Il caso di Giorgia: un intervento cognitivista sistemico postrazionalista

The case of Giorgia: a systemic cognitive postrationalist intervention

PAOLA CIMBOLLI

Centro di Psicoterapia Cognitiva

RIASSUNTO. Descrivere e spiegare un caso clinico dal punto di vista cognitivo sistemico significa, prima di tutto, concentrarsi sul “come” sono stati ordinati e organizzati i differenti dati durante la terapia. L’esperienza teorica e clinica che utilizza questo modo di pensare si fonda sull’integrazione di due modelli concettuali: il cognitivismo postrazionalista e il relazionale sistemico. Questi due approcci hanno alla loro base il concetto di sistema. Il primo si rivolge all’interno, a qualcosa che non è direttamente osservabile, che prende in considerazione i processi di sviluppo e di mantenimento dell’identità personale, e quindi la propria organizzazione di significato personale. Il secondo, invece, prende in considerazione la struttura delle relazioni, il suo percorso e perimetro, con un’attenzione particolare sul modo di comunicare. Proprio dall’integrazione di questi due diversi modi di osservare il nostro oggetto di indagine nasce un modello (cognitivista sistemico) che tenta di aumentare la capacità di conoscenza dell’individuo e del suo contesto. In questo lavoro il tentativo sarà quello di descrivere secondo un metodo sistemico processuale un caso clinico nelle sue diverse fasi, partendo da un intervento sul sistema individuo, allargato poi al sistema familiare e a tutti i sottosistemi che fanno parte dell’esperienza soggettiva.

PAROLE CHIAVE: ansia, attacco di panico, cognitivismo sistemico processuale.

SUMMARY. To describe and to explain a clinical case from a cognitive systemic perspective means to focus on “how” the different data were set in order and organized during the therapy. The theoretical and clinical experience that uses this approach is based upon the integration of two conceptual models: the cognitive postrationalist one and the relational systemic one. These two approaches are founded upon the concept of system. The first one addresses the internal dimension, focusing on something that is not directly observable, taking into account the development processes and the maintenance of identity, that is to say the self organization of personal meaning. On the other hand, the second approach considers the structure of relations, its path and boundary, focusing on the mode of communication. The cognitive systemic model springs out of the integration of these two different ways of observing our object of investigation, intending to better the knowledge of the individual and of its context. The essay describes a clinical case study along a processual systemic method, in every phase, beginning with the intervention on the individual’s system, subsequently engaging the family’s system and all the sub systems that are part of the subjective experience.

KEY WORDS: anxiety, panic attack, processual cognitive system.

CENNI ANAMNESTICI
Giorgia è una ventenne molto curata nell’aspetto, dai modi un po’ bruschi e impacciati, caratteristici di un’adolescenza nella sua piena manifestazione.
La ragazza è accompagnata da tutta la famiglia. Lei è l’ultima di quattro sorelle, due delle quali, Sara (36 aa sposata con due figlie) e Olga (33 aa) non vivono con lei. Nella casa padronale vivono la mamma, (62 aa) insegnante in pensione, e il papà, (66 aa) agente assicurativo, ancora molto impegnato nel lavoro che condivide con le altre tre figlie. La famiglia, di livello socio-culturale alto, appare molto unita e preoccupata per le sorti dell’ultimogenita. Sono tutti d’accordo, compresa l’interessata che sorride mentre gli altri parlano, nel dire che Giorgia è sempre stata fin da bambina “la cocca di casa”. Sempre un poco prepotente e ricattatoria, ha instaurato con la mamma e la sorella più grande un rapporto viscerale e simbiotico. Molto viziata e accontentata in ogni sua richiesta, ha sempre reagito perdendo il controllo ogni volta che non otteneva ciò che desiderava. Non si è mai dovuta occupare di nulla ed è stata una bambina sempre molto controllata da tutti i membri della famiglia, qualsiasi cosa di cui avesse bisogno le veniva data alla prima richiesta.
ASSESSMENT E DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Giorgia e la sua famiglia sono inviati da una collega nel novembre del 2009. È la madre a chiamarmi con la figlia accanto, chiedendomi un appuntamento per gli attacchi di panico della ragazza e riferendo che la vita così è diventata impossibile.
La prima seduta si apre con la descrizione dei sintomi presentati da Giorgia, nel tentativo di trovare una definizione condivisa del problema e ridefinirlo in termini esplicativi e relazionali (1-3).
Da circa tre mesi Giorgia manifesta attacchi di panico molto intensi, imprevedibili e incontrollabili con paura di morire per un attacco di cuore. Al momento della prima visita familiare ne affrontava anche tre al giorno fuori o dentro casa e senza un motivo reale. È stata vista da molti dottori e tutti i controlli hanno riportato esito negativo. Accanto a questa sintomatologia, la madre e l’intero nucleo familiare riferiscono che da quando Giorgia ha finito la scuola superiore è diventata insopportabile. Vuole fare sempre e comunque quello che vuole, torna alle ore più impensate. Frequenta delle compagnie “strane”, dice molte bugie cosicché la madre si vede costretta ad attuare una rete di fitti controlli per sapere dove sia Giorgia e soprattutto con chi. La sintomatologia non viene collegata a nessun evento o momento particolare di vita. Allargo la mia indagine prendendo in considerazione l’attuale momento del ciclo di vita della giovane (4-6).
Giorgia dice di trovarsi in un momento di estrema incertezza e conflitto perché non sa che fare. Si sente costretta dai genitori ma da quando ha avuto gli attacchi di panico non può fare a meno di almeno uno dei membri della famiglia, che sono coinvolti a turno nell’emergenza del momento. La signora interviene dicendo che la figlia non ha senso di responsabilità, spende i soldi e fa come vuole, non ha una regola e che si è stufata di stare al suo servizio.
Basandomi su quanto detto precedentemente, faccio notare che la responsabilità, il rispetto e il senso dell’altro si costruiscono e si insegnano a una figlia fin da piccola e che, rispetto a quanto stavano dicendo, nessuno di loro aveva mai dato una regola a Giorgia la quale, fino a quel momento, si era sentita autorizzata a fare quello che voleva senza che nessuno se ne lamentasse. Il coinvolgimento dell’intero sistema familiare, insieme a una condivisa responsabilità dello stato attuale delle condizioni di Giorgia, mi lasciano libera di chiedere la collaborazione dell’intero nucleo in modo da sfruttarne le risorse e anche aiutare a superare le difficoltà (7,8). È impensabile poter trattare un’adolescente di 20 anni senza coinvolgere il sistema che ne deve permettere la crescita e lo svincolo (9). Inoltre, visto che gli attacchi di panico avvengono con la partecipazione anche degli altri familiari, in termini sistemici e processuali sono attori essi stessi della sintomatologia. La seduta si conclude chiedendo a Giorgia di osservare quali sono i momenti di difficoltà durante il giorno e alla famiglia di non controllare la ragazza (5,7). Oltre a questo, iniziamo a mettere delle regole che possano aiutare Giorgia a farsi carico almeno della gestione del denaro e del tempo. Nella seduta successiva invito Giorgia a venire da sola.
Durante la seconda visita, la mia attenzione si focalizza sulla ragazza, sempre tenendo presente quali sono le relazioni con il sistema familiare. Dice di aver osservato quali fossero i momenti difficili durante la giornata e ha notato che la sera e i momenti in cui si trova sola in casa le provocano spesso ansia, tanto che due volte ha chiesto alla madre di ritornare a casa quando sentiva che la paura di morire diventava troppo forte e si stava per tramutare in panico. Le chiedo di spiegarmi che significato hanno questi sintomi per lei, perché da come lei li descrive non hanno molto senso. Può fare come vuole, quando vuole. Non ha limitazioni di denaro e di tempo. In questo modo sto provocando la paziente, tentando di perturbare strategicamente le “certezze” che sostengono la sintomatologia (5). Giorgia mi dice che qualcosa è cambiato ultimamente, però questo c’entra poco, secondo lei, con lo stare male. Si è innamorata di una coetanea con la quale sta iniziando una nuova relazione che la rende molto contenta, ma non vuole assolutamente che la madre e il padre lo sappiano. Mi colpisce l’estremo controllo emotivo mentre mi dice questo. Non sento coinvolgimento, e anzi, quando le chiedo se è innamorata, mi dice che crede di no, che non si sente coinvolta ma che le piace passare il tempo con questa persona. Sente la madre soffocante e nello stesso tempo indispensabile. Mi dice anche che dal nostro primo incontro si sente già un poco più tranquilla, anche se ha avuto tre attacchi di panico durante la settimana. Inizio a portare la sua attenzione sui contenuti di pensiero che precedevano l’attacco di panico tentando, inutilmente, una condivisione emotiva di quanto era accaduto (10).
Concludiamo la seduta condividendo la necessità di fare ordine nella sua esperienza e di capire che significato hanno questi attacchi di panico, insieme alla necessità di assumersi responsabilità che potrebbero essere fonte di libertà per lei e minore controllo da parte della madre e della famiglia (4).
La successiva seduta familiare consolida la preoccupazione dei genitori che Giorgia faccia “la nulla facente per tutta la vita”, soprattutto perché tutti si sono resi conto di aver contribuito a costruire l’immagine di una Giorgia vulnerabile e bisognosa di aiuto insieme all’assenza di regole. Questa seduta è l’occasione per definire i termini del mio intervento e per stabilire obiettivi a medio termine condivisi che coinvolgano tutti noi. Metto in evidenza che i sintomi di Giorgia rappresentano un momento di crisi per l’intero sistema perché esprimono un disagio molto forte della ragazza che sta vivendo un momento di passaggio del suo ciclo di vita (9). In termini esplicativi, ridefinisco che gli attacchi di panico, alla luce di queste prime sedute, sono l’unica modalità che Giorgia ha trovato per affrontare i cambiamenti che normalmente avvengono nella vita. L’obiettivo sarà quello di capire come mai Giorgia ha messo in atto questo comportamento e che cosa significa per lei. Nello stesso tempo, coinvolgo la famiglia in un lavoro di osservazione dei comportamenti che sostengono lo status attuale. Quindi, obiettivo principale è ristabilire ruoli, confini e regole dell’intero nucleo mentre lavoreremo sulle problematiche personali della ragazza (4,11).
DA UNA DIAGNOSI DESCRITTIVA
A UNA ESPLICATIVA
In questa sede non è possibile trattare in modo approfondito la relazione che intercorre fra una diagnosi ateorica descrittiva e una esplicativa processualmente orientata e, per questo, rimandiamo il lettore interessato a un approfondimento sull’argomento (1,10,11).
Attenendoci strettamente a un’ottica categoriale, la sintomatologia descrittaci da Giulia ci sembra corrispondente ai criteri elencati per diagnosticare un disturbo da attacco di panico con manifestazioni ansiose, così come definito dal DSM-IV-TR (12). È di fatto presente una paura, un terrore di morire, l’attesa di una catastrofe imminente e non controllabile. Durante questi attacchi sono presenti sintomi neurovegetativi come dispnea, tachicardia, dolore al petto e sensazioni di soffocamento, accompagnati dalla non controllabilità e prevedibilità dell’evento.
Adottando un approccio cognitivista sistemico processuale (7,10,11,13) sembra che ci si trovi di fronte tanto a una sintomatologia annoverabile nell’ambito di un’organizzazione di significato personale del tipo disturbi alimentari psicogeni (DAP) quanto a quella tendente a disturbi fobici (FOB). Come si potrà ricostruire dal percorso terapeutico, Giorgia manifesta una vaga e indefinita percezione di sé, di quello che sente e prova – soprattutto nei confronti della relazione sentimentale che affronta – che diviene più “solida”, chiara, ricorrendo all’osservazione scrupolosa delle reazioni suscitate negli altri. Ogni sua sensazione ed emozione si basa su quella che è l’informazione che viene dagli altri – e, in particolare della madre e delle sorelle – e non da sé. Il tema del controllo emotivo, l’attenzione agli aspetti formali della vita e agli aspetti sociali, insieme a un evidente invischiamento familiare, ci indicano i tratti caratteristici di un’organizzazione tipo DAP (4,7,11). L’uscita sintomatologica di paura e ansia corrisponde alla difficoltà della ragazza di integrare la perturbazione dell’equilibrio affettivo, insieme alla sensazione di perdere il controllo, nell’esperienza di un primo rapporto sentimentale coinvolgente; la vulnerabilità emotiva si identifica con una vulnerabilità fisica che viene recuperata attraverso il controllo. Questi temi riportano così a una organizzazione di tipo disturbi fobici (5,11).
ANALISI DELLA STORIA ATTUALE
Percorso terapeutico
Riportiamo in questa sede solo alcuni stralci della terapia di Giorgia, terapia che è ancora in corso. Tali passaggi hanno la funzione di esplicitare il “come” di un lavoro terapeutico basato su un approccio cognitivista sistemico processualmente orientato. Il processo temporale di una terapia che ha come sfondo questo modello parte dai temi di vita del momento, comprendenti gli aspetti affettivi e sentimentali, per risalire ai temi infantili e di qui al tema di vita della persona (3,5) ( Tabelle 1 e 2).



Il caso di Giorgia è ancora nella fase dell’analisi della storia attuale e non credo, vista la giovane età della paziente e il problema presentato, che andremo oltre. Come terapeuti dobbiamo valutare molto attentamente il momento della storia personale, il cambiamento e l’influenza che la terapia può avere sul ciclo di vita dei nostri pazienti, nonché, tenere sempre conto, della richiesta che ci viene fatta.
L’analisi della storia attuale si avvale, secondo questo modello, dei compiti di auto-osservazione e della tecnica della “moviola” (13-15). La paziente inizia a ricostruire, partendo dalla propria esperienza di vita, attivazioni emotive, comportamenti e relazioni che non riesce a integrare e comprendere. Nel corso della terapia, tali modalità conoscitive vengono fatte proprie dal paziente che impara a osservare la realtà secondo il proprio punto di vista, attribuendo alla sua specifica esperienza di vita significati personali e soggettivi (9,16). Giorgia sperimenterà a poco a poco una maggiore conoscenza di sé, partendo dall’analisi dei comportamenti fino ad arrivare alle spiegazioni che essi hanno in termini emotivi e relazionali ( Tabella 2).






Nella prima fase della terapia (4-12 sedute), attraverso i compiti di auto-osservazione, se pur lentamente, Giorgia riesce a ordinare le informazioni riguardanti la sua vita iniziando a riconoscere, nel marasma comportamentale ed emotivo, quali sono i momenti difficili, che cosa esprime il malessere della paura di morire e restare sola. L’ansia e una certa quota piuttosto variabile di paura non spiegabili sono certamente i correlati emotivi più distintivi e caratteristici che, una volta analizzati puntualmente in ogni aspetto contingente l’esordio, il loro riproporsi e le ripercussioni nella vita relazionale di Giorgia, permettono di identificarne, definendoli, gli specifici significati, i contenuti sottostanti e quindi le dinamiche del sintomo (1). Partendo da quanto lei stessa ha ordinato nella sua testa, iniziamo a concentrarci sugli episodi che coinvolgono la famiglia. La ricostruzione di un evento in particolare, insieme alla comprensione degli stati neurovegetativi a esso associati e la spiegazione dei loro significati, hanno permesso alla ragazza di capire la difficoltà di reggere il fatto che la madre non fosse d’accordo con quello che lei stava facendo: l’autonomia non è nel “che cosa faccio” ma “come lo faccio”. Rileggendo insieme alla paziente il sintomo, e attribuendogli significati emotivi e relazionali, definiamo che quelli che lei chiamava attacchi di panico o attacchi di ansia erano attivazioni emotive – con una componente neurovegetativa comune a tutti gli esseri umani –, che lei non riusciva a spiegarsi e a integrare rispetto a quello che aveva vissuto fino a quel momento. Questa e molte altre ricostruzioni, non solo di scompensi sintomatici, ma anche di problemi pratici quotidiani, hanno portato Giorgia a una maggiore consapevolezza di temi per lei critici e ci hanno permesso di lavorare successivamente anche sul significato della relazione affettiva che stava vivendo in quel momento con Veronica. L’obiettivo raggiunto in questa prima fase è stato quello di decidere che l’università fosse la migliore scelta per lei in questo momento insieme a una maggiore regolarità dello stile di vita che si basasse sulle sue esigenze e non su quelle dei suoi amici.
La seduta familiare che chiude questa prima fase è volta a fare il punto della situazione e a prendere nuovi accordi alla luce delle manifeste richieste di Giorgia di una maggiore autonomia. La ragazza infatti riferisce che l’estremo controllo della madre sta diventando insopportabile e che odia Veronica perché sta rovinando sua figlia che ha dei comportamenti impossibili.
Partendo dall’ultimo incontro familiare definiamo che le regole sono state pressoché rispettate e che vi sia la necessità di modificare le modalità relazionali che si basano sul controllo perché non fa altro che aumentare la confusione e le discussioni. Ridefinisco in modo positivo il fatto che Giorgia si assuma la responsabilità di quello che sta facendo, anche con le amicizie, senza per questo rendere la vita impossibile a tutti. Inoltre, il fatto che lei rispetti le regole non vuol dire che debba anche pensarla come loro e avere degli amici che siano di loro gusto. Permetterle di vivere la sua vita, anche facendo errori, è un rischio che i genitori devono assumersi, osservando da lontano. Il controllo esercitato e la non condivisione aumentano l’esigenza di Giorgia di eluderlo. La seduta si conclude con una maggiore tranquillità di tutti e con l’impegno a rispettare i patti presi.
Vediamo come le modalità familiari “siano dedite” all’impossibilità di esprimere emozioni e opinioni autonome, ridefinendole in questo caso in termini di “plagio del pensiero”, attribuendo all’esterno la responsabilità. L’attenzione della madre non è sui contenuti che la figlia esprime ma sull’immagine che la figlia dà di sé. Inoltre, notiamo il livello molto alto di invischiamento che non tiene conto di nessun confine (6,17). Giorgia arriva all’incontro successivo dicendo di aver capito molto di come vanno le cose a casa sua e di quanto lei sia spaventata dal contraddire la sua famiglia quando si trova in un confronto faccia a faccia (10). Si rende conto di quanto la sua ansia e la rabbia derivino spesso dalla relazione con la madre e riferisce una serie di esempi in cui ha avuto forti sbalzi emotivi, quasi attacchi di panico dovuti proprio alla reazione materna. Il “salto” epistemico (5,13) che Giorgia manifesta e l’aumento della consapevolezza mi permettono di allargare la nostra attenzione anche ad altre relazioni che suscitano in lei attivazioni emotive che le provocano un comportamento di controllo ed emozioni di rabbia. Esplicitare il problema con la sua fidanzata apre una nuova fase della terapia (13-24 sedute) durante la quale un maggior livello di astrazione del pensiero (16,18,19) ci permette di lavorare su temi interni come la definizione dei suoi sentimenti, il livello di coinvolgimento nella relazione tenendo sempre presente le sue difficoltà a gestire il rapporto con la madre, a suo dire “sarà difficile liberarmi dal suo giudizio e controllo”. Il lavoro con Giorgia e la sua famiglia è ancora in corso e il percorso verso una autonomia affettiva e concreta è ancora lungo.
CONCLUSIONI
In questo breve lavoro ho cercato di esporre, anche se non in modo esaustivo, come un approccio cognitivo sistemico processualmente orientato delinei un percorso terapeutico che, attraverso una trama di riferimento concettuale, come le organizzazioni di significato personale, porti l’essere umano con le sue difficoltà ad aumentare i livelli di conoscenza di se stesso permettendogli, attraverso l’esperienza terapeutica, di dare significato e senso agli eventi di vita, integrandoli nella propria narrativa emozionale.
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