L’allucinazione di Sisto IV

A cura di Eleonora Del Riccio
Storica dell’arte
E-mail: eleonoradelriccio@gmail.com





La Cappella Sistina, quale grande meraviglia!

Talmente famosa e apprezzata da essere diventata l’argomento principale di infiniti saggi specialistici e opere enciclopediche.
Analogamente a Caravaggio, Raffaello, Bernini e forse Tiziano, la Sistina e Michelangelo sono gli ineguagliabili blockbusters sui quali costruire la divulgazione artistica del domani. Non a caso, i sempre più frequenti documentari d’arte – o forse sarebbe più appropriato chiamarli docufilm, artmentari, docufilmart – che si occupano di costruire un tipo di comunicazione alternativa, aggiornata e tecnologicamente attraente sono partiti da questi artisti.
Anche uno dei miei professori all’università decise di dedicare una delle prime lezioni di un suo corso alla descrizione degli affreschi dei lati lunghi della Cappella, ciclo a cui appartiene anche il dipinto con le Tentazioni di Cristo, il secondo sul lato destro guardando il Giudizio Universale. Il professore in questione era apertamente anticlericale e non si faceva troppi problemi a ricordare in un’aula di sole studentesse che la Chiesa avesse riconosciuto l’anima alle donne solo nell’Ottocento. A questo proposito, spesso sottolineava divertito che a noi tutte meno di due secoli prima era gentilmente concessa la dannazione eterna.
Mentre per noi però questa era una promessa da verificare in un “secondo momento”, per papa Sisto IV divenne la prefigurazione di un gran fardello da sopportare mentre il pontefice era ancora in vita.
Questa è la storia. Sisto IV voleva far affrescare le pareti della Cappella. Per farlo aveva chiesto l’aiuto di Perugino che, infatti, già si trovava all’opera quando fu raggiunto da un manipolo di pittori tra cui Botticelli, Signorelli, Ghirlandaio e aiuti. I pittori erano stati tutti inviati da Lorenzo il Magnifico direttamente da Firenze, formalmente con lo scopo di rinverdire i legami con il papa all’indomani della Congiura de’ Pazzi (1478). Il complotto era stato organizzato dai banchieri fiorentini con l’aiuto di altre forze politiche esterne alla città. Inoltre, era stato fortemente caldeggiato dal papa che vedeva nella potenziale caduta dei Medici un maggiore vantaggio per lo Stato della Chiesa.
Gli eventi però presero una piega inattesa: Giuliano, il fratello di Lorenzo, fu il solo sventurato a perdere la vita durante l’agguato. Così quest’ultimo, una volta individuati i congiurati, li fece tutti giustiziare ristabilendo il proprio dominio.
Lorenzo escogitò anche un’astuzia per punire il papa in modo esemplare grazie a quei pittori che aveva inviato in Vaticano come un piccolo cavallo di Troia.
Ora bisogna considerare che il trono papale in Sistina era anticamente posto proprio davanti a questa scena dove Sisto IV poteva quotidianamente assistere all’evocazione camuffata della Congiura stessa.
Ai lati dell’altare entro cui brucia la fascina, si scorgono inginocchiati gli ambasciatori penitenti che Lorenzo aveva inviato nel 1480 al fine di architettare una pace di facciata con il papa. All’estrema sinistra si vedono alcuni dei congiurati: Iacopo Bracciolini (con il pugnale), l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati e, infine, Francesco de’ Pazzi. Furono tutti fatti impiccare da Lorenzo dopo la Congiura. L’uomo con il mantello con le ghiande è un istigatore che tende una mano intorno al collo di un altro uomo che è stato identificato come Giuliano de’ Medici, mentre Lorenzo è accanto al più maturo re di Napoli, Ferrante.
Dall’altro lato della scena invece compaiono i prelati della Rovere, tra cui Giuliano, poi eletto papa con il nome di Giulio II. L’uomo porporato con lo scettro del comando è Girolamo Riario, mentre il fanciullo insidiato da un serpente potrebbe essere Pietro Riario, nipote o addirittura figlio di Sisto IV.
Il coronamento della scena è dato dalle tre tentazioni di Cristo che si vedono in alto e nelle quali il demonio significativamente appare coperto da un saio francescano, l’ordine a cui Sisto IV apparteneva prima di essere eletto pontefice.
Non ci sono testimonianze, per quanto se ne sappia, circa la reazione che il papa ebbe dopo aver visto l’affresco. Non si sa nemmeno se riconobbe l’insolenza che Lorenzo, tramite l’aiuto del fedele Sandro Botticelli, gli aveva apparecchiato. Certo è che questa è la scena a cui il pontefice avrebbe assistito quotidianamente ogni qual volta fosse entrato nella cappella del suo palazzo, la cappella palatina più famosa per i cattolici. E la storia, prima che delle tentazioni di Cristo, raccontava di un perdono che non sarebbe mai arrivato e di una pace che non si sarebbe mai potuta costruire davvero. Il pontefice doveva riconoscere tutto questo, doveva vedere un francescano nel Demonio che invitava Cristo a trasformare le pietre in pani, ma non doveva rendersene conto con immediatezza. Doveva essere come un’allucinazione, una presa di coscienza che aumenta con il passare del tempo, una crescente, immutabile e imperdonabile certezza.
Chissà se il papa ne ebbe paura.
bibliografia di riferimento
• Pfeiffer HW. La Sistina svelata. Iconografia di un capolavoro. Milano: Jaca Book, 2010.
• Buranelli F, Dunston A (a cura di). The fifteenth century frescoes in the Sixtine Chapel. Città del Vaticano: Musei Vaticani, 2003.