Sandra Aamodt, Sam Wang
Il tuo cervello
Mondadori, Milano 2008, pagine 280,
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Vedere un tramonto, imparare una lingua, riconoscere un amico, leggere queste pagine, immaginarne l’autore, raccontare una favola, pensare ai propri genitori che non ci sono più, evitare un pericolo: a consentirci di fare tutto ciò è il cervello, l’organo più complesso e sofisticato del corpo umano. Come è fatto, come funziona e perché funziona così? E poi, è vero che l’alcol distrugge le cellule cerebrali? Perché non possiamo farci il solletico da soli? Ascoltare musica in gravidanza rende il nascituro più intelligente? Donne e uomini pensano in maniera diversa? Si possono cancellare i ricordi? Esiste il libero arbitrio?
A queste e altre domande cercano di rispondere due neuroscienziati, S. Aamodt e S. Wang, i quali presentano una panoramica dall’interno sul funzionamento concreto del cervello, e attraverso un appassionato viaggio esplorano ogni aspetto della sua fantastica attività. Dalla memoria alla percezione, dall’apprendimento alle emozioni, dall’intelligenza razionale ai disturbi psichiatrici e cognitivi.
Ricco di riferimenti a ricerche, casi clinici e dati scientifici, il lavoro dei due autori si presenta come una sorta di manuale e si rivela una ricostruzione originale e rigorosa del percorso compiuto dalle neuroscienze negli ultimi anni, fornendoci, oltre alle indispensabili informazioni, gli opportuni suggerimenti per migliorare non solo le prestazioni intellettuali, ma anche la qualità della nostra vita.
Anzitutto, il cervello sta ancora evolvendosi? Nel corso del tempo il cervello può modificarsi in due modi. Primo, l’ambiente costituisce un fattore che modella e rimodella lo sviluppo cerebrale. In secondo luogo, c’è l’evoluzione biologica.
Esaminando i risultati di test dell’intelligenza standard raccolti in venti Paesi di tutto il mondo nel corso del tempo, alcuni studiosi hanno scoperto che in ogni Paese i punteggi medi erano stabilmente superiori per le persone nate più tardi, e aumentavano di circa tre punti ogni dieci anni. Un’alimentazione migliore e una situazione sanitaria più favorevole possono produrre “una migliore crescita del cervello”, mentre un contesto più stimolante e gratificante ne aumenta anche “lo sviluppo e la funzionalità”. È possibile dunque che il cervello umano oggi sia “più grande e più sofisticato di cent’anni fa”. È possibile pure che gli effetti (negativi) ambientali limitino lo sviluppo del cervello. La risposta all’antico quesito se sia la genetica o l’ambiente a determinare l’intelligenza è: entrambi. Senza l’ambiente, i geni non hanno alcun effetto, e viceversa.
Durante lo sviluppo di un bambino, natura e ambiente devono interagire. Sta di fatto che nessuno stimolo aggiuntivo e nessun integratore possono aumentare l’intelligenza di un bambino oltre il limite naturale imposto dal corredo genetico. Una persona nata con geni più selezionati, prima o poi dovrebbe ottenere prestazioni migliori delle altre nate nello stesso ambiente. Vogliamo dire che la selezione favorisce i geni particolarmente abili “a cavarsela nel loro ambiente”.
La selezione delle differenze nella funzionalità cerebrale è graduale: possono volerci millenni prima che risulti evidente qualche cambiamento nell’intelligenza. Esistono al riguardo prove che alcuni geni cui è dovuto lo sviluppo cerebrale si sono evoluti in epoca relativamente recente, cioè nel corso degli ultimi diecimila anni.
Due geni, la microcefalina e l’ASPM, sono stati studiati su soggetti di tutto il mondo perché quando mancavano o erano danneggiati inducevano gravi difetti nelle dimensioni o nella struttura del cervello. Le persone con la microcefalina o l’ASPM difettosi risultano normali dal punto di vista fisico, ma hanno il cervello piccolo, e di conseguenza sono affetti da un grave ritardo mentale. Questi difetti fanno ritenere che le proteine codificate dai suddetti geni siano necessarie per lo sviluppo normale. Si è quindi ipotizzato che anche la funzionalità delle proteine possa variare da individuo a individuo, producendo “differenze” nella dimensione del cervello di ciascuno. Qualunque sia la funzione di questi geni, essa fa parte di un processo più articolato, in cui ci vogliono “migliaia di anni” perché nel cervello si produca un cambiamento genetico evolutivo.
Si ritiene poi che il cervello, anche a livello delle singole cellule, reagisca con maggiore energia ai cambiamenti che alle situazioni persistenti. L’adattamento, che avviene anche a livello dei neuroni, è efficace perché le informazioni provenienti dal mondo sono stabili, mentre di solito le azioni importanti per il cervello avvengono proprio nella parte del mondo che cambia: oggetti in movimento, una nuova espressione sul volto del tuo compagno, una inattesa fonte di nutrimento.
I neuroni di svariate aree cerebrali inoltre reagiscono in modo specifico agli avvenimenti gratificanti. Nel caso dell’uomo, la gratificazione è associata a una soggettiva sensazione di benessere e piacere. Alcuni di questi neuroni secernono un neurotrasmettitore, la dopamina. I neuroni della dopamina vengono attivati da gratificazioni inattese e svolgono un ruolo anche nella previsione delle gratificazioni. La dopamina sviluppa poi la funzione di aiutarci a scegliere comportamenti che producono risultati positivi. Essa inoltre risulta assumere un sostegno benefico anche nel morbo di Parkison, una patologia che provoca la morte progressiva proprio dei neuroni produttori di dopamina. Quando i farmaci innalzano il livello di dopamina, i malati di parkinsonismo apprendono di più sulle reazioni legate alle gratificazioni, mentre quando non assumono farmaci e hanno un basso livello di dopamina, imparano più facilmente riguardo alle reazioni legate a conseguenze negative. Da questo si desume che la dopamina svolge una funzione nell’apprendimento di come scegliere comportamenti che producono risultati positivi.
Si è scoperto poi che i circuiti cerebrali della gratificazione e l’ossitocina sono coinvolti nell’innamoramento, nel legame di coppia, nell’attaccamento delle madri ai figli e nell’orgasmo. Un gruppo di scienziati olandesi ha studiato l’attività del cervello umano durante l’orgasmo per mezzo della PET. In entrambi i sessi si attivava il sistema di gratificazione del cervello. Inoltre, le donne mostravano una riduzione dell’attività nella zona della corteccia frontale, forse collegabile a una riduzione dell’inibizione, mentre gli uomini manifestavano un calo dell’attività dell’amigdala, che potrebbe segnalare un allentamento della vigilanza durante l’orgasmo. In entrambi i sessi aumentava l’attività nel cervelletto, che di recente è stato collegato all’eccitazione emotiva e alla sorpresa sensoriale. Sembra che l’attivazione del comportamento sessuale in età adulta dipenda dal testosterone, l’ormone associato alla libido sia negli uomini che nelle donne; oltre – ovviamente – a tutta una serie di fattori socioculturali. Nel complesso, dalle ricerche si deduce che lo sviluppo cerebrale durante la gravidanza ha effetti significativi sull’orientamento sessuale in età adulta. Studi effettuati su gemelli hanno dimostrato che l’omosessualità è in larga parte ereditaria ed è dovuta all’azione degli ormoni nelle prime fasi dello sviluppo.


Guido Brunetti

Collaboratore del Dipartimento
di Scienze Psichiatriche
Sapienza Università di Roma