Trattamento dimensionale dell’aggressività, impulsività e attivazione: uno studio su pazienti psichiatrici ospedalizzati

Dimensional treatment of aggression, impulsivity, and activation: a study on psychiatric inpatients

MASSIMO BIONDI1, MARTINA VALENTINI1, ANGELO PICARDI2
*E-mail: angelo.picardi@iss.it

1Dipartimento di Neuroscienze Umane, Ospedale Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma
2Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale, Istituto Superiore di Sanità, Roma


RIASSUNTO. Introduzione. È noto come la maggior parte dei farmaci sia efficace per una varietà di disturbi mentali, anziché per specifiche diagnosi. L’approccio dimensionale è in grado di spiegare la non specificità dell’efficacia dei farmaci, e può proficuamente integrare quello categoriale e consentire di ottimizzare il trattamento. Questo studio ha inteso esaminare l’utilizzo degli antiepilettici, in particolare del valproato, nell’ambito di una strategia di “farmacoterapia dimensionale” per il trattamento di sintomi prominenti di aggressività, impulsività e attivazione. Metodi. In questo studio osservazionale naturalistico, sono stati inclusi 846 pazienti adulti ricoverati in un SPDC. Entro 48 ore dall’ingresso e alla dimissione, sono stati somministrati la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) e la SVARAD (Scala VAlutazione RApida Dimensionale). Risultati. Si è riscontrata un’associazione significativa tra la prescrizione di un antiepilettico (nella grande maggioranza dei casi valproato) e la presenza di alti livelli di aggressività, impulsività e attivazione. Nei pazienti con alti livelli di queste dimensioni psicopatologiche, l’analisi ha rivelato una maggiore riduzione del punteggio totale della BPRS durante il ricovero nei pazienti trattati con antiepilettici rispetto ai non trattati. Questo risultato è stato osservato anche nei pazienti senza diagnosi di episodio maniacale o misto. Conclusioni. Sebbene svariati aspetti metodologici consiglino grande prudenza e impongano di considerare i nostri risultati come preliminari, questo studio suggerisce che una pratica di “farmacoterapia dimensionale” dell’aggressività, dell’impulsività e dell’attivazione, fondata sull’impiego di farmaci antiepilettici sulla base della loro azione neurobiologica e non della diagnosi categoriale, sia comunemente praticata nel lavoro quotidiano di un SPDC e si associ a un decorso clinico migliore, in assenza di effetti avversi rilevanti.

PAROLE CHIAVE: psicofarmacologia, antiepilettici, aggressività, impulsività, attivazione, diagnosi dimensionale.


SUMMARY. Introduction. Most psychotropic drugs are effective for several mental disorders, rather than for specific diagnoses. The dimensional approach to psychiatric nosology can explain the non-specificity of drug action, and it could usefully integrate the traditional categorical approach and may help optimize personalised psychiatric treatment. This study aimed at examining the use of antiepileptic drugs, particularly valproate, for the treatment of prominent aggression, impulsivity, and activation, within the conceptual framework of a “dimensional pharmacotherapy” strategy. Methods. This observational, naturalistic study included 846 adult psychiatric inpatients. Within 48 hours from admission and then again at discharge, each patient was administered the Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) and the SVARAD scale for rapid dimensional assessment. Results. We found a statistically significant association between the prescription of an antiepileptic drug (valproate in the vast majority of cases) and the presence of high levels of aggression, impulsivity, and activation. In patients with high levels of these psychopathological dimensions, the prescription of an antiepileptic drug was significantly associated with a greater decrease in BPRS total score from admission to discharge. This finding remained significant after the exclusion of patients experiencing a manic or mixed episode. Conclusions. Although methodological limitations dictate caution in interpreting our results, these preliminary findings suggest that a “dimensional pharmacotherapy” strategy (i.e., selecting drugs based on neurobiological action rather than categorical diagnosis) for the treatment of aggression, impulsivity and activation is commonly used in daily practice and may lead to greater clinical improvement, in the absence of severe adverse effects.

KEY WORDS: psychopharmacology, antiepileptic drugs, aggression, impulsivity, activation, dimensional diagnosis.

INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni, l’approccio categoriale alla diagnosi psichiatrica è stato oggetto di numerose critiche1-3. Tra queste, ricordiamo che spesso le categorie diagnostiche non rendono adeguatamente conto dell’eterogeneità clinica manifestata da pazienti con la stessa diagnosi categoriale, e che non soddisfano non soltanto i criteri di validità stabiliti da Robins e Guze4, ma anche il criterio di risposta differenziale al trattamento suggerito da Kendler5. La maggior parte dei farmaci risulta infatti efficace per una varietà di disturbi mentali, anziché per specifiche diagnosi. Per esempio, antidepressivi di varie classi risultano efficaci sia per i disturbi depressivi sia per alcuni disturbi d’ansia, dell’alimentazione, del controllo degli impulsi; la clomipramina è efficace nelle condizioni depressive ed è un potente trattamento per il disturbo ossessivo-compulsivo; gli antipsicotici sono efficaci nel trattamento della schizofrenia, di altre condizioni psicotiche e degli stati maniacali. Queste osservazioni, che possono apparire sconcertanti da un punto di vista nosologico categoriale, sono perfettamente comprensibili secondo un approccio dimensionale, un diverso modo di accostarsi alla questione della diagnosi.
L’approccio dimensionale propone che i disturbi mentali siano meglio classificabili in termini di dimensioni funzionali, anziché di categorie con confini discreti3,6,7. Tale approccio è in grado di rendere conto della grande varietà di presentazioni cliniche osservabili in pazienti con la medesima diagnosi categoriale, che trae origine dal diverso combinarsi delle dimensioni psicopatologiche in ciascun paziente8,9. È anche in grado di spiegare la non specificità dell’efficacia dei farmaci, e può consentire di ottimizzare le decisioni riguardanti il trattamento secondo prassi simili a quelle riscontrabili in altre specialità mediche. In cardiologia, per esempio, l’infarto del miocardio è una diagnosi categoriale che viene integrata da un’analisi delle sue sequele funzionali in termini di frequenza cardiaca, ritmo, conduzione e gittata, e il trattamento viene pianificato più in base a questi ultimi aspetti che non alla mera diagnosi categoriale. Allo stesso modo, in psichiatria l’approccio dimensionale può proficuamente integrare quello categoriale e consentire una migliore caratterizzazione clinica dei pazienti, secondo le dimensioni psicopatologiche prominenti in ciascun quadro clinico 10.
Di fatto, una “farmacoterapia dimensionale” è praticata da molti clinici nel loro lavoro quotidiano. Alcuni studi del nostro gruppo hanno esaminato più sistematicamente questa strategia, fornendo evidenze preliminari della sua efficacia. Questi studi si sono fondati sull’approccio dimensionale operazionalizzato nella Scala di VAlutazione RApida Dimensionale (SVARAD), sviluppata e validata da Pancheri, Biondi, Gaetano e Picardi circa 20 anni orsono11, che permette di valutare dieci fondamentali dimensioni psicopatologiche. Uno di questi studi, condotto con disegno aperto a singolo gruppo su 35 pazienti con un episodio depressivo unipolare caratterizzato da alti livelli di rabbia, aggressività e ostilità, ha suggerito l’efficacia nella pratica di una combinazione di un antidepressivo della classe SSRI con il valproato in questo tipo di pazienti. Dopo 12 settimane di trattamento, è stato osservato un marcato miglioramento non solo dei livelli di depressione e di ansia, ma anche dell’aggressività, come evidenziato da una riduzione del 69% del punteggio dell’item Rabbia/Aggressività della SVARAD 12. Una simile strategia terapeutica è stata utilizzata con successo anche in un altro studio condotto su pazienti oncologici con disturbi depressivi o ansiosi che presentavano una prominenza della dimensione Rabbia/Aggressività alla SVARAD13.
Tra le principali dimensioni psicopatologiche, alcune presentano più di altre un carattere “transnosografico”, potendosi rilevare in maggiore o minore misura in un ampio spettro di disturbi mentali, mentre altre hanno un carattere più circoscritto9. Tra le prime si possono menzionare la dimensione depressiva, quella ansiosa, l’impulsività, l’aggressività e l’attivazione, mentre tra le seconde la distorsione della realtà, la disorganizzazione del pensiero, l’apatia, l’ossessività e la somatizzazione. Per la loro diffusione aspecifica, le dimensioni a carattere “transnosografico” sono quelle il cui trattamento può essere più difficile secondo un approccio strettamente categoriale. Ciò è vero soprattutto per l’aggressività, l’impulsività e l’attivazione, mentre per gli aspetti depressivi e ansiosi esistono opzioni di trattamento standardizzate e di efficacia ben sperimentata. Non vi è invece nessun modello standardizzato e validato di trattamento farmacologico per i complessi quadri clinici caratterizzati da prominenti aggressività, impulsività e attivazione, che sono rinvenibili in una varietà di condizioni quali disturbi psicotici, disturbi dell’umore unipolari e bipolari, disturbi da uso di sostanze, disturbi del controllo degli impulsi e disturbi di personalità del Cluster B 14. La letteratura al riguardo non è molto estesa e include relativamente pochi studi controllati randomizzati, che non hanno fornito forti evidenze di efficacia per alcun agente farmacologico poiché spesso gravati da limiti metodologici come piccole dimensioni, breve durata e scarsa generalizzabilità alla pratica clinica comune15. Gli agenti studiati comprendono il litio, gli antipsicotici, gli antidepressivi, i beta-bloccanti e gli antiepilettici. Tra questi ultimi, il valproato ha ricevuto particolare attenzione, e un suo effetto antiaggressivo è suggerito, quantomeno preliminarmente, da un ampio numero di resoconti di casi e di studi in aperto16.
Il presente studio ha inteso esaminare l’utilizzo degli antiepilettici, e in particolare del valproato, nell’ambito di una strategia di “farmacoterapia dimensionale” per il trattamento di sintomi prominenti di aggressività, impulsività e attivazione in un’ampia popolazione clinica di pazienti psichiatrici ospedalizzati contraddistinti da una grande varietà di diagnosi psichiatriche categoriali.
METODI
Lo studio è stato condotto presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del Dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza Università di Roma. Sono stati considerati per l’inclusione tutti i pazienti adulti esenti da gravi patologie mediche ricoverati nel periodo compreso tra gennaio 2011 e giugno 2014, per un totale di 867 pazienti.
Le diagnosi psichiatriche sono state attribuite secondo i criteri del DSM-IV17 da psichiatri con oltre 10 anni di esperienza clinica. La valutazione standardizzata è stata effettuata da medici specializzandi sotto la stretta supervisione degli specialisti, una prima volta entro 48 ore dal ricovero e una seconda volta nelle ore precedenti la dimissione. In entrambe le occasioni, ai pazienti sono stati somministrati la Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) e la SVARAD. La SVARAD è uno strumento sviluppato18 e validato19 nel nostro Dipartimento che consente una valutazione rapida e affidabile delle principali dimensioni psicopatologiche. Lo strumento consiste di 10 item, siglati su una scala a 5 punti variabile da 0 (“non presente”) a 4 (“grave”), per ciascuno dei quali è presente una descrizione dettagliata della dimensione oggetto di valutazione e una definizione dei livelli di gravità. Gli item della SVARAD sono i seguenti: Apprensione/Timore; Tristezza/Demoralizzazione; Rabbia/Aggressività; Ossessività; Apatia; Impulsività; Distorsione della Realtà; Disorganizzazione del Pensiero; Preoccupazione Somatica/Somatizzazione; Attivazione. Le dimensioni di interesse in questo studio sono l’Aggressività, l’Impulsività e l’Attivazione, che sono rispettivamente definite come segue: «Sentimenti di irritazione, rancore, collera; manifestazioni di irritabilità, litigiosità, ostilità; violenza verbale o fisica»; «Tendenza a mettere improvvisamente in atto comportamenti inadeguati o potenzialmente dannosi per sé o per altri, senza adeguata riflessione sulle cause o sulle conseguenze delle proprie azioni»; «Aumento dell’attività motoria, accelerazione ideativa, disinibizione, sensazioni di eccessiva energia e fiducia nelle proprie capacità, euforia o irritabilità».
Nel nostro Dipartimento, questo strumento viene utilizzato nell’attività clinica e di ricerca11 da circa 20 anni, e tutti i membri dello staff sono pratici del suo utilizzo. La BPRS è uno degli strumenti più utilizzati nel mondo per la valutazione della psicopatologia in pazienti psichiatrici gravi. È stata utilizzata nella sua versione estesa a 24 item, con il manuale di somministrazione contenente istruzioni dettagliate per la siglatura di ciascun item20,21.
Le analisi statistiche sono state condotte con l’ausilio del programma SPSS Statistics for Mac, Version 20 (IBM Corp., Armonk, NY, USA). Tutti i test statistici sono a due code, con alfa posto a 0,05. Le caratteristiche dei pazienti sono state riassunte mediante appropriate statistiche descrittive, mentre il test Chi quadrato e l’analisi della varianza sono stati impiegati per saggiare la significatività delle differenze tra gruppi per variabili discrete e continue, rispettivamente.
RISULTATI
Di 867 pazienti ricoverati nel periodo considerato, 846 erano stati valutati con la SVARAD e sono pertanto stati inclusi nello studio. Le caratteristiche dei partecipanti sono descritte in dettaglio nella Tabella 1.
Una prima analisi ha riguardato la relazione tra prescrizione di antiepilettici e presenza di un livello elevato di aggressività, impulsività e attivazione, definito in base alla presenza di un punteggio di 3 o 4 ai relativi item della SVARAD. Complessivamente, 124 (14,7%), 183 (21,6%) e 121 (14,3%) pazienti hanno rispettivamente conseguito un punteggio pari o superiore a 3 agli item Rabbia/Aggressività, Impulsività e Attivazione della SVARAD. Il numero di pazienti con livelli elevati di almeno una di queste tre dimensioni psicopatologiche è pari a 270 (31,9%). Un totale di 503 (59,5%) pazienti ha ricevuto un antiepilettico, nella grande maggioranza dei casi (n=480) valproato. Si è riscontrata un’associazione fortemente significativa tra la prescrizione di un antiepilettico e la presenza di alti livelli di aggressività, impulsività e attivazione. Il numero di pazienti con livelli molto elevati di almeno una di queste tre dimensioni psicopatologiche trattati con un antiepilettico è pari a 180 su 270, a confronto con 323 su 576 senza livelli così elevati di alcuna di queste tre dimensioni. L’associazione pare particolarmente spiccata con l’aggressività e l’attivazione. Infatti, 89 pazienti su 124 con alti livelli di aggressività ha ricevuto trattamento con antiepilettici, a confronto con 414 su 722 senza livelli elevati di aggressività (p=0,003). Similmente, 86 pazienti su 121 con alti livelli di aggressività hanno ricevuto trattamento con antiepilettici, a confronto con 417 su 725 senza livelli elevati di aggressività (p=0,007). Per l’impulsività, le differenze tra gruppi, pur se nella stessa direzione, non sono significative, con 114 pazienti trattati su 183 con alti livelli di impulsività a confronto con 389 su 663 senza livelli così alti di impulsività. Va notato come la gran parte delle prescrizioni di antiepilettici riguardino pazienti comunque con livelli clinicamente rilevabili di aggressività, impulsività e attivazione, in quanto solo in 53 casi tali farmaci sono stati prescritti a pazienti con punteggio pari a zero ai tre item SVARAD in questione.
Una seconda analisi si è focalizzata sui pazienti con livelli elevati di aggressività, impulsività o attivazione, con l’intento di esaminare se in questi pazienti tale prescrizione fosse associata a variabili che potessero fungere da indicatori di processo o di esito clinico. Non è stata riscontrata un’associazione con la durata del ricovero, pari mediamente a 12,04 e 11,40 nei pazienti rispettivamente trattati e non trattati con antiepilettici. Mentre l’analisi della varianza per misure ripetute ha rivelato una interazione significativa (p=0,03) tra tempo e prescrizione rispetto alla variazione del punteggio totale della BPRS intercorsa tra l’ingresso in reparto e la dimissione. Infatti, nei pazienti trattati con antiepilettici il punteggio medio della BPRS scende da 59,5±15,1 a 39,5±13,1, mentre nei pazienti non trattati con antiepilettici la diminuzione è risultata significativamente minore, da 53,8±15,9 a 38,2±11,2. Questa differenza si apprezza anche restringendo l’analisi ai pazienti senza una diagnosi di episodio maniacale o misto: come illustrato in Figura 1, nei pazienti trattati con antiepilettici il punteggio medio della BPRS scende da 59,4±14,7 a 39,6±11,4, mentre nei pazienti non trattati con antiepilettici la diminuzione è significativamente minore, da 53,1±17,8 a 40,0±13,1 (p=0,003).






DISCUSSIONE
L’esame di questa ampia casistica, che spazia lungo un arco temporale di tre anni e mezzo, mostra che gli antiepilettici, in particolar modo il valproato, sono abbastanza comunemente prescritti nella pratica del SPDC partecipante allo studio, soprattutto a pazienti aggressivi, impulsivi e agitati. La presenza di livelli elevati di aggressività, impulsività e attivazione è infatti risultata significativamente associata alla prescrizione di antiepilettici.
È ravvisabile qui una pratica di “farmacoterapia dimensionale” basata sull’impiego di un farmaco in base alla sua azione neurobiologica e non alla diagnosi categoriale. Il fondamento logico alla base dell’impiego del valproato si incentra sullo spostamento dell’equilibrio della neurotrasmissione da eccitatorio a inibitorio. Sebbene il meccanismo di azione del valproato sia solo in parte compreso, la sua azione di incremento della sintesi e inibizione del metabolismo dell’acido gamma-amino-butirrico (GABA) promuove un simile spostamento. Agli effetti clinici del valproato concorrono probabilmente altre sue azioni su canali ionici, monoamine, neuropeptidi e proteine di segnalazione intracellulare, nonché una sua possibile modulazione di alcuni recettori per gli aminoacidi eccitatori 22-24. L’azione sui canali del sodio voltaggio-dipendenti è fondamentale per un altro farmaco antiepilettico di comune uso in psichiatria, la carbamazepina25.
All’utilizzo dei farmaci antiepilettici in psichiatria sono dedicati interi libri26 o capitoli di prestigiosi manuali e trattati27,28. Il valproato è formalmente autorizzato in Italia per il trattamento di varie forme di epilessia e degli episodi maniacali nel disturbo bipolare. A livello internazionale, varie linee guida prevedono l’impiego di valproato e altri farmaci antiepilettici nella mania e nel disturbo bipolare, presumibilmente poiché agiscono su una dimensione psicopatologica di “attivazione”, che nella mania è ben individuabile29 e prominente. Tuttavia, va osservato che una simile dimensione si ritrova anche in vari casi di schizofrenia30 e anche di depressione unipolare31. La presenza, spesso rilevante, della dimensione di Attivazione in condizioni cliniche differenti dall’episodio maniacale o misto, costituisce il fondamento logico alla base della scelta di utilizzare il valproato in situazioni cliniche non inquadrabili in termini diagnostici categoriali come disturbo bipolare. Il punto è che, se da un lato le autorizzazioni formali all’impiego dei farmaci sono date per categorie diagnostiche, dall’altro va tenuto presente che i farmaci che agiscono su una specifica dimensione che caratterizza una certa categoria diagnostica possono rivelarsi utili in vari pazienti classificati in un’altra categoria diagnostica in cui quella dimensione sia presente, pur non essendo la principale 9.
Non sono stati osservati effetti avversi della prescrizione di antiepilettici, anzi, i dati disponibili suggeriscono che in pazienti particolarmente attivati, impulsivi e aggressivi la prescrizione di antiepilettici, e segnatamente di valproato, si associ a un superiore miglioramento sintomatologico durante il ricovero. I benefici sembrano non essere circoscritti alla riduzione dell’aggressività, bensì comprendere anche una riduzione della sofferenza soggettiva dei pazienti con alti livelli di rabbia, impulsività, disforia e agitazione. Particolare interesse in un’ottica di “farmacoterapia dimensionale” 9,10 riveste il dato che questo risultato è stato osservato anche nei pazienti senza una diagnosi di episodio maniacale o misto. L’effetto positivo dei farmaci antiepilettici in questo tipo di pazienti è in linea con precedenti osservazioni di una loro azione di riduzione della rabbia e dell’aggressività in pazienti depressi12.
L’assenza di una riduzione della durata del ricovero nei pazienti trattati con antiepilettici è probabilmente da ascrivere alla loro maggiore gravità clinica all’ammissione, documentata dal punteggio medio della BPRS. Peraltro, la durata del ricovero non è un indicatore di processo molto accurato, poiché la dimissione è in vari casi legata alla disponibilità di posti letto di post-acuzie in case di cura convenzionate, oppure alla “presa in carico” della struttura territoriale di riferimento.
CONCLUSIONI
Svariati aspetti metodologici consigliano grande prudenza nel trarre conclusioni dai risultati di questo studio e limitano sensibilmente la robustezza delle inferenze possibili: tra questi, i principali sono il disegno non sperimentale e l’impossibilità di separare gli effetti degli antiepilettici da quelli di altri farmaci contemporaneamente prescritti, in particolare gli antipsicotici. Rispetto a questo ultimo punto, è di conforto il dato che quasi tutti i pazienti abbiano ricevuto oltre all’antiepilettico anche un farmaco antipsicotico, il che riduce grandemente la possibilità per il trattamento antipsicotico di confondere l’associazione osservata tra prescrizione di antiepilettici e migliore decorso clinico, sebbene non si possa escludere il verificarsi di un più sofisticato confondimento in termini di dosaggio relativo di antiepilettici e antipsicotici.
In conclusione, sebbene i limiti di uno studio osservazionale naturalistico impongano di considerare i nostri risultati come del tutto preliminari e bisognosi di essere saggiati e replicati da successivi studi con disegno più robusto, questo studio suggerisce che una pratica di “farmacoterapia dimensionale” dell’aggressività, dell’impulsività e dell’attivazione, fondata sull’impiego di farmaci antiepilettici sulla base della loro azione neurobiologica e non della diagnosi categoriale, sia di fatto comunemente praticata nel lavoro quotidiano di un reparto psichiatrico, e si associ a un decorso clinico migliore o comunque positivo, in assenza di effetti avversi rilevanti. Poiché i pazienti con queste caratteristiche cliniche e personologiche, pur se relativamente poco numerosi, sono clinicamente gravosi e comportano notevoli difficoltà nella loro gestione 32, sono auspicabili ulteriori studi volti a indagare l’efficacia e l’utilità di un approccio di farmacoterapia dimensionale come quello qui presentato.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.
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