Neurological soft signs: significato e rilevanza nel corso
della patologia psichiatrica.
Uno screening obiettivo veloce per psicosi?

Neurological soft signs: meaning and relevance along the course
of psychiatric illness.
An objective and fast screening for psychosis?

GIORGIA DIMITRI-VALENTE, SILVIA RIGUCCI, GIOVANNI MANFREDI, PAOLO GIRARDI,
STEFANO FERRACUTI
E-mail: giorgiadim@libero.it

Unità di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi di Senso, Sapienza, Università di Roma


RIASSUNTO. Scopo. I neurological soft signs (NSS) sono “lievi” anomalie neurologiche, indicative di una diffusa disfunzione del sistema nervoso centrale. Molti sono stati gli studi condotti sull’argomento e sarà pertanto utile fare il punto sulle attuali conoscenze, in modo da poter definire il reale ruolo dei NSS nella patologia psichiatrica e, di conseguenza, la loro utilità clinica. Metodo. Sono stati selezionati tutti i lavori incentrati sulle relazioni esistenti tra NSS e principali disturbi psichiatrici e sulle correlazioni esistenti con la terapia antipsicotica. Risultati. Molte sono le dimostrazioni cliniche sulle correlazioni esistenti tra NSS e schizofrenia; minori, ma comunque significative sulle correlazioni con il disturbo ossessivo-compulsivo e con il disturbo bipolare. In tutte queste tre popolazioni psichiatriche si evidenzia come la prevalenza di NSS sia significativamente superiore rispetto alla popolazione generale e di come sia possibile riscontrare manifestazioni neurologiche già all’esordio della malattia. È stato inoltre dimostrato come i NSS siano spesso in stretta correlazione con elementi psicopatologici, tanto da poter essere considerati indicatori di gravità del disturbo, severità del decorso e non ultima, risposta terapeutica. Questi risultati non sembrano essere in relazione con il trattamento farmacologico. Conclusioni. I NSS risultano essere un elemento clinico obiettivo nella valutazione di disturbi psichiatrici gravi, sia in una fase prodromica, permettendo di ipotizzare un maggior rischio di sviluppo di malattia e quindi possibilità di un intervento precoce, sia all’esordio, in quanto spesso elemento predittivo di gravità e risposta terapeutica, sia durante il decorso della malattia, in quanto direttamente correlati alla sintomatologia psichiatrica legata a processi ideativi più complessi.

PAROLE CHIAVE: neurological soft signs, schizofrenia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo bipolare.


SUMMARY. Aims. Neurological soft signs (NSS) are minor neurological anomalies indicating non-specific cerebral dysfunction, commonly assessed through the Neurological Evaluation Scale (NES). It is generally accepted that NSS are prevalent in schizophrenic patients respect to healthy subjects, but they have been also found in patients with other neurological and psychiatric disorders. We sought to review studies that have specifically investigated NSS in schizophrenia, bipolar disorder and obsessive-compulsive disorder, and we also focused on their relationship with psychopathological features and antipsychotic treatment. Methods. In this review we selected published studies investigating NSS in psychiatric patients and their relationship with either psychopathological features and antipsychotic treatment. Results. Apart from diagnosis, all patients show more NSS than healthy subjects, but schizophrenic patients perform worse respect to other psychiatric diseases. These signs are already present at the onset of the disease. NSS also show a significant correlation with psychopathological measures and they can be predictive of clinical course and response to medications. On the other hand, NSS can be independent of the pharmacological treatment. Conclusions. These findings argued the hypothesis that NSS could be a trait characteristic in psychosis. NSS are an objective measure for the assessment of serious psychiatric disorder in the prodromal phase, at onset and along the course of the disease.

KEY WORDS: neurological soft signs, schizophrenia, obsessive-compulsive disorder, bipolar disorder.

INTRODUZIONE
Il termine neurological soft signs (NSS) è utilizzato in ambito psichiatrico dal 1975, quando alcuni autori (1,2) iniziano a descrivere delle anomalie semeiologiche all’esame neurologico standard in pazienti psicotici cronici, senza che questi segni presentassero carattere localizzatorio. L’interesse per queste manovre semeiotiche è cresciuto nel tempo, soprattutto da quando ne è stata ripetutamente sottolineata una maggiore prevalenza in popolazioni di pazienti con disturbi psichiatrici gravi. Fra questi, le evidenze più chiare e significative si sono trovate in popolazioni di pazienti schizofrenici, in cui si è documentata una prevalenza di NSS di circa il 60% rispetto al 5% riscontrato nella popolazione generale (3,4). Questi dati hanno sostenuto una ricerca sempre più approfondita, nella speranza di poter identificare nei NSS un affidabile marker di malattia anche nei casi di soggetti ad “alto rischio”, con l’obiettivo di arrivare a una diagnosi precoce della malattia psicotica e identificare una fase prodromica, antecedente l’esordio in età infantile o adolescenziale.
Nonostante i numerosi studi di neuroimaging su pazienti con evidente presenza di NSS, a oggi questi segni clinici rimangono ancora indicatori aspecifici di alterazioni cerebrali non localizzabili in precise aree del sistema nervoso centrale (SNC) (3). I pochi risultati al riguardo sono comunque concordi nel riconoscere, alla base delle manifestazioni neurologiche “soft”, un’alterazione dei sistemi di integrazione sensoriali e motori, associati ad alterazioni delle connessioni cortico-sottocorticali. In molti studi si documenta inoltre una riduzione volumetrica di globo pallido, corpo striato, nucleo subtalamico e substantia nigra, con concomitante aumento della sostanza bianca della capsula interna e atrofia cerebellare (5-13) in soggetti con elevata presenza di NSS. Queste alterazioni strutturali risultano essere in stretta correlazione con la presenza di NSS e, talvolta, con la loro severità, sebbene non vi siano dati univoci di correlazione anatomo-funzionale.
Risultati sicuramente migliori rispetto alla capacità di diagnosi discriminativa dei NSS si sono invece ottenuti in ambito clinico, riuscendo, attraverso un esame neurologico sempre più specifico rispetto a quello standard, a identificare una serie eterogenea di segni successivamente classificati come appartenenti a quattro aree funzionali chiaramente determinate: 1. coordinazione motoria; 2. capacità di eseguire sequenze motorie complesse; 3. funzioni sensoriali integrative; 4. riflessi primitivi ( Tabella 1).
Dal punto di vista interpretativo, sono state elaborate due teorie sui NSS. La prima si basa sul riconoscimento di fattori genetici di predisposizione sia alla manifestazione psicotica sia a quella neurologica, essendo entrambe manifestazione di una medesima variazione genetica. Questo spiegherebbe in parte la maggiore incidenza di NSS in parenti di primo grado non affetti di soggetti psicotici, come fratelli o figli di madri schizofreniche (4,14,15). La seconda teoria considera invece fattori ambientali sopraggiunti accidentalmente in un periodo pre- e peri-natale che andrebbero a interferire con il fisiologico neurosviluppo. Tra tutti questi fattori ambientali, un ruolo preponderante appare essere dato alle complicanze ostetriche al momento del parto (16,17). Anche in questo caso si avrebbe da un lato predisposizione alla patologia psicotica e dall’altro manifestazioni anche precoci del danno neurologico che già nel bambino tenderebbe a rendersi evidente come alterazione del normale sviluppo motorio per poi appalesarsi come evidenti NSS in età adolescenziale, forse in maniera prodromica all’esordio psicotico (18).
In questo lavoro si prenderanno in esame criticamente gli elementi salienti della letteratura clinico-psichiatrica sui NSS, cercando di valutare soprattutto la loro correlazione con i maggiori disturbi psichiatrici, quali schizofrenia, disturbi dell’umore e disturbi d’ansia. Si cercheranno, inoltre, le attuali evidenze scientifiche riguardo la loro relazione con ipotetici fattori interferenti, in particolar modo la terapia antipsicotica. Infine, si cercherà di valutare quanto possa pesare sul piano clinico il loro potere predittivo sulla malattia psicotica, cercando le più significative prove scientifiche al riguardo.



MATERIALI E METODI
Temi centrali di questa revisione della letteratura sono state le evidenze attuali sulla relazione tra NSS e i maggiori disturbi psichiatrici quali: schizofrenia, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia. Accanto a questi, altro tentativo è stato quello di raccogliere le più significative evidenze sull’esistenza o meno di una correlazione dei NSS e assunzione di farmaci psicoattivi e di valutare a fronte delle attuali conoscenze il ruolo dei NSS come marker di malattia.
La ricerca è stata effettuata tra l’1 agosto e l’1 settembre del 2011, utilizzando PubMed come banca dati e sfruttando le seguenti parole chiave: “neurological soft signs”, “schizophrenia”, “bipolar disorder”, “antipsychotic treatment”, “neurological evaluation scale”.
Sono stati inclusi tutti i lavori pubblicati dal 1985 al 2011, in base a pertinenza dell’argomento e capacità di rispondere agli scopi preposti. Sono stati così selezionati 109 lavori. Tra questi sono stati ulteriormente analizzati quelli con una più ampia casistica, preferendo lavori con campioni che contassero almeno 50 soggetti, ma, considerando il basso numero di studi con almeno 50 soggetti, sono stati utilizzati anche lavori con 30 soggetti. Sono stati tra l’altro esclusi dalla presente revisione tutti gli studi i cui metodi di valutazione dei NSS non fossero tra le scale di certa validazione scientifica, quindi affidabili e attendibili nei risultati. Le scale prese in considerazione quindi sono state: Neurological Evaluation Scale (3), Neurological Soft Signs Scale (19), Cambridge Neurological Inventory (20), Quantified Neurological Scale (21), Condensed Neurological Examination (22), PANESS (23) e Brief Motor Scale (24). Sono stati comunque inclusi studi con altri metodi valutativi dei NSS ove particolarmente significativi nei risultati.
In ultimo, i lavori selezionati e presi in esame sono risultati in numero di 64.
VALUTAZIONE DEI NEUROLOGICAL SOFT SIGNS
Per la valutazione dei NSS è necessario un esame clinico neurologico focalizzato sui segni specifici che si intende cercare, motivo per cui l’esame standard di comune uso nel campo della neurologia, proteso a valutare segni focali o di lato, non appare appropriato.
La scala valutativa a oggi maggiormente utilizzata, di ampia accessibilità oltre che di affidabilità clinica è la Neurological Evaluation Scale (NES) (3). La scala prevede la valutazione di 26 item suddivisi in quattro sottoscale corrispondenti alle aree funzionali di manifestazione dei NSS: 1. coordinazione motoria; 2. capacità di eseguire sequenze motorie complesse; 3. funzioni integrative sensoriali; 4. altro (comprendente riflessi primitivi e altri riflessi di liberazione). Altra scala è la Neurological Soft Signs Scale, validata da Krebs et al. nel 2000 (19) e organizzata in 33 item.
La Cambridge Neurological Inventory (20), la Quantified Neurological Scale (21), la Condensed Neurological Examination (22) e la PANESS (23) sono metodi valutativi meno utilizzati soprattutto a causa dell’eccessiva lunghezza della valutazione e della loro difficoltà di esecuzione che le rende accessibili a un ristretto gruppo di specialisti. Questo loro svantaggio viene però compensato dalla loro alta specificità.
La Brief Motor Scale (BMS) (24) si è mostrata molto utile alla valutazione dei NSS, ma idonea alla sola valutazione delle alterazioni motorie, elemento che, seppur la rende limitativa nella valutazione dei NSS, ne fa strumento altamente preciso nella valutazione dei segni motori.
Tutte le scale sono organizzate, seppure con caratteristiche distinte, su di un sistema valutativo a punti, la cui assegnazione progressiva parte da un valore pari a 0 per una performance che risponde correttamente alle istruzioni dell’esaminatore, per passare a punteggi maggiori quanto più ci si discosta dalla richiesta formulata. Quindi, punteggi elevati corrisponderanno a una peggiore performance del soggetto alla valutazione clinica.
NEUROLOGICAL SOFT SIGNS E SCHIZOFRENIA
La relazione tra schizofrenia e NSS è stata in assoluto l’aspetto più studiato. Nel 1988 Buchanan e Heinrichs (3), usando la NES, hanno condotto uno studio caso-controllo su 98 pazienti schizofrenici e 50 soggetti sani, mettendo in evidenza una prevalenza di NSS pari al 60% nel primo gruppo e al 5% circa nel secondo, dato confermato da numerosi studi successivi, tra cui quello di Yazici et al. (4) in cui si riporta una prevalenza pari al 68,7% in un gruppo di 99 pazienti schizofrenici.
Questi risultati ripetuti da gruppi indipendenti di ricerca indicano come la presenza di NSS sia un insieme di segni clinici obiettivi strettamente correlati alla patologia psicotica e se ne possa dedurre la possibile esistenza di una base eziopatogenetica comune. L’ipotesi è supportata anche da studi come quello di Mechri et al. (25), in cui si è valutata la presenza di NSS in 31 soggetti sani consanguinei di primo grado di pazienti schizofrenici. I risultati ottenuti con la Neurological Soft Signs Scale (NSS-Scale) (19) evidenziano una maggiore presenza di NSS (punteggio totale medio pari a 10,7±3,4) rispetto a quella manifestata nel gruppo controllo di 60 soggetti sani (punteggio totale medio pari a 4,2±2). È possibile perciò intendere i NSS come marker di vulnerabilità genetica per la patologia psicotica, teoria che nel lavoro di Mechri et al. viene confermata da una sistematica elevata correlazione tra il punteggio totale della NSS-Scale e punteggi ottenuti al Schizotypal Personality Questionaire somministrato agli stessi soggetti. Stessi risultati erano stati ottenuti anche da Compton et al. già nel 2007 (15) e da Tobar e Hazem nel 2008 (26) e sono stati nuovamente dimostrati da Aksoy-Poyraz et al. nel 2011 (27). Tutti gli studi qui esaminati hanno mostrato un’elevata correlazione tra diagnosi di schizofrenia e presenza di NSS. Valutando l’ipotesi di un possibile endofenotipo, Marcus et al. nel 1985 (28), e successivamente altri autori (29-32), hanno valutato popolazioni di figli di madri schizofreniche. La presenza di NSS anche in queste popolazioni fa propendere per l’ipotesi ereditaria di questa diatesi.
Rosso et al. (29) individuano importanti alterazioni della coordinazione in una popolazione di 72 figli di madri affette da schizofrenia, valutata all’età di 7 anni attraverso: prova indice-naso, inseguimento del dito, prova tallone-ginocchio, movimenti alternati rapidi, movimenti rapidi delle dita, altre attività come abbottonarsi la camicia, scrivere e così via. Oltre a questi elementi, gli Autori hanno anche preso in considerazione la presenza di movimenti inusuali all’età di 8 mesi (movimenti atetosici di mani e braccia, uso anomalo delle mani, corretta chiusura a pugno delle mani, corretto uso bilaterale delle mani, braccia correttamente estese ed elevate, testa non eretta o instabile, spalle e braccia rigide o immobili, tremori di mani o gambe, gambe incrociate, corretta flessione delle ginocchia), a 4 e a 7 anni (tremori, tic, spasmi o movimenti atetosici di testa e collo, braccia e spalle, mani, gambe e piedi o tronco). La prevalenza di questi movimenti inusuali è risultata 3 volte superiore rispetto ai controlli, indicando pertanto la possibilità di identificare nei movimenti inusuali un fattore intrinseco al periodo di latenza o un precursore specifico di schizofrenia.
Risultati molto simili erano già stati resi noti da Walker et al. nel 1994 (30), i quali però trovavano anche un decremento di queste manifestazioni neurologiche dopo i 2 anni di età. In accordo anche i risultati di Schubert et al. (31) e Niemi et al. (32). Sempre in relazione alla patologia psicotica, Prikryl et al. (33) hanno studiato la presenza di NSS sia all’esordio sia dopo un anno di malattia, trovando un notevole decremento degli stessi parallelamente alla remissione della sintomatologia acuta. Valori sempre alti di NSS permangono invece in pazienti che non vanno incontro a remissione, permettendoci quindi di creare una correlazione con un decorso psicopatologico meno favorevole, come riscontrato anche da Szendi et al. (34) e Bachmann et al. (35).  Simili risultati si ritrovano anche negli studi di Mittal et al. (36), in cui più gravi manifestazioni di NSS all’esordio risultano essere indice di una peggiore risposta terapeutica all’aloperidolo.
Molti studi hanno valutato l’evoluzione dei NSS durante il decorso cronico della patologia e le eventuali correlazioni con elementi psicopatologici durante una fase di stabilità clinica.
Nessuno studio fra quelli qui considerati ha evidenziato una significativa correlazione tra NSS e gli anni di malattia del soggetto, mentre molto più ampia è la letteratura su correlazioni con la sintomatologia manifestata dal paziente, soprattutto per quanto riguarda la sfera positiva e negativa nella schizofrenia per lo più valutata tramite PANSS o BPRS. Wong et al. (37) hanno preso in esame un gruppo di 37 pazienti affetti da schizofrenia esaminandoli tramite la Quantified Neurologic Scale per la valutazione dei NSS e la PANSS per la valutazione psicopatologica. I risultati sono stati a favore di una significativa correlazione tra presenza di NSS e sintomatologia psicotica negativa, supponendo una comune derivazione da alterazioni a livello della corteccia frontale e prefrontale. In particolare, i NSS risultano correlati con un maggiore impoverimento sul piano sociale e funzionale del soggetto, cui si aggiunge anche un’importante corrispondenza con i punteggi della scale generale. Non è stata invece riportata alcuna correlazione tra presenza di NSS e presenza di sintomi positivi. Risultati simili sono stati prodotti da Kaczorowski et al. (38), Braun e Lapierre (39) e Cveti c΄ et al. (40), i quali hanno inoltre riscontrato una più specifica correlazione tra sintomatologia negativa e NSS riguardanti la capacità di eseguire sequenze motorie complesse e le funzioni integrative sensoriali.
Jahn et al. (41) hanno esaminato 82 pazienti psicotici in stato subacuto con Brief Motor Scale per i NSS e BPRS per la valutazione psicopatologica, trovando anche in questo caso significativa correlazione tra i due risultati. Elementi aggiuntivi rispetto ad altri studi sono stati il riscontro di una corrispondenza tra manifestazione di NSS e severità della malattia, ma soprattutto l’osservazione di un loro riduzione durante la fase di stabilizzazione della stessa. Questo stesso elemento viene anche riportato da Schoder et al. (42).
Hill et al. (43) hanno indagato su di una possibile correlazione tra NSS e insight. I risultati al riguardo sono stati negativi, ma entrambi gli aspetti risultano positivamente correlati con il grado di severità della patologia psicotica (Tabella 2).






NEUROLOGICAL SOFT SIGNS E DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO
Fra i disturbi d’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) risulta il più studiato in termini di correlazioni tra sintomatologia psichiatrica e manifestazioni neurologiche. Hollander et al. (44) hanno dimostrato una maggiore prevalenza di alterazioni della coordinazione motoria, delle funzioni visuospaziali e della comparsa di movimenti a specchio in un gruppo di 41 pazienti con diagnosi di DOC “medication-free” rispetto a un gruppo di 20 soggetti sani. Guz e Aygun (45) non confermano questi dati, ma, valutando un gruppo di 30 pazienti tramite PANESS, hanno trovato una peggiore performance nella sottoscala delle funzioni integrative sensoriali rispetto al gruppo controllo. In particolare, forte relazione viene sottolineata tra patologia e segno della grafestesia, in accordo con quanto riportato nel lavoro di Bolton et al. (46), dove però si aggiungono anche punteggi più elevati tra i pazienti rispetto ai soggetti sani per la coordinazione motoria e la ricomparsa di riflessi primitivi.
Nonostante la diversità dei risultati, tutti questi lavori ci permettono di concludere a favore dell’esistenza di manifestazioni neurologiche anche in pazienti con DOC. Questa evidenza viene in parte spiegata ipotizzando l’esistenza di uno spettro psicopatologico che parte da un DOC semplice per arrivare a una diagnosi di schizofrenia franca, passando per livelli intermedi quali DOC con scarso insight, DOC con disturbo di personalità schizotipico, disturbo schizo-ossessivo (47). A tal proposito, Tumkaya et al. (47) hanno trovato un incremento progressivo della manifestazione dei NSS in un gruppo di 101 pazienti suddivisi in quattro gruppi, quali: DOC con scarso insight, DOC, disturbo schizo-ossessivo, schizofrenia. Peggiore performance in assoluto si ha per i pazienti con diagnosi di disturbo schizo-ossessivo, soprattutto per le funzioni integrative sensoriali, come risultato anche nel lavoro di Sevincok et al. (48). Nello studio di Tumkaya et al. (47), come in quello di Guz e Aygun (45), segno più rappresentato è la grafestesia, sottolineando l’implicazione di alterazioni della corteccia orbito-frontale nella patologia ossessivo-compulsiva.
Karadag et al. (49) hanno valutato, tramite NES, 64 pazienti con diagnosi di DOC, distinguendoli in due sottogruppi in base alla presenza o assenza di insight, per poi confrontarli con 32 soggetti sani. Quello che emerge è che tutti i pazienti hanno mostrato una peggiore performance in termini di punteggi totali rispetto al gruppo controllo. Considerando i punteggi per sottoscale, invece, nel gruppo con buon livello di insight non si è evidenziata alcuna differenza nella valutazione della coordinazione motoria né delle funzioni integrative sensoriali rispetto ai soggetti sani, differenza che diventa significativa se invece confrontati con pazienti con scarso insight. Questi ultimi riportano performance peggiore in tutte le sottoscale rispetto a entrambi.
Hollander et al. (50) si sono interessati alla valutazione dei NSS come possibile indice di risposta terapeutica agli SSRI nei pazienti con diagnosi di DOC. Quello che emerge dal lavoro è una maggiore presenza di NSS del lato sinistro in pazienti non rispondenti, seppur non viene riscontrata significativa differenza su punteggi totali alla valutazione dei NSS tra responder e non-responders (Tabella 3).



NEUROLOGICAL SOFT SIGNS E DISTURBI DELL’ UMORE
Ancora piuttosto scarsa è la letteratura sulle manifestazioni neurologiche in pazienti con disturbi dell’umore.
Il lavoro di Negash et al. (51) offre probabilmente i risultati di maggiore interesse fra quelli qui selezionati, in quanto gode di una significativa numerosità del campione esaminato. Nel lavoro sono stati valutati 224 pazienti con diagnosi di disturbo bipolare I (DBI) tramite NES, insieme a un gruppo controllo di 78 soggetti sani. I risultati mettono in evidenza una peggiore performance dei pazienti nella valutazione dell’integrazione sensoriale (soprattutto negli item dell’integrazione audiovisiva e della grafestesia), della coordinazione motoria e della quarta sottoscala indicata come “altro”. Risultati maggiormente significativi sono però sottolineati nella capacità di eseguire sequenze motorie complesse. Stessi dati si ritrovano nel lavoro di Noroozian et al. (52), dove però troviamo un campione decisamente meno rappresentativo.
Per le correlazioni psicopatologiche, in uno studio caso-controllo di Goswami et al. (53) su 37 pazienti con DBI e ugual numero di volontari sani, gli autori evidenziano una significativa interdipendenza tra severità di manifestazione dei NSS, grado di disfunzione sociale del soggetto e compromissione delle funzioni esecutive sul piano neuropsicologico, spiegabili con un’importante compromissione del SNC a livello del lobo frontale e prefrontale.
Basu et al. (54) hanno effettuato le loro osservazioni su pazienti con DBI durante la fase maniacale, trovando compromissione soprattutto delle funzioni integrative sensoriali e della coordinazione motoria, più evidente durante l’evento acuto, meno durante il successivo follow-up (elemento sottolineato anche da Whitty et al. (55) in un follow-up di 4 anni su 103 pazienti), concludendo a favore di una significativa rappresentazione da parte dei NSS della severità sintomatologica.
Al contrario Baldwin et al. (56) hanno studiato pazienti con diagnosi di depressione maggiore, i quali nella valutazione tramite la NES hanno evidenziato peggiore performance riguardo la capacità di eseguire sequenze motorie complesse e alla sottoscala “altro”.
Nella valutazione del decorso clinico, Whitty et al. (55) sottolineano come a una maggiore severità dei NSS corrisponda una maggiore durata del periodo di malattia senza trattamento (non solo in pazienti con diagnosi di DBI), mentre Goswami et al. (57) in un studio caso-controllo su 132 pazienti avevano già sottolineato come a una maggiore presentazione di NSS corrispondesse sia una maggiore frequenza di episodi maniacali, sia una prognosi decisamente peggiore (Tabella 4).



NEUROLOGICAL SOFT SIGNS E TERAPIA CON NEUROLETTICI
Così come già evidenziato da Buchanan e Heinrichs (3), Kim et al. (58) dimostrano una significativa presenza di NSS in pazienti psicotici “neuroleptic-naïve”, sottolineandone la presenza prima dell’inizio della terapia farmacologica e la loro tendenza a ridursi successivamente a questa. Forte limite di questo studio rimane la ristrettezza del campione valutato, il quale conta appena 11 pazienti. Conferme su questi aspetti arrivano dai simili risultati sulla simultanea remissione dei sintomi psicotici e dei NSS con l’inizio della terapia neurolettica dello studio di Das et al. (59) e sul riscontro di NSS in pazienti “antipsychotic-naive” da parte di Varambally et al. (60). Boks et al. (61) mettono invece a confronto un gruppo di 42 pazienti in terapia con neurolettici atipici e un secondo gruppo di 20 pazienti trattati con neurolettici classici. La presenza di NSS nei due gruppi non mostra alcuna differenza di presentazione che ne possa far supporre una qualsiasi correlazione, cosa che invece viene dimostrata per la discinesia. Risultati simili sono attenuti anche da Gherardelli e Bersani (62). Gli autori esaminando una popolazione di 75 pazienti schizofrenici di cui 29 in terapia con aloperidolo, 32 con clozapina e 14 con risperidone, non hanno documentato alcuna differenza alla valutazione neurologica tramite NES per le sottoscale delle sequenze motorie complesse e delle funzioni integrative sensoriali. Nello studio si sottolinea anche una leggera maggiore presenza di disturbi della coordinazione (Test di Romberg e movimenti a specchio) nei pazienti che assumevano aloperidolo e deficit di memoria con presenza di riflessi primitivi e tremore nei pazienti che assumevano clozapina. Nessun segno sembra prevalere invece nella popolazione in trattamento con risperidone. Anche nel lavoro di Biswas et al. (63) non si riscontra alcuna differenza riguardo alla presenza di NSS in base a tipo e dosaggio di neurolettico somministrato.
Smith et al. (64), valutando un gruppo di 25 pazienti psicotici non-responder a terapia neurolettica e 20 responder, hanno evidenziato nel primo gruppo maggiori manifestazioni di NSS sia su punteggi totali sia per le singole sottoscale, soprattutto riguardo alla coordinazione motoria e la capacità di eseguire atti motori complessi. Non risultano differenze significative invece per la comparsa di riflessi primitivi (Tabella 5).



CONCLUSIONI
Le manifestazioni neurologiche lievi si sono dimostrate una componente molto interessante del quadro clinico complessivo dei pazienti con disturbi psichiatrici, sebbene necessitino di un esame clinico appropriato per essere evidenziate e tendano perciò a essere ampiamente sottovalutate nella pratica clinica psichiatrica che, culturalmente, negli ultimi decenni, ha tralasciato l’aspetto semeiologico somatico. Potrebbe forse essere più opportuno ridefinirle come anomalie semeiologiche della capacità integrativa del SNC, riservando il termine “neurologico” a quanto ormai di competenza dell’esame neurologico standard, proteso a evidenziare elementi focali. Si può considerare certa l’altissima prevalenza di NSS in popolazione di pazienti affetti da schizofrenia (3,4). In questi pazienti si è, inoltre, dimostrato come questi elementi semeiologici siano strettamente correlati con elementi psicopatologici, fra cui presenza ed entità dei sintomi negativi, la severità del quadro clinico, il decorso sfavorevole del disturbo stesso (33-41). Questo potrebbe far pensare a un sottostante meccanismo comune tra sintomi negativi psicotici e NSS, identificabile soprattutto in una disfunzione a livello della corteccia frontale e prefrontale. Sembrano invece assenti correlazione tra NSS e sintomi positivi (37-40).
Altro elemento messo in risalto dalla letteratura moderna è il concetto di vulnerabilità genetica, basato sull’evidenza clinica di manifestazioni semeiologiche “neurologiche” sottili, ma comunque presenti in parenti non-affetti di soggetti schizofrenici (15,25-32). Questo lascia supporre una componente genetica della schizofrenia e una conseguente ereditarietà familiare che attraverso studi anamnestici potrebbe permettere di identificare precocemente una popolazione ad alto rischio, con il vantaggio di poter arrivare a una diagnosi in tempi ben più precoci rispetto agli attuali.
Nell’ambito dei disturbi dell’umore, molti autori concordano nel sottolineare una prevalenza di NSS in popolazioni di soggetti bipolari significativamente superiore rispetto alla popolazione generale. Inoltre, sono state trovate importanti correlazioni tra NSS e gravità clinica misurabile in termini di numero di episodi maniacali, severità della sintomatologia e decorso della malattia (53-57). Nel follow-up di questi pazienti emerge, inoltre, un decremento delle manifestazioni di deficit integrativo a livello del SNC direttamente proporzionale alla remissione sintomatologica successiva all’inizio della terapia farmacologica (54,55). Questo fa propendere verso un’interpretazione dei NSS come parte integrante del disturbo più che di un effetto indesiderato di farmaci psicoattivi, vista la loro attenuazione in casi di risposta terapeutica positiva. L’ipotesi di un rapporto di indipendenza tra NSS e terapia farmacologica viene supportata anche dall’evidenza di NSS in soggetti “drug-naïve” che siano soggetti adulti all’esordio psicotico (3,63-65) o bambini e adolescenti ancor prima dell’esordio di malattia (28-32). Accanto all’evidenza di un’elevata presenza di NSS in fase acuta di malattia e soprattutto all’esordio della stessa, si aggiunge la documentazione di una loro riduzione di pari passo alla sintomatologia psichiatrica come risposta a una terapia appropriata (41,42).
A questo si aggiunge la mancanza di significative differenze della presenza di questi segni clinici tra pazienti in terapia con neurolettici classici e pazienti che invece assumono antipsicotici atipici (61-63). Queste evidenze, per quanto esigue, sono comunque concordi nell’escludere un’influenza farmacologica sulla performance del soggetto alla valutazione clinica obiettiva alla NES, il che rende i NSS direttamente riconducibili al disturbo psichiatrico.
Di notevole rilievo clinico, soprattutto per la possibilità di intervento preventivo, è il riconoscimento di NSS in una popolazione che per diversi fattori, fra cui soprattutto la familiarità, risulta a rischio di sviluppare una patologia psichiatrica. Come documentato da diversi autori infatti, è stato ripetutamente rilevato come in figli o fratelli vi sia una elevata presenza di segni clinici di deficit integrativo a livello del SNC (15,25-32). Questi, in età infantile, tendono a manifestarsi come alterazioni dello sviluppo motorio, che tendono a divenire particolarmente pronunciate durante la pubertà, quando cioè si dovrebbe avere un perfezionamento delle capacità motorie più fini. Già dall’adolescenza si può avere una sostanziale omogeneità dei rilievi clinici tra adolescenti e adulti.
L’elemento di maggiore rilievo di questi studi è l’implicazione clinica che ne deriva. Il riconoscimento di segni prodromici così precoci infatti comporterebbe il vantaggio di poter identificare una popolazione a rischio a cui poter rivolgersi con piani di prevenzione mirati.
Sottolineando quindi quanto i NSS possano essere considerati parte integrante e obiettiva del quadro clinico dei disturbi psichiatrici e di come spesso la loro entità possa suggerire informazioni importanti riguardo il decorso e una probabile prognosi, è evidente l’importanza che ne deriverebbe dal rendere la loro valutazione un passaggio routinario dell’esame clinico-psichiatrico del paziente. Questo consentirebbe di avere un quadro più completo e fornirebbe uno strumento in più di valutazione del paziente sia in una fase prodromica, sia all’esordio, sia durante tutto il decorso ( Tabella 6).



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