Esperienza di arteterapia di gruppo con improvvisazione musicale nel trattamento integrato riabilitativo presso un Day Hospital psichiatrico: risultati preliminari

Experience of group art therapy with music improvisation in the integrated treatment at a psychiatric Day Hospital: preliminary results

MARTA CIAMBELLA1, LORIS VESCERA1, MAURO PALLAGROSI2, ANNA CARLOTTA RUSCONI1,
MARIA ANTONIETTA COCCANARI DE’ FORNARI
1
*E-mail: mariaantonietta.coccanaridefornari@uniroma1.it

1Day Hospital Psichiatrico, Sapienza Università di Roma/Policlinico Umberto I, Roma
2SPDC Policlinico Umberto I, Roma


RIASSUNTO. Scopo. Lo studio si propone di valutare gli effetti risocializzanti della musicoterapia come terapia add-on in corso di trattamento integrato, farmacologico e psicologico. Metodi. Nell’arco di sei mesi sono stati reclutati 24 pazienti afferenti a un Day Hospital psichiatrico. I pazienti, per i quali è stata raccolta un’accurata anamnesi musicale, sono stati quindi divisi in due gruppi. Il gruppo 1 (n=11) ha ricevuto come terapia add-on 14 sedute di musicoterapia improvvisativa a cadenza settimanale, mentre il gruppo 2 (n=13) ha ricevuto 7 sedute di musicoterapia improvvisativa alternate a 7 sedute di musicoterapia d’ascolto, sempre a cadenza settimanale. La risposta alla musicoterapia è stata valutata all’inizio e alla fine del processo terapeutico tramite una scheda di osservazione musicoterapica composta da 9 variabili. Risultati. In entrambi i gruppi si è osservata una buona risposta da parte dei pazienti affetti da disturbi dell’umore e da disturbo ossessivo-compulsivo, mentre è risultata assente o ridotta la risposta dei pazienti affetti da schizofrenia. Il miglioramento delle variabili interazione tra i componenti, condivisione dello strumento, mimica facciale e tensione è risultato significativamente superiore nel gruppo che ha ricevuto come terapia add-on sia la musicoterapia improvvisativa jazz sia la musicoterapia d’ascolto. Discussione e conclusioni. Dai dati raccolti emerge un ruolo significativo dell’esperienza terapeutica musicoterapica improvvisativa al fine di ottenere un effetto risocializzante nell’ambito di un gruppo terapeutico. L’efficacia risulta essere maggiore se l’improvvisazione è coadiuvata da una terapia di ascolto, volta all’educazione del paziente a una maggiore apertura rispetto all’aspetto espressivo del suono. L’associazione musicoterapia attiva-passiva potrebbe quindi offrire un prezioso contributo come trattamento riabilitativo add-on.

PAROLE CHIAVE: musicoterapia, improvvisazione, riabilitazione psichiatrica.


SUMMARY.  Aim. The study aims at evaluating the resocializing effects of music therapy as add-on therapy in the course of integrated, pharmacological and psychological, treatment. Methods. During a six months period, 24 patients belonging to a psychiatric Day Hospital were recruited and divided into 2 groups. An accurate music anamnesis was collected for each patient. Group 1 (n=11) received as add-on therapy 14 improvisational music therapy sessions on a weekly basis, while group 2 (n=13) received 7 improvisational music therapy sessions alternated with 7 listening music therapy sessions, on a weekly basis. The response to music therapy was evaluated at the beginning and at the end of the add-on therapeutic process through a music therapy observation form consisting of 9 variables. Results. In both groups there was a good response from patients affected by mood disorders as well as obsessive-compulsive disorder, while schizophrenic patients response was either absent or reduced. The improvement of the variable interaction between the components, sharing of the instrument, facial expressions and tension was significantly higher in the group that received as add-on therapy both improvisational music therapy and listening music therapy. Discussion and conclusions. The findings suggest a significant role of the improvisational music therapy in gaining a re-socializing effect within a therapeutic group. The effectiveness turns out to be greater if the improvisation is combined with a listening therapy, aimed at educating the patient to a greater openness to the expressive aspect of sound. The active-passive music therapy association could then bring a valuable contribution as an add-on rehabilitative treatment.

KEY WORDS: music therapy, improvisation, psychiatric rehabilitation.

INTRODUZIONE
All’interno dell’arteterapia (una delle possibili componenti del trattamento integrato nella riabilitazione psichiatrica), un posto preminente occupa la musicoterapia, quella fondata da tempi remoti sull’intreccio tra arte e salute mentale1, poiché sin dall’origine dell’umanità la musica è riconosciuta come potente strumento regressivo-evocativo-liberatorio2.
Perciò le radici della musica come terapia affondano, come è noto, già nei miti e nelle religioni dove in molte cosmogonie l’universo si considera creato da sostanza acustica che diviene luce3, e tra le antiche civiltà basterebbe ricordare come gli Egizi, solo per fare un esempio, incoraggiassero le persone che mostravano turbe delle funzioni psichiche a coltivare interessi artistici e a frequentare luoghi dove fosse possibile praticare musica e danza, così come i Greci utilizzassero il teatro con le sue polisemie a scopo catartico4,5, una sorta di “sostegno arte-terapeutico” di massa pur senza essere espressamente concepito a tale scopo6. Documentazioni in merito a forme strutturate di queste terapie si hanno negli ospedali arabi per disturbati psichici nell’800 d.C., forma passiva di ascolto di brani musicali con finalità ansiolitiche. È solo nel 1700, però, che le variazioni epistemologiche introducono la ricerca fisiologica anche in questo ambito, e nasce ufficialmente a Londra il termine musicoterapia introdotto da Richard Brockiesby7, che sarà tra le voci protagoniste del trattamento morale negli asili per alienati, e che diventa fondamentale nei manicomi-modello dell’Italia del XIX secolo, in particolare con gli studi sperimentali di Miraglia nel morotrofio di Aversa8 e nella famosa esperienza clinica del barone Pisani, direttore della Real Casa dei Matti di Palermo9. Da questo momento si succedono molteplici modalità di applicazione sia in psichiatria sia in neurologia, e sempre più numerosi studi di neurofisiologia considerano anche l’elemento genetico del talento, e mostrano il ruolo di diverse aree dell’encefalo nell’ascolto e nell’esecuzione musicali con la ormai accertata attivazione delle strutture limbiche per la processazione delle emozioni e l’integrazione della memoria10.
Tra le esperienze più note della musicoterapia attraverso l’improvvisazione, considerata il crocevia di pratiche musicali diverse, come tecniche strumentali, conoscenze teoriche, memoria, abilità percettive e relazionali, volontà di espressione, esplorazione, creatività e invenzione, consapevolezza storica e stilistica, possibilità di apprendimento e gioco11, e che procede su più percorsi sviluppando abilità interconnesse12, ricordiamo quelle di Nordoff-Robbins13, Priestley14,15, Benenzon16-21. Quest’ultimo, psichiatra, musicista e compositore, adottò all’Università di Buenos Aires il celebre modello fondato sui concetti di identità sonora (ISO) e di oggetto intermediario. L’ISO rappresenterebbe il vissuto sonoro di ogni individuo, distinguendo un ISO universale comune a tutti gli esseri umani comprendente anche il battito cardiaco, il respiro e la voce del primo oggetto significativo, un ISO gruppale intimamente connesso allo schema sociale in cui l’individuo vive, e un ISO culturale determinato dalle specifiche relative suggestioni. Il dialogo “sonoro” tra terapeuta e paziente è basato sull’empatia che consente di capire il “ritratto musicale” di ciascuno e di scegliere i suoni più appropriati all’armonia gruppale. Il linguaggio musicale diviene il “linguaggio altro”, come in altre forme di arteterapia, efficace anche per coloro che non sanno comunicare con la parola, per limiti imposti dalla patologia o anche dalla complessa attuale realtà multietnica 22.
Nel presente studio ci rifacciamo a una concezione prevalentemente basata su un approccio alla musicoterapia di tipo improvvisativo ritmico-melodico. L’improvvisazione ha radici nelle esperienze primarie della produzione musicale nelle varie culture popolari. Nel jazz questa dimensione, che come è noto nasce dall’incontro tra la cultura poliritmica africana e la melodia americana di origine europea, ha avuto una delle sue massime espressioni artistiche nel Novecento23.
In una lettura fenomenologica, l’improvvisazione collettiva può rappresentare infatti un modello “sperimentale” della dimensione intersoggettiva intrinseca all’essere umano. Il ritmo modifica il fluire del tempo soggettivo rendendo esplicito il tempo implicito, e l’incontro con l’Altro si struttura secondo fasi di sincronizzazione e desincronizzazione strutturanti il Sé già nelle primissime fasi di vita24. Secondo le analisi di illustri studiosi come Binswanger25, Minkowski26, Callieri27, nella patologia mentale è proprio la dimensione intersoggettiva dell’incontro che viene colpita, con una più o meno gravosa difficoltà a stabilire modalità di sintonia (“attunement”, inteso anche nella sua dimensione intercorporea) con l’Altro e il Mondo.
La dimensione ritmica del dialogo, che è la più basica delle componenti costitutive del discorso musicale, diventa così l’ossatura di una musicoterapia improvvisativa in grado di favorire un esercizio di ricerca attiva di una qualche forma di sintonia con l’Altro, che può successivamente arricchirsi della componente melodica. Questa attività di ricerca può rappresentare un fondamentale aspetto terapeutico per pazienti psichiatrici gravi, nei quali anche gli elementi base dell’attunement sono compromessi.
OBIETTIVI
L’obiettivo dello studio è valutare gli effetti risocializzanti della musicoterapia come terapia add-on in corso di trattamento integrato, farmacologico e psicologico, di una popolazione di pazienti psichiatrici gravi afferenti a una struttura semiresidenziale.
MATERIALI E METODI
L’esperienza terapeutica si è svolta presso il Day Hospital psichiatrico del Policlinico Umberto I di Roma in un arco temporale di sei mesi. Il campione è costituito da 24 pazienti afferenti al suddetto servizio, per i quali sono state registrate le seguenti variabili:
• genere;
• età;
• titolo di studio;
• familiarità per patologie psichiatriche;
• trattamento farmacologico in atto.
Per ogni paziente è stata inoltre raccolta un’accurata anamnesi musicale. Un gruppo costituito da 11 pazienti (gruppo 1) ha ricevuto, come terapia add-on, 14 sedute a cadenza settimanale di musicoterapia improvvisativa, per un totale di 4 mesi di trattamento. Un secondo gruppo, reclutato successivamente e costituito da 13 pazienti (gruppo 2), ha invece ricevuto come terapia add-on 7 sedute di musicoterapia improvvisativa alternate a 7 sedute di musicoterapia d’ascolto, sempre a cadenza settimanale e sempre per un periodo complessivo di 4 mesi.
Le sedute di musicoterapia improvvisativa, ciascuna della durata di 45 minuti, sono state condotte dal dottor Mauro Pallagrosi (psichiatra e musicista). I pazienti e gli operatori sono stati dotati di strumenti musicali e percussivi, mentre il conduttore utilizzava uno strumento melodico (sassofono). L’attribuzione degli strumenti musicali è stata casuale e differente per ogni seduta. Al fine di promuovere un setting gruppale, i pazienti sono stati disposti in maniera circolare, rivolti l’uno verso l’altro, favorendo uno scambio spontaneo dello strumento musicale con il vicino. Ciascun partecipante, a turno, veniva invitato a proporre un ritmo, al quale poi gli altri potevano apportare il loro personale contributo. Il conduttore interveniva proponendo a sua volta brevi sequenze improvvisative di tipo ritmico-melodico ispirate dai contributi dei pazienti, in modo da restituire e dare significato all’esperienza creativa del gruppo.
Alcune suggestioni venivano fornite all’inizio della seduta per stimolare la ricerca di un proprio ritmo, a volte prendendo come spunto emozioni e comunicazioni verbali di uno dei membri del gruppo (spesso quello più angosciato al momento, con progressiva efficacia della riduzione del malessere).
Le sedute di musicoterapia d’ascolto sono state effettuate seguendo il metodo Benenzon16-21. In ciascuna seduta, della durata di 20 minuti, sono stati riprodotti 4-5 brani selezionati dagli operatori e attinti da una serie di cinque raccolte contenenti 100 tra i più grandi successi di musica jazz, allo scopo di esporre i pazienti a un tipo di musica dai forti caratteri improvvisativi.
Abbiamo quindi confrontato l’efficacia della musicoterapia improvvisativa nel gruppo 1 e della musicoterapia improvvisativa associata all’ascolto e all’educazione musicale in ambito jazzistico nel gruppo 2, analizzando la risposta all’inizio e alla fine del processo terapeutico add-on. A tale scopo l’operatore ha compilato, all’inizio e alla fine di ogni seduta, una scheda di osservazione musicoterapica basata sullo studio di Francomano28, ossia uno strumento volto a misurare l’effetto della musicoterapia tramite la valutazione di nove variabili: 1) modalità di approccio allo strumento (catartico, difensivo, tradizionale, intermediario, sperimentale); 2) modalità di manipolazione dello strumento (convenzionale, non convenzionale); 3) modalità di produzione vocale e verbale (assente, presente); 4) interazione tra i componenti (assente, qualche volta, spesso, molto spesso, sempre); 5) condivisione dello strumento (assente, qualche volta, spesso, molto spesso, sempre); 6) sguardo interazione (assente, qualche volta, spesso, molto spesso, sempre); 7) mimica facciale (estremamente contratta, marcatamente contratta, moderatamente contratta, lievemente contratta, normale); 8) tensione (estrema, marcata, moderata, lieve, normale); 9) movimento nello spazio all’interno del setting (moltissimo, molto, moderato, lieve, assente).
Analisi statistica
I dati sono stati caricati su foglio Excel e analizzati con il pacchetto statistico SPSS 16.0.1 per Macintosh©. Per quanto riguarda le variabili ordinali è stato utilizzato il test U di Mann-Whitney per il confronto tra i 2 campioni.
RISULTATI E DISCUSSIONE
È stata riscontrata, seppur in randomizzazione, una omogeneità delle variabili sesso ed età tra i due gruppi (Tabella 1). La scolarizzazione non influenza la risposta. Le informazioni ricavate dall’anamnesi musicale hanno evidenziato una scarsa conoscenza della musica jazz da parte dei pazienti, che tendono ad approcciarsi a essa in maniera diffidente30. In entrambi i gruppi, la musica rock degli anni ’70-’80 è risultata essere la più ascoltata (70%), seguita dalla musica leggera italiana (60%) e dalla musica proposta dalle emittenti radio (10%).



Il gruppo di pazienti è eterogeneo sia dal punto di vista socio-demografico sia per inquadramento diagnostico secondo i criteri del DSM-IV-TR. Nel gruppo 1 quattro pazienti erano affetti da depressione, due pazienti da disturbo bipolare di tipo I, un paziente da schizofrenia paranoide, un paziente da psicosi NAS, un paziente da schizofrenia residuale, un paziente da disturbo schizoaffettivo e un paziente da disturbo ossessivo-compulsivo. Nel gruppo 2 quattro pazienti erano affetti da disturbo bipolare tipo 1, tre pazienti da depressione maggiore, due pazienti da schizofrenia paranoide, un paziente da disturbo ossessivo-compulsivo, un paziente da psicosi NAS, due pazienti da un disturbo di personalità.
Durante le sedute di musicoterapia è stata riscontrata una certa variabilità nella risposta correlata con le caratteristiche individuali e con il tipo e la gravità della patologia psichiatrica. Tuttavia, sin dalle prime sedute è stata osservata una maggiore capacità di apertura dei pazienti nei confronti dei terapeuti e degli altri membri del gruppo, con una crescente disponibilità a cimentarsi nelle richieste e nelle pratiche proposte dai terapisti.
In relazione all’analisi delle variabili valutate tramite la scheda di osservazione musicoterapica, nel gruppo 1 abbiamo potuto constatare risultati incoraggianti sia per quanto riguarda l’interazione, lo sguardo e la condivisione, sia per l’approccio allo strumento. È stata riscontrata una maggiore responsività nei pazienti affetti da depressione, mentre è risultata assente o ridotta la risposta dei pazienti affetti da schizofrenia, probabilmente per la maggiore difficoltà a rispettare le regole del setting, a utilizzare gli strumenti offerti e a seguire le indicazioni degli operatori. Ciò risulta essere in disaccordo con i dati disponibili a supporto dell’efficacia della musicoterapia nei pazienti affetti da schizofrenia 29,30. Si potrebbe sostenere che l’improvvisazione musicale attiva rappresenti una sfida eccessiva per pazienti affetti in modo così specifico nella sfera dell’intersoggettività, oppure più semplicemente che i risultati siano spiegabili con un troppo breve periodo di familiarizzazione con il metodo e il gruppo. A distanza di mesi, in effetti, alcuni pazienti schizofrenici che avevano partecipato alle sedute senza un manifesto coinvolgimento hanno invece verbalizzato un significativo apprezzamento dell’esperienza.
Sorprendente è stato, invece, quanto osservato riguardo il comportamento del soggetto affetto da disturbo ossessivo-compulsivo, il quale si è mostrato interattivo e responsivo, avvicinandosi a strumenti differenti senza manifestare comportamenti ipercritici. Tale osservazione sembra meritevole di ulteriore approfondimento su un campione più esteso.
Nel gruppo 2 la proposta dell’ascolto di musica jazz, a differenza dell’improvvisazione musicale, è stata inizialmente accettata con maggiori difficoltà dai pazienti poiché caratterizzata da suoni e da una struttura “instabile” e meno familiare. Tuttavia, col progredire delle sedute, l’adesione e il coinvolgimento sono gradualmente migliorati. Come accaduto nel gruppo 1, anche nel gruppo 2 si è osservata una buona risposta dei pazienti affetti da disturbi dell’umore, così come dei pazienti affetti da disturbo di personalità. Anche in questo gruppo il soggetto affetto da disturbo ossessivo-compulsivo ha mostrato un’ottima aderenza e una propensione all’apertura rispetto alle dinamiche del gruppo e all’ascolto dei brani proposti. Per i pazienti schizofrenici, in generale, è stata riscontrata una ridotta aderenza sia alla musicoterapia d’ascolto sia all’improvvisazione.
Ponendo a confronto i risultati ottenuti dai 2 gruppi, non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa nelle variabili approccio allo strumento, manipolazione strumento, produzione verbale e vocale, sguardo interazione e movimento all’interno del setting. Per contro, il miglioramento delle variabili interazione tra i componenti, condivisione dello strumento, mimica facciale e tensione è risultato significativamente superiore nel gruppo che ha ricevuto come terapia add-on sia la musicoterapia improvvisativa sia la musicoterapia d’ascolto (Tabelle 2 e 3). Tali risultati potrebbero essere interpretati come espressione dell’effetto risocializzante osservato, e confermare la nostra ipotesi sul valore e l’efficacia di questa forma di terapia attraverso la musica. L’effetto risocializzante allora potrebbe essere inteso come espressione dell’esperienza di attunement intersoggettivo che i pazienti sperimentano in questa specifica articolazione terapeutico-riabilitativa.
Il primo limite del nostro studio risiede nella bassa numerosità del campione, che non permette di formulare conclusioni definitive sulle differenze tra i due metodi. Allo stesso modo, espandendo il campione si renderebbe anche necessaria la ricerca attraverso strumenti di valutazione più specifici, data l’eterogeneità della popolazione afferente a una struttura come il Day Hospital psichiatrico.






CONCLUSIONI
Dai dati preliminari raccolti in questo studio, possiamo considerare positivamente l’esperienza terapeutica musicoterapica improvvisativa come promotrice di un effetto risocializzante nell’ambito di un gruppo terapeutico, con un miglioramento osservabile in ambito sia gruppale sia individuale. Possiamo altresì affermare che l’efficacia è ancora maggiore se l’improvvisazione è coadiuvata da una terapia di ascolto, volta all’educazione del paziente a una maggiore apertura rispetto a un genere improvvisativo come il jazz. L’associazione musicoterapia attiva-passiva viene quindi considerata positiva al fine di un trattamento add-on. È necessario ampliare il campione per corroborare i dati sin qui esposti ed esplorare i rapporti tra risposte specifiche al trattamento e altre variabili cliniche ed extracliniche.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.
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