La versione italiana della Demoralization Scale:
uno studio di validazione

Italian version of Demoralization Scale: a validation study

ANNA COSTANTINI1, ANGELO PICARDI2, SERENA BRUNETTI1, GUIDO TRABUCCHI3,
FRANCESCO SAVERIO BERSANI
3, AMEDEO MINICHINO3, PAOLO MARCHETTI4
E-mail: annacostantini@alice.it

1UOD Psiconcologia, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma
2Italian National Institute of Health, Centre of Epidemiology, Surveillance and Health Promotion, Mental Health Unit
3Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma
4UOC Oncologia Medica, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma


RIASSUNTO. Obiettivo. Demoralizzazione e stati depressivi sono molto comuni nel campo delle patologie organiche croniche. Lo scopo del presente studio è di valutare l’attendibilità e le proprietà psicometriche della versione italiana della Demoralization Scale (DS) in un campione di pazienti oncologici. Metodi. La versione italiana della DS è stata somministrata a un campione composto da 100 pazienti affetti da tumori eterogenei per origine e stadiazione. Ai pazienti sono state inoltre somministrate le seguenti scale: Patient Health Questionnaire, Beck Depression Inventory (BDI) e Mini-Mental Adjustment to Cancer (MAC); inoltre, è stato valutato dai medici il Karnofsky Performance Status Scale. Risultati. Il punteggio medio della DS era 23,9±14,5. Lo studio ha mostrato una buona affidabilità e una buona consistenza interna sia per la DS nel suo complesso (α=0,90) sia per le cinque dimensioni rappresentate da perdita di significato e scopo nella vita (α=0,69), disforia (α=0,72), scoraggiamento (α=0,84), impotenza (α=0,50) e senso di fallimento (α=0,74). I risultati hanno mostrato correlazioni significative tra il punteggio totale della DS e la BDI (r=0,74), nonché tra i diversi fattori della DS e la BDI: perdita di significato e scopo nella vita r=0,64; disforia r=0,55, scoraggiamento r=0,71; impotenza r=0,51; senso di fallimento r=0,46. Correlazioni positive sono anche state riscontrate tra il punteggio totale della DS e la scala “hopelessness” della MAC (r=0,51). Secondo diversi valori cut-off, tra 28 e 32 pazienti presentavano alti livelli di demoralizzazione e 40 pazienti erano moderatamente demoralizzati. Tra 6 e 20 pazienti erano altamente demoralizzati ma non clinicamente depressi; tra 16 e 31 pazienti erano moderatamente demoralizzati ma non clinicamente depressi. Conclusioni. Questo studio evidenzia la validità e l’attendibilità della versione italiana della DS e conferma l’ipotesi dell’indipendenza ontologica della demoralizzazione rispetto alla depressione.

PAROLE CHIAVE: demoralizzazione, depressione, cancro in fase avanzata, psiconcologia.


SUMMARY. Objective. Demoralization and depressive symptoms are very common in chronic organic diseases. The aim of the present study is to evaluate reliability and psychometric properties of the Italian version of the Demoralization Scale (DS) in patients with advanced cancer. Methods. The Italian version of DS was administered to a sample consisting of 100 patients affected by different forms of cancer. The following scales were also administered: Patient Health Questionnaire, Beck Depression Inventory (BDI), Mini-Mental Adjustment to Cancer (MAC) and Karnofsky Performance Status Scale. Results. The total mean score of the DS was 23.9±14.5. The study showed a good degree of stability and internal consistency of DS total score (α=0.90) and the 5 factors represented by loss of meaning and purpose (α=0.69), dysphoria (α=0.72), disheartenment (α=0.84), helplessness (α=0.50) and sense of failure (α=0.74). Significant correlations were found between DS total score and BDI (r=0.74) and between DS factors and BDI (r=0.64 for loss of meaning and purpose; r=0.55 for dysphoria; r=0.71 for disheartenment; r=0.51 for helplessness; r=0.46 for sense of failure). Good correlations were also found between DS total score and Hopelessness scale of MAC (r=0,51). According to different cut-off values, between 28 and 32 patients were seriously demoralized and 40 had moderate levels of demoralization. Between 6 and 20 patients were seriously demoralized but not clinically depressed; between 16 and 31 patients with moderate levels of demoralization had no depression. Conclusion. Results provide further evidence that the DS is a valid and reliable instrument of high clinical relevance in patients with advanced cancer and confirm the hypothesis of the ontological difference between demoralization and depression.

KEY WORDS: demoralization, depression, advanced cancer, psychooncology.

INTRODUZIONE
Gli stati depressivi sono molto comuni nel campo delle patologie oncologiche, con tassi di prevalenza di circa il 14,3% per quanto concerne la diagnosi di Episodio Depressivo Maggiore e di circa il 9,6% per quanto concerne la diagnosi di Episodio Depressivo Minore (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders - DSM IV-TR) (1,2). Nell’ultimo decennio si è avvertita l’esigenza di utilizzare strumenti psicometrici in grado di cogliere adeguatamente la natura e il range dei diversi stati di sofferenza psicologica e sociale presenti nei pazienti con patologie oncologiche. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato che i sistemi diagnostici DSM-IV-TR dell’American Psychiatric Association e International Classification of Diseases (ICD 10) della World Health Organization risultano spesso inadeguati all’individuazione di tutti quei quadri sindromici attinenti all’area affettiva che non rientrano propriamente in un inquadramento categoriale ma che, al pari della depressione, possono incidere in maniera significativa sull’adattamento psicofisico dei pazienti e, forse, sul decorso della malattia tumorale (3). A tale proposito, studi clinici sperimentali hanno posto l’attenzione sul concetto di demoralizzazione, riconoscendola un’identità definita nell’ambito dei disturbi della sfera affettiva (4). Sebbene abbia alcune caratteristiche in comune con la depressione, alcuni autori (5) hanno osservato come la sindrome da demoralizzazione si differenzi da quest’ultima in quanto caratterizzata da sentimenti di mancanza di speranza, perdita di significato e scopo nella vita, sentimento di mancanza di aiuto, di sentirsi in trappola, di fallimento personale nell’affrontare una situazione stressante, pessimismo e mancanza di spinta o motivazione ad agire, mentre a differenza della depressione mancano l’anedonia, la perdita del piacere e l’interesse nelle attività della vita (5-8). La demoralizzazione può, inoltre, essere considerata un costrutto più solido rispetto al disturbo dell’adattamento secondo i criteri del DSM-IV vista la debolezza del concetto di stress/risposta normale attesa e l’inconsistenza del criterio temporale (6 mesi), non plausibile nelle patologie oncologiche croniche (9).
Pertanto, nella pratica clinica quotidiana la mancanza di strumenti psicometrici sufficientemente sensibili può portare a una sottostima del fenomeno della demoralizzazione, talora interpretato come “normale stato di tristezza” e quindi, erroneamente, non necessitante di alcun intervento.
La Scala della Demoralizzazione (Demoralization Scale, DS), messa a punto per la prima volta da Kissane et al. (10), nasce con l’intento di identificare nella maniera più accurata possibile la presenza di questa sindrome in un gruppo di pazienti oncologici australiani.
Patologie organiche gravi, come il cancro, infatti, sono particolarmente demoralizzanti in quanto rappresentano una minaccia all’integrità corporea e mentale, nonché alla padronanza e alla gestione di se stessi (5). È noto infatti come i lunghi percorsi terapeutici e l’incertezza nella riuscita del trattamento possano frequentemente determinare nei pazienti oncologici la comparsa di sentimenti di impotenza, perdita di speranza, isolamento, disperazione (10-17).
Riconoscere la demoralizzazione può inoltre assumere un’importanza determinante in quanto essa è potenzialmente in grado di interferire con la valutazione che il paziente opera sul proprio stato di salute e sulla capacità di prendere decisioni fondamentali riguardo la gestione della propria patologia ed eventualmente della fase terminale della propria vita (18).
La versione originale della DS copre 5 dimensioni: perdita di significato e scopo nella vita (5 item) (α=0,83), disforia (5 item) (α=0,77), scoraggiamento (6 item) (α=0,82), impotenza (4 item) (α=0,85), senso di fallimento (4 item) (α=0,68). A ciascun item viene attribuito un punteggio che varia da 0 (mai) a 4 (tutte le volte). Nella versione originaria della scala viene inoltre preso in considerazione un punteggio totale, derivante dalla somma dei punteggi assegnati ai singoli item. Nello studio di validazione della DS di Kissane et al. (10) viene riportato, in un campione di pazienti oncologici australiani, un punteggio totale medio della DS pari a 30,82 (SD=12,73) e viene identificato, come cut-off per individuare una demoralizzazione grave, un punteggio globale superiore a 30. Il gruppo di ricerca di Mullane et al. (19), invece, mostrava valori di demoralizzazione significativamente più bassi (M=19,94, SD=14,62).
Sulla base di quanto detto, l’obiettivo di questo studio è quello di valutare l’attendibilità e le proprietà psicometriche della versione italiana della DS in un campione di pazienti oncologici. La versione italiana della scala è stata prodotta seguendo le comuni raccomandazioni per la traduzione e l’adattamento transculturale degli strumenti psicometrici. In particolare, la versione originale è stata tradotta indipendentemente in italiano da due esperti, un madrelingua inglese fluente nella lingua italiana e un madrelingua italiano fluente nella lingua inglese, e la versione italiana preliminare è stata prodotta per consenso mediante il confronto delle due traduzioni con la mediazione di un esperto esterno. Tale versione è stata sottoposta a procedimento di retroversione iterativa dall’inglese all’italiano, utilizzando per la retroversione un collega statunitense con ampia padronanza della lingua italiana, fino alla sua ottimizzazione e al conseguente raggiungimento di una sostanziale equivalenza semantica. Sono stati analizzati la coerenza interna delle 5 dimensioni identificate da Kissane, la validità concorrente e divergente attraverso l’associazione con alcune variabili demografiche, i sintomi depressivi, la qualità della vita, il grado di disperazione e il tempo intercorso dalla diagnosi di cancro.
METODI
Pazienti
Un numero complessivo di 100 pazienti consecutivamente arruolati è stato coinvolto nello studio (Tabella 1). Il protocollo dello studio ha ricevuto l’approvazione del comitato etico locale. I partecipanti sono stati arruolati dal novembre 2008 presso il reparto di Oncologia Medica e Psiconcologia dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma.
I partecipanti erano affetti da tumori eterogenei per origine e diffusione. I criteri di inclusione per i pazienti comprendevano: età maggiore di 18 anni; diagnosi di tumore confermata da esame istologico (qualsiasi stadio); assenza di tumore precedente o concomitante; firma del consenso informato. I criteri di esclusione per i pazienti comprendevano: presenza di disturbi cognitivi (i pazienti con punteggi al Mini-Mental State Examination inferiori a 24 sono stati esclusi dallo studio); punteggio alla Karnofsky Performance Status Scale (KPSS) inferiore a 50% oppure gravi limitazioni fisiche/gravità della malattia in grado di precludere la compilazione della scala di validazione e quindi la partecipazione allo studio; diagnosi di tumori di tipo ematologico (leucemie acute e croniche, linfomi, mielomi, sindromi mielodisplastiche e mieloproliferative).



Inquadramento clinico
I dati socio-demografici sono stati ottenuti dalle cartelle cliniche e mediante intervista. Sono stati acquisiti dati relativi ad età, stato civile, livello di educazione. Informazioni riguardanti il tumore e il relativo trattamento, eventuali comorbilità mediche ed eventuali trattamenti psicologici sono state ottenute dalle cartelle cliniche. Al fine di ottenere i dati relativi alla validità convergente della DS, sono stati somministrati ai pazienti diversi questionari.
Il PHQ è un questionario costituito da 9 item derivato dal PRIME-MD (Primary Care Evaluation of Mental Disorders). Il PHQ è basato sui criteri diagnostici per il disturbo depressivo maggiore (DDM) secondo il DSM-IV in un periodo di due settimane. Il PHQ utilizza una scala a 4 punti di Likert, da 0 (per niente) a 3 (quasi tutti i giorni). Il punteggio di cut-off raccomandato per fare diagnosi di DDM è di 9 punti.
Altri aspetti riguardanti la depressione sono stati misurati con il Beck Depression Inventory (BDI) (20), una scala largamente utilizzata nei pazienti con patologie sia psichiatriche sia organiche croniche. Il BDI è una scala composta da 13 item che valuta sintomi somatici e psicopatologici presenti nella depressione.
La capacità di reazione nei confronti della malattia è stata valutata tramite la sottoscala Disperazione (Hopelessness) del test Mini-Mental Adjustment to Cancer (Mini-MAC), uno strumento psicometrico specifico che, attraverso 40 item, investiga alcuni aspetti della capacità di adattamento a una situazione di stress. La sottoscala Disperazione, attraverso 8 item che utilizzano una scala a 4 punti di Likert, misura la tendenza ad adottare un atteggiamento mentale pessimistico nei confronti della malattia (21,22).
La scala KPSS (23) è un questionario eterosomministrato ed è stato compilato dai sanitari responsabili delle cure oncologiche dei pazienti. La scala di Karnofsky valuta la disabilità dovuta alla malattia e la conseguente qualità della vita del paziente. La scala analizza 3 parametri (Limitazione dell’attività; Cura di sé stesso; Determinazione) e definisce un punteggio percentuale che descrive il grado di abilità residua, da 100% (nessuna disabilità) a 0% (morte).
Analisi statistica
La gestione dei dati è stata curata da ricercatori del Reparto di Salute Mentale del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio dei fattori della DS è stato effettuato mediante calcolo del coefficiente alfa di Cronbach. La validità rispetto a criteri esterni è stata studiata calcolando i coefficienti di correlazione tra lo strumento e i questionari. È stato effettuato anche un confronto tra le medie dei punteggi dei soggetti depressi e non mediante analisi della varianza.
RISULTATI
Il punteggio medio della DS era 23,9±14,5.
Coerenza interna
La coerenza interna dei fattori era la seguente: punteggio totale α=0,90; perdita di significato e scopo nella vita α=0,69; disforia α=0,72; scoraggiamento α=0,84; impotenza α=0,50; senso di fallimento α=0,74.
Validità concorrente
I risultati hanno mostrato correlazioni significative tra i fattori della DS e i sintomi depressivi, nonché deboli correlazioni tra i fattori della DS e la disperazione, la qualità della vita e il tempo intercorso dalla diagnosi di cancro (Tabella 2).
Il più alto grado di correlazione è stato riscontrato tra i punteggi della DS e i punteggi della BDI (da un minimo di r=0,46 per il fattore senso di fallimento a un massimo di r=0,74 per il punteggio totale della DS). Una correlazione leggermente più debole è stata riscontrata tra i punteggi della DS e quelli della PHQ. Un buon grado di correlazione era presente tra i vari fattori della demoralizzazione e la sottoscala Hopelessness della MAC; in particolare, in più alti livelli di correlazione si riscontravano con il punteggi o totale della DS (r=0,51) e con il fattore scoraggiamento (r=0,50).
Nessuna correlazione è stata identificata tra i fattori della DS e l’età dei pazienti, il tempo intercorso dalla diagnosi di cancro e i valori della KPSS.
Validità divergente
Per stabilire la validità divergente tra demoralizzazione e depressione sono stati utilizzati sia il criterio di cut-off per l’alta demoralizzazione di Kissane et al. (punteggio globale alla DS>30), sia quello proposto da Mullane et al. (valore medio DS totale±deviazione standard; nel nostro campione la media è risultata essere 23,9±14,5) (19). A questi criteri ne è stato aggiunto un terzo rappresentato dai valori di demoralizzazione che cadevano nel quartile più alto dei valori globali del campione (>32) ( Tabella 3).
Sulla base del valore di cut-off proposto da Kissane et al. (DS globale >30), 28 pazienti presentavano alti livelli di demoralizzazione. Di questi, 20 secondo la valutazione BDI e 8 secondo i criteri PHQ erano diagnosticabili come depressi. Al contrario, 8 pazienti secondo la BDI e 20 secondo la PHQ mostravano assenza di depressione.
Prendendo in considerazione i 40 pazienti con valori di demoralizzazione >24 (valore medio di demoralizzazione italiano), 9 secondo la PHQ e 24 secondo la BDI erano diagnosticabili come depressi. Al contrario, 31 pazienti secondo la PHQ e 16 secondo la BDI mostravano assenza di depressione.
Sulla base del valore cut-off >32 (quartile più alto), 24 pazienti presentavano alti livelli di demoralizzazione. Di questi, 8 secondo la PHQ e 18 secondo la BDI erano diagnosticabili come depressi. Al contrario, 16 pazienti secondo la PHQ e 6 secondo la BDI mostrava assenza di depressione.



DISCUSSIONE
I pazienti da noi studiati sono risultati meno demoralizzati rispetto al campione analizzato da Kissane et al. nello studio di validazione originario. In accordo con i risultati di Kissane et al., la versione italiana della DS ha mostrato un buon grado di correlazione (r=0,51) con la Disperazione, misurata tramite la sottoscala Hopelessness del test Mini-Mental Adjustment to Cancer (Mini-MAC). Come suggerito in principio da Beck et al. (20) e successivamente confermato da diversi studi, la Disperazione è un fattore predittivo indipendente di ideazione suicidaria. La DS, pertanto, potrebbe essere in grado, sebbene siano necessarie ulteriori conferme, di identificare il rischio di ideazione suicidaria anche in pazienti non depressi, garantendo la possibilità di un intervento terapeutico (psicoterapeutico o farmacologico) precoce.
Diversi approcci psicoterapeutici, infatti, si sono dimostrati efficaci nel migliorare la demoralizzazione, portando conseguentemente a un aumento della compliance verso i trattamenti oncologici e a una diminuzione del rischio di suicidio (24). Tra questi, la Meaning Centered Psychotherapy (25) e la Dignity Therapy (26) si sono dimostrati gli approcci più efficaci; anche il supporto spirituale e la gestione attiva dei sintomi si sono rivelati utili nel trattamento della demoralizzazione nei pazienti oncologici (27).
Nell’articolo di validazione della DS in lingua tedesca (28) gli autori hanno individuato livelli di demoralizzazione leggermente superiori rispetto a quelli del campione italiano (29,8±10,41 versus 23,9±14,5). In tale studio, gli autori hanno misurato la correlazione tra la demoralizzazione e le seguenti variabili psicologiche: distress, depressione, ansia, scopo e coerenza, vuoto esistenziale. Sorprendentemente, dai loro dati emerge una correlazione tra ansia e demoralizzazione superiore a quella tra demoralizzazione e depressione (r=0,71 versus r=0,61). Questo dato evidenzia come alcune delle componenti della sindrome da demoralizzazione in pazienti oncologici – quali il sentimento di mancanza di aiuto, l’incertezza della riuscita del trattamento o in generale l’incertezza del futuro – siano caratteristiche proprie della dimensione ansiosa più che di quella affettiva. D’altronde è noto che la comunicazione della diagnosi di un tumore può stimolare complesse reazioni psicologiche che seguono il modello di Kubler Ross dell’elaborazione affettiva del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione (29).
I nostri dati sulla validità divergente tra demoralizzazione e depressione, inoltre, rafforzano ulteriormente la distinzione delle due entità cliniche; infatti, nonostante queste due sindromi presentino numerose caratteristiche comuni, all’interno di un gruppo di pazienti altamente demoralizzati è possibile individuare un numeroso sottogruppo di pazienti non diagnosticabili come depressi (Tabella 3). Identificare tale sottogruppo di pazienti rappresenta una priorità clinica, in quanto garantisce la possibilità di effettuare un intervento terapeutico precoce. A ogni modo, l’arruolamento di pazienti con tumori di diversa tipologia e di diversi gradi di severità rappresenta certamente un limite all’accuratezza dello studio in quanto diverse stadiazioni tumorali e diverse aspettative di vita possono ridurre la veridicità della compromissione affettiva valutata tramite la DS.
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