestica può danneggiare la salute mentale)45, un efficace trattamento dei disturbi psichiatrici può avere un’azione preventiva dello sviluppo di IPV46.

Limiti

Vi sono nel presente studio alcuni limiti. Il primo risiede nella ridotta numerosità del campione (n=150) e nell’alto numero di dropout (n=202), che impone di considerare i nostri risultati come preliminari. Un secondo limite è la natura cross-sectional dello studio, che non consente di indagare la relazione tra psicopatologia ansioso-depressiva e vittimizzazione in termini di causalità, come pure tra vittimizzazione e specifico disturbo. Un terzo limite è legato all’etero-somministrazione del questionario sull’IPV, che potrebbe aver comportato una sottostima della prevalenza. Tuttavia, essendo stato il questionario somministrato da clinici con consolidata esperienza sia clinica sia di ricerca, è presumibile che una certa disponibilità empatica e apertura all’ascolto abbiano facilitato la disclosure da parte delle donne e, conseguentemente, contenuto se non annullato questo rischio. Un quarto limite è che il questionario utilizzato non prevede una valutazione della gravità dei singoli abusi. Perciò, la presenza di un singolo item positivo per abuso emotivo rendeva automaticamente la donna un “caso” tra le donne vittime di abuso. Infine, un quinto limite è legato al fatto che la presenza di maltrattamenti in età infantile è stata indagata con una domanda dicotomica (a risposta sì/no).

CONSIDERAZIONI FINALI

In sintesi, il presente studio ha messo in luce consistenti livelli di prevalenza del fenomeno IPV nella popolazione ambulatoriale che soffre d’ansia e depressione, così come la necessità che il personale medico, psicologico e infermieristico dei Servizi di salute mentale riceva adeguata formazione sul tema della violenza domestica. I risultati ottenuti, unitamente ai dati provenienti dalla letteratura internazionale, costituiscono i presupposti per una prosecuzione della ricerca sull’IPV su una più ampia scala di pazienti nel più ampio contesto nazionale dei Servizi di salute mentale. Il proseguimento della ricerca permetterà di fornire una risposta concreta ed efficace al diffuso ma troppo poco riconosciuto problema della violenza domestica e alla messa in atto di appropriate modalità di screening per IPV e di specifici percorsi trattamentali.

Ringraziamenti: G. Carrà, C. Crocamo, L.E. Zappa, G. Trotta, M. Bava, I. Riboldi, F. Parma, G. Gamba, D. La Tegola.


Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

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