Il disturbo del controllo degli impulsi nella malattia di Parkinson: influenza sui processi decisionali individuali e sociali

Impulsive-compulsive disorders in Parkinson’s Disease: influence on individual and social decision-making processes

GIORGIA PONSI1,2*, MARIA SERENA PANASITI1,2
*E-mail: giorgia.ponsi@uniroma1.it

1Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma
2IRCCS Fondazione Santa Lucia, Roma

RIASSUNTO. Scopo. La malattia di Parkinson (MP) è stata considerata per lungo tempo una patologia neurodegenerativa che interessava prevalentemente le funzioni motorie, a causa dell’interessamento dei gangli della base. Recenti ricerche hanno dimostrato però come queste strutture cerebrali abbiano un ruolo cruciale anche nelle funzioni cognitive e sociali di più alto livello come quelle esecutive, del controllo degli impulsi e nel decision-making. Metodo. È stata condotta una ricerca della letteratura scientifica peer-reviewed per individuare articoli che affrontassero il tema delle disfunzioni nei processi decisionali individuali e sociali nella MP. Risultati e discussione. Questo lavoro fornisce al lettore una rassegna della letteratura sui processi decisionali individuali e sociali nella MP, in particolare mette in evidenza come la presenza di disturbi del controllo degli impulsi e gli associati comportamenti di reward-seeking possano spiegare i sintomi sociali della MP sia in termini di anormale propensione al rischio sia di eccessiva salienza della ricompensa.

PAROLE CHIAVE: malattia di Parkinson, decision-making, social decision-making, disturbo del controllo degli impulsi, ricompensa.


SUMMARY. Aim. Parkinson’s Disease (PD) has been considered for a long time as a neurodegenerative disorder affecting mainly motor functions, because of the involvement of basal ganglia. Recent research has shown that these brain structures have a crucial role even in higher level cognitive and social functions, as executive ones, impulse control and decision-making. Method. A research of the peer-reviewed scientific literature was conducted in order to identify articles on the dysfunctions in individual and social decision-making in PD. Results and discussion. This work provides the reader with a literature review on individual and social decision-making processes in PD, highlighting how the existence of impulse control disorders and the associated reward-seeking behaviors might elucidate the social symptoms of PD, both in terms of abnormal risk proneness and/or reward salience.

key words: Parkinson’s Disease, decision-making, social decision-making, impulsive-compulsive disorders, reward.

INTRODUZIONE
La malattia di Parkinson (MP) è la seconda malattia neurodegenerativa cronica e progressiva più comune che colpisce il 2-3% della popolazione con età maggiore di 65 anni. A causa del fenomeno dell’allungamento della vita media nei paesi occidentali, si prevede che il numero di persone affette dalla MP raddoppierà tra il 2005 e il 20301.
La MP è caratterizzata dalla morte precoce dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra pars compacta (SNpc) e dalla degenerazione delle terminazioni nervose nello striato (che esprime principalmente i recettori D1 eccitatori e D2 inibitori della dopamina). La risultante carenza dopaminergica che interessa i gangli della base, in particolare il putamen, causa disordini motori e del movimento come bradicinesia, acinesia, rigidità muscolare, tremore a riposo e invalidità posturale e difficoltà di deambulazione. Generalmente i sintomi della MP compaiono quando il contenuto di dopamina striatale si riduce del 20-40% rispetto al quantitativo medio normale. Il sintomo legato alla deficienza di dopamina è l’ipocinesia, mentre rigidità e tremore implicano meccanismi neurochimici più complessi, che coinvolgono altri neurotrasmettitori in aggiunta alla dopamina (acetilcolina, GABA, serotonina e noradrenalina)2,3.
La MP è una sinucleinopatia caratterizzata dalla presenza di aggregati della proteina α-sinucleina, detti corpi di Lewy e neuriti di Lewy. A oggi, l’associazione tra patologia di Lewy e la patogenesi della MP non è ancora pienamente compresa. Attualmente, il trattamento sintomatico della MP viene effettuato con medicinali che aumentano le concentrazioni di dopamina o che vanno a stimolarne i recettori. Trattamenti mirati alla riduzione dei processi neurodegenerativi non sono stati ancora sviluppati1,2.
Le caratteristiche invalidanti della MP comprendono sintomi motori che non rispondono alla terapia dopaminergica o che si sviluppano come complicazioni causate dall’utilizzo a lungo termine di farmaci dopaminergici. La terapia farmacologica disponibile per i pazienti con MP è finalizzata al ripristino del livello della dopamina nel cervello. Secondo l’ipotesi da overdose di dopamina4,5, i farmaci dopaminergici hanno effetti benefici nelle aree cerebrali maggiormente colpite nei primi stadi della malattia – come lo striato dorsale – ma causano un’overdose di dopamina nelle aree meno colpite – come lo striato ventrale.
La MP è inoltre associata a una serie di sintomi non motori che includono: disfunzione olfattiva, disabilità cognitiva, demenza, sintomi psichiatrici (come disturbi dell’umore, apatia, ansia, psicosi, allucinazioni e confusione), disturbi del sonno, disfunzione vegetativa, dolore e fatica. Questi sintomi sono comuni nei primi stadi della MP e precedono frequentemente l’inizio dei classici sintomi motori, con una latenza media di 12-14 anni. Si presume che il processo patogeno che causa la MP sia attivo anche durante la fase premotoria (lo stadio che precede la comparsa dei disturbi del movimento), coinvolgendo regioni del sistema nervoso centrale e periferico, oltre ai neuroni dopaminergici della SNpc2,3,6.
DISFUNZIONI COGNITIVE E DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NELLA MALATTIA DI PARKINSON
La disfunzione cognitiva nella MP può variare da una disabilità cognitiva lieve (nei primi stadi della malattia) alla demenza (negli stati avanzati della malattia)7-9 e questo influenza diverse abilità, tra cui il decision-making10-12. Inoltre, i farmaci dopaminergici sono efficaci nell’alleviare molti dei sintomi motori della MP, ma possono a loro volta influenzare anche le funzioni cognitive, sia migliorandole, sia rendendole deficitarie3. Per esempio, i farmaci dopaminergici migliorano la prestazione in compiti mediati dai circuiti motori o associativi (per es., in test che misurano la memoria di lavoro, cognitive-sequencing e task-switching)13, ma la peggiorano in compiti mediati da quelli limbici (striato ventrale – cingolo anteriore) od orbitofrontali (caudato – corteccia orbitofrontale), per esempio in test che misurano apprendimento associativo condizionale, apprendimento incrementale con feedback e apprendimento probabilistico inverso).
La disfunzione esecutiva nella MP è caratterizzata da deficit nel controllo attenzionale, memoria di lavoro, pianificazione, problem-solving, controllo inibitorio, risoluzione del conflitto e ridotta abilità di eseguire due compiti contemporaneamente7.
Spesso in questi pazienti vi è una parziale sovrapposizione tra disfunzione esecutiva e deficit nel controllo inibitorio. Circa il 15% dei pazienti con MP mostrano comportamenti che possono essere dovuti a un disturbo del controllo degli impulsi (impulsive-compulsive disorders - ICD), come acquisto compulsivo, gioco d’azzardo patologico o ipersessualità14. Questi comportamenti sono più comuni nei pazienti che seguono una terapia dopaminergica15,16 e sono associati a depressione maggiore, ansia, sintomi ossessivo-compulsivi, ricerca della novità e impulsività17. I disturbi del controllo degli impulsi rappresentano una categoria diagnostica riconosciuta solo recentemente, contraddistinta dalla presenza di azioni incontrollabili. Il DSM-IV-TR raccoglieva sotto l’espressione ombrello disturbo del controllo degli impulsi quelle condizioni (gioco d’azzardo patologico, piromania, cleptomania e tricotillomania) caratterizzate dall’incapacità degli individui di resistere a un impulso o a una tentazione. Il DSM-5 ha invece inserito alcuni di questi disturbi (come piromania e cleptomania) tra quelli che compaiono la prima volta nell’infanzia e nell’adolescenza nel raggruppamento disturbi dirompenti da controllo degli impulsi e della condotta e ha spostato altri (come il gioco d’azzardo patologico) tra i disturbi di dipendenza18. È importante sottolineare che i comportamenti patologici che rientrano nella categoria dei disturbi del controllo degli impulsi sono definiti anche reward-seeking behaviors, cioè comportamenti finalizzati all’ottenimento di una ricompensa, e che i circuiti dopaminergici che proiettano allo striato – e che sono danneggiati nella MP – sono coinvolti nei meccanismi di elaborazione della ricompensa. È importante notare che la presenza di un’alterata sensibilità alla ricompensa e alla punizione, così come maggiori livelli di impulsività, rappresentano: 1) fattori di rischio psicopatologico per persone che soffrono di gioco d’azzardo patologico e acquisto compulsivo19 ; 2) predittori di maggior utilizzo di droghe in pazienti con dipendenze da sostanze di abuso20.
Tradizionalmente, i gangli della base sono sempre stati considerati come strutture meramente motorie, importanti per la selezione e l’esecuzione del movimento. Il loro ruolo nelle funzioni cognitive è stato accertato solo recentemente in relazione alle connessioni dei gangli della base con aree della corteccia prefrontale che sono implicate nelle funzioni esecutive21,22. Le disfunzioni esecutive presenti nella MP potrebbero essere associate a disfunzioni nel circuito fronto-striatale tra il nucleo caudato e la corteccia prefrontale dorsolaterale23,24.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato che due strutture dei gangli della base (nucleo subtalamico e globo interno pallido) sono coinvolte nel controllo degli impulsi: infatti la loro stimolazione aumenta i comportamenti impulsivi sia nei roditori25,26 sia negli umani27. La presenza di disturbi del controllo degli impulsi nei pazienti affetti da MP è associata ad alterazioni strutturali a livello cerebrale: a differenza dei pazienti con MP non ICD, i pazienti MP ICD mostrano un assottigliamento corticale a livello precentrale sinistro e superiore frontale e danni a tratti di sostanza bianca nelle aree motorie ed extramotorie28. Inoltre severità e durata dei disturbi del controllo degli impulsi modulano la connettività funzionale tra i circuiti sensorimotori, visivi e cognitivi in questi pazienti28.
DISFUNZIONI DEI PROCESSI DECISIONALI INDIVIDUALI NELLA MALATTIA DI PARKINSON
La capacità di controllo degli impulsi si riflette drasticamente sui processi decisionali in quanto influenza la capacità di riflettere sulle conseguenze delle proprie scelte29. È stato visto infatti che persone molto impulsive hanno difficoltà nell’apprendimento basato sui feedback30 e danno più peso alle gratificazioni piccole ma immediate rispetto a quelle più grandi ma tardive31.
Il processo di decision-making comprende diversi stadi mediati da diverse strutture cerebrali e sistemi di neurotrasmettitori, tra cui i gangli della base svolgono un ruolo cruciale32,33. In particolare, il processo decisionale comprende:
1. la rappresentazione e l’assegnamento di valori e probabilità alle diverse opzioni di scelta (ovvero la valutazione in termini di possibile reward di ognuna delle alternative), sostenuti da corteccia ventromediale prefrontale (VmPFC)34-37, striato38-40 e corteccia cingolata anteriore41-44;
2. la selezione delle opzioni in base ai valori loro assegnati (ovvero la selezione di una delle alternative valutate nella fase precedente), sostenuta dalle cortecce prefrontale laterale e parietale – in particolare, area intraparietale laterale, collicolo superiore – e campi visivi frontali (FEF)45-47;
3. azione, esecuzione del movimento e monitoraggio dell’azione (ovvero il raggiungimento dell’alternativa selezionata nella fase precedente), sostenuti da corteccia premotoria e corteccia cingolata anteriore48;
4. valutazione dell’esito del processo decisionale e dell’azione (ovvero la valutazione, in termini di reward ottenuto, della scelta compiuta nella fase precedente), sostenuta da striato dorsale-ventrale49,50, corteccia cingolata anteriore51-54 e amigdala55.

I compiti sperimentali utilizzati per studiare il decision-making possono essere suddivisi in due categorie: 1) decision-making in condizioni di rischio (per esempio, Game of Dice Task - GDT e Cambridge Gambling Task - CGT) e 2) decision-making in condizioni di incertezza” (per esempio Iowa Gambling Task - IGT; Probabilistic Classification Learning Task - PCL; Weather Prediction Task - WPT; Probabilistic Reversal Learning - PRL; Procedural Learning Transitive Inference Task - PLTIT; Chaining task)3. Questa distinzione si basa sul livello di conoscenza delle probabilità da parte dell’agente che si sottopone al compito sperimentale. Il decision-making in condizioni di rischio si riferisce a situazioni in cui le probabilità sono conosciute (o conoscibili), mentre le situazioni di incertezza sono quelle in cui le probabilità non sono logicamente deducibili o inferibili dall’informazione presentata nel compito55,56.
I risultati degli studi volti a esplorare le abilità di decision-making nella MP hanno portato a risultati inconsistenti. Alcuni studi hanno rivelato deficit nel decision-making in condizioni di rischio in pazienti con MP, i quali: 1) tendono a scegliere più spesso le opzioni più rischiose rispetto ai partecipanti di controllo10,57; 2) mostrano minor propensione al rischio in assenza di feedback immediato58; 3) tendono a fare scommesse più velocemente quando assumono farmaci dopaminergici (on medication) rispetto a quando non assumono farmaci dopaminergici (off medication) e rispetto al gruppo di controllo, suggerendo un pattern comportamentale indice di maggiore impulsività5. Al contrario, Delazer et al.59 hanno mostrato che in una versione adattata del compito (Probability-Associated Gambling Task) i pazienti con MP on-medication hanno la stessa performance dei partecipanti di controllo. Anche per quanto riguarda il decision-making in condizioni di incertezza i risultati sono inconsistenti. Alcuni studi che hanno impiegato l’Iowa Gambling Task (IGT) mostrano come i pazienti con MP prendano decisioni simili a quelle dei partecipanti di controllo57,60-62, mentre altri studi evidenziano come tendano a prendere decisioni più svantaggiose rispetto ai controlli11,12,59,63-66. Per quanto riguarda i correlati neurali, studi di neuroimmagine67 e studi di lesione68 indicano che la prestazione all’IGT sia una misura della funzionalità della corteccia prefrontale orbitale e ventromediale69. Uno studio recente ha mostrato come il volume della corteccia laterale orbitofrontale correli con la performance all’IGT in pazienti affetti da MP70. Recentemente Benussi et al.71 hanno inoltre osservato che stimolare la corteccia prefrontale dorso laterale (dorsolateral prefrontal cortex - DLPFC) destra con stimolazione transcranica a corrente diretta continua (transcranial direct current stimulation - tDCS) catodica in pazienti affetti da MP migliori il loro punteggio all’IGT rispetto alla stimolazione sham, suggerendo un effetto di modulazione dell’impulsività.
Confrontando direttamente il decision-making in condizioni di rischio (GDT) e quello in condizioni di incertezza (IGT) in pazienti con MP on-medication, Euseneuer et al.57 hanno rilevato un comportamento deficitario nel secondo ma non nel primo. Inoltre, il decision-making in condizioni di rischio sembra essere maggiormente deficitario nei pazienti con MP e demenza59.
La propensione al rischio nei pazienti affetti da MP potrebbe non essere la sola variabile che spiega il comportamento di questi pazienti. Gli studi sopra riportati, infatti, non prendono in considerazione la presenza di disturbi del controllo degli impulsi associati alla MP. Verificare la presenza di questi disturbi in studi futuri potrebbe contribuire a far diminuire il numero delle inconsistenze presenti in letteratura. Infatti, il disturbo del controllo degli impulsi e la presenza di reward-seeking behaviors associati alla MP potrebbero causare una diversa salienza della ricompensa nei compiti di decision-making a seconda della progressione della malattia o del grado di coinvolgimento dei circuiti dopaminergici che proiettano allo striato.
I compiti che esaminano sia rischio sia incertezza includono spesso una componente di apprendimento, quindi è necessario considerare che differenze nella prestazione possano essere attribuite sia a differenze nell’apprendimento sia a differenze individuali nella propensione al rischio. Spesso non è possibile separare le due componenti in compiti di decisione che comprendono anche una componente di apprendimento (per esempio quando i partecipanti tentano di inferire le probabilità sottostanti alle diverse opzioni di scelta)3. In letteratura ci sono evidenze che suggeriscono come la deficienza dopaminergica a livello dei gangli della base porti a un apprendimento procedurale deficitario72,73. Studi che hanno utilizzato compiti di apprendimento e classificazione probabilistica (Probabilistic Classification Learning Task - PCL) come il compito di predizione meteorologica (Weather Prediction Task - WPT) mostrano come i processi di apprendimento procedurale nei pazienti con MP on-medication siano deficitari66,74-77. In modo simile, in compiti di Probabilistic Reversal Learning (PRL), i pazienti con malattia di Parkison on-medication tendono a continuare a fare la scelta iniziale (non più adattiva) più a lungo rispetto ai partecipanti di controllo78-81. Nel Procedural Learning Transitive Inference Task (PLTIT) i pazienti con MP on-medication sono maggiormente sensibili al feedback positivo rispetto che a quello negativo (e l’opposto è vero per pazienti con MP off-medication82). In un compito simile, il Chaining Task, i pazienti con MP hanno prestazioni paragonabili ai controlli (cioè sono in grado di apprendere la sequenza corretta alla stessa velocità dei controlli e con la medesima accuratezza83) quando sono on-medication. Al contrario, quando i pazienti con MP sono testati off-medication, la loro prestazione è significativamente inferiore a quella dei controlli83,84. Infine, altri studi che hanno impiegato compiti di decision-making dinamico85, in cui ai partecipanti viene richiesto di controllare un sistema dinamico per raggiungere un determinato obiettivo, hanno rilevato l’assenza di deficit in pazienti con MP on-medication86-88.
Oltre al decision-making economico, i pazienti con MP mostrano deficit anche nel decision-making percettivo basato su informazioni precedentemente acquisite89,90: i pazienti con MP hanno difficoltà nel combinare l’informazione acquisita in precedenza con l’informazione sensoriale corrente nel guidare le decisioni percettive90.
Una recente meta-analisi3 rivela che i pazienti affetti da MP riportano processi decisionali deficitari rispetto ai controlli sani nel 65% degli esperimenti analizzati. I predittori più forti della prestazione deficitaria in compiti di decisione in pazienti affetti da MP sono:
• la presenza di un feedback discreto nel compito, rispetto al feedback cumulativo o all’assenza di feedback. Molti studi indicano come la prestazione deficitaria dei pazienti con MP sia il frutto di un deficit nell’elaborazione del risultato che deriva dal feedback trial-by-trial causato a sua volta da danni allo striato ventrale91,92. Questi pazienti sono capaci di fare scelte vantaggiose in uno scenario di gioco d’azzardo quando tutta l’informazione necessaria viene loro fornita esplicitamente e nessun feedback sul risultato viene fornito93. Shohamy et al.94 hanno comparato la prestazione al compito di predizione meteorologica con e senza feedback e hanno mostrato che pazienti con MP nella condizione no-feedback presentano una prestazione decisamente migliore rispetto a quelli nella condizione feedback. Gli stessi autori hanno interpretato questa evidenza come un deficitario apprendimento incrementale basato sul feedback nei pazienti con MP95. Lo stesso risultato è stato replicato da Schmitt-Eliassen et al.96. Al contrario, Wilkinson et al.76 hanno riportato una prestazione deficitaria di questi pazienti in entrambe le versioni del compito (con e senza feedback);
• lo status medico dei pazienti (on- versus off-medication). Da una meta-analisi emerge come i pazienti on-medication abbiano una probabilità maggiore di mostrare una prestazione deficitaria in compiti decisionali rispetto ai pazienti off-medication3. Il sistema dopaminergico del mesencefalo è molto importante per i processi di apprendimento da feedback94 e di elaborazione della ricompensa97,98. Quindi i pazienti con MP dovrebbero avere una prestazione peggiore in compiti decisionali rispetto ai controlli quando testati off medication (quando cioè i livelli di dopamina sono bassi) e una prestazione similare quando sono testati on-medication (quando cioè i farmaci ripristinano i normali livelli di dopamina nel cervello). Al contrario, l’evidenza suggerisce che i pazienti con MP tendono ad avere prestazione migliori quando sono testati off medication, piuttosto che on medication, in compiti come WPT, CGT, IGT, PRL4,78,79,81,99. Le ipotesi proposte per spiegare questo fenomeno sono due: Frank et al.82 propongono che i farmaci dopaminergici inducano ridotta o assente capacità di imparare dal feedback negativo. In alternativa, la prestazione deficitaria nei compiti di decisione potrebbe derivare dall’overdose di dopamina a livello dei gangli della base come lo striato ventrale4.
Queste evidenze suggerirebbero che la MP, in particolare quando accompagnata a disturbi di controllo degli impulsi100, potrebbe essere associata a deficit specifici legati all’abilità di prendere decisioni (fase di analisi di costi-benefici e di elaborazione del feedback), ma non a un deficit generale nella presa di decisione101.
DISFUNZIONI DEI PROCESSI DECISIONALI SOCIALI NELLA MALATTIA DI PARKINSON
Le decisioni sociali sono descritte come scelte le cui conseguenze hanno un impatto non solo sul decisore (colui che prende le decisioni), ma anche su uno o più individui102. Queste decisioni sono di solito prese in contesti interpersonali che includono altri agenti sociali i cui stati mentali, intenzioni e comportamenti futuri sono incerti103. Le decisioni sociali vengono studiate in gran parte grazie all’impiego di paradigmi sperimentali utilizzati nell’ambito dell’economia comportamentale (Game Theory)104. In questi paradigmi sperimentali le decisioni dipendono da concomitanti decisioni altrui e pertanto richiedono l’inferenza e l’elaborazione delle motivazioni ed emozioni dell’altro individuo (o degli altri individui). Questi paradigmi possono essere sia di tipo one-shot sia multiple-round: nel primo caso le decisioni sociali sono prese all’interno di una singola interazione, mentre nel secondo caso le decisioni possono ripetersi diverse volte; pertanto le conseguenze delle proprie azioni e la conoscenza dell’altro individuo influenzano le scelte correnti tramite meccanismi di apprendimento di rinforzo105,106.
Tra i processi decisionali sociali si annoverano quelli che per esempio ci portano a fidarci o meno di un’altra persona106-108, a punire individui che infrangono le norme sociali andando incontro a un costo personale109 (punizione altruistica) o quelli che ci portano a ingannare altre persone110-113.
Il controllo degli impulsi ricopre un ruolo fondamentale anche in questo tipo di decisioni: alti livelli di impulsività comportano elevati livelli di fiducia nei confronti di altri individui e una maggiore probabilità di non reciprocare la fiducia altrui114. La decisione di punire gli altri per aver violato una norma sociale può essere una scelta impulsiva115 o deliberata, a seconda del fatto che sia guidata da un senso di competizione o cooperazione con il prossimo116. Anche la decisione di ingannare l’altro può essere più o meno impulsiva: è stato visto che un alto livello di impulsività porta a una maggiore probabilità di agire disonestamente117-119, ma anche che in alcune persone e in alcuni contesti l’onestà è la scelta più impulsiva, in quanto rappresenta una scelta automatica che non necessita di processi deliberativi120-123.
Strutture cerebrali come il sistema limbico, i gangli della base e la corteccia prefrontale sono reclutate per prendere decisioni sociali, in particolare quelle che riguardano la fiducia verso gli altri. Lo studio dei processi decisionali sociali nella MP è rilevante perché esiste una sovrapposizione tra le aree cerebrali rilevanti per la neurobiologia della fiducia e quelle il cui funzionamento viene maggiormente colpito nel corso della malattia124.
Uno studio recente in cui è stato impiegato il Trust Game107 dimostra come pazienti con MP che giocano nel ruolo di investitori si fidino meno degli altri rispetto ai controlli125. Questi risultati non sono spiegati da bassa propensione al rischio, status medico, durata della malattia o gravità dei sintomi motori125. Inoltre, pazienti con MP si fidano più di controparti rappresentate tramite volti avatar rispetto a quelle rappresentate da volti umani durante il Trust Game124. Questi risultati sono in linea con quelli che esaminano la propensione a fidarsi delle persone con alti livelli di impulsività114 e dei pazienti neuropsicologici con lesioni della corteccia prefrontale ventromediale (VMPFC)126. Per quanto riguarda il Trust Game, i pazienti con lesioni della VMPFC tendono infatti a: 1) fidarsi significativamente meno degli altri rispetto ai controlli quando giocano nel ruolo di investitori e 2) a reciprocare la fiducia altrui significativamente meno rispetto ai controlli quando giocano nel ruolo di fiduciari. Anche nell’Ultimatum Game e nel Dictator Game i pazienti con lesioni della VMPFC tendono a donare meno denaro agli altri individui e a mostrare profili comportamentali meno prosociali126. Una possibile spiegazione avanzata da Krajbich et al.126 riguarda l’elaborazione delle emozioni sociali e il ruolo della VMPFC nella previsione delle conseguenze delle proprie azioni e delle ricompense future. Questi pazienti presenterebbero quindi un’insensibilità al senso di colpa, che a sua volta produrrebbe deficit nella valutazione dei benefici futuri derivanti dal fidarsi di un altro individuo, come guadagnare una somma più alta o crearsi una reputazione positiva.
Uno studio recente ha testato pazienti con MP con e senza comportamenti impulsivo-compulsivi (impulsive-compulsive behaviors - ICB), on e off-medication in una versione del Trust Game che comprendeva una fase di punizione altruistica (da impiegare nel caso in cui la controparte non avesse ricambiato la fiducia del paziente)127. I pazienti con MP senza ICB, sia on sia off- medication, decidevano di punire più frequentemente rispetto ai controlli, mentre i pazienti con MP con ICB decidevano di punire di più rispetto ai controlli quando erano on-medication, ma in modo non significativamente diverso rispetto ai controlli quando erano off-medication127. Questi risultati sembrano suggerire un ruolo della dopamina nel guidare le decisioni di punire altri individui e sono in accordo con studi che mostrano come la somministrazione di L-DOPA renda gli individui più egoisti in assenza della possibilità di essere puniti (probabilmente a causa di un incremento nel processo di reward-seeking), ma non influenzi il comportamento sociale quando questo è potenzialmente sanzionabile128.
Infine, è stato visto che i pazienti affetti da MP con ICB non differiscono dai pazienti con MP senza ICB in un compito che esamina l’influenza delle emozioni in un compito di categorizzazione di volti (Probabilistic Face Decision Task). La categorizzazione di volti è infatti normalmente influenzata da stimoli emozionali consci o inconsci129,130. In particolare, i pazienti on-medication erano meno influenzati dagli stimoli emozionali (come i pazienti con deficit di regolazione emozionale)131 rispetto ai pazienti off medication, il che potrebbe spiegare in parte la loro ridotta capacità di seguire le norme sociali132.
Uno studio recente suggerisce inoltre che i pazienti con MP affetti da problemi di gioco d’azzardo (gambling) patologico presentino specifiche caratteristiche di personalità133. In particolare i pazienti gamblers on medication sono maggiormente propensi alla menzogna e presentano un profilo di personalità in linea con il cluster A di tipo paranoide dei disturbi di personalità in Asse 2 (DSM-IV-TR)133. La relazione tra propensione alla menzogna e MP non è ancora stata chiarita: uno studio di caso singolo su un paziente con MP testato on-medication mostra come questo paziente presentasse una maggiore tendenza a mentire134, mentre altri studi suggeriscono che i pazienti con MP e tremore essenziale mostrino un pattern comportamentale di iper-onestà135,136. Abe et al.135 mostrano come la difficoltà a mentire sia associata a una disfunzione a livello della corteccia prefrontale. Questi risultati suggeriscono che il deficit nell’abilità di mentire sia una specifica caratteristica di pazienti con disturbi del movimento con disfunzione dei circuiti fronto-subcorticali come MP e tremore essenziale136.
Pochi studi hanno affrontato la relazione tra MP e prosocialità. Recentemente Arshad et al.137 hanno scoperto che i sintomi motori lateralizzati indurrebbero dei bias sistematici nella lateralizzazione della cognizione numerica e di conseguenza nel decision-making. I risultati di Arshad et al. mostrano come i pazienti con sintomi motori localizzati prevalentemente a destra esibiscano un bias patologico verso le quantità numeriche più piccole e quindi compiano scelte meno prosociali (invio di somme monetarie più basse) durante il Dictator Game, mentre i pazienti con sintomi motori localizzati a sinistra mostrino un bias verso le quantità numeriche più grandi e prendano decisioni più sociali (invio di somme monetarie più alte) nel Dictator Game.
Infine, è importante notare come questi pazienti mostrino delle problematiche anche in altri processi socio-emozionali, che possono a loro volta influenzare il decision-making sociale, come deficit nel riconoscimento delle espressioni emozionali altrui138-140. Recenti meta-analisi evidenziano come questi pazienti abbiano anche delle anomalie a carico della teoria della mente (l’abilità di inferire gli stati mentali e affettivi di altri individui)141-147, che sono presenti già nei primi stadi della malattia148-150 e che potrebbero essere mediate da disfunzioni cerebrali nel sistema dei neuroni specchio151,152 , ma non nelle vie dopaminergiche148. Alcuni studi evidenziano come sia la teoria della mente cognitiva sia quella affettiva siano deficitarie nella MP153-155, mentre altri riportano una prevalenza di deficit maggiore nella teoria della mente cognitiva148,149,156. I deficit nella teoria della mente sono spesso associati a fenomeni di deterioramento cognitivo e deficit nelle funzioni esecutive142.
CONCLUSIONI
La presente rassegna ha messo in luce il ruolo dei deficit del controllo degli impulsi nell’influenzare i processi decisionali individuali e sociali in pazienti affetti da MP. Lo studio dei reward-seeking behaviors associati alla MP potrebbe rivelarsi utile nel chiarire ulteriormente il ruolo della salienza della ricompensa nei processi decisionali di questi pazienti e per chiarire le inconsistenze presenti attualmente in letteratura.
La MP è stata a lungo considerata una patologia neurodegenerativa che interessava prevalentemente le funzioni motorie, a causa dell’interessamento dei gangli della base come substantia nigra e striato. Negli ultimi anni però molteplici ricerche hanno dimostrato come i gangli della base abbiano un ruolo anche nelle funzioni cognitive e sociali157 di più alto livello, come quelle esecutive21,22, di decision-making32,33 e di controllo degli impulsi25-27.
Le funzioni cognitive e sociali di alto livello, essendo essenziali per interagire e comprendere gli altri, sono risultate essere un importante fattore protettivo, migliorando la qualità della vita e, in generale, il benessere biopsicosociale dei pazienti157. Questa rassegna ha evidenziato come la co-presenza del disturbo del controllo degli impulsi nella MP sembri essere un fattore chiave nello sviluppo di deficit non-motori, come per esempio deficit nei processi decisionali in condizioni di rischio5,10,57 e nelle decisioni che riguardano la fiducia124,125. Prendere in considerazione la presenza del disturbo del controllo degli impulsi nella MP potrebbe aiutare a sotto-tipizzare i pazienti e questo potrebbe, a sua volta, non solo contribuire a diminuire le inconsistenze attualmente presenti in letteratura, ma anche migliorare la personalizzazione del trattamento, affiancando per esempio al trattamento farmacologico un trattamento cognitivo comportamentale che sembra essere particolarmente efficace nel trattamento dei disturbi impulsivi158-160.
Ricerche future dovranno stabilire inoltre qual è il ruolo delle differenze individuali nel predisporre solo determinati individui (come quelli con variazioni genetiche al gene DRD4 che codifica per il recettore della dopamina DA)161 allo sviluppo di questi comportamenti patologici in seguito a somministrazione di farmaci dopaminergici.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Finanziamento: questa pubblicazione scientifica è stata sovvenzionata da un finanziamento ottenuto dalla Fondazione BIAL (BIAL Foundation Grant for Scientific Research, No. 276/18).
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