La sicurezza dell’escitalopram in gravidanza e nell’allattamento

The safety profile of escitalopram in pregnancy and breastfeeding
CESARIO BELLANTUONO, LAURA ORSOLINI, FRANCESCA BOZZI
E-mail: c.bellantuono@univpm.it

Clinica Psichiatrica e Centro DEGRA, Ospedali Riuniti, Ancona; Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica,
Sezione di Neuroscienze, Università Politecnica delle Marche


RIASSUNTO. Introduzione. L’escitalopram (ESC) è considerato uno dei più efficaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina(SSRI) nel trattamento della depressione maggiore. I dati su tollerabilità e sicurezza in gravidanza e puerperio sono tuttora limitati. Scopo dello studio è revisionare la letteratura sul rischio di malformazioni maggiori (MM) e/o complicanze perinatali conseguenti all’esposizione a ESC in gravidanza e allattamento e presentare i casi trattati nel Centro DEGRA, Clinica Psichiatrica, Ospedali Riuniti, Ancona. Metodi. Su PubMed e MEDLINE sono state ricercate le seguenti parole chiave: “escitalopram”, “selective serotonin reuptake inhibitors”, “major malformations”, “perinatal complications”, “pregnancy”, “breastfeeding”, “lactation”, selezionando gli articoli in lingua inglese. Abbiamo riportato 8 casi di donne trattate con ESC durante gravidanza e/o allattamento per disturbo depressivo e/o d’ansia, inviate al Centro DEGRA. Risultati. La revisione della letteratura ha evidenziato: incidenza di MM dopo esposizione a ESC sovrapponibile alla popolazione generale non esposta, ma aumentato rischio di basso peso alla nascita. Nei neonati esposti durante l’allattamento non sono state osservate complicanze. Nella casistica del centro DEGRA: non sono stati rilevati MM o aborti e tutti i bambini sono nati con normale indice di APGAR. È stato osservato un caso di sindrome da sospensione in un neonato esposto nel III trimestre a benzodiazepine e paroxetina. I due neonati esposti durante l’allattamento non hanno riportato complicanze. Conclusioni. Dalle evidenze finora disponibili, ESC sembra essere un SSRI efficace e ben tollerato a dosaggi terapeutici nel trattamento dei disturbi affettivi in gravidanza e allattamento. La nostra casistica è in linea con quanto finora pubblicato. Tuttavia, sarebbero necessari ulteriori studi su campioni più numerosi.

PAROLE CHIAVE: SSRI, escitalopram, gravidanza, allattamento, malformazioni maggiori, complicanze perinatali.


SUMMARY. Introduction. Escitalopram (ESC) is considered one of the most effective selective serotonin reuptake inhibitors (SSRI) for the treatment of major depression disorder. However, little is known on its potential risk of inducing major malformations (MM) and/or perinatal complications (PC). Aim of the present study is to provide a review of the available literature on the safety profile of ESC during pregnancy and breastfeeding and to compare data with the maternal and neonatal outcomes of 8 cases of the DEGRA Center. Methods. MEDLINE and PubMed databases were searched for English language articles by using the following keywords: “escitalopram”, “selective serotonin reuptake inhibitors”, “major malformations”, “perinatal complications”, “pregnancy”, “breastfeeding”. We also reported 8 cases of women treated with ESC during their pregnancy and breastfeeding at the Clinic of Affective Disorders in Pregnancy and Postpartum of the United Hospital of Ancona (DEGRA Center) . Results. Although some cases of MM have been reported in the literature after maternal exposure to ESC during early pregnancy, the rate of MM is substantially in the range of those reported in unexposed women. ESC exposure seems to be significantly associated with some PC such as lower rates of live births and higher rates of newborns with low birth weight. On the contrary, no short-term adverse effects in newborns were reported in the 5 studies evaluating the safety of ESC during breastfeeding. Data coming from DEGRA Center are consistent with the literature: all pregnancy were full term, all newborns were healthy and obtained normal APGAR score; no MM or miscarriage were reported. Only one case of mild withdrawal syndrome was reported in a newborn who was also exposed to benzodiazepines and paroxetine late in pregnancy. Two infants exposed to ESC also during the lactation did not reported any adverse effects at short-term. Conclusions. Data coming from published studies and from our cases seem to support the notion that ESC might be considered safe during pregnancy and breastfeeding, particularly as far as MM is concerned. As well as other SSRI it could be associated with an increased risk of PC. Nevertheless, given the few cases here analysed and the paucity of the studies so far published, no definitive conclusions should be drawn.

KEY WORDS: SSRI, escitalopram, pregnancy, breastfeeding, major malformations, perinatal complications.

INTRODUZIONE
Patologie come il disturbo depressivo maggiore (major depression disorder - MDD) e i disturbi d’ansia hanno una prevalenza nella popolazione femminile, durante il periodo gestazionale, che varia dal 10% al 23% (1-4). In gravidanza, sintomi depressivi possono, talora, insorgere in concomitanza con una patologia internistica o con eventi di vita stressanti oppure essere espressione di un continuum depressivo o di una ricaduta di una condizione depressiva pregressa (5). Allo stato attuale, i disturbi affettivi sono considerati patologie altamente invalidanti, rientrando tra le principali cause di malattia nel mondo (6). Borri et al. (7), attraverso un campione di 1066 donne gravide, hanno stimato che in Italia la prevalenza lifetime dei disturbi ansiosi è del 35,5% mentre di quelli dell’umore è del 28,3%.
Nonostante vi siano evidenze scientifiche che avvalorino l’impiego di psicofarmaci nel trattamento di un MDD in gravidanza, nella pratica clinica è spesso necessario confrontarsi con i timori espressi dalla gestante sui potenziali rischi di teratogenicità e/o tossicità per il neonato. La letteratura evidenzia come solo il 35% delle pazienti che manifesta sintomatologia depressiva durante il periodo gestazionale decida di assumere psicofarmaci (8,9).
Del resto, la persistenza di una sintomatologia depressiva e/o ansiosa non adeguatamente trattata si associa, durante la gravidanza, a condotte potenzialmente a rischio quali regime dietetico inadeguato, tabagismo, consumo di alcol e di altre sostanze nocive, e a comportamenti autolesivi o suicidio (4). Inoltre, un MDD non trattato può aumentare il rischio di aborto spontaneo, pre-eclampsia, gestosi, parto distocico, parto pretermine e basso peso alla nascita (10).
Altre patologie psichiatriche non trattate in età gestazionale, come i disturbi d’ansia, possono predisporre la donna a una depressione post partum e compromettere la qualità dell’attaccamento madre-bambino (11-14). È stato dimostrato che l’esposizione prenatale alla depressione materna non trattata influisce negativamente sul temperamento e sullo sviluppo neurocognitivo e psicologico del bambino, predisponendolo a disturbi psichici e comportamentali in età adolescenziale e adulta (15-18).
Nonostante sia unanimemente riconosciuta l’importanza di trattare farmacologicamente i disturbi affettivi durante la gravidanza, vi sono ancora dubbi sulla sicurezza dell’impiego di antidepressivi (AD) poiché le gravide vengono escluse da studi clinici, per motivi di ordine etico (19-20) e i dati sul loro uso in gravidanza e allattamento provengono da studi di coorte (prospettici o retrospettivi), caso-controllo o registri neonatali (21,22).
La maggior parte degli studi presenti in letteratura ha riportato un rischio di malformazioni maggiori (MM), in seguito all’esposizione ad AD, sovrapponibile a quello della popolazione generale non esposta (23). Altri studi, invece, hanno riportato un rischio relativo di MM leggermente superiore rispetto alla popolazione generale (24). Per esempio, nella popolazione generale la prevalenza di atresia anale è di 5,5 casi ogni 10.000 nati vivi (25). Il rischio relativo di atresia anale nei neonati esposti a sertralina durante il periodo gestazionale è del 4,4%; pertanto, il rischio assoluto che un bambino esposto a sertralina nasca con atresia anale è dello 0,2% (26).
Tra le diverse classi farmacologiche di AD, i dati più rassicuranti sulla sicurezza in gravidanza riguardano gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (selective serotonin reuptake inhibitors - SSRI) (4,19,20). L’American College of Obstetricians e Gynaecologists, nelle sue linee-guida sulla prescrizione degli AD in gravidanza e allattamento, non include gli SSRI tra gli “agenti teratogeni” in quanto il loro impiego nel primo trimestre di gravidanza è stato associato a un rischio assoluto di MM non superiore a 2 per 1000 nascite (27). L’esposizione agli SSRI negli ultimi mesi di gravidanza potrebbe essere invece associata allo sviluppo di complicanze ostetriche e perinatali transitorie, anche se non frequenti, quali basso indice di APGAR, difficoltà respiratorie, basso peso alla nascita, ipertensione polmonare persistente, parto pretermine e sintomi da sospensione che, in alcuni casi, necessitano di ricovero in unità di terapia intensiva neonatale (28).
Negli ultimi dieci anni la percentuale di gravide trattate con SSRI è salita dal 5,7% (1999) al 13,4% (2003) (29). L’US National Birth Defects Prevention Study ha rilevato infatti che circa il 4,5% delle 6582 gestanti prese in considerazione ha ricevuto una prescrizione per AD e che la classe maggiormente prescritta è quella degli SSRI (circa il 3,8% delle puerpere) (30). Secondo Cipriani et al. (31), in una meta-revisione pubblicata nel 2009, l’ESC è uno degli SSRI più efficaci per la cura del MDD anche se a tutt’oggi pochi sono i dati sul suo profilo di sicurezza durante la gravidanza e l’allattamento.
Scopo del presente lavoro è fornire una revisione completa degli studi sul profilo di sicurezza dell’ESC in gravidanza e allattamento e riportare 8 casi clinici registrati nel database DEGRA (www.degradatabase.it), sviluppato con Php e MySql (www.davidbellantuono.it).
METODI
È stata condotta una ricerca combinata dei database MEDLINE e PubMed. Come criterio di selezione sono state utilizzate le seguenti parole chiave: (“escitalopram” OR “SSRI”) AND (“pregnancy” OR “major malformations” OR “perinatal complications”) AND (“escitalopram” OR “SSRI”) AND (“breastfeeding” OR “lactation”). Essendo l’ESC in commercio dalla fine del 2012, la ricerca è stata limitata a studi pubblicati in lingua inglese nel periodo gennaio 2003-dicembre 2012.
Nella revisione della letteratura sono stati inclusi solo studi nei quali l’ESC era stato utilizzato in monoterapia e nei quali erano disponibili dati sugli esiti dell’esposizione neonatale e della gestazione.
Sono stati quindi selezionati 12 articoli sulla sicurezza dell’ESC durante la gravidanza: 3 studi di coorte prospettici, 3 retrospettivi, 1 studio caso-controllo e 5 case-report. Per quanto riguarda la sicurezza dell’ESC durante l’allattamento, sono stati considerati 5 studi: 2 studi di coorte prospettici e 3 case-report.
La nostra casistica riguarda 8 casi di donne esposte a ESC in gravidanza e/o nell’allattamento, estrapolati dal database DEGRA. Attivo da settembre 2009 presso la Clinica Psichiatrica degli Ospedali Riuniti di Ancona, il database comprende 110 donne prese in carico durante il periodo gestazionale o nel post partum (DEGRA center – www.depressionegravidanza.it).
Durante la prima visita, le pazienti sono state valutate mediante l’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Asse I (SCID-I) (32), la Scala per la Depressione di Hamilton (HAM-D 17 items) (33), la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) (34) e la Valutazione del Funzionamento Globale (VFG) del DSM-IV-TR (35).
Dopo essere state informate su benefici, rischi e potenziali effetti collaterali della terapia antidepressiva durante la gravidanza e l’allattamento, così come sulle potenziali conseguenze derivanti dall’interruzione della stessa, tutte le pazienti hanno firmato un consenso informato e sono state sottoposte alla somministrazione della MacCAT-T al fine di valutarne la capacità decisionale sulle cure. Tale strumento infatti, attraverso un questionario semistrutturato di 10 item, è volto a esplorare il grado di consapevolezza del paziente riguardo al proprio stato di salute e di valutare il livello di comprensione delle terapie proposte e dei rischi secondari all’adesione o al rifiuto delle stesse (36).
RISULTATI
ESC in gravidanza: revisione della letteratura
Nella Tabella 1 sono riassunti i dati dei 12 articoli selezionati.
Studi di coorte
Nel loro studio prospettico, Klieger-Grossmann et al. (37) riportano una percentuale dell’1,7% di MM in bambini esposti a ESC. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra i bambini esposti ad altri tipi di SSRI (0,6%) e a quelli non esposti (1%). Gli autori suggeriscono, però, cautela nell’utilizzo dell’ESC in gravidanza poiché hanno riscontrato un significativo aumento del rischio di basso peso alla nascita (9,9%) e una percentuale minore di nati vivi (80,8%), sia rispetto alla popolazione generale non esposta (rispettivamente, 2,1% e 90,1%) che al campione di gravide esposte ad altri AD (rispettivamente, 3,6% e 78,8%). L’aumentato rischio di basso peso alla nascita sembra confermare i dati raccolti da Drugdex Drug Evaluations su ratti esposti all’ESC che mostravano un minor peso fetale rispetto ai non esposti. Il rischio di aborto spontaneo è risultato, in entrambi i gruppi di pazienti esposti a ESC (15%) e ad altri AD (16%), duplicato rispetto al campione dei non esposti (8,5%), dato comunque non statisticamente significativo (38).
Gli altri due studi di coorte non hanno riportato casi di MM o PC (39,40). Einarson et al. (39) hanno osservato un gruppo di 21 donne esposte a ESC durante il I trimestre: non sono state riscontrate complicanze gestazionali né neonatali. Rampono et al. (40) hanno descritto un campione di 8 donne esposte a ESC nell’ultimo trimestre, non riportando sintomi da tossicità neonatale né altri tipi di eventi avversi.
Wichman et al. (41) hanno analizzato retrospettivamente 8 donne esposte a ESC: 7 a partire dal concepimento e 1 a partire dal II trimestre. Anche in questo studio non sono stati osservati né MM né PC.
I dati retrospettivi più consistenti dal punto di vista della numerosità campionaria provengono dai Medical Swedish Registers. Da questi registri non emerge alcun aumento del rischio relativo di MM. Dei 219 bambini esposti, la percentuale di MM risulta essere infatti del 2,7%, valore in linea con quanto stimato nella popolazione generale (2%-4%) (vedi Kallen, comunicazione personale, riportato in Gentile [42]). Le anomalie riportate sono: 2 neonati con difetto del setto interventricolare, uno dei quali in comorbilità con stenosi subaortica; 1 nato post-termine con pervietà del dotto arterioso; 1 con ipospadia distale e 1 portatore di ernia diaframmatica congenita.
Nello studio di Kallen e Otterblad (43), in cui è stato valutato retrospettivamente un campione di 6481 donne trattate con SSRI durante i primi mesi di gravidanza, non è emerso alcun dato che indichi un significativo aumento del rischio relativo di MM (4,2% nei 72 bambini esposti a ESC) se paragonato a quanto accade nei neonati esposti ad altri SSRI e in quelli non esposti (4,1% e 4,7%, rispettivamente).
Caso-controllo
Yaris et al. (44) hanno valutato 601 donne esposte a differenti farmaci durante la gravidanza: 124 gravide che hanno assunto psicofarmaci sono state confrontate con un gruppo-controllo composto da 248 non esposte. Nel campione esaminato una sola donna ha assunto ESC durante la gravidanza e ha partorito un bambino sano.



Case-report
Gentile (42) ha riportato il caso di una donna che ha assunto ESC durante la gravidanza poiché affetta da disturbo da attacchi di panico; anche in questo caso non sono state osservate MM o PC.
Tixier et al. (45) hanno esposto il caso di una sindrome da sospensione in un neonato la cui madre aveva ingerito, in un tentativo di suicidio, 280 mg di ESC alla 31a settimana. Il neonato dopo un breve periodo di osservazione è stato dimesso non riportando alcuna complicanza.
Majewski et al. (46) hanno riportato il caso di una donna incinta in terapia con ESC (20 mg/die) dal momento del concepimento e durante tutto il primo trimestre: il neonato era affetto da arinia completa, una rara condizione caratterizzata da assenza di naso esterno, cavità nasali e apparato olfattivo.
Potts et al. (47) hanno riportato il caso di un neonato, esposto a ESC (20 mg/die) durante la gravidanza e i primi 5 giorni di allattamento, che aveva sviluppato un’enterocolite necrotizzante. Va sottolineato che tale evento è la più comune emergenza gastrointestinale, colpendo l’1%-5% di tutte le ammissioni all’unità di terapia intensiva neonatale e il 5%-10% di tutti i bambini, in particolare quelli con basso peso alla nascita (<1500 g) (47,48).
Gentile (49) ha riportato il caso di una donna con disturbo ossessivo-compulsivo che aveva assunto ESC (20 mg/die) dalla 24a settimana sino a 6 giorni prima del termine e ha partorito un bambino sano.
ESC in gravidanza: dati provenienti dal DEGRA
Nella Tabella 3 sono riassunte le caratteristiche socio-demografiche e cliniche, i farmaci prescritti e i principali esiti neonatali degli 8 casi ricavati dal DEGRA database.
Caratteristiche clinico-diagnostiche
A 2 pazienti è stato diagnosticato un disturbo da attacchi di panico (DAP), 1 era affetta da un disturbo d’ansia generalizzato (DAG), 4 avevano una diagnosi di MDD e 1 era affetta da un DAP in comorbilità con un MDD. Una paziente è stata esposta per tutta la gravidanza a L-tiroxina. La terapia con ESC è stata introdotta de novo o mantenuta durante il periodo gestazionale.
Tipologia di esposizione all’ESC
Sette donne hanno assunto ESC a partire dal concepimento; 2 di queste hanno proseguito la terapia psicofarmacologica fino al parto. Due hanno sospeso la terapia rispettivamente alla 8a e 7a settimana di gestazione per poi riprendere l’assunzione, a seguito di una ricaduta del disturbo, alla 24a e 15a settimana. Per un migliore controllo dei sintomi, in una gravida la terapia è stata modificata alla 16a settimana sostituendo ESC con paroxetina. Una donna ha interrotto il farmaco alla 8a settimana, un’altra alla 13a settimana di gestazione. A una donna, infine, è stato somministrato ESC a partire dalla 21a settimana.
Quattro pazienti hanno assunto piccole dosi di alprazolam, lorazepam e clonazepam, in aggiunta a ESC.
La dose giornaliera di ESC è stata mantenuta tra i 10 e i 20 mg/die e adattata in base al decorso della sintomatologia. Tre pazienti hanno interrotto spontaneamente l’ESC prima del parto per ridurre il rischio di sintomi da sospensione.
Tutte le donne gravide prese in carico avevano raggiunto una buona risposta clinica all’ESC.
Esiti neonatali
Tutti i bambini sono nati a termine; il peso medio alla nascita è stato di 2970 g (SD, 352,53; media, 2400-3670 g); solo uno dei neonati ha riportato un basso peso alla nascita di 2400 g (media 2500-4500 g). Tutti i bambini hanno ottenuto normali indici di APGAR, sia al primo sia al quinto minuto (8-10/10). Non sono state riportate né MM né altre anomalie minori. Il neonato esposto a paroxetina (20-40 mg/die) e lorazepam (1 g/die) nell’ultimo trimestre è stato l’unico a sviluppare una sindrome da sospensione caratterizzata da ipoglicemia (riportata sotto controllo tramite la somministrazione di destrosio), ipotonia e riflessi primitivi diminuiti. I sintomi sono comunque scomparsi entro 48 ore.
ESC durante l’allattamento: revisione della letteratura internazionale
Nella Tabella 2 sono riassunti i dati dei 5 articoli selezionati.
Studi di coorte
Non sono emerse reazioni negative a breve termine in nessuno degli studi di coorte revisionati.
Ilett et al. (50) hanno analizzato la concentrazione di ESC nel latte materno e nel plasma di bambini allattati da madri in terapia. Nel plasma dei neonati il livello assoluto di ESC e del suo metabolita demetilato è rispettivamente 8,8±3,5 e 3,2±1,0 g/kg/die mentre la sua dose relativa è 4,5±1,8 e 1,7±0,7%, rispettivamente. Non sono stati osservati effetti avversi a breve termine nei 5 neonati allattati. Gli autori suggeriscono di preferire alla prescrizione del rac-citalopram quella dell’ESC durante la lattazione poiché è minore la dose assoluta che attraversa il latte.
Rampono et al. (40) hanno analizzato il trasferimento di ESC e del suo metabolita demetilato nel latte di 8 donne esposte durante la lattazione. Come parametro per stimare il rischio di esposizione del lattante gli autori hanno utilizzato la dose relativa aggiustata secondo il peso ottenuta dividendo la dose che il bambino assumerà (espressa in mg/kg/die) per quella della madre (mg/kg/die). In altre parole, questo rapporto ci permette un confronto fra dosi normalizzate per peso unitario. In questo studio la dose relativa media aggiustata secondo il peso è risultata pari al 5,3% della dose materna. Per convenzione una dose relativa assunta dal lattante inferiore al 10% è indice della compatibilità della somministrazione del farmaco con l’allattamento (51). Anche in questo studio, i dati confermano che l’ESC sembra sicuro durante l’allattamento e andrebbe preferito al rac-citalopram la cui dose percentuale è risultata superiore al 5%.
Case-report
Nei 3 case-report analizzati solamente lo studio di Potts et al. (47) ha riportato il caso di un’enterocolite necrotizzante a seguito dell’esposizione a ESC durante la gravidanza e dopo i primi 5 giorni di allattamento.
Nei 2 casi riportati da Castberg e Spigset (52) e Gentile (49) non sono stati riportati effetti negativi sui neonati allattati.






ESC durante l’allattamento: i dati provenienti dal DEGRA
Le 8 donne sono state seguite ambulatorialmente per i 6 mesi successivi al parto al fine di monitorare l’eventuale comparsa di ricadute. Nel nostro campione solo 2 pazienti hanno deciso di allattare proseguendo la terapia con ESC (10 mg/giorno) fino a, rispettivamente, 1 e 5 mesi. Nessuno dei bambini ha riportato problemi di salute. Al termine del follow-up a 6 mesi dal parto le madri e i figli godevano di buona salute.
DISCUSSIONE
I dati disponibili, limitati a pochi studi, sembrano suggerire che l’impiego di ESC possa considerarsi relativamente sicuro in gravidanza (53). I dati finora disponibili risultano comunque limitati a pochi studi. La maggior parte di questi risultano essere metodologicamente eterogenei per quanto riguarda il disegno dello studio, la numerosità campionaria, la posologia, il tempo di esposizione e l’uso concomitante di farmaci potenzialmente teratogeni. Inoltre, molti dati risultano provenire da piccoli campioni di donne esposte. L’esiguità di tali campioni limita la possibilità di condurre una corretta inferenza statistica e, quindi, una generalizzazione del rischio relativo di MM o di altri esiti seguenti l’esposizione a ESC.
Gli studi che hanno rilevato MM dopo l’esposizione a ESC durante la gravidanza hanno riportato tassi sostanzialmente collocabili nel range della popolazione generale non esposta (1,7-4,2%) (37,42,43,46).
In aggiunta, nessuno degli studi analizzati ha soddisfatto i criteri metodologici necessari per determinare la teratogenicità del farmaco, come recentemente suggerito da Diav-Citrin e Ornoy (53) e Gentile (54). Secondo questi autori, molti studi che analizzano il potenziale effetto teratogeno degli SSRI mostrano dei limiti metodologici, generando conclusioni fuorvianti. Per esempio, gran parte delle informazioni proviene da dati disponibili solo sulle prescrizioni di tali farmaci. Qualora la donna non avesse assunto realmente il farmaco prescritto, tali informazioni potrebbero quindi risultare confondenti. Molti studi riportano, inoltre, informazioni incomplete sul periodo di esposizione sensibile come anche sui dosaggi giornalieri del farmaco.
I dati a oggi disponibili sul rischio di PC negli esposti a ESC risultano piuttosto scarsi.
Allo stesso modo, la sicurezza dell’ESC durante l’allattamento necessita di essere confermata. Gentile (55) ha proposto, per es., uno specifico indice di sicurezza per il bambino (rapporto fra il numero dei casi di eventi avversi secondari all’esposizione a ESC attraverso il latte e il numero totale dei casi esposti a ESC). È importante rilevare che il Breastfed infant antidepressants safety index comporta un importante bias quando calcolato su piccoli campioni. Un valore elevato dell’indice, infatti, potrebbe essere dovuto a una maggiore attenzione nel riportare in letteratura eventi avversi, perdendo le informazioni di molti casi di bambini esposti a ESC in cui non si sono osservate conseguenze. Secondo Gentile (55), l’ESC dovrebbe essere incluso nella categoria X che comprende quei farmaci per i quali non è ancora possibile avere certezze sulla sicurezza poiché in letteratura sono riportati meno di 50 casi di bambini esposti.
Dai dati provenienti dalla nostra casistica non sono emerse MM, confermando quanto riportato in una recente revisione delle letteratura (56). Sono stati invece riportati un caso di basso peso alla nascita e un caso di sindrome da sospensione in un neonato la cui madre aveva assunto ESC solo durante il I trimestre e aveva successivamente assunto clonazepam e paroxetina fino al momento del parto.
CONCLUSIONI
La prescrizione degli AD in donne in età fertile, gravidanza e puerperio è ancora dibattuta. 
Secondo gli studi attualmente disponibili, gli SSRI non sono da considerarsi agenti teratogeni. D’altra parte, è ben documentato che i disturbi dell’umore materni non trattati, così come altre gravi malattie psichiatriche, possano avere gravi conseguenze sugli esiti della gravidanza e sulla sicurezza del feto e/o del neonato.
Le evidenze finora disponibili sembrano suggerire che l’ESC, come altri SSRI, possa essere considerato sicuro durante la gravidanza, soprattutto per il rischio di MM; tuttavia, esso sembra essere associato a un aumento del rischio di alcune complicanze perinatali, in particolare basso peso alla nascita e aborto spontaneo, rischi peraltro documentati anche nelle gravide depresse non trattate.
Nella pratica clinica, pertanto, l’impiego di ESC in gravidanza dovrebbe essere riservato alle donne che hanno già risposto a questo farmaco e a quelle eutimiche che stanno effettuando una terapia di mantenimento prima della gravidanza.
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