Olanzapina in pazienti maniacali o misti con o senza abuso di sostanze
Olanzapine in manic/mixed patients with or without substance abuse
GABRIELE SANI1,2,, ALESSIO SIMONETTI1,2, GIULIA SERRA1,2, ANDREA SOLFANELLI1,
NICOLETTA GIRARDI
1,2, delfina janiri1, emanuela danese1, CHIARA RAPINESI1,
ROBERTO TATARELLI
1, PAOLO GIRARDI1,2
E-mail: gabriele.sani@justmail.it
1Dipartimento NESMOS, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma
2Centro Lucio Bini, Roma


RIASSUNTO. Scopo. Verificare l’efficacia dell’olanzapina in pazienti con disturbo bipolare, in stato maniacale o misto, sia in assenza sia in presenza di disturbo da abuso/dipendenza di sostanze. Materiali e metodi. In questo studio osservazionale, controllato, prospettico, 60 pazienti con diagnosi di disturbo bipolare I, episodio maniacale o misto (30 in presenza e 30 in assenza di comorbilità con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze) secondo il manuale DSM-IV-TR sono stati trattati con olanzapina e valutati al momento della dimissione e durante il follow-up a 4 e 8 settimane. L’efficacia dell’olanzapina è stata valutata paragonando le percentuali di risposta (YMRS ≤ alla metà dei valori all’ingresso) e remissione (YMRS ≤12 e HAM-D ≤8) in entrambi i gruppi. Il craving e i giorni di abuso/uso sono stati valutati tramite la Visual Analogue Scale (VAS) e la Time-line Follow-Back (TLFB), rispettivamente. Risultati. Le differenze tra le percentuali di risposta e remissione nei due gruppi sono risultate non statisticamente significative alla dimissione e durante il follow-up. Nei pazienti con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze si assiste a una drastica riduzione dei giorni d’abuso, mentre il craving subisce solo un lieve decremento. Discussione. Questi risultati suggeriscono come l’olanzapina sia ugualmente efficace in entrambi i gruppi e come la riduzione dei giorni d’abuso si esplichi tramite un meccanismo indipendente da un’azione diretta sul craving.

PAROLE CHIAVE: doppia diagnosi, abuso di sostanze, disturbo bipolare, craving, olanzapina.


SUMMARY. Aim. To evaluate the efficacy of olanzapine in patients in their manic/mixed phase with or without comorbidity with substance abuse/dependence disorder. Methods. In this observational, controlled, prospective study, 60 patients with a DSM-IV-TR diagnosis of bipolar disorder, manic/mixed episode (30 patiens with and 30 patient without comorbidity with a substance abuse/dependence disorder) were treated with olanzapine, evaluated at discharge, and followed-up for 8 weeks. Efficacy of olanzapine was assessed by comparing the proportion of responders (an at least 50% drop in Young Mania Rating Scale [YMRS] score from baseline) and remitters (YMRS ≤12 and Hamilton Depression Rating Scale [HAM-D] ≤8) in both groups. Craving and days of abuse/use were assessed with Visual Analogue Scale (VAS) and Time-line Follow-Back (TLFB), respectively. Results. Differences in response and remission percentages were statistically not significant at discharge and during follow-up. A reduction of days of abuse has been observed in the drug-abuse group, while craving was only slightly decreased. Discussion. These results suggest that olanzapine is effective in both groups and its efficacy in reducing the days of abuse appears to be independent from its action on craving.

KEY WORDS: dual diagnosis, bipolar disorder, substance abuse, craving, olanzapine.

INTRODUZIONE
La doppia diagnosi rappresenta ormai un problema di riscontro comune in ambito psichiatrico.
Importanti studi epidemiologici mettono in luce come abuso/dipendenza da sostanze e patologia mentale si presentino frequentemente in associazione, con una prevalenza del 60% (1,2).
In particolare, il disturbo bipolare (DB) rappresenta il disturbo di asse I maggiormente associato alle patologie d’abuso, con percentuali di comorbilità lifetime che raggiungono il 58% (3,4).
L’uso di sostanze sembra avere un forte impatto sul quadro clinico e sul decorso del DB: i pazienti affetti da DB con doppia diagnosi si caratterizzano per un esordio più precoce (5-8), maggior numero di ricadute e di ricoveri (6,9-12), maggior insorgenza di rapidi cicli e stati misti (13-17), minore risposta al litio (11), scarsa compliance (18), maggior rischio di suicidio (5,19). Nell’ambito di tale disturbo, l’assunzione di sostanze varia in base a fattori quali temperamento e polarità predominante (20).
Esistono diverse teorie riguardanti il legame tra disturbi dell’umore e tossicodipendenza, fra cui: 1. l’ipotesi secondo cui una determinata sostanza verrebbe utilizzata per contrastare il disagio provocato dai sintomi affettivi (ipotesi della self-medication) (21) o per aumentare il piacere indotto da uno stato ipomaniacale (22,23); 2. l’ipotesi del disturbo dell’umore causato dall’abuso di sostanze (6,7,24,25); 3. l’ipotesi del disturbo da abuso/dipendenza da sostanze indotto da un disturbo dell’umore, secondo la quale un DB può portare all’abuso di sostanze a causa dell’impulsività, della scarsa capacità di giudizio (7) e dell’insistente ricerca di gratificazione (26); 4. l’ipotesi, tutt’ora controversa, del substrato comune, che afferma come due disturbi condividano un comune substrato biologico e che fattori genetici possano giocare un ruolo nell’espressione di comorbilità (7,8,27,28).

A oggi, il trattamento farmacologico rimane di primaria importanza, anche se alcune recenti terapie cognitivo-comportamentali si sono dimostrate efficaci come terapie di supporto e nella prevenzione delle recidive (29-31).
I trial clinici inerenti la farmacoterapia si focalizzano principalmente sull’utilizzo degli stabilizzatori dell’umore (antiepilettici e litio) e gli antipsicotici (32).
Le evidenze in letteratura dimostrano come tra gli antiepilettici, il valproato (33-35), la carbamazepina (36) e la lamotrigina (37-39) risultino efficaci nella riduzione dell’assunzione di sostanze associata a un miglioramento del quadro clinico, mentre il trattamento con litio dà risultati contrastanti (40,41).
I dati a disposizione riguardanti l’utilizzo degli antipsicotici sono scarsi e incentrati esclusivamente sull’utilizzo degli atipici, tra i quali solo la quetiapina (42,43) e l’aripiprazolo (44) si sono dimostrati efficaci.
L’olanzapina è stata ampiamente utilizzata nel trattamento della doppia diagnosi, ma la ricerca in questo ambito si è limitata esclusivamente a pazienti schizofrenici (45-51) e schizoaffettivi (52). Gli unici dati disponibili sull’utilizzo del farmaco in pazienti affetti da DB in comorbilità con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze possono essere estrapolati da una “letter to the editor” pubblicata nel 2003 da Sattar e Bhatia sul Journal of Clinical Psychiatry, nella quale si descrive il caso di un paziente affetto da DB I e disturbo da abuso/dipendenza da alcol trattato efficacemente con olanzapina (53).
L’obiettivo dello studio è quello di stabilire se il trattamento con olanzapina sia egualmente efficace nei pazienti con disturbo dell’umore, in stato maniacale o misto, sia in assenza sia in presenza di comorbilità con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze. Lo studio si propone inoltre di valutare l’efficacia del farmaco nel ridurre il craving e l’assunzione di sostanze nei soggetti con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze.
MATERIALI E METODI
Questo studio clinico prospettico, osservazionale, controllato è stato condotto su 60 pazienti di età compresa tra 18 e 65 anni ricoverati consecutivamente presso l’SPDC dell’Ospedale Sant’Andrea con diagnosi di DB I, episodio maniacale o misto secondo i criteri diagnostici del DSM- IV-TR (26) (30 pazienti in presenza e 30 in assenza di comorbilità con un disturbo da abuso/dipendenza da sostanze secondo i criteri del DSM-IV-TR). Dallo studio sono stati esclusi i soggetti che mostravano idee lesive auto o eterodirette, gravidanza, incapacità o assenza di volontà a fornire il proprio consenso informato, necessità di trattamento con antipsicotici diversi da olanzapina, condizioni mediche instabili che richiedono la sospensione del farmaco e precedente trattamento con olanzapina risultato inefficace.
Entrambi i gruppi sono stati seguiti in modo osservazionale lungo il periodo del ricovero, sino a 8 settimane dalla dimissione.
In tutti i pazienti è stata somministrata olanzapina in monoterapia o come unica terapia aggiuntiva rispetto alla terapia di mantenimento, a un dosaggio compreso tra i 5 e i 20 mg.
Le valutazioni relative allo scopo dello studio sono state effettuate in quattro momenti: al reclutamento, alla dimissione, alla quarta settimana dalla dimissione e all’ottava settimana dalla dimissione.
La gravità del quadro clinico è stata valutata tramite la Young Mania Rating Scale (YMRS) (54) e la Hamilton Rating Scale for Depression (HAM-D) (55), somministrate al momento del ricovero, alla dimissione, a 4 e a 8 settimane dalla dimissione. Si definisce come risposta la presenza di valori di YMRS inferiori della metà rispetto ai valori di ingresso; la remissione viene definita per valori di YMRS inferiori o uguali a 12 e di HAM-D inferiori o uguali a 8; la ricaduta in un episodio affettivo viene definita per valori di YMRS o di HAM-D superiori o uguali a 15 in pazienti che hanno precedentemente raggiunto i criteri di remissione.
Nei soli pazienti con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze la valutazione del craving è stata effettuata tramite la Visual Analog Scale (VAS) (56), somministrata al momento del ricovero, alla dimissione e durante il follow-up. I giorni e la quantità di assunzione di sostanze sono stati invece valutati utilizzando la Time-line Follow-Back (TLFB) (57), somministrata al momento del ricovero e durante il follow-up.
L’analisi delle variazioni temporali dei total score delle scale utilizzate è stata eseguita applicando il t di Student per gruppi dipendenti. Per l’analisi delle variazioni temporali delle risposte ai singoli item (variabili di tipo ordinale) delle scale si è fatto ricorso alla statistica non parametrica, utilizzando il test per ranghi di Wilcoxon. L’ipotesi nulla per i test di confronto fra gruppi è sempre stata definita quale assenza di differenze fra i gruppi (ipotesi a due code), mentre per le analisi delle variazioni temporali, l’ipotesi nulla è stata definita quale non riduzione del parametro (ipotesi a una coda). La lettura dei risultati e la discussione dei risultati dei test applicati sono state eseguite utilizzando un valore di alpha=0,05 per il rigetto dell’ipotesi nulla.
RISULTATI
Le informazioni relative alle variabili demografiche sono state ottenute dalla raccolta dei dati anamnestici e riportate in Tabella 1.
Le differenze tra la percentuale di remissione e risposta in entrambi i gruppi trattati si sono rilevate non statisticamente significative, sia alla dimissione (63,3 % vs 66,6% di risposta, p=0,7; 50,0% vs 56,0% di remissione, p=0,6 in pazienti con e senza disturbo da abuso/dipendenza da sostanze in comorbilità, rispettivamente), sia alla quarta (60,0% vs 66,6% di risposta, p=0,59; 36,0% vs 56,0% di remissione, p=1,2 in pazienti con e senza disturbo da abuso/dipendenza da sostanze in comorbilità, rispettivamente) sia all’ottava settimana (53,0 % vs 60,0% di risposta, p=0,27; 43,0% vs 50,0% di remissione, p=0,6 in pazienti con e senza disturbo da abuso/dipendenza da sostanze in comorbilità, rispettivamente) di follow-up (Tabella 2).
Dall’analisi dei dati emerge, inoltre, un’uniformità tra i due gruppi nel numero di drop-out (11 nei pazienti con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze vs 10 nei pazienti in assenza di tale comorbilità), dovuti a interruzione della somministrazione del farmaco per mancanza di efficacia, e nella percentuale di pazienti in remissione che ha subìto una ricaduta in un episodio affettivo al termine del periodo di follow-up (6,7% vs 5,9% p=0,92 alla quarta settimana, 20,0% vs 11,0%, p=0,40 nei pazienti con e senza disturbo da abuso/dipendenza da sostanze, rispettivamente) ( Tabella 3).
Nei pazienti con disturbo da abuso/dipendenza da sostanze si registra durante le prime 4 settimane di follow-up una drastica riduzione della media del numero dei giorni di assunzione di sostanza rispetto all’ingresso (7,11 vs 22,53 giorni), che si mantiene costante anche al termine del secondo follow-up (7, 15 giorni). Questo dato è in contrasto con i risultati sul craving ottenuti mediante la VAS. Il desiderio di assunzione di sostanza alla dimissione si riduce infatti solo lievemente rispetto al momento del ricovero (5,2/10 vs 8,2/10), mantenendosi su valori elevati anche nei successivi momenti di valutazione (5,2/10 e 5,0/10 rispettivamente alla quarta e ottava settimana di follow-up) ( Tabella 4, Figure 1 e 2).









DISCUSSIONE
I risultati ottenuti suggeriscono come l’olanzapina possa rappresentare una nuova alternativa terapeutica nel trattamento di pazienti affetti da DB con abuso/dipendenza da sostanze. Nel campione di pazienti presenti nello studio si è dimostrata infatti egualmente efficace nel migliorare la sintomatologia affettiva sia in presenza sia in assenza di disturbo da abuso/dipendenza da sostanze, riducendo sensibilmente il numero dei giorni di assunzione delle diverse sostanze.
Dai dati emerge, inoltre, come quest’ultimo effetto del farmaco non sia accompagnato da un’altrettanta riduzione del craving, che subisce solamente un lieve decremento.
La discrepanza che emerge tra desiderio di assunzione della sostanza e la sua effettiva assunzione trova riscontro in diversi lavori presenti in letteratura, che mettono in luce come l’azione del farmaco sul craving sia attualmente oggetto di discussione e come le evidenze riscontrabili a riguardo siano controverse. Difatti, in pazienti schizofrenici con disturbo da abuso di cocaina, l’olanzapina si è dimostrata efficace nel ridurre l’assunzione della sostanza d’abuso innalzandone però il desiderio (51), mentre in pazienti con diagnosi esclusiva di disturbo da abuso di sostanze si è dimostrata incapace a ridurre il craving e i giorni di abuso di cocaina (58,59). In pazienti affetti da disturbo da dipendenza da alcol, non si è dimostrata superiore al placebo nel ridurre il craving e le percentuali di ricaduta nell’assunzione della sostanza (60) o si è dimostrata capace di ridurre il desiderio di assunzione solo in pazienti portatori di un determinato polimorfismo del gene del recettore D4 (61-63).
Tali evidenze, in accordo con i dati di questo studio, mettono in luce come l’azione anti-abuso dell’olanzapina possa essere spiegata tramite un meccanismo diverso rispetto a una diretta azione sul craving.
Difatti, seguendo le ipotesi della self-medication e dell’abuso indotto dal DB, si può ipotizzare che l’azione del farmaco nel ridurre l’utilizzo di sostanze si esplichi mediante un miglioramento del quadro sintomatologico della patologia psichiatrica associata. Il miglioramento della sintomatologia affettiva comporterebbe una riduzione dei sintomi maggiormente correlati a condotte d’abuso, come l’impulsività, e indurrebbe contemporaneamente un aumento della consapevolezza, dell’insight e quindi della compliance, indispensabili per migliorare il comportamento nei confronti dell’assunzione di sostanze. Inoltre, il miglioramento delle condizioni psicopatologiche del DB porterebbe al miglioramento di tutti quei sintomi che favoriscono un uso autoterapico o autostimolante delle sostanze stesse.
L’impiego dell’olanzapina nel trattamento dei disturbi dell’umore è ormai chiaro, mentre il suo ruolo nella doppia diagnosi è ancora da scoprire. Nonostante le limitazioni dettate dall’esiguo numero di pazienti in esame, questo studio apre nuove ipotesi di ricerca e nuove prospettive per un utilizzo più ampio del farmaco in questo ambito.
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