Evoluzione e creazione linguistica in psicoterapia

Linguistic evolution and creation in psychotherapy

FRANCO F. ORSUCCI

Department of Clinical Psychology, University College London, UK
Cambridgeshire NHS Foundation Trust, Cambridge, UK

RIASSUNTO. Scopo. Chiarire come i concetti di coevoluzione e creazione linguistica siano cruciali nella teoria della tecnica psicoterapeutica. Metodo. Si esaminano il paradosso del linguaggio privato, la teoria della sincronizzazione, le diverse componenti, biologiche, linguistiche e comunicative coinvolte nelle relazioni psicoterapeutiche. Viene presentata una revisione e discussione critica delle variabili di questo campo complesso e degli studi più rilevanti. Risultati. Un approccio terapeutico che valorizzi la coevoluzione, il campo bipersonale, la comunicazione implicita e la conoscenza procedurale può essere più efficace nel modificare le diverse forme di memoria. Discussione. Si evidenziano i benefici in termini di validità scientifica, efficacia, personalizzazione ed etica della cura.

PAROLE CHIAVE: psicoterapia, evoluzione, sincronizzazione, memoria.


SUMMARY. Aim. Clarify how linguistic coevolution and creation are crucial in the theory of psychotherapeutic technique. Method. The paradox of private language, structural coupling and synchronization theory, are introduced in order to highlight how multiple components are involved in psychotherapeutic relations. A review and discussion of some relevant studies. Results. A therapeutic approach based on coevolution, bipersonal fields, implicit communication and procedural knowledge can be more effective in modifying different forms of memory. Discussion. This evidence based approach represents a scientific advancement in psychotherapy, including effectiveness of care, personalisation and ethics.

KEY WORDS: psychotherapy, evolution, synchronization, memory.
LINGUAGGI PRIVATI
È possibile l’esistenza di un linguaggio privato? Un linguaggio che sia comprensibile soltanto per un soggetto che comunica con sé stesso? Prendiamo ad esempio il cosiddetto Manoscritto Voynich (1,2), studiato da crittografi perché scritto in un linguaggio dall’apparente struttura naturale ma finora incomprensibile. Il linguaggio utilizzato è unico, e non vi è evidenza che sia stato prodotto da un gruppo sociale: un intero universo linguistico, con una sua calligrafia, grammatica, sintassi e dizionario. È così diventato una cause célèbre nella criptologia, e anche oggetto di romanzi. Sarebbe quindi possibile costruire un linguaggio totalmente privato, non comprensibile ad altri che al suo creatore? Ludwig Wittgenstein si è posto tale quesito nelle Philosophical Investigations (3): «Le parole di questo linguaggio si riferiscono a ciò che può essere noto solo al soggetto parlante; alle sue sensazioni immediate, private. Così nessun altro può comprendere questo linguaggio». Wittgenstein chiarisce che dal suo punto di vista non può esistere un linguaggio privato dato che tutto il linguaggio è essenzialmente pubblico, frutto di “giochi linguistici” interpersonali. Asserzione importante per la psicologia, l’epistemologia, la filosofia, dato che tutte le teorie rappresentazionali della mente implicano una privatezza almeno parziale dei contenuti mentali (4,5). Tuttavia, basta considerare le malattie del pensiero che si sono sviluppate nel corso dei secoli e diffuse come epidemie, fra le quali Wittgenstein colloca anche l’idealismo e la metafisica. Su queste dinamiche di epidemiologia del pensiero, il concetto di meme è spunto di riflessione (6,7) e il linguaggio privato trova consistenza nelle transizioni di fase fra linguaggio pubblico e dialogo interno. Non a caso la linguistica propone la nozione di idioletto come impronta linguistica, identità unica per ogni individuo (8,9). Essa si manifesta in schemi di vocabolario, selezione degli idiomi, lessico individuale, grammatica e pronuncia che sono unici per ognuno di noi (10). La psicopatologia del linguaggio ci ricorda che neologismi e neolingue possono essere create per esempio nella schizofrenia o negli stati maniacali (11-14). Molti stati della mente mostrano alterazioni dei campi semantici, variazioni sintattiche e grammaticali (15,16). Sembra anzi che la patologia mentale sia direttamente correlata a una deformazione sia del dialogo interno sia della comunicazione sociale. Il lavoro psicoterapeutico, in un’accezione ampia delle sue possibili tecniche e applicazioni, si svolge proprio su questo incerto crinale fra linguaggio privato e linguaggio pubblico. Ogni produzione linguistica è in un certo senso unica e personale: la sostanziale unicità di alcune esperienze individuali non fa che accentuare questa dimensione. Il lavoro psicoterapeutico si svolge proprio in questa area transizionale/transazionale della condivisione, della privatezza, del fraintendimento e della comprensione possibili. Il cambiamento mentale, trasformazione positiva nella cura, è anche un cambiamento linguistico che si sviluppa come coevoluzione e creazione.
CAMPI BIPERSONALI E COEVOLUZIONI
Il linguaggio si sviluppa in un flusso di interazioni coordinate, non in un gesto, suono, parola, attitudine, estratti dal contesto del flusso della comunicazione. Ogni individuo ospita un gruppo interno e la pretesa di un ego unitario è un’illusione. «Il linguaggio è una forma di vita comune in un flusso di coordinazione di comportamenti e atti consensuali che emerge nella storia del vivere, nella collaborazione del fare assieme» (17). Il linguaggio si sviluppa come una forma di accoppiamento strutturale in cui sistemi viventi si modificano perturbandosi a vicenda senza distruggersi: coevolvono. Il concetto di accoppiamento fra sistemi è presente sia in fisica sia in biologia, e quando viene considerato per come si estende nel tempo è studiato come una modalità di sincronizzazione (18,19) o coevoluzione (20,21). I sistemi viventi che coevolvono possono stabilire diversi tipi di relazione le cui definizioni possono avere grande interesse non solo per l’ecologia ma anche per la psicologia, incluse quelle forme specialistiche di relazione umana dette psicoterapia (22).
La forma più semplice di coevoluzione è detta commensalismo e rappresenta una classe di relazioni fra due organismi dove uno ne beneficia, ma l’altro non ne è interessato. È forse la più instabile e difficile da riconoscere perché può facilmente scivolare in uno degli altri tipi di relazione. Il parassitismo è un tipo di relazione simbiotica in cui un organismo, parassita, beneficia a spese dell’ospite. Il parassita finisce per danneggiare la capacità vitale dell’ospite fino a generare forme di patologia biologica e/o comportamentale. La competizione può essere predatoria e distruttiva perché determina del processo coevolutivo il danneggiamento o l’eliminazione del sistema rivale. In questo caso si presenta come uno zero-sum-game in cui il vincitore prende tutto, perché il successo di uno dei competitori implica l’eliminazione dell’altro. Si può considerare anche una competizione cooperativa che promuove la capacità vitale dei competitori e rappresenta una sfida che rafforza entrambi. Questo tipo di competizione tende facilmente a sfumare nel mutualismo. Il mutualismo è quella forma di coevoluzione cooperativa in cui ogni partecipante acquisisce un beneficio vitale dall’interazione. L’aspettativa nell’ambito delle relazioni che curano è quella che esse si basino su un mutualismo che si sviluppa comunque attraverso un accoppiamento strutturale fra i partner della cura. In questo, il partner curante prende la guida del processo perturbando e accettando di essere perturbato, per generare opportunità di cambiamento utili per l’altro.
IL CAMPO DELLA CURA
L’accoppiamento strutturale nella cura genera quello che alcuni autori hanno chiamato “campo bipersonale o intersoggettivo” (23,24). Questo campo viene generato attraverso molteplici push and pull, come direbbero i fisici che studiano i processi di sincronizzazione (25,26). Si tratta di sequenze di perturbazioni reciproche in cui il terapeuta tiene la rotta di un processo trasformativo fra le onde del flusso comunicativo e le perturbazioni ricevute (27,28). Questa interazione dinamica si svolge per mezzo di molteplici segnali verbali, prosodici, motori e sensoriali. Solo una piccola parte di questa immensa quantità di comunicazioni viene riconosciuta e gestita consapevolmente dai partner della cura. Una gran porzione di tutto ciò fa parte della comunicazione procedurale o implicita e dei sistemi di memoria non esplicita correlati (29,30). Si tratta di materiale semiotico e comunicativo a-conscio, cioè diverso dal classico inconscio freudiano che in linea di principio può essere verbalizzato con relativa facilità (31). Daniel Stern ha estensivamente chiarito come la gran parte del cambiamento terapeutico viene generato proprio nel dominio della conoscenza implicita e procedurale. Il processo terapeutico viene caratterizzato da movimenti improvvisi, non lineari e spesso non prevedibili, verso obiettivi condivisi. Queste mete del percorso terapeutico si costruiscono attraverso momenti presenti in cui i partecipanti interagiscono in modo da creare un campo di comprensione implicita e condivisa nel “qui ed ora”. Sono momenti carichi dal punto di vista emotivo, in cui il tempo vissuto si estende e in cui c’è un forte senso di verità nell’esperienza vissuta. Il momento di incontro nel presente è una proprietà emergente del campo dinamico, bipersonale e complesso, del processo terapeutico. Questo momento emergente è una punteggiatura che annuncia un cambiamento possibile. Il flusso di questi eventi può creare più ampi momenti di incontro, su cui si può sedimentare un cambiamento della memoria implicita (32). L’esplicitazione verbale di questi stati non è sempre necessaria, talvolta anzi può essere controproducente. La sincronizzazione, e coevoluzione, globale nella relazione terapeutica genera questi stati diadici di coscienza estesa e condivisa che costituiscono il motore del cambiamento terapeutico (33). Il campo terapeutico raggiunge uno stato di equilibrio ottimale di massima intensità possibile che genera a cascata questi punti di apertura al cambiamento. Si tratta quindi di un flusso in relativo equilibrio caratterizzato dalle punteggiature costituite dagli stati di coscienza estesa (34). Da uno stato critico, carico di aspettative e perturbazioni, emergono le onde del cambiamento possibile (35). Fra i regolatori occulti che producono la massa di sincronizzazioni su cui si genera la conoscenza implicita e condivisa, ne esistono alcuni che potremmo chiamare “subliminari”. Sono quelli che fanno sì che ogni conversazione sia anche una sorta di danza di coordinazioni e cenni corporei (36). Esiste una messe di studi che documentano l’evidenza di come questi segnali, chiamati anche regolatori nascosti, possono portare, nell’ambito di una profonda relazione di attaccamento stabile e duratura, perfino alla sincronizzazione di funzioni fisiologiche, ritmi biologici, cicli ormonali (37,38). Allo stesso tempo, un buon trattamento psicoterapeutico può cambiare l’evoluzione di importanti patologie organiche (39,40). Anche il sistema di rispecchiamento e comprensione intersoggettiva, chiamato neuroni specchio, fa parte di questi regolatori nascosti (41). Un altro di questi fattori è la musicalità intrinseca della lingua parlata, la prosodia. Il tono della voce, l’accento, il volume sonoro, la cadenza del discorso, il flusso, la pressione, la tonalità, la costruzione delle frasi, la grammatica, la ricchezza del vocabolario, i turni di conversazione, le interruzioni: tutte queste variabili linguistiche sono al centro dell’espressione delle emozioni e della corporeità nel campo psicoterapeutico (42). Tuttavia, lo studio di queste componenti è ancora poco sviluppato, specialmente se paragonato con la messe di studi sul contenuto semantico ed esplicito. Il nostro gruppo di ricerca ha dato un nuovo contributo in questa direzione, prima studiando le ricorrenze prosodiche individuali (43,44) e successivamente studiando come le risonanze prosodiche producano perturbazioni che conducono ad accoppiamenti o disaccoppiamenti nel corso del processo terapeutico (45). Un lavoro complementare può essere effettuato esaminando le sincronizzazioni fra variabili fisiologiche che indicano risposte emotive fra i partner nella psicoterapia (46).
MIND FORCE
Lo studio di come il linguaggio possa coevolvere e cambiare, da quel che si è sin qui esaminato, richiede una cornice unificata che possa contenere in modo coerente le dinamiche della matrice mente-corpo (47). Infatti, le dinamiche coinvolte vanno dalla meta-cognizione, alla semiotica di base (prosodia, ecc.) alla epigenesi, alla plasticità neurale, fino alla biofisica molecolare. Nonostante sia una sfida conoscitiva eccezionale, gli arnesi empirici e teorici per questa impresa scientifica sembrano ormai a disposizione. Il primo passo metodologico ed epistemologico è quello di considerare questa impresa in termini di complessità (48-51). Solo la sinergia di approcci e discipline differenti può permettere di raggiungere risultati credibili in un progetto che è interdisciplinare per definizione. Nei secoli passati la filosofia naturale di stampo pre-cartesiano aveva questo stesso approccio. Tuttavia, gli strumenti empirici e analitici a sua disposizione non erano ancora sufficientemente sviluppati e i risultati avevano una forte connotazione metaforica. Solo recentemente, nel secolo scorso, la scienza della complessità ha permesso di inserire nuovamente questa integrazione nell’agenda scientifica. Il secondo strumento fondamentale è la teoria della sincronizzazione che ha avuto sviluppi impressionanti nell’area dei sistemi caotici e delle interazioni multiple (52). Queste ultime saranno integrate in campi che le raggruppano in fasci ordinati (53-55). Questa multidimensionalità viene compresa se si considerano i recenti sviluppi nella teoria delle reti, che definisce i tipi di organizzazione che le connessioni e interazioni complesse possono assumere (56,57). Queste scoperte permettono di abbracciare diverse scale di organizzazione, da quella molecolare fino alle più raffinate strutture cognitive. L’organizzazione che ne risulta può essere definita come una iperstruttura eterogenea prodotta dall’effetto non lineare di una massa di miliardi di interazioni differenti. Abbiamo proposto di chiamare Mind Force il risultato della potenza causale di questi fenomeni e schemi collettivi (58). Anche se siamo giunti a questa definizione in modo indipendente, ma con la collaborazione di diversi colleghi, abbiamo presto scoperto che vi sono stati altri importanti contributi germinali nella stessa direzione. Ogni scoperta è sempre anche una ri-scoperta e per citare T.S. Eliot: «Non smetteremo di esplorare / E la fine di tutto il nostro esplorare / Sarà arrivare dove eravamo partiti / E conoscere il luogo per la prima volta».
Ringraziamenti
Un ringraziamento sentito a Massimo Biondi, Paola Cimbolli e Adele De Pascale che hanno reso possibile l’evento scientifico in cui è stata presentata una prima versione di questo lavoro. Un ringraziamento speciale a Mario Reda che, oltre a essere uno dei principali organizzatori, ha condiviso lo sviluppo di alcune importanti elaborazioni teoriche. I crediti di riconoscenza vanno anche a Peter Fonagy, Walter J. Freeman, Mario Fulcheri, Alessandro Giuliani e Joe P. Zbilut con i quali ho condiviso parti rilevanti del percorso di ricerca e modellistica che ha prodotto questo lavoro.
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