Per una psichiatria da rinnovare
ANGELA IANNITELLI
E-mail: a.iannitelli@tiscali.it
Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma

Parafrasando il titolo di una nota raccolta di scritti di Giulio Maccacaro, esempio di intelligenza e coerenza, che negli anni ’70 ha dedicato una intensa attività clinica e di ricerca tesa alla proposta di una medicina aperta alle problematiche sociali1, l’affermazione “per una psichiatria da rinnovare” è stata scelta per questo editoriale per mettere in tensione alcuni concetti che, negli ultimi anni, stanno attraversando molte discipline e dalle quali lo studio della salute mentale non può più prescindere: la medicina della complessità, il concetto di interdisciplinarietà e la medicina personalizzata, solo per citare quelle più significative.
La Psichiatria, storicamente, ha molto dovuto lavorare per essere accettata dal mondo scientifico. La costruzione di una nosografia, la scoperta e l’utilizzo degli psicofarmaci ne hanno consentito l’ingresso tra le discipline mediche. I numerosi studi neuroscientifici e la possibilità di mettere a punto modelli animali di quadri sintomatologici presenti nell’uomo hanno comportato un ampliamento delle conoscenze relative ai meccanismi eziopatogenetici di molte malattie psichiatriche. Il miglioramento della prognosi e della remissione sintomatologica dei quadri, grazie a interventi integrati farmaco-psico-terapeutici e riabilitativi, indica che la strada intrapresa e l’esperienza maturata in questi decenni è sufficiente a ritenere la Psichiatria una disciplina matura e centrale nelle scienze mediche. Tuttavia, nessuna disciplina avanza se non dotandosi di una curiositas che si muova in settori inesplorati o, ancor meglio, solo immaginati. Se questo è vero per tutti i saperi lo è ancor più per la Psichiatria che si colloca in uno spazio medico che si embrica necessariamente verso altri saperi che costituiscono e costruiscono l’uomo.
L’interdisciplinarietà accumuna, quindi, le discipline che si occupano della salute dell’uomo. È inaccettabile su un piano epistemologico e politico che la psichiatria non si interfacci con la psicologia, le neuroscienze, la psicoanalisi, la filosofia, la farmacologia, la genetica e l’epigenetica, la biologia, l’antropologia, la cultura in senso lato2.
Se è vero che la distinzione tra res extensa e res cogitans si è dissolta già prima che Damasio ne decretasse la fine3, è anche vero che da sempre noi riusciamo a curare il dolore dei nostri pazienti solo se abbiamo incarnato il dato che l’uomo è un impasto tra fango e alito, tra soma e psiche, tra biologia e cultura, tra sapere e mistero, tra cuore e cervello, come amava ripetere Rita Levi Montalcini. La “pasta” di cui siamo fatti ci consente di curare l’altro solo se l’incontro avviene in uno spazio intersoggettivo di cui entrambi, medico e paziente, sono i costruttori e che viene nutrito da entrambi i soggetti della relazione. In quello spazio, vivo, che risuona delle storie dei due costruttori, è possibile la cura che, nei casi migliori, diventa una cura reciproca.
Se consideriamo la malattia e, nello specifico, l’espressione primaria della sofferenza mentale, come una “metafora” di questo impasto – è noto come tutte le malattie mentali siano a genesi multifattoriale –, è giocoforza dichiarare che siamo in presenza di un sistema complesso che può essere osservato e descritto solo riferendosi alla costruzione di modelli dinamici che superino la pretesa scientificità superiore che fin qui ha caratterizzato la Psichiatria. In quest’ottica, il fallimento del DSM-5 rispetto ad alcune categorie nosografiche, di cui l’esempio precipuo è costituito dai Disturbi di Personalità, ne è il paradigma più recente e più preoccupante 4.
Da ultimo, la medicina personalizzata, che pone al centro della sua attenzione lo stato di salute e di malattia di “quel” paziente, si sta sempre più affermando in quanto fornisce al medico strumenti per individuare le suscettibilità individuali alle malattie, all’azione dei farmaci e all’eventuale comparsa di effetti collaterali5. In questo ambito, il metodo clinico storicamente utilizzato dalla psichiatria dalla psicoanalisi e psicoterapie derivate, dalla psicoterapia cognitivo comportamentale e dalla psicologia si pone all’avanguardia della medicina personalizzata e può costituire un modello non solo da seguire, ma di cui non fare a meno nella visione dell’unità psicofisica dell’essere umano.
La Psichiatria, attraverso la Rivista di psichiatria, per quanto in nostro potere, accoglie la sfida di questi nuovi saperi, accoglie la possibilità di dialogo con altre discipline, perché solo la curiositas culturale può aumentare il sapere e darci nuovi strumenti di cura verso i pazienti che sempre più entrano nei nostri studi con una sofferenza dai connotati nuovi e, spesso, a noi sconosciuti6.
BIBLIOGRAFIA
1. Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976. Milano: Feltrinelli Editore, 1979.
2. Lappalainen T, Sammeth M, Friedlander MR, et al. Transcriptome and genome sequencing uncovers functional variation in humans. Nature 2013; 501: 506-11.
3. Damasio AR. L’errore di Cartesio. Milano: Adelphi, 1995.
4. Biondi M, Bersani FS, Valentini M. The Italian edition of DSM-5. Riv Psichiatr 2014; 49: 57-60.
5. McOmish CE, Burrows EL, Hannan AJ. Identifying novel interventional strategies for psychiatric disorders. Integrating genomics, “enviromics” and gene-environment interactions in valid preclinical models. Br J Pharmacol 2014; in press.
6. Borrelli F, De Carolis M, Napolitano F, Recalcati M. Nuovi disagi nella civiltà. Torino: Einaudi, 2013.