Medicina alternativa


A cura di Eleonora Del Riccio
Sapienza Università di Roma
E-mail: elo-dr@hotmail.it


Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569), Epilettici (in copertina)
Incisione a bulino 227x163 mm

Non basterebbe un intero volume per apprezzare tutte le stampe di Bruegel, così crude e allo stesso tempo visionarie. In quella che qui proponiamo, il tema trattato è quello dell’“epilessia”. Il virgolettato è d’obbligo perché che si tratti di vera epilessia non è una certezza, forse sarebbe più corretto parlare di un turbamento psichico affine all’isteria; questa supposizione è confortata anche dall’evidenza che il malato è quasi sempre una donna. Il momento della raffigurazione è quello in cui degli infermieri piuttosto coercitivi cercano di trasportare con le buone o con le cattive le donne dall’altra parte di un ponticello. Una donna l’ha già attraversato e siede abbandonata dall’altra parte della riva, un’altra lo sta facendo, accompagnata dai due energumeni e le altre due, in primo piano, non oppongono più resistenza, anche se gli effetti di quella poca convinzione che le spingeva a volersi liberare dalla stretta sono abbastanza chiari soprattutto in quella più a destra, sbilanciata all’indietro.
La modalità di cura delle sventurate è paragonabile al fenomeno del tarantismo nel meridione dell’Italia. Ovvero, le donne manifestavano segni di follia in seguito al morso di una tarantola: l’unica speranza per guarirle era l’ascolto di una musica vivace e dal ritmo martellante e la conseguente partecipazione alla danza che ne derivava e che si protraeva per giorni. Il passaggio del ponticello era una pratica realmente perseguita durante la festività di San Giovanni in virtù della convinzione che potesse salvare gli infermi dalla malattia per l’intera durata dell’anno successivo. Da un punto di vista strettamente iconologico, si potrebbe collegare l’angusto ponticello alle ristrettezze e alla brevità della vita, all’indigenza della stessa classe sociale alla quale le contadine appartenevano e per le quali l’unica possibilità di evasione si concretizzava in una danza ritmata.
All’Albertina di Vienna si conserva il disegno originale di Bruegel, relativo sia a questa incisione sia a quella che le fa da pendant di medesimo soggetto. Non avendo mai visitato l’Italia meridionale, c’è da chiedersi come l’artista fosse entrato in contatto con l’“epilessia”. La risposta risiede nel pellegrinaggio a Molenbeek durante il trasferimento dell’artista a Bruxelles (1563), nelle vicinanze della quale Molenbeek è situata. Tuttavia, secondo un’indagine puramente stilistica, questa modalità di rappresentazione di grandi figure isolate in primo piano e, soprattutto, l’attenzione al dato folclorico sono indizi della maniera tarda del maestro, da cui l’indecisione sulla datazione definitiva dell’incisione.
Ritornando allo schizzo, esso tramanda un particolare significativo che non è presente nelle stampe: un suonatore di cornamusa che sta eseguendo il suo pezzo proprio dentro all’orecchio di una delle sofferenti. Il particolare ha un chiaro riscontro nelle pratiche di terapia musicale, dove le ammalate – in balia delle note – si lasciavano trasportare, esternando, probabilmente, la follia in maniera più controllata.
L’idea di guarigione è suggerita anche dall’ameno paesaggio che avvolge la scena, questa sorta di Arcadia bucolica con una natura felice, un lento fiumicello, valicabile anche senza l’ausilio di un ponte, e tuttavia arginato con tanta cura e per questo simbolo della presenza della mano dell’uomo, presenza che si evince anche dalla staccionata sulla destra dello sfondo.
PER APPROFONDIRE
– Vallese G (a cura di). Vizi, virtù e follia nell’opera grafica di Pieter Bruegel il Vecchio. Catalogo generale ragionato. Milano: Gabriele Mazzotta Editore, 1979.
– De Martino E. Sud e magia, Milano: Feltrinelli Editore, 1959.
– De Martino E. La terra del rimorso. Milano: Net Editore, 2002.