L’integrazione dei trattamenti nel disturbo ossessivo-compulsivo: conoscenze attuali e prospettive future

Combined treatments in obsessive-compulsive disorder: current knowledge
and future prospects

UMBERTO ALBERT, FRANCESCA BARBARO, ANDREA AGUGLIA, GIUSEPPE MAINA,
FILIPPO BOGETTO
E-mail: umberto.albert@unito.it

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino


RIASSUNTO. Scopo. Il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) prevede l’utilizzo di inibitori della ricaptazione della serotonina (IRS) e della terapia cognitivo-comportamentale (TCC). La revisione si propone di discutere se: a) la terapia combinata ab initio sia una strategia più efficace rispetto alle singole monoterapie; e b) la terapia sequenziale sia efficace nel trattare pazienti responder con sintomi residui, e nell’indurre una risposta clinica nei non responder. Metodi. Sono stati utilizzati gli archivi elettronici Medline/PubMed e libri di testo scientifici prendendo in considerazione tutti gli studi clinici controllati randomizzati scritti in inglese. In assenza di questi, sono stati considerati gli studi naturalistici in aperto. Sono stati revisionati 9 studi randomizzati e/o controllati riguardo l’utilizzo della terapia combinata ab initio versus TCC da sola; 6 tra trattamento combinato e IRS da soli. Per il trattamento sequenziale, sono stati considerati 2 studi con pazienti responder e 7 con campioni di pazienti non responder. Risultati. Dei 9 studi, 7 non ne hanno rilevato alcun vantaggio rispetto alla sola TCC, 1 ha evidenziato una maggiore efficacia in pazienti bambini e adolescenti e 1 in pazienti severamente depressi. Rispetto alla sola farmacoterapia, 4 lavori non hanno rilevato una maggiore efficacia della terapia combinata, mentre 2 studi erano positivi. Tutti gli studi sul trattamento sequenziale erano positivi. Discussione. La combinazione ab initio non rappresenta una valida strategia di trattamento in prima istanza nel DOC, a eccezione di pazienti adulti severamente depressi e pazienti bambini o adolescenti. Al contrario, l’integrazione sequenziale delle due strategie di prima linea è efficace sia nel portare a remissione completa i pazienti con sintomi residui sia nel determinare una risposta clinica nei pazienti resistenti.

PAROLE CHIAVE: DOC, trattamento combinato, trattamento sequenziale, TCC, trattamento farmacologico, IRS.


SUMMARY. Aim. Serotonin reuptake inhibitors (SRIs) and/or cognitive-behavioral psychotherapy (CBT) are first-line treatments for obsessive-compulsive disorder (OCD). The study discuss whether: a) combining both treatments ab initio is more effective than either monotherapy alone; and b) a sequential treatment is effective both in responder and non responder patients. Methods. Have been carried out a search on Medline/PubMed database, selecting clinical randomized controlled studies in English. Have been examined 9 randomized controlled studies where combined treatment ab initio was compared to CBT alone, and 6 where combination treatment was compared to SRI alone. No controlled studies were found for sequential treatments in OCD. Have been then examined naturalistic studies, 2 including responder patients and 7 including non responder patients. Results. Of the 9 studies, 7 didn’t find any additional benefit of combining treatments as compared to CBT alone; in 1 study the combination strategy resulted more effective than CBT alone in children and adolescents, and in another in severely depressed adult patients with OCD. As compared to SRIs alone, combining treatments was not more effective in 4 studies, while in 2 studies it was more effective. All studies concerning sequential treatments found evidence of efficacy of this strategy. Discussion. Combining ab initio CBT and SRI has not been found to be clearly superior of either therapy alone, except for patients with severe depression and for children and adolescents. On the contrary, a sequential strategy may be used successfully both to treat residual symptoms in responders and to determine clinical response in resistant patients.

KEY WORDS: OCD, combined treatment, sequential treatment, CBT, pharmacological treatment, SRI.

INTRODUZIONE
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un disturbo d’ansia che è stato considerato per diversi anni un disturbo raro e resistente alle terapie psicofarmacologiche. Oggi però, grazie agli studi epidemiologici che ne hanno rilevato una prevalenza lifetime nella popolazione generale maggiore del 2% (1,2), è ormai considerato una delle più comuni affezioni psichiatriche e una delle maggiori cause di invalidità a lungo termine per i pazienti e i propri familiari.
Sotto l’impulso dei risultati ottenuti dagli studi epidemiologici, l’interesse per il disturbo è cresciuto e negli ultimi anni si sono resi disponibili trattamenti efficaci. In particolare, due sono le strategie terapeutiche considerate di prima scelta dalle linee-guida italiane e internazionali: la farmacoterapia rappresentata dall’impiego degli inibitori del reuptake della serotonina (IRS) (clomipramina – CMI – e inibitori selettivi del reuptake della serotonina – ISRS), e la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), in particolare con la tecnica di esposizione e prevenzione della risposta (EPR), eventualmente associata a una ristrutturazione cognitiva (3-7).
Per quanto concerne l’efficacia di queste strategie terapeutiche, un’ampia metanalisi ha concluso che, escludendo i risultati degli studi non controllati, la TCC con tecnica EPR è parimenti efficace alla terapia farmacologica con IRS (8). Questa pari efficacia è stata poi confermata da una più recente metanalisi, che ha calcolato un effect size trattamento vs controllo di 0,83 e 1,12 per la farmacoterapia e la psicoterapia (TCC), rispettivamente (9).
Vista la pari efficacia dei due tipi di approccio terapeutico, esistono diverse interpretazioni su quale dei due debba essere utilizzato per primo. Le recenti linee-guida statunitensi, ad esempio, consigliano di iniziare con la TCC in caso di pazienti adulti con sintomatologia ossessivo-compulsiva non grave, senza sintomi depressivi o ansiosi importanti; un trattamento iniziale con IRS, invece, andrebbe riservato a pazienti non in grado di collaborare attivamente alla TCC o che abbiano precedentemente risposto a IRS (7).
Spesso, e soprattutto in caso di sintomatologia grave, nonostante la dimostrata efficacia delle due strategie di prima linea, la risposta terapeutica risulta inadeguata. Possono inoltre verificarsi fenomeni di scarsa tolleranza o di interruzione prematura del trattamento da parte dei pazienti. Infine, non bisogna dimenticare che, in quei pazienti che rispondono alla terapia (risposta clinica definita come una riduzione rispetto al baseline del punteggio alla Yale-Brown Obsessive Compulsive scale – Y-BOCS – superiore al 35%), possono permanere sintomi residui tali da inficiare la qualità della vita. Proprio sulla base di queste considerazioni, negli ultimi anni la ricerca si è mossa con l’intento di rispondere a una domanda: è possibile integrare le due terapie di prima scelta allo scopo di ampliare le possibilità di risposta terapeutica anche a quei pazienti DOC che interrompono, o non tollerano, o non rispondono al trattamento di prima linea, o in cui permangono sintomi residui?
COME INTEGRARE LE DUE STRATEGIE
DI PRIMA LINEA?
Le due strategie di trattamento considerate di prima linea dalle linee-guida internazionali, e di cui è stata dimostrata pari efficacia nei pazienti DOC adulti, sono la farmacoterapia con IRS e la TCC (con tecnica EPR). Queste possono essere integrate in due diversi modi: è possibile effettuare una combinazione ab initio, con TCC e farmaci somministrati contemporaneamente dall’inizio del trattamento; oppure è possibile integrare le due terapie sequenzialmente, ovvero somministrare una delle due strategie solo dopo diverse settimane dall’inizio della prima (trattamento sequenziale).
SCOPO E METODI
Lo scopo del presente lavoro è quello di effettuare un’attenta revisione dei dati di letteratura in merito all’integrazione di farmacoterapia (IRS) e terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del DOC.
Nella prima parte del lavoro saranno descritti tutti i risultati degli studi controllati presenti in letteratura in grado di rispondere alla seguente domanda: la terapia combinata ab initio è una strategia di trattamento più efficace delle singole monoterapie? E in caso di risposta positiva, i benefici del trattamento combinato ab initio si mantengono nel lungo termine?
Nella seconda parte del lavoro saranno descritti tutti gli studi che ci permetteranno di rispondere a un’ulteriore domanda: il trattamento sequenziale è efficace? In particolare sarà descritta la strategia di potenziamento dei farmaci con TCC, iniziata solo dopo almeno 12 settimane di trattamento con IRS. Saranno riportati sia i risultati degli studi in cui la TCC è somministrata in potenziamento ai pazienti responder ma con sintomi residui, sia i risultati degli studi in cui la TCC va a potenziare gli IRS in pazienti non responder. A nostra conoscenza non esistono dati di letteratura sulla strategia sequenziale di potenziamento della TCC con IRS.
Il presente articolo effettua una revisione sistematica dei dati di letteratura, utilizzando gli archivi elettronici MedLine/PubMed e libri di testo scientifici. Le parole chiave utilizzate per la ricerca degli studi sono: “obsessive-compulsive disorder” and “treatment”, “cognitive-behavior therapy”, “resistant OCD”, “sequential treatment” and “combined treatment”. Sono stati presi in considerazione tutti i lavori, in inglese, pubblicati dal 1980 ai giorni nostri, includendo in prima istanza gli studi clinici controllati randomizzati e, in assenza di questi ultimi, sono stati considerati gli studi naturalistici in aperto.
RISULTATI
La terapia combinata ab initio è più efficace
delle singole monoterapie?
Allo scopo di rispondere a questa domanda, verranno di seguito descritti i risultati degli studi randomizzati e controllati presenti in letteratura in grado di fornire dati di efficacia. In particolare si andrà a verificare: 1) se la strategia di combinazione ab initio sia più efficace della psicoterapia da sola (TCC); 2) se la terapia combinata ab initio sia più efficace della farmacoterapia da sola (IRS).
Terapia combinata ab initio vs terapia cognitivo-comportamentale da sola
Nove studi randomizzati e/o controllati hanno verificato se la strategia di combinazione ab initio di TCC e IRS sia maggiormente efficace rispetto alle singole monoterapie. Nello specifico, tutti e 9 i lavori hanno comparato il trattamento combinato alla sola TCC, mentre solo 6 di questi hanno inserito nel protocollo di studio anche un gruppo di confronto costituito da pazienti in trattamento con sola farmacoterapia. I risultati ottenuti da questi studi sono riassunti in Tabella 1.
Rackman et al. (10) hanno randomizzato 48 pazienti in due gruppi (clomipramina fino a 225 mg, placebo) fino alla settimana 4. Dalla settimana 4 fino alla settimana 7 sono avvenute le sedute di psicoterapia con esercizi di EPR o esercizi di rilassamento, ottenendo quattro gruppi di confronto: CMI+esposizione, CMI+rilassamento, placebo+esposizione, placebo+rilassamento. Alla fine della settimana 7, non vi erano differenze statisticamente significative tra terapia combinata e CMI. Dalla settimana 7 alla settimana 10 sono state somministrate, a tutti i pazienti inclusi nello studio, sessioni addizionali di EPR ottenendo quindi due gruppi finali di confronto: CMI+EPR vs placebo+EPR. Al follow-up (settimana 36) si è potuto osservare come la terapia combinata fosse superiore alla sola EPR nel migliorare sia la sintomatologia ossessivo-compulsiva sia quella depressiva, aumentando il funzionamento sociale. Un’attenta analisi a posteriori ha rivelato come questa differenza tra i due gruppi fosse da imputare alla maggior efficacia della CMI nel migliorare la sintomatologia solo nel sottogruppo costituito dai soggetti con un quadro depressivo più grave (10).
Pochi anni più tardi, lo stesso gruppo di ricerca ha eseguito un altro studio randomizzato e controllato su 55 pazienti (solo 11 randomizzati), inseriti in quattro gruppi di confronto: CMI+esercizi antiespositivi per 23 settimane; CMI+esercizi di auto-esposizione per 23 settimane; CMI in doppio cieco+esercizi di auto-esposizione (dalla settimana 1 alla settimana 8)+esposizione assistita dal terapeuta (dalla settimana 8 alla 23); placebo in doppio-cieco+esercizi di auto-esposizione (dalla settimana 1 alla 8)+esposizione assistita dal terapeuta (dalla settimana 8 alla 23). Relativamente all’efficacia della terapia combinata vs TCC, alla settimana 8 i pazienti inseriti nel gruppo CMI+esercizi di esposizione mostravano risultati migliori rispetto a quelli inseriti nel gruppo placebo+esercizi di esposizione. Ma questa differenza veniva meno col passare delle settimane, sparendo del tutto alla settimana 23. Questo suggerisce come probabilmente la strategia di combinazione possa risultare più veloce rispetto alla sola TCC nel determinare una riduzione della sintomatologia ossessivo-compulsiva, mentre nel lungo termine non comporta vantaggi (11).
Risultati simili (solo per quanto riguarda la sintomatologia compulsiva) emergono da uno studio francese del 1990. Sono stati randomizzati 60 pazienti in tre gruppi di trattamento: fluvoxamina+indicazioni di auto-esposizione in singolo cieco, per 24 settimane; fluvoxamina+EPR in doppio cieco; placebo+EPR in doppio cieco. I pazienti sono stati seguiti con un follow-up di 48 settimane. Non si sono evidenziate differenze in termini di riduzione del Y-BOCS total score agli end-point (settimana 8, 24 e 48). È stata invece rilevata una maggiore efficacia della terapia combinata rispetto alla sola TCC per la sintomatologia depressiva alle settimane 8 e 24, mentre sulla sintomatologia compulsiva il maggior effetto clinico scompare dopo la settimana 8 (12).



Sulla base dei risultati preliminari di una maggiore efficacia della terapia combinata in pazienti con depressione maggiore in comorbilità, Foa et al. (13) hanno valutato, in doppio cieco, 48 pazienti suddivisi in due gruppi: moderatamente e severamente depressi (gravità dei sintomi depressivi valutata con la Beck Depression Inventory – BDI). Per 6 settimane un gruppo di pazienti ha ricevuto imipramina (IMI) mentre l’altro placebo. Dalla settimana 7 alla 10, tutti i pazienti hanno effettuato 15 sessioni quotidiane di EPR, della durata di due ore ciascuna, seguite poi da 12 settimane di “terapia comportamentale supportiva”. I gruppi di confronto erano dunque quattro: IMI+EPR e placebo+ERP in pazienti moderatamente depressi; IMI+EPR e placebo+EPR in pazienti severamente depressi. Alla settimana 6, l’IMI è risultata superiore al placebo solo nel trattare la sintomatologia depressiva; dalla settimana 10 alla 22 (fine dello studio) non è risultata nessuna differenza di efficacia tra IMI+EPR e placebo+EPR né sulla sintomatologia depressiva né su quella ossessivo-compulsiva. In ogni caso, va sottolineato come i risultati di questo studio possano essere inficiati dal bias rappresentato dall’imipramina, farmaco senza proprietà antiossessive.
Hohagen et al. (14) hanno trattato 49 pazienti ossessivi con o senza sintomatologia depressiva concomitante (Hamilton Depression Rating Scale >18), in doppio cieco per 10 settimane: fluvoxamina+TCC; placebo+TCC. Contrariamente ai risultati del precedente studio, il gruppo che aveva ricevuto la terapia combinata mostrava un miglioramento significativo della sintomatologia ossessiva, mentre non si sono rilevate differenze significative per quanto concerne i sintomi compulsivi. I pazienti moderatamente depressi hanno risposto maggiormente (in termini di riduzione della sintomatologia OC) alla terapia combinata rispetto alla TCC.
Tre studi più recenti non hanno rilevato alcun vantaggio, in termini di efficacia, nella terapia combinata rispetto alla sola TCC nel trattamento di pazienti adulti con DOC (15-17). Lo studio di van Balkom et al. (15) è stato il primo in cui sono state messe a confronto, per 16 settimane, due strategie di combinazione: fluvoxamina+ERP vs fluvoxamina+terapia cognitiva (TC). Queste sono state poi confrontate alla sola EPR, e anche alla sola TC. Per le prime 8 settimane, i soggetti hanno assunto solo fluvoxamina ed era presente un terzo gruppo di confronto costituito da pazienti in lista d’attesa per qualsiasi terapia. Alla settimana 8, tutti i pazienti trattati risultavano migliorati sul piano sintomatologico rispetto ai pazienti in lista d’attesa e sono stati quindi randomizzati nei quattro gruppi di confronto. Alla settimana 16 non vi erano differenze significative tra i quattro gruppi, dimostrazione del fatto che la combinazione in sequenza non è più efficace delle singole psicoterapie.
Nello studio non randomizzato di O’Connor et al. (16) sono stati inclusi 29 pazienti in quattro gruppi di confronto per 20 settimane: IRS+TCC; TCC; IRS in pazienti in lista d’attesa per la TCC; pazienti in lista d’attesa per qualsiasi trattamento. Tutti i pazienti inseriti nel gruppo del trattamento combinato avevano ricevuto una terapia farmacologica a dose fissa per almeno 1-2 mesi, prima di entrare nello studio: questo elemento rappresenta un bias di questo lavoro. In ogni caso, i risultati riportano come alla fine delle 20 settimane tutti i trattamenti si sono rivelati più efficaci rispetto al gruppo di confronto (pazienti in lista d’attesa per qualsiasi terapia), senza che vi fossero differenze significative fra i tre diversi trattamenti.
Infine, in un altro studio di Foa et al. (17) sono stati selezionati 122 soggetti affetti da DOC di severità moderata (definita da un Y-BOCS total score tra 24 e 31), randomizzati in doppio cieco in quattro gruppi, per 12 settimane: EPR; CMI al dosaggio medio di 196 mg/die; EPR+CMI al dosaggio medio di 163 mg/die; placebo. Alla settimana 4, entrambi i gruppi in psicoterapia mostravano una riduzione del Y-BOCS total score significativamente maggiore rispetto ai gruppi con CMI da sola e placebo. Alla fine dello studio non vi erano differenze di efficacia statisticamente significative tra i due gruppi con psicoterapia. È possibile che la mancata differenza fra trattamento combinato e TCC da sola possa essere imputata sia al non raggiungimento del dosaggio massimo di CMI nel gruppo del trattamento combinato sia all’elevata intensità del protocollo di EPR somministrato ai pazienti per 4 settimane.
In uno studio randomizzato e controllato in singolo cieco, della durata di 12 settimane, sono stati selezionati 112 bambini e adolescenti con diagnosi di DOC di severità lieve-moderata, successivamente inseriti in quattro gruppi: TCC (14 sessioni di EPR della durata di un’ora ciascuna); sertralina (dosaggio medio di 170 mg/die); TCC+sertralina (dosaggio medio di 133 mg/die); placebo. Alla fine dello studio il gruppo in trattamento con terapia combinata mostrava una riduzione del punteggio Y-BOCS significativamente maggiore rispetto a tutti gli altri gruppi. Quindi è possibile affermare che, in pazienti DOC bambini e adolescenti con disturbo non severo, la terapia combinata è più efficace della TCC in monoterapia nel ridurre i sintomi ossessivo-compulsivi. Non avendo, però, rilevato differenze in termini di tassi di remissione, gli autori hanno concluso che in bambini e adolescenti è possibile iniziare il trattamento sia con una terapia combinata ab initio (IRS+TCC) sia con TCC in monoterapia (18). In aggiunta, gli stessi autori nel 2007, utilizzando il medesimo campione, hanno verificato come nei pazienti con un disturbo da tic in comorbilità, la risposta clinica alla sertralina risultasse pari al placebo; pertanto, la presenza di tale condizione psicopatologica comporta necessariamente la scelta di un trattamento basato su TCC o terapia combinata. Nel 2010 lo stesso gruppo di lavoro ha apportato un’ulteriore precisazione: la presenza di familiarità per il DOC rappresenta un moderatore di risposta alla TCC, in quanto la probabilità di rispondere alla TCC era 6,5 volte inferiore rispetto a chi non presentava familiarità. Quindi, in pazienti bambini e adolescenti, se presente familiarità per il DOC, non è indicato il trattamento di prima linea con TCC, ma con farmacoterapia o terapia combinata (19,20).
In conclusione, i 9 studi controllati sopra citati hanno verificato se la combinazione di farmacoterapia e psicoterapia (TCC) sia più efficace della sola psicoterapia nel DOC. In 6 di questi studi la combinazione di IRS e TCC è stata simultanea fin dall’inizio del trattamento (11,12,14,16-18). Negli altri 3 studi, i pazienti nel gruppo del trattamento combinato hanno ricevuto farmaci o placebo per 4 (10), 6 (13) oppure 8 settimane (15) prima di iniziare la psicoterapia. Questi ultimi autori hanno scelto la strategia di combinazione sequenziale in quanto ritenuta più vicina alla realtà della pratica clinica. Abbiamo deciso di esaminare i risultati di questi studi comunque insieme agli altri, perché avevano tutti lo scopo di valutare se il trattamento combinato fosse maggiormente efficace della singola monoterapia; inoltre, la psicoterapia è stata aggiunta senza la verifica dell’avvenuta risposta clinica agli IRS. Complessivamente, i risultati ci suggeriscono che la terapia combinata ab initio non apporta maggiori benefici in termini di efficacia rispetto alla sola TCC, fatta eccezione per pazienti bambini e adolescenti, o pazienti adulti severamente depressi. La strategia di combinazione ab initio, rispetto alla sola psicoterapia, può determinare un precoce miglioramento della sintomatologia ossessivo-compulsiva, ma quest’effetto non si mantiene oltre le 8 settimane di trattamento.
Terapia combinata ab inito vs farmacoterapia da sola
Una seconda domanda cui è possibile rispondere analizzando i risultati degli studi in precedenza esposti è se la strategia di combinazione ab initio sia più efficace della sola farmacoterapia in pazienti affetti da DOC.
Dei 9 studi citati nel precedente paragrafo, solo sei ci permettono di fare chiarezza sulla questione, avendo inserito nel protocollo di studio anche un gruppo di confronto costituito da pazienti in trattamento con sola farmacoterapia (10-12,16-18). I metodi di ogni studio sono stati descritti prima, quindi di seguito saranno riportati solo i risultati riguardanti la maggiore o minore efficacia della terapia combinata rispetto alla sola farmacoterapia.
Quattro studi non hanno riscontrato alcun vantaggio in termini di efficacia nel combinare le due terapie di prima linea, rispetto all’impiego di IRS (10-12,16). Uno di questi, però, ha rilevato un’iniziale maggiore efficacia della combinazione di CMI ed esercizi di esposizione rispetto alla CMI con esercizi di antiesposizione. Questa differenza non era mantenuta alla fine dello studio, e questo fenomeno potrebbe essere imputato alla latenza d’azione del trattamento farmacologico che richiede almeno 8 settimane prima di iniziare a manifestare la sua efficacia (11).
Evidenze di una maggiore efficacia della terapia combinata rispetto alla sola farmacoterapia emergono dai risultati di 2 recenti studi controllati: il primo dimostra la maggiore efficacia della combinazione di sertralina e TCC rispetto alla sola sertralina in pazienti bambini e adolescenti (18); il secondo riporta come, dopo 12 settimane, i pazienti adulti che avevano ricevuto solo CMI mostravano una riduzione dei sintomi significativamente inferiore rispetto ai pazienti a cui erano state somministrate CMI associata a un’intensiva EPR (17). È possibile ipotizzare, tuttavia, che la maggiore efficacia della terapia combinata rispetto alla sola CMI, evidente alla fine delle 12 settimane, non si sarebbe mantenuta oltre, considerato che i farmaci antiossessivi manifestano pienamente la loro efficacia lentamente, soprattutto rispetto a una EPR intensiva come quella impiegata nello studio di Foa et al.
Sulla base dei risultati degli studi descritti finora, è possibile concludere come non esistano evidenze univoche sulla maggiore efficacia della terapia combinata ab initio rispetto alla sola farmacoterapia; 2 studi sembrano però indicare che l’aggiunta di TCC alla sola farmacoterapia possa tradursi in una maggiore riduzione della sintomatologia ossessivo-compulsiva. Un altro vantaggio della terapia combinata ab initio, che tuttavia necessita di conferme, potrebbe risiedere nell’utilizzo di dosi più basse di antiossessivi, come emerge dall’analisi delle dosi medie di sertralina e clomipramina impiegate negli studi di Foa et al. e del POTS Team (17,18).
Considerati i risultati degli studi controllati e tenuto presente dello scarso rapporto benefici/costi, a nostro giudizio la terapia combinata ab initio non rappresenta una strategia di trattamento di prima scelta nel DOC; anche le linee-guida statunitensi considerano tale combinazione di trattamenti non indicata per la maggior parte dei pazienti con DOC (7).
In conclusione, l’analisi dei risultati di tutti gli studi di letteratura che si sono occupati dell’impiego della terapia combinata ab initio nel DOC ci ha permesso non solo di verificare se la terapia combinata ab initio fosse più o meno efficace delle singole monoterapie, ma anche di individuare sottogruppi di pazienti con specifiche caratteristiche sociodemografiche o cliniche in cui è maggiormente indicata una specifica strategia. Questo permette di indirizzare la scelta del trattamento di prima linea in maniera mirata, basandosi sulle caratteristiche del singolo paziente, come suggerisce la Figura 1.
Nessuno studio tra quelli citati nei paragrafi precedenti ha valutato in modo differenziato l’efficacia dei trattamenti (combinato verso TCC o verso farmacoterapia) in sottogruppi distinti di pazienti DOC in base alla gravità del disturbo. Un unico riferimento alla gravità si trova nell’analisi dei predittori e moderatori di risposta ai trattamenti nel POTS Study (20): in tale studio la gravità del DOC (punteggio baseline alla Y-BOCS) è risultato un predittore di minore risposta a tutti i trattamenti e non un moderatore, cioè un elemento clinico che predice una peggiore risposta a un’unica modalità di trattamento. È tuttavia evidente a tutti i clinici che una maggiore gravità iniziale del disturbo, con elevata quota di ansia derivante dalle ossessioni, impedisce al paziente di seguire adeguatamente gli esercizi di EPR: pertanto è preferibile in tale caso iniziare con una terapia farmacologica e successivamente, se necessario, combinare a tale trattamento una TCC, come suggerito in Figura 1.



Studi di lungo-termine
Risulta ora opportuno descrivere i risultati degli studi di lungo termine presenti in letteratura, riguardanti l’efficacia della terapia combinata nei pazienti affetti da DOC. Questo allo scopo di verificare se: 1) anche nel lungo termine la terapia combinata non risulti più efficace delle singole monoterapie, così come nel breve termine; 2) l’associazione dei farmaci alla TCC possa impedire alla psicoterapia di raggiungere la sua massima efficacia; 3) i pochi benefici derivanti dalla combinazione delle due terapie di prima linea, in sottogruppi di pazienti, vengano meno quando la farmacoterapia viene interrotta, così come si può verificare in altri disturbi d’ansia come il disturbo di panico (21-24).
Esistono 6 studi di follow-up in letteratura in grado di rispondere ai quesiti sopra descritti (25-30), e 4 di questi sono stati condotti utilizzando lo stesso campione di pazienti inclusi negli studi di breve termine citati nei precedenti paragrafi (25,26,29,30).
Nonostante nell’analisi dei risultati di questi studi si debba tenere conto di alcuni bias metodologici, è possibile affermare che, come per il breve termine, non risultano maggiori benefici dall’utilizzo della terapia combinata rispetto alla sola TCC. Inoltre, la differenza di efficacia tra la terapia combinata e la sola farmacoterapia, che era stata riscontrata in alcuni lavori di breve termine, non persiste nel lungo termine. Non esistono evidenze che la farmacoterapia possa impedire alla TCC di essere pienamente efficace.
Dall’analisi dei risultati emergono, infine, evidenze sul fatto che la combinazione di EPR e IRS nelle fasi acute della patologia, possa consentire l’interruzione della farmacoterapia dopo soli 6 mesi di trattamento (26-28). Quest’evidenza può rappresentare l’arma da utilizzare nel caso in cui si debbano proteggere i pazienti dal grave peggioramento dei sintomi che scaturisce dalla sospensione della terapia farmacologica, nel caso in cui questi la interrompano per scelta libera o per la presenza di importanti collateralità.
La terapia sequenziale è efficace?
La strategia di trattamento sequenziale, nei pazienti affetti da DOC, può essere impiegata in due situazioni differenti. È possibile che si renda necessaria in pazienti che, grazie agli IRS, hanno mostrato una riduzione dei sintomi tale da soddisfare tutti i criteri di risposta clinica (pazienti responder), ma presentano sintomi residui. Oppure è possibile effettuare il trattamento sequenziale per indurre la risposta clinica in quei pazienti trattati con insuccesso con IRS (pazienti non responder). In quest’ultimo caso, la TCC viene usata per aumentare gli effetti della farmacoterapia quando questa determini almeno una parziale risposta: il razionale, come nel caso dell’utilizzo dei farmaci antipsicotici in potenziamento in pazienti resistenti agli IRS (31,32), è rappresentato dalla possibilità di supportare e aumentare gli effetti di una strategia di prima linea, giudicata però povera di effetto, con una strategia differente (la cui efficacia nel DOC sia stata dimostrata).
Come riportato in precedenza, andremo a descrivere solo gli studi in cui la TCC è stata somministrata in potenziamento dopo almeno 12 settimane di trattamento con IRS. Questo periodo è necessario perché si possa verificare l’avvenuta o non avvenuta risposta clinica alla terapia farmacologica (33). Infatti, l’eventuale somministrazione di TCC in potenziamento prima delle suddette settimane porterebbe i clinici a non poter distinguere tra i veri effetti della terapia sequenziale e l’effetto derivante dal semplice proseguimento temporale della farmacoterapia.
A nostra conoscenza non esistono studi in letteratura sulla strategia di potenziamento della TCC con IRS, pur essendo questa una pratica terapeutica spesso effettuata in ambito clinico.
Terapia sequenziale nei pazienti responder
alla farmacoterapia
Lo studio di Tenneij et al. (34) si è proposto di verificare se, in pazienti responder a un trattamento con IRS, l’utilizzo di psicoterapia (TCC con tecnica EPR) e farmacoterapia in combinazione sia effettivamente più efficace della sola continuazione della terapia farmacologica. In secondo luogo, gli autori hanno verificato se la tempistica di aggiunta della TCC in potenziamento (a 3 o 9 mesi dall’inizio della farmacoterapia) influenzi il risultato finale del trattamento. Sono stati selezionati 96 pazienti affetti da DOC, che avevano raggiunto la risposta clinica dopo 3 mesi di trattamento farmacologico (paroxetina o venlafaxina). Questi pazienti sono stati randomizzati in due gruppi di confronto: uno ha ricevuto 18 sessioni di EPR in potenziamento, mentre il secondo ha continuato la stessa terapia farmacologica per altri 6 mesi. Al termine di questi sei mesi, i pazienti inseriti nel gruppo IRS+EPR mostravano una riduzione del punteggio Y-BOCS significativamente maggiore rispetto ai pazienti che avevano continuato la sola terapia farmacologica, i quali mostravano addirittura un incremento medio del Y-BOCS total score di 3,9 punti. Inoltre, i tassi di remissione erano significativamente più alti nei pazienti a cui erano state somministrate le due terapie sequenzialmente: il 53% di pazienti remittenti contro solo l’11% nel gruppo dei soggetti che avevano continuato la sola farmacoterapia. A questo punto, gli autori si sono preoccupati di verificare se e quanto la tempistica di potenziamento influenzi l’efficacia del trattamento sequenziale: dopo altri nove mesi, i pazienti che avevano assunto la farmacoterapia da sola sono stati trattati con TCC per sei ulteriori mesi; questo tipo di trattamento può essere definito “trattamento combinato ritardato”. Il raffronto tra il gruppo di pazienti che avevano ricevuto il potenziamento con TCC subito dopo i tre mesi di terapia con IRS e il gruppo di soggetti che avevano ricevuto il “trattamento combinato ritardato” dimostrava inequivocabilmente come l’efficacia sia maggiore quando la TCC viene combinata immediatamente dopo la risposta ai farmaci.
Quindi, analizzando questi risultati, è possibile affermare come l’aggiunta sequenziale di TCC possa portare a remissione quei pazienti risultati responder agli IRS, ma con sintomi residui. Queste conclusioni hanno una rilevanza clinica notevole, considerando che sono pochissimi i pazienti che raggiungono la remissione dopo una singola modalità di trattamento.
Esiste una seconda modalità di integrazione sequenziale di farmacoterapia e psicoterapia: è possibile, infatti, pianificare la TCC in modo che questa cominci dopo l’inizio della somministrazione degli IRS, e termini dopo l’interruzione dei farmaci. Questa modalità di trattamento si definisce “trattamento sequenziale integrato”, e il suo scopo è quello di stabilizzare i benefici dati dai farmaci anche dopo che questi vengono interrotti. Un recente studio si è proposto di verificare l’efficacia del “trattamento sequenziale integrato”, concludendo come questa strategia sia effettivamente più efficace della sola farmacoterapia nel mantenere la remissione nel lungo termine, con un tempo medio di sopravvivenza dei pazienti stimato di 132 mesi contro i 25 dei soggetti in trattamento con monoterapia (35).
In conclusione è possibile affermare che la strategia di combinazione sequenziale di IRS e TCC nei pazienti affetti da DOC è efficace nel promuovere e nel mantenere nel lungo termine la remissione in pazienti responder ai farmaci.
Terapia sequenziale nei pazienti non responder
alla farmacoterapia
Sono attualmente rintracciabili in letteratura 7 studi che hanno verificato l’efficacia della strategia di potenziamento della farmacoterapia con la psicoterapia (TCC) in pazienti resistenti ad almeno un trial farmacologico adeguato (pazienti non responder). Tra questi vi è un unico studio randomizzato e controllato, mentre i restanti 6 sono studi in aperto. La Tabella 2 riassume le metodiche e i risultati dei 7 lavori.
Il lavoro di Simpson et al. (36) rappresenta il primo studio in letteratura ad aver dimostrato che il potenziamento con TCC in pazienti resistenti ai farmaci è efficace, andando a determinare un’importante riduzione della sintomatologia ossessivo-compulsiva (il Y-BOCS total score aveva subito una riduzione del 49%). Sette pazienti, che avevano precedentemente ricevuto un trattamento con IRS adeguato per dosi e tempi risultandone resistenti (Y-BOCS total score ≥16), hanno ricevuto 17 sessioni di TCC con tecnica EPR. I pazienti mostravano non solo di aver beneficiato subito del trattamento in combinazione, avendo una riduzione significativa della sintomatologia alla fine della TCC, ma presentavano un’ulteriore riduzione del punteggio Y-BOCS di altri sei punti in media dopo nove mesi di follow-up.
Sulla base di questi risultati preliminari, Kampman et al. (37) hanno effettuato uno studio prospettico in cui soggetti drug-free con diagnosi di DOC hanno ricevuto un trattamento con fluoxetina per 14 settimane. I pazienti, che avevano mostrato una riduzione del punteggio Y-BOCS < del 25% hanno ricevuto 12 sessioni settimanali di EPR associata a ristrutturazione cognitiva. Nei 9 pazienti che hanno completato lo studio, è stata riscontrata una significativa riduzione media del punteggio Y-BOCS (41%).



Nel terzo lavoro gli autori hanno selezionato 20 pazienti con multiple comorbilità di asse I e con una storia di mancata risposta, valutata retrospettivamente, ad almeno due trial di IRS adeguati per dosaggio e tempo di somministrazione. Tutti i pazienti sono stati seguiti prospetticamente con sola farmacoterapia per un mese per confermare la resistenza. A questo punto sono state somministrate 15 sessioni di EPR e, al termine del trattamento in combinazione, la severità della sintomatologia ossessivo-compulsiva era significativamente ridotta in tutti i pazienti, dimostrando che la strategia di potenziamento è efficace pure nei pazienti resistenti a più di un trial farmacologico e con comorbilità multiple (38).
Abbiamo finora descritto 2 studi in cui la resistenza alla farmacoterapia era stata correttamente valutata dopo almeno 12 settimane di trattamento. È però necessario sottolineare come spesso sia possibile osservare una risposta clinica dopo una tempistica più lunga di proseguimento della terapia, purchè adeguata per dosaggio. De Haan et al. (39) hanno rilevato come alcuni pazienti che non avevano risposto a 16 settimane di trattamento con TCC o IRS risultavano responder se la terapia veniva proseguita per altri 6 mesi. In quest’ottica dobbiamo iscrivere il nostro lavoro del 2003 (40); si tratta di uno studio in aperto costituito da due fasi: nella prima i pazienti hanno ricevuto 6 mesi di trattamento farmacologico; nella seconda, tutti i soggetti che al termine dei 6 mesi non avevano mostrato un decremento della Y-BOCS ≥35% (parziale riduzione della sintomatologia ossessivo-compulsiva) hanno ricevuto un trial di TCC, mantenendo fisso il dosaggio di IRS fino alla fine del trattamento combinato. Dei 19 pazienti inclusi, 6 hanno abbandonato lo studio prematuramente a causa della scarsa compliance alle indicazioni del terapeuta. Nei pazienti rimasti è stata riscontrata, al termine dello studio, una significativa riduzione media del Y-BOCS total score (17,7 vs 26,5 dell’inizio dello studio; p<,001). Il nostro studio supporta quindi i risultati degli studi precedenti e conferma l’efficacia dell’aggiunta della TCC anche in pazienti non responsivi a 6 mesi di trattamento farmacologico.
Risultati lievemente meno incoraggianti, ma comunque positivi, derivano del lavoro di Tundo et al. (41). Si tratta di uno studio naturalistico in cui sono stati inclusi 36 pazienti non responsivi ad almeno un trial farmacologico adeguato (valutazione retrospettiva della resistenza). Questi pazienti presentavano caratteristiche cliniche di elevata gravità del disturbo: non avevano risposto ad alti dosaggi di IRS, presentavano una lunga durata di malattia e un’elevata frequenza di comorbilità, e nel 72% dei casi non avevano risposto almeno a 2 trial farmacologici adeguati. Tutti i soggetti inclusi hanno ricevuto una TCC con gestione flessibile delle sedute per aumentare la compliance dei pazienti, con una media di 30 ore di psicoterapia per paziente. Ventiquattro pazienti sono stati valutati 6 mesi dopo l’inizio della TCC, mentre 21 pazienti dopo 12 mesi. In entrambi i casi è risultata una modesta ma significativa riduzione del Y-BOCS total score: da 28 a 25 punti a 6 mesi, da 23 a 12 dopo 1 anno. A nostro giudizio, uno dei principali punti di forza di questo lavoro è quello di aver incluso pazienti reali con DOC severo e, sebbene l’efficacia del potenziamento con TCC sia più bassa rispetto ai risultati dei precedenti lavori (riduzione media del punteggio Y-BOCS 19%), i risultati supportano l’effectiveness della strategia combinata nei pazienti resistenti .
Risale al 2008 (42) il primo studio randomizzato e controllato effettuato allo scopo di verificare l’efficacia della strategia di potenziamento della farmacoterapia con TCC con tecnica EPR rispetto a quella di potenziamento con una tecnica psicologica placebo, ovvero lo Stress Management Training (SMT). Sono stati inclusi 108 pazienti adulti che presentavano un punteggio Y-BOCS ≥16 nonostante la somministrazione adeguata di un IRS (resistenza valutata prospetticamente), che veniva mantenuto stabile durante lo studio. I risultati riportano come la tecnica EPR si sia rilevata superiore rispetto alla tecnica SMT nel ridurre i sintomi ossessivo-compulsivi: il 74% dei pazienti trattati con EPR contro solo il 22% del gruppo di confronto ha avuto una riduzione della severità dei sintomi almeno del 25% (risposta clinica). Questi risultati non possono che rafforzare le evidenze di efficacia della strategia di potenziamento dei farmaci con TCC nei pazienti resistenti.
Lo stesso gruppo di lavoro ha successivamente verificato (43) quali potessero essere i predittori di risposta alla terapia combinata nei pazienti DOC resistenti, utilizzando il campione del precedente lavoro. Gli autori hanno individuato tre predittori di scarsa risposta alla strategia IRS+EPR: multiple comorbilità di asse I, una bassa qualità della vita al baseline, e infine multipli trial di IRS alle spalle (in particolare, per ogni ulteriore IRS somministrato nella vita, risulta in un incremento finale di 1,2 punti del Y-BOCS total score). Quest’ultimo dato ha una grande rilevanza clinica, poiché spesso giungono all’osservazione dello specialista psichiatra pazienti con più di un tentativo di farmacoterapia fallito alle spalle. Il fenomeno può trovare una spiegazione sul piano psicologico: è possibile che i soggetti che non riscontrano alcun beneficio dopo vari tentativi terapeutici sviluppino un certo scetticismo nei confronti di un qualsiasi altro trattamento, andando così a ridurre l’impegno nella psicoterapia. A questo proposito, è possibile che sedute di psicoeducazione improntate sul razionale e sull’efficacia della tecnica EPR siano di beneficio per questi soggetti.
Il settimo e più recente studio ha confermato l’efficacia della TCC utilizzata in potenziamento in pazienti resistenti, andando poi a verificare come l’efficacia si mantenga a 1 anno di distanza. Sono stati inseriti nello studio 31 pazienti che non avevano risposto ad almeno due differenti IRS somministrati a un dosaggio adeguato, per almeno 10 settimane. Tutti i soggetti inclusi hanno ricevuto 20-25 sessioni di TCC, rappresentate da sedute di psicoeducazione, di EPR e ristrutturazione cognitiva. Anche in questo caso i risultati testimoniano l’efficacia della strategia, con il 74% di pazienti responder alla fine del trattamento e il 61% dopo 12 mesi; il 48% dei pazienti aveva raggiunto la remissione clinica al dodicesimo mese di follow-up. La riduzione media del Y-BOCS total score rispetto al baseline è stato del 45% a fine trattamento e 41% dopo 12 mesi. Questi risultati vanno a confermare quelli dei precedenti studi, sottolineando come i benefici della TCC nei pazienti resistenti si mantengano anche dopo un anno. Nell’analisi dei predittori di risposta alla terapia, gli stessi autori hanno individuato come una bassa severità del punteggio Y-BOCS al baseline e una buona compliance agli esercizi di EPR rappresentino i predittori di remissione a 12 mesi (44).
Queste importanti conclusioni sono ulteriormente avvalorate dal lavoro di O’Connor et al. (45) che ha esaminato l’efficacia della TCC in pazienti DOC che in precedenza avevano o meno assunto una terapia farmacologica adeguata (mantenuta durante la psicoterapia). Gli autori hanno presentato i risultati in due diversi protocolli. Nel primo, 21 soggetti hanno ricevuto per 5 mesi un trattamento con fluvoxamina o placebo in doppio-cieco e quindi è stato somministrato un protocollo di TCC per altri 5 mesi. Durante il primo periodo è stato osservato un decremento maggiore del Y-BOCS total score (15%) nei pazienti che avevano assunto fluvoxamina, rispetto al gruppo placebo (8%), senza significatività statistica; i pazienti trattati con fluvoxamina si possono considerare resistenti alla farmacoterapia. Dopo la somministrazione della TCC si è potuto osservare come i pazienti di entrambi i gruppi avessero beneficiato del trattamento psicoterapico, senza differenze nel grado di risposta. Nel secondo protocollo sono stati inclusi 22 pazienti, i quali hanno ricevuto un trial di TCC, e sono stati divisi in due gruppi: uno costituito solo da soggetti drug-free all’inizio della TCC, l’altro costituito da pazienti che invece avevano effettuato una terapia farmacologica congrua per dosi e tempi, ottenendo solo una risposta parziale. I due gruppi hanno risposto egualmente al trattamento psicoterapico con una riduzione media del punteggio Y-BOCS del 53% per il primo gruppo e del 43% per il secondo. Nel complesso i risultati dei due protocolli ci indicano che: la TCC è risultata efficace a prescindere dal precedente utilizzo di farmaci; la farmacoterapia non sembra influire sull’efficacia della psicoterapia; il trattamento sequenziale con potenziamento degli IRS mediante TCC è efficace nell’indurre la risposta clinica.
Gli studi descritti finora ci dimostrano come la strategia di potenziamento degli IRS con TCC nei pazienti adulti con DOC è efficace. Esiste uno studio preliminare che riporta dati di efficacia di questa strategia anche in pazienti bambini e adolescenti. I risultati di questo lavoro riportano come un intensivo protocollo di TCC somministrato ai 5 pazienti inclusi (con risposta parziale agli IRS) abbia determinato la riduzione del punteggio medio alla scala CY-BOCS da 32,0 punti a 11,2 (46).
Per concludere, alla luce dei risultati fin qui analizzati, possiamo affermare che il potenziamento degli IRS con TCC in pazienti adulti affetti da DOC che rispondono solo parzialmente ai farmaci o che addirittura risultano resistenti è una strategia utilizzabile nella pratica clinica in quanto efficace. Sempre nell’ottica della pratica clinica risulta utile tenere in considerazione i risultati degli studi che hanno verificato quali potessero essere i predittori di buona o scarsa risposta alla terapia combinata nei pazienti DOC resistenti, come riassume la Figura 2.



CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE
Il nostro lavoro si proponeva di verificare se l’integrazione tra le due strategie terapeutiche considerate di prima linea per il trattamento del DOC (ovvero farmacoterapia con IRS e psicoterapia con TCC, con tecnica EPR) apportasse maggiori benefici ai pazienti e se potessero essere identificate condizioni cliniche particolari ove tale trattamento combinato potesse risultare più efficace delle singole monoterapie. Questo al fine di identificare potenziali linee-guida per la scelta dei trattamenti utili per i clinici.
Sulla base dell’analisi dei risultati di tutti gli studi descritti, possiamo trarre alcune conclusioni: la combinazione ab initio di farmaci e psicoterapia non è risultata chiaramente più efficace delle singole monoterapie; tale strategia non è quindi consigliabile per la maggioranza dei pazienti con DOC. La scelta del trattamento iniziale tra TCC e IRS dipende da caratteristiche cliniche quali la gravità del DOC, un’eventuale comorbilità per depressione maggiore o disturbo da tic, o dall’età del paziente. In caso di DOC grave o con concomitante depressione maggiore è indicata una terapia iniziale con IRS; a tale trattamento può essere associata una TCC in un secondo tempo. Altra condizione in cui è indicato un trattamento con IRS è costituita da bambini o adolescenti con DOC e familiarità per DOC; in tale caso infatti la risposta alla sola TCC è inferiore a quanto atteso. Resta da verificare in tale caso se vi sia un vantaggio aggiuntivo derivante da un trattamento combinato ab initio rispetto alla sola farmacoterapia. Bambini o adolescenti con DOC senza familiarità dovrebbero invece essere indirizzati a un trattamento combinato ab initio, che risulta più efficace in tale gruppo rispetto a entrambe le terapie singole; vista tuttavia la buona efficacia della TCC da sola e i limiti prescrittivi circa la somministrazione di farmaci in età infantile, può essere indicata anche una terapia psicologica da sola come trattamento iniziale. La copresenza di un disturbo da tic (fenomeno di ampio riscontro nella pratica clinica) condiziona la scelta del trattamento: la TCC sembra efficace mentre gli IRS da soli non sembrano altrettanto efficaci. Qualora si opti per un trattamento farmacologico in tali pazienti (magari in considerazione della gravità del DOC, condizione che richiede un trattamento anche o solo farmacologico), è consigliabile associare anche da subito agli IRS un antipsicotico a basso dosaggio, dal momento che la presenza di tic costituisce un predittore di risposta preferenziale a tale strategia di potenziamento.
Il trattamento sequenziale, con la somministrazione di TCC in potenziamento ai farmaci in pazienti responder ma con sintomi residui, può determinare remissione completa, anche se tale conclusione si basa sui risultati di un unico studio; esistono infine chiare evidenze, anche da studi randomizzati controllati, dell’efficacia della strategia di potenziamento degli IRS con TCC nel trattamento dei pazienti resistenti ai farmaci. Quest’ultima conclusione ci porta a effettuare una considerazione: per la gestione terapeutica dei pazienti resistenti oggi risultano dalla letteratura evidenze di efficacia sia per il trattamento sequenziale IRS+TCC, sia per il potenziamento degli IRS con farmaci antipsicotici (31,32). Non esistono in letteratura studi di confronto diretto fra le due strategie, per cui, basandoci solo sulla comparazione dei risultati tra studi diversi, possiamo concludere che le due risultano egualmente efficaci. La scelta su quale delle due strategie scegliere si deve basare sulla formazione del terapeuta, sulla preferenza dei pazienti, e sulla possibilità di comparsa degli effetti collaterali legati all’uso di farmaci antipsicotici.
Per quanto concerne le prospettive future, due nuove strategie di combinazione terapeutica per i pazienti DOC sono oggi sotto la lente della ricerca scientifica. La prima consiste nell’utilizzo di TCC associata alla somministrazione di D-cicloserina, farmaco facente parte della classe di antibiotici ad ampio spettro, agonista parziale dei recettori NMDA. La D-cicloserina non viene somministrata in quanto agente antiossessivo, ma viene associata alla TCC allo scopo di aumentare l’effetto del processo di apprendimento, che è l’obiettivo della TCC: questo tipo di trattamento può essere considerato più come una strategia di potenziamento che di combinazione. Diversi studi hanno investigato l’efficacia di quest’approccio in pazienti adulti con diagnosi di disturbo d’ansia, in particolare 5 si sono focalizzati sul DOC; di questi 5, 4 sono studi positivi (47-50) e solo 1 negativo (51). L’effetto dell’aggiunta della D-cicloserina alla TCC consiste nel ridurre la latenza d’azione della psicoterapia, mentre non sembra rendere tale approccio più efficace nel lungo termine. Può quindi rappresentare una strategia terapeutica da impiegare in pazienti che preferiscano la TCC ma abbiano la necessità di ridurre il più possibile il periodo della latenza d’azione.
L’altra nuova strategia consiste nel combinare due approcci terapeutici ma non nello stesso paziente. Ormai esistono certezze sul ruolo che rivestono i familiari dei pazienti DOC nel mantenere loro i sintomi ossessivo-compulsivi e nel comprometterne il funzionamento (52): su queste certezze si fonda il razionale dell’utilizzo di sedute di interventi psicoeducazionali multifamiliari. Lo scopo di questi interventi è quello di ridurre i comportamenti accomodanti nei familiari dei pazienti DOC adulti che intanto assumono IRS (53-57). La ricerca scientifica si sta attualmente muovendo con l’intento di verificare se la riduzione del coinvolgimento dei familiari nei sintomi ossessivo-compulsivi possa determinare una riduzione significativa dei sintomi stessi nei pazienti.
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